martedì 26 aprile 2022

"IL DEPLOREVOLE INGANNO DELLE "MASCHERINE"

 

Dott. Massimo Coppolino, biologo. 



“Usarle così non ha senso, creano solo danni!”

 

Parliamoci subito chiaro: portare le mascherine,  siano esse chirurgiche, FFP2 o FFP3 non importa, all'esterno, in ambiente non sterile e per ore, non è salubre e provoca a lungo termine gravi allergie e infezioni delle alte e basse vie respiratorie. E non ha senso il paragone fatto con i medici o i chirurghi che indossano la mascherina, "tutto il giorno". 

 

Innanzitutto, il medico indossa, in corsia la mascherina solo quando necessario, cioè, se ritiene di poter essere influenzato o se è in presenza di un paziente immunodepresso; il chirurgo la indossa in sala operatoria. Ora, non so quanti siano medici specialisti, anestesisti, chirurghi o ferristi, ma credo che pochi conoscano l'ambiente di cui parlano, soprattutto, evidentemente, quei pseudomedici (il dubbio è lecito) che usano questo esempio come propaganda.

 

La sala operatoria è una stanza isolata dall'ambiente esterno, la cui aria viene filtrata da 6 ad 8 volte ogni ora con filtri antibatterici ed antimicrobici, che viene svuotata e sterilizzata subito dopo ogni intervento e che, durante la chiusura, è sterilizzata continuamente attraverso l'uso di lampade a raggi UV. Non contiene patogeni, altrimenti andrebbero ad infettare il paziente sottoposto ad intervento. 

 

Non solo: i sanitari che operano in sala operatoria, cambiano la mascherina, a seconda della durata dell'intervento, da 6 ad 8 volte (al massimo ogni mezz'ora) e non lo fanno solo per la salute del paziente, ma anche per la propria. Infatti, nell'espirato polmonare (l'aria che "buttiamo fuori", per intenderci) sono contenuti tutta una serie di patogeni con cui siamo venuti in contatto attraverso l'aria esterna e che , normalmente, il nostro organismo ingloba ed elimina attraverso la respirazione. Sono batteri, muffe, funghi e anche residui cellulari che, se infetti, contengono virus. Il vapore acqueo ed il muco presenti nell'espirato, se presente una barriera come la mascherina, vi si depositano, formando un sottilissimo ma impenetrabile film, che ottura i pori del tessuto e cattura tutti quei patogeni che il nostro organismo tende ad eliminare. 

domenica 24 aprile 2022

IL MEDICO DELLA PESTE, LA PIÙ INQUIETANTE DELLE MASCHERE VENEZIANE


 

Il Medico della Peste è sicuramente la più inquietante delle maschere di carnevale veneziane


Negli ultimi anni, la maschera del Medico della Peste è diventata molto conosciuta, quasi pop, grazie soprattutto a videogiochi di successo come Assasin’s Creed e diversi film. Nell’universo Steampunk, se ne trovano molte versioni. Grazie a questa popolarità, il Medico della Peste, un tempo simbolo terribile di morte e disperazione, viene oggi scelto come costumecosplay o vestito di Halloween.

 

 Ma com’era e a cosa serviva davvero la maschera del Medico della Peste?

 

Sappiamo poco sulle origini, ma è noto che la figura del Medico della Peste era diffuso in tutta Europa già nel medioevo. Nel XVII secolo, un famoso medico francese, Charles de Lorme, perfezionò la maschera del Medico della Peste, conferendole l’aspetto che conosciamo.

 

Questa era una maschera pratica, cioè veniva usata effettivamente dai dottori e chirurghi come uniforme medica per proteggersi dal morbo quando andavano a visitare i malati di peste. 

 

Il principio era quello di isolare il curante, prevenendo il contatto diretto con i corpi degli appestati. Il vestito, che copriva interamente il Medico della Peste da testa a piedi, era in tela cerata, ben chiusa intorno alla maschera.

 

La maschera del Medico della Peste copriva il viso con un ovale in cui si aprono due fori tondi, all’altezza degli occhi.

