di GILBERTO ONETO
In un rifugio arroccato in cima alle Alpi lecchesi si è
conclusa la cosiddetta Università dell’Estate organizzata da Terra
Insubre. È stata la decima edizione di un evento che consolida il suo ruolo
di raro (se non unico) strumento di didattica rivolto ai giovani del vasto e
frantumato mondo autonomista e indipendentista. Da questa “scuola” sono negli
anni passate molte centinaia di giovani che sono venuti a stretto contatto con
studiosi, giornalisti e politici che hanno qualcosa da dire, trasmettere e
insegnare. L’operazione avviene in stretta coerenza con la lunga attività
dell’Associazione culturale Terra Insubre che è un caso speciale per durata,
costanza e capacità operativa che travalica di molto i confini identitari
delineati dalla sua ragione sociale.
Alcune considerazioni vanno fatte sulla vicenda e,
soprattutto, sul ruolo giocato (o non giocato) dalla Lega nella cultura
autonomista e nella sua diffusione nel mondo giovanile.
La prima, amara, constatazione riguarda il fatto che a
nessuno dei frequentatori di questi eventi, ma neppure di associazioni
culturali o di iniziative di qualità sia mai stato attribuito un ruolo di
qualche rilievo all’interno del partito. Sembra anzi (ma più che una sensazione
è una certezza) che chiunque sia sfiorato dal sospetto di simpatie o competenze
culturali vada scrupolosamente tenuto lontano dai luoghi dove si decide e
opera. Sembra (ma è un’altra granitica certezza) che per avere ruoli nel
partito o nelle istituzioni si debba fare professione di olimpica ignoranza, si
debba essere – per usare una espressione “sgarbata” – delle capre o essere
abilissimi nel sembrarlo. La frequentazione con una larga fetta degli eletti e
dei rappresentanti dell’attuale Carroccio è in questo senso imbarazzante, e
certo non fa del bene al comune progetto di libertà. Chiedere a questi
“fratelli De Rege” informazioni sul federalismo, sull’identità padana o
sull’essenza dell’autodeterminazione è come coinvolgere un paracarro in un
simposio sulla filologia baltica. Hanno trasformato lo slogan un po’
truculento ma non privo di un suo appeal di luciferino romanticismo “Abbasso
l’intelligenza e viva la morte!” dell’eroe franchista Millan Astray in un
più pecoreccio – ma redditizio – “Abbasso l’intelligenza e viva la cadrega!”
La Lega ha sempre guardato con sospetto le associazioni
culturali (con l’ovvia eccezione delle patacche belleriane) fino a
osteggiarle duramente: se avesse impiegato contro gli avversari solo una
porzione dell’energia messa a combattere La Libera Compagnia Padana, Terra
Insubre, Raìse Venete, Dumà Nünch, Noste Rèis e cento altre iniziative minori,
oggi la condizione politica generale sarebbe senz’altro migliore.
Si assiste a un caso unico nel panorama italiano, ma
anche mondiale, di un movimento giovanile di un grande partito che non abbia
una rivista, un giornalino, un bollettino ciclostilato su cui esprimere e
dibattere idee: non c’è al mondo un’altra comunità giovanile di quella
estensione che non critichi, ragioni, litighi, cerchi e ricerchi.
La Lega ha avuto (e ancora ha in parte) straordinarie
occasioni e potenzialità di diffusione di cultura e di informazione, di
fare propaganda e creare consenso: ha preferito distribuire milioni di gadgets
piuttosto che libri, ha gettato risorse in Miss Padania, giri ciclistici,
circhi, campionati di calcio e festival della canzone, ha chiuso una casa
editrice e due settimanali, ha ridotto un quotidiano e una televisione a
patetici paciocchi, inquina una radio potenzialmente deflagrante con ufo,
cagnolini, massacri linguistici e altro becerume. Poteva raggiungere milioni di
persone, tutte le famiglie della Padania, tutti i luoghi di incontro; poteva
distribuire idee, sollecitare e incanalare pulsioni, trasformare la protesta e
il risentimento di una grande comunità in idee, sogni e progetti.
Oggi non serve sollecitare un partito di badanti,
tesorieri e portavoce a diventare quello che non può essere. Serve
solo che ciascuno continui a fare la propria parte: questo giornale in primis,
Terra Insubre e tutti gli altri operatori di buona volontà. Meglio ancora
sarebbe inventarsi un coordinamento. Ma questa è un’altra storia.
Fonte: visto su L’ Indipendenza del 1 settembre 2013
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