mercoledì 17 marzo 2021

RIEMERGE IL PIÙ ANTICO MONASTERO CRISTIANO D'EGITTO

 

Il monastero. Ph. Ministero delle Antichità dell’Egitto


Una missione archeologica franco-norvegese ha rivelato, nel fine settimana, la scoperta del più antico monastero cristiano d’Egitto: si trova in pieno deserto e risale al IV secolo d.C.

 

 

Una missione archeologica franco-norvegese, guidata dall’Institut français d’archéologie orientale, ha rivelato, nel fine settimana, di aver scoperto il più antico monastero cristiano noto in Egitto. Il sito è stato trovato nell’oasi di Bahariya, nel mezzo del deserto, a una distanza di circa 370 km dalla capitale Il Cairo. “La missione franco-norvegese”, ha spiegato il Ministero delle Antichità dell’Egitto in un comunicato diffuso sabato, “ha scoperto, durante la sua terza campagna di scavo nel sito di Tal Ganoub Qasr-al Agouz nell’oasi di Bahariya, molti edifici costruiti in basalto, altri scavati nella roccia e altri fatti di mattoni di argilla”. Il complesso è suddiviso in sei settori, dove sono state rinvenute le rovine di tre chiese e di celle monastiche le cui pareti mostrano graffiti e simboli con iscrizioni legate alla cultura copta. Sono stati ritrovati anche numerosi ostraka (frammenti di ceramica) con iscrizioni in greco che fanno riferimento ai monaci. Sulla parete di una chiesa sono stati rinvenuti anche alcuni passaggi biblici in greco, da cui si ricavano importanti informazioni sulla vita monastica nella zona. La scoperta risale all’anno scorso, ma gli scavi in quest’area sono cominciati una decina di anni fa.


 



L’edificio risale al IV secolo dopo Cristo, ha spiegato alla stampa il capo della missione, Victor Ghica della Scuola Norvegese di Teologia, Religione e Società, specialista di archeologia tardo-antica, di cristianesimo del IV secolo e di papirologia copta. Si tratta di una scoperta molto importante perché le fonti scritte del tempo che parlano delle zone abitate dai monaci cristiani non fanno cenni a quest’area. Ghica ha spiegato che abbiamo la certezza che si tratti di un sito del IV secolo per il numero e il tipo di prove emerse: le ceramiche, le datazioni al radiocarbonio, il materiale in vetro, le monete. Secondo l’archeologo, il sito fu fondato alla metà del IV secolo e ciò lo rende il più antico monastero cristiano conosciuto in Egitto.




 

La scoperta, ha rivelato Ghica, offre un’immagine del monachesimo delle origini diversa da quella riportata dai testi ufficiali della Chiesa, perché dimostra che quei testi furono prodotti sulla base di un’agenda politica, che ha cercato di creare una visione del monachesimo centrata su alcune figure fondatrici. La scoperta dimostra dunque che, oltre alle figure dei fondatori del monachesimo, ci furono anche altri gruppi, e di che il monachesimo delle origini era più ricco di quanto ci dicono le fonti letterarie. “Lo scavo”, ha dichiarato il capo missione, “rivela nuovi aspetti delle origini del monachesimo in Egitto. E i confini dell’Egitto sono al centro dell’archeologia del monachesimo delle origini”.

 

Il monastero, tecnicamente, è una “laura”, termine che, nel cristianesimo orientale, indica un insediamento monastico di piccole dimensioni fatto di una serie di celle riunite attorno a un refettorio e a una chiesa. I monaci che lo abitavano vivevano in modo indipendente ma formavano una piccola comunità. Il sito, ha fatto sapere la missione, presenta delle parti che si trovano in uno “stato di conservazione eccezionale”: in particolare, di quattro edifici su sei sono stati rinvenuti i muri intatti, in alcuni casi anche i tetti e i pavimenti. E anche se nei secoli molte porzioni del sito sono andate distrutte, alcune sono riemerse in ottimo stato, il che consente di trarre numerose informazioni.