 

Questi fori erano sigillati da due pezzi di vetro fissati alla maschera. Nella parte inferiore del viso, si allungava un poderoso naso adunco, a mo’ di grosso becco.

 

Sui lati del “becco”, erano praticati due tagli orizzontali, per far passare l’aria. Il becco veniva poi riempito di erbe aromatiche, così da filtrare e purificare l’aria respirata dal Medico della Peste per evitare il contagio. Secondo la dottrina miasmatico-umorale, il contagio era infatti attribuito all’”aria cattiva”. Possiamo dire che questo fu il primo tentativo di maschera antigas. 

 

Le mani erano coperte da guanti. La bacchetta, che il Dottore della Peste impugna sempre in tutte le (poche) raffigurazioni antiche, completava l’uniforme. Questa serviva specificatamente a non toccare direttamente i corpi degli appestati.

 

 

Il significato profondo del Medico della Peste




 

La maschera del Medico della Peste aveva sicuramente un uso pratico ma perché aveva un aspetto così terrificante? Il significato profondo ha probabilmente a vedere con la superstizione e la concezione antica della malattia, più che con le necessità materiali dei curanti.

 

A qui tempi, non si sapeva nulla di microbi o virus, ma si pensava piuttosto che la malattia fosse portata dagli spiriti, o “influenze negative” che causavano disordine negli umori del paziente. La maschera serviva da una parte a impedire che gli spiriti, attraverso l’aria, entrassero nel corpo del medico e, dall’altra, a spaventarli e scacciarli.

 

 

Il Medico della Peste come costume di carnevale, oggi e ieri




 

La maschera del Medico della Peste finì per diventare sin dai tempi antichi, un vero costume di carnevale. Come spesso succedeva, il costume aveva un significato apotropaico, ovvero serviva a evocare il male (o meglio, il ricordo del male) per vincerne la paura recondita che tutti nutrivano. 

 

Il giorno di martedì grasso a Venezia, gruppi di Medici della Peste sbucavano dalle calli, ricordando ai passanti di tornare a più miti costumi, dopo settimane o mesi di bagordi sregolati. Una goliardata, certo, ma al contempo un’usanza che alludeva a una comune coscienza dei terribili anni in cui la peste martoriava la popolazione di Venezia. Una sorta di memento mori durante l’ultimo giorno di carnevale. 

 

In tutta Europa e specialmente a Venezia, la peste si ripresentava continuamente. Famose sono le pestilenze del 1630 e ancor di più quella del 1575, che sterminò un terzo della popolazione veneziana!

 

La memoria di tutto questo ormai è perduta, e grazie alla moderna medicina, non possiamo più capire fino in fondo l’angoscia profonda che la maschera del Medico della Peste suscitasse nei secoli passati.

 

Oggi il Medico della Peste è solo una delle tante maschere di carnevale veneziane o costume di Halloween. Eppure, il suo aspetto terrificante riesce ancora a suscitare un misto di curiosità e inquietudine. Non è un caso che si ritrovi in diversi film e altri prodotti popolari assolutamente contemporanei come i videogiochi. 

 

Nel modo colorato e bizzarro dei costumi cosplay, il Medico della Peste si ripresenta in varie versioni, anche se spesso più simile ad un uccello terrificante che all’originale. 

 

Proprio da una fusione tra un Medico della Peste e un corvo nasce poi la versione steampunk della maschera. In effetti, la forza evocativa del Medico della Peste si adatta perfettamente all’universo decadente e corrotto dell’universo steampunk. 

 

Per noi mascherai di Ca’ Macana, è interessante che la maschera del Medico della Peste continui ad affascinare e incuriosire anche a secoli di distanza dal suo effettivo uso nella vita quotidiana. Per questo, siamo contenti di riproporla tra le maschere decorative e come costume di carnevale.

 

 

 

Fonte: da CA MACANA.. Maschere di carnevale veneziane

Link: https://www.camacana.com/it/

 

sabato 23 aprile 2022

LA PESTE, LE EPIDEMIE DEL PASSATO A VENEZIA E I LAZZARETTI COME EFFICIENTE SOLUZIONE DI PREVENZIONE.


Scritta in turco ottomano che si trova all’interno del Teson alle Merci (l’Hospitale) del Lazzaretto Vecchio. — (Archivio Venipedia/Bazzmann)

 

 

La morte nera, così veniva chiamata, è stata causa di numerose vittime e di grandi epidemie, nel passato. Un viaggio alla scoperta della malattia e di come ha influito a Venezia nel terribile periodo delle pestilenze, i rimedi, le prevenzioni e i Lazzaretti: un modello di efficienza ed efficacia esportato poi in tutto il mediterraneo fino ai nostri giorni.

 

Durante il medioevo di peste "ci si ammalava senza una ragione e ugualmente si guariva in maniera casuale".

 

CHE COS'È LA PESTE?

Il vocabolo “peste” ha origini dalla parola indoeuropea pes, soffio mortale, che non nasce per caso dato che la diffusione della malattia è rapidissima, così come l’esito della stessa. La persona contagiata muore nel giro di due, massimo sei giorni e la sua diffusione è altrettanto fulminea. In brevissimo tempo, tutta la popolazione viene, o può venir colpita con una mortalità che raggiunge addirittura il 70% dei contagiati.

Scientificamente, la peste è una malattia infettiva causata dal batterio Yersinia pestis o cocco-bacillo di Alexander Yersin, dal nome del ricercatore svizzero francese che lo scoprì a Hong Kong, nel 1894, e lo isolò. Prima del 1894 il morbo era chiamato morte nera, nessuno sapeva cosa la procurasse ma tutti conoscevano le fatali conseguenze.


giovedì 21 aprile 2022

L’APPELLO DELL’EX SENIOR DELLA BILL GATES FOUNDATION GEERT VANDEN BOSSCHE: “FERMATE LA VACCINAZIONE O SARÀ CATASTROFE”.....


 Geert Vanden Bossche


Luglio 2021

 

“Sta diventando sempre più difficile immaginare come le conseguenze dell’ampio ed errato intervento umano in questa pandemia non stiano per spazzare via gran parte della nostra popolazione umana. Si potrebbe pensare solo a pochissime altre strategie per raggiungere lo stesso livello di efficienza nel trasformare un virus relativamente innocuo in un’arma biologica di distruzione di massa”. A sostenerlo è Geert Vanden Bossche, ex responsabile del programma senior della Bill and Melinda Gates Foundation in Vaccine Discovery, ex capo dell’Ufficio per lo sviluppo dei vaccini per l’equivalente tedesco del CDC e professore universitario, il quale ha pubblicato una lettera aperta alla comunità scientifica e al mondo avvertendo che il presente programma di vaccinazione di massa potrebbe “spazzare via gran parte della nostra popolazione umana”.

mercoledì 13 aprile 2022

POI CI SONO LORO … I FOLLI.

 


 

Dedicato ai folli, a chi ha lasciato la comoda sedia della sicurezza, a chi ha abbandonato il vialetto di casa, a chi non è stato compreso.

 

  

 

“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido”.
Albert Einstein

 

Molti imprenditori, rivoluzionari, ora miliardari, considerati geni innovatori, hanno abbandonato gli studi. Hanno preso la porta prima che fosse ora di prenderla. Hanno sfondato la porta quando la porta era chiusa a chiave.

Chi li conosceva mentre uscivano sgommando dal loro vialetto?

Chi li conosceva quando abbandonavano il college fra gli improperi dei padri e le delusioni sempiterne delle madri?

E ora forse li conosciamo? Li conosciamo davvero?

I loro genitori li conosceranno, ora, li riconosceranno?

Ci sono tante persone fortunate là fuori, tutto per bene, in orario, persone perfettamente cronologiche, una scalata di sì ai voti e ai sentimenti.

 

POI CI SONO LORO. I FOLLI. QUELLI CHE ORA AMMIRIAMO, PROPRIO QUELLI.

 

La follia, la rivoluzione dentro, l’innovazione magistrale: se la sono meritata. Se la sono sudata.

 

Ci sono due tipi di esclamazioni sul folle, la prima è: quello è un folle! La seconda è: quello è un folle!

Sembrano identiche eppure non sono mai state così diverse.

Perché è facile dirlo dopo. È facile essere ammirati dopo. Essere perdonati dopo. Rivoluti in casa dopo. Voluti bene, dopo. Sentire quelli che ti hanno conosciuto che si vantano di averlo fatto quando eri niente (o ricordano l’esclamazione del primo tipo: quello è un folle!).

Ebbene. I fatti. I fatti dimostrano che la follia si deve meritare, il talento deve essere lasciato libero o deve evadere, che l’ammirazione e tutti gli appellativi che sentono ora se li sono sudati fra le lacrime e la follia, che il loro futuro a cui nemmeno i genitori credevano se lo sono costruiti senza manuale di istruzioni, senza la scalata sulla scalinata del successo, ma solo con la scalata alle idee e alla loro integrità.

giovedì 7 aprile 2022

PUBBLICATI SU THE LANCET I RISULTATI DELLE AUTOPSIE ESEGUITE SU PAZIENTI COVID ITALIA

 



Sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The Lancet i risultati delle autopsie eseguite all'Ospedale di Bergamo e al "Luigi Sacco" di Milano su pazienti deceduti per Coronavirus. Per il Papa Giovanni hanno contribuito il direttore del Dipartimento di medicina di laboratorio Andrea Gianatti e i suoi colleghi anatomopatologi Aurelio Sonzogni e Ahmed Nasr.

I ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto polmonare da 38 pazienti, 33 uomini e cinque donne, con un'età media di 69 anni, deceduti per COVID-19 nei due ospedali lombardi tra il 29 febbraio e il 24 marzo 2020. Al momento del ricovero, tutti i pazienti presentavano caratteristiche cliniche e radiologiche di polmonite interstiziale.

Tutti i casi hanno mostrato un danno alveolare diffuso, come congestione capillare, necrosi, edema e trombi.

"Le autopsie hanno mostrato che l'organo maggiormente colpito dal virus è il polmone e la causa della morte l'insufficienza respiratoria acuta - ha spiegato Gianatti -. 

Come causa di morte  abbiamo trovato anche trombi estesi anche a livello della sezione destra del cuore e tutti i pazienti presentavano grosse ostruzioni dell'arteria polmonare e piccole occlusioni disseminate in vene e arterie periferiche. La nostra esperienza, le cui conclusioni sono riassunte in questa pubblicazione, ha dato un contributo importante alla cura dei pazienti con Coronavirus, in particolare rispetto alla necessità di intervenire sulla coagulazione con eparina e di usare il cortisone per ridurre l'infiammazione a livello vascolare".

 

Data di pubblicazione:
09 giugno 2020  Federica Belli - Ufficio comunicazione
comunicazione@asst-pg23.it


Link: https://www.units.it/sites/default/files/media/documenti/notizie/articolo_ebiom_103104.pdf

 

 

 

mercoledì 6 aprile 2022

CAPIRE PERCHÈ RUSSIA E AMERICA SI SONO ALLEATE NELL'ULTIMA GUERRA MONDIALE




25 aprile 1945   la liberazione: in questi giorni che stiamo a casa approfittiamo per fare ricerche e studiare la storia per comprendere i tempi contemporanei, ad esempio come diceva Giacinto Auriti:"...Capire perchè Russia e America si sono alleate nell'ultima guerra mondiale..." 

 

Auriti : << ...Che cosa è avvenuto...la Vandea è stato un fermento romantico, pieno di contraddizioni...gli storici...alcuni hanno detto: "la Vandea in Francia è un episodio di cui i francesi sono orgogliosi e allo stesso tempo si vergognano". Cosa è avvenuto nella Vandea in Francia? La reazione all'avvento dell'Usura!... Come quella che è avventa in Italia col fascismo...la stessa cosa avviene in Spagna con la Falange... col peronismo in Argentina... con Salazar in Portogallo...con Codreanu in Romania...con l'avvento del regime comunista in Russia, con la cacciata degli Zar in Russia si costituisce in Russia non lo stato socialista, perchè lo stato socialista in senso romantico non è mai esistito, ma il capitalismo di stato...significa che si è creata la più grande società anonima della storia nello stato socialista...la proprietà è del fantasma stato e non dei cittadini...

Questa distinzione ci fa capire perchè Russia e America si sono alleate nell'ultima guerra mondiale...perchè erano le due facce del capitalismo...il capitalismo liberale ha spogliato i popoli con la moneta-debito, mentre il capitalismo di stato ha spogliato i popoli con la norma costituzionale degli stati socialisti che ha tolto la proprietà dei mezzi di produzione dai cittadini per darlo al fantasma giuridico stato, cioè alla classe dominante...quella che comanda e mangia per rappresentanza... 


domenica 3 aprile 2022

SVELATA LA PROVENIENZA DELLA PIETRA DELLA CELEBRE “VENERE” GRAVETTIANA DI WILLENDORF: E’ ITALIANA, DELLA LESSINIA!


 La “Venere” gravettiana di Willendorf


La piccola scultura litica femminile di Willendorf, alta 110 mm, risalente a circa 30.000 anni fa e appartenente alla tipologia delle cosiddette “Veneri” del Gravettiano, è un’autentica icona del Paleolitico, rinvenuta sulle rive del Danubio nel 1908 ed esposta nel Museo di Storia Naturale di Vienna. Recentemente è stata ristudiata da un gruppo di specialisti austriaci e tedeschi, che hanno appena pubblicato uno studio su Scientific Reports. Le analisi condotte con tomografie microcomputerizzate rivelano l'origine, la scelta del materiale e le caratteristiche della superficie nella quale è stata scolpita, una tenera oolite del Mesozoico. Dopo aver campionato molti affioramenti oolitici su un raggio di 2500 km dalla Francia all'Ucraina, è stata trovata una corrispondenza sorprendentemente stretta con la granulometria del calcare oolitico del Lago di Garda, soprattutto dall’area di Sega di Ala nei Monti Lessini, tra Trentino e Veneto. Tutto ciò sembra suggerire una notevole mobilità delle popolazioni Gravettiane così come un trasporto su lunghe distanze di manufatti da sud a nord ad opera di gruppi di cacciatori-raccoglitori sapiens, prima dell'ultimo massimo glaciale.

sabato 2 aprile 2022

IL FENOMENO DEL BRIGANTAGGIO NELLA LESSINIA DEL PASSATO

 



 

Con il termine  brigantaggio  si  è soliti definire una forma del banditismo  caratterizzata da azioni violente a scopo di rapina ed estorsione, mentre in altre circostanze esso assume risvolti insurrezionalisti   su fondo   politi sociale.

 

Sebbene il fenomeno abbia origini remote che si perdono nella notte dei tempi, e nei vari periodi storici e territori diversi, nella storiografia italiana, questo termine si riferisce generalmente alle bande armate che erano presenti nel Mezzogiorno d’Italia tra la fine del XVIII secolo e il primo decennio successivo alla proclamazione del Regno d'Italia.

 

L'attività del brigantaggio assunse connotati politici e anche religiosi solo all'inizio del XIX° secolo, con le sollevazioni sanfediste antifrancesi. Fu duramente repressa all'epoca del Regno di Napoli e durante l'occupazione napoleonica, borbonica e risorgimentale, allorquando, dopo essersi ulteriormente evoluta, si oppose alle truppe del neonato Stato Italiano.

 

In questa fase storica, sia all'interno che al di fuori di queste bande e mossi anche da motivazioni di natura sociale e politica, agivano gruppi di braccianti ed ex militari borbonici.

Con il termine brigante si descrive generalmente una persona la cui attività è al di fuori della legge (contra legem). Spesso venivano definiti briganti, in senso dispregiativo, i combattenti ed i rivoltosi in particolari situazioni sociali e politiche. L'origine della parola non è ancora chiara e diverse sono le ipotesi formulate.

 

Il brigantaggio sin dalla sua genesi aveva - ed ha tuttora - come causa di fondo la miseria. Oltre a mera forma di banditismo (soprattutto nel Medioevo), il fenomeno ha spesso assunto connotati di vera e propria rivolta popolare. In età moderna, furono coinvolti vari strati sociali, con connessioni e complicità tra signori e banditi, investendo indifferentemente zone urbane e rurali. 

Il brigantaggio iniziò così a presentare una forza tale da vincere quella dello stesso Stato, incapace ancora di mediare tra i diversi ceti. Francesco Saverio Sipari, che fu tra i primi a considerare anche l'origine sociale del fenomeno, nel 1863 scrisse: «il brigantaggio non è che miseria, è miseria estrema, disperata» e, anticipando anche analoghe osservazioni di Giustino Fortunato, riteneva che il brigantaggio potesse esaurirsi con la "rottura" dell'isolamento delle regioni meridionali, che era dato dall'assenza di una rete infrastrutturale adeguata, di strade e di ferrovie, e con l'affrancamento dai canoni del Tavoliere. Francesco Saverio Nitticonsiderava il brigantaggio (in particolare nel Meridione) un fenomeno complesso, che poteva assumere i connotati di banditismo comune, di reazione alla fame e alle ingiustizie o di rivolta di natura politica. Egli riteneva che il brigante, in gran parte dei casi, si rivelava un paladino del popolo e simbolo di rivoluzione proletaria:

 

« Per le plebi meridionali il brigante fu assai spesso il vendicatore e il benefattore: qualche volta fu la giustizia stessa. Le rivolte dei briganti, coscienti o incoscienti, nel maggior numero dei casi ebbero il carattere di vere e selvagge rivolte proletarie. Ciò spiega quello che ad altri e a me e accaduto tante volte di constatare; il popolo delle campagne meridionali non conosce assai spesso nemmeno i nomi dei fondatori dell'unità italiana, ma ricorda con ammirazione i nomi dell'abate Cesare e di Angelo Duca e dei loro più recenti imitatori. »

(Francesco Saverio Nitti).

 

Giustino Fortunato lo considerò «un movimento spontaneo, storicamente rinnovantesi ad ogni agitazione, ad ogni cambiamento politico, perché sostanzialmente di indole primitiva e selvaggia, frutto del secolare abbrutimento di miseria e di ignoranza delle nostre plebi rurali».

 

Accanto alla miseria, alcuni identificano il brigantaggio come un fenomeno di resistenza, soprattutto in epoca risorgimentale. Il deputato liberale Giuseppe Ferrari disse:«I reazionari delle Due Sicilie si battono sotto un vessillo nazionale, voi potete chiamarli briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul trono di Napoli.». 

Tuttavia il fenomeno era ben presente anche in altri stati preunitari all'alba dell'unità d'Italia, tra cui lo Stato Pontificio in cui ancor oggi si ricorda la figura de "il Passatore", il Lombardo-Veneto con Carcini, il Regno di Sardegna con Giuseppe Mayno e Giovanni Tolu

Anche nella Lessinia del passato il fenomeno del brigantaggio è stato per secoli una vera e propria piaga sociale ed alcune zone impervie dei nostri monti, come ad esempio la val Squaranto (“el vajo della pissaròta”), ne sono praticamente state infestate; tanto che il fenomeno del brigantaggio e del banditismo è stato presente sino ai primi anni ’30 allorché il regime fascista, guidato dall’ideologia Mussoliniana, riuscì definitivamente a debellarlo anche sui nostri monti Lessinia. Per secoli si sono avute sui nostri monti delle figure leggendarie di alcuni briganti tra i quali ad esempio la figura del brigante Francesco Falasco o del “brigante Tomasìn” (Tommaso Comerlati) che erano dei veri e propri spietati briganti. 

venerdì 1 aprile 2022

MONEY, IL PEDOFILO CHE HA INVENTATO L'IDENTITA' DI GENERE... E ROVINATO MOLTE PERSONE

 

John William Money 


Lo psicologo neozelandese fece un esperimento che doveva dimostrare che cambiare sesso porta a una vita felice: fu un disastro che portò al suicidio le sue vittime

L'altro gigante cui dobbiamo la nostra idea di sessualità, essendo