Lo scavo. Ph. Victor Ghica


L’insediamento fu abitato con tutta probabilità dal IV al VI secolo dopo Cristo, epoca in cui fu abbandonato, anche se continuò a essere visitato nei due secoli successivi, stando ai ritrovamenti emersi. L’epoca di massimo splendore fu invece il V secolo, epoca alla quale risalgono i reperti più importanti. In antico il monastero si trovava a circa un paio di chilometri di distanza dal villaggio abitato più vicino. Quest’ultimo dato, ha spiegato Ghica, è interessante perché l’isolamento dei monaci di cui leggiamo nella letteratura è relativo: i monaci erano isolati ma mai troppo lontani, perché avevano delle necessità (in assenza di terre da coltivare, per la loro alimentazione dipendevano dai vicini o dai viaggiatori che frequentavano la zona). Questa importante scoperta apre dunque a nuove prospettive per lo studio sul monachesimo delle origini, conclude la missione.

 

Fonte:  da Redazione  Finestre sull’Arte del 15 marzo 2021 

Link: https://www.finestresullarte.info/archeologia/scoperto-monastero-cristiano-piu-antico-in-egitto?fbclid=IwAR2ozDZzR_IJKE7LaIOHfIP_3f4BHlUvC-jIYrtKczmQmaS7zyQWWUj4I8Q

 

 

sabato 13 marzo 2021

QUANDO TI DIRANNO : LEI SI DEVE "VACCINARE PER COVID

 



QUANDO TI DIRANNO :  LEI SI DEVE "VACCINARE PER COVID 

 

La Risposta sarà questa :

 

Stavo "morendo" dalla voglia di vaccinarmi, però non  possiamo violare :

- L'Art. 32 della COSTITUZIONE della Repubblica Italiana,

- L'Art. 5 del Trattato Internazionale di OVIEDO,

- L'Art. 1 del Codice di NORIMBERGA,

- L'Art. 3 della Dichiarazione Universale dei DIRITTI UMANI.

 

Quindi, dovrebbe essere così gentile, da darmi il foglietto illustrativo del "vaccino" che vorrebbe somministrarmi, e una copia del "Consenso informato".

Io  mi identifico, visto che Lei è un Pubblico Ufficiale, nell'esercizio delle sue funzioni, e la invito a fare altrettanto.

Mi leggo con attenzione tutto il foglietto illustrativo, e anche il modulo del consenso informato, perché è un mio pieno diritto, oltre che un dovere. Domani torno, e le comunico cosa intendo fare, e perché.

 

Arriva domani, e mi presento nel centro vaccinale (o in qualsiasi altro ufficio, o centro che sia), e chiedo del Pubblico Ufficiale di ieri.

Guardi, ho esaminato con estrema attenzione la scheda tecnica del "vaccino" che mi ha fornito, e non è stato nemmeno necessario visionare il modulo del consenso informato.

venerdì 12 marzo 2021

UN ALTRO PUNTO DI VISTA: QUELLO DEL VIRUS!

 


Se dovessimo fare qualche ragionamento in merito potremmo dire che il virus è un elemento teleologico elementare il cui funzionamento è del tipo omeostatico.

 

Questo elemento, il virus, ha un tempo di vita che è una funzione determinata dall'ambiente in cui si trova, quindi materiale di supporto, condizioni di temperatura, di umidità, agenti chimici ambientali ecc. elementi che si potrebbero includere in un vettore.

Inoltre, ha un tempo di riproduzione, anche questo, legato all'ambiente isolato nel quale può trovare delle sostanze che ne consentano questa funzione.

Il corpo umano contiene queste sostanze, in particolare, quello che viene definito RNA.

 

Una funzione riproduttiva è sempre soggetta alle condizioni di "entropia", per cui, l'elemento riprodotto, ha caratteristiche analoghe ma non uguali all'elemento riproduttore!

Considerando quindi un ambiente "invariante", la funzione riproduttiva può avere una variazione limitata a certe caratteristiche che sono date dalla interconnessione tra la tipologia delle caratteristiche intrinseche di variazione dell'elemento e quelle dell'ambiente "naturale" su cui si trova.

 

Se invece, l'ambiente su cui viene ad essere impiantato il "terreno di coltura" necessario per la riproduzione del virus, assume anch'esso una variazione indotta e questa variazione indotta, in qualche modo non contrasta le potenzialità di variazione evolutiva della specie, mi sembra ovvio pensare che sia una conseguenza del tutto logica, il fatto che la funzione variante assuma un range di possibilità tali da contrastare quelle che sono le controreazioni ambientali cosiddette naturali per la propria evoluzione.

 

In altre parole, se il tempo di adattamento del virus è inferiore al tempo di varianza dell'ambiente, questo avrà modo, non solo di sopravvivere, ma di modificare le sue funzioni adattive, appunto, come conseguenza del fatto che è possibile ritenerlo un elemento "teleologico".

 

Da quanto sopra si evince che, con l'introduzione massiccia di vaccini, non sperimentati adeguatamente, si possono favorire le mutazioni genetiche del virus, al punto tale da vanificare l'effetto dei vaccini e in alcuni casi favorire le potenzialità virali del virus stesso.

 

Di gran lunga, in questi casi, credo sarebbe stato più opportuno, favorire la ricerca in ambito della cura piuttosto che quella di una pseudo prevenzione, che a mio avviso non otterrà i risultati che la maggior parte delle persone si auspicano!

Credo inoltre che questo non sia dovuto ad una applicazione sbagliata sulle metodologie utilizzate, ma a una mera speculazione dai risvolti economici e sociali devastanti, fortemente voluta da organismi sovranazionali!

 

 

Fonte:  srs di  Romeo Ceccato, da facebook  di Romeo Ceccato

 Link: https://www.facebook.com/romeo.ceccato

domenica 7 marzo 2021

GLI ZAIA IN VENETO DA 15 GENERAZIONI MA LE RADICI SI TROVANO IN CROAZIA

Luca Zaia 
 

La vicenda della famiglia del governatore diventa simbolo dei veneti contadini ed emigranti. Il cognome? Nei Balcani richiama lepri e cavalli

 

VILLORBA (Treviso) — Piccolo quiz agostano a cavallo tra le due sponde dell’Adriatico. Domanda multipla a risposta unica: in lingua slava significa «lepre»; nei dialetti dell’Istria designa una cesta di vimini; più giù nei Balcani, dove Croazia e Bosnia si toccano nell’entroterra di Spalato, indicava qualcuno che aveva a che fare con le mandrie dei cavalli (attenzione, questo è un indizio importante); secondo i turchi, che da quelle parti si sono trattenuti a lungo, vorrebbe dire «gente dal capello riccio»; in veneto non ha un significato proprio, ma tutti, vecchi e bambini in età prescolare compresi, hanno sentito quella parola di quattro lettere almeno una volta. Cos’è? Soluzione: la risposta giusta a tutte le domande è «zaia». Divenuta nel frattempo «Zaia» con la maiuscola, poiché nel tragitto dalle terre dalmate alla Sinistra Piave veneta, la parolina è diventata, consolidandosi in cognome, identificativa di una famiglia che - grosso modo tra Quattrocento e Cinquecento - aveva compiuto lo stesso percorso in direzione nordovest. Magari proprio per sottrarsi al pericolo turco. 

giovedì 4 marzo 2021

DISINFORMAZIONE NO TAV


 

Disinformazione NO TAV: Durante una trasmissione  a    favore dei NO TAV,   Crozza disse: 

“per portare le merci a Lione basta un Doblò ogni 15 giorni”

Nessuno lo informò che lʼattuale traffico è già  oggi oltre 42 milioni di tonnellate di merci/anno.

Di Doblò ce ne vogliono almeno 100 di milioni.... infatti solo in Valsusa passano 800.000 TIR allʼanno. 

Altri 2 milioni passano in Liguria e in Val dʼAosta. 

Senza contare camion, furgoni e anche “qualche Doblò”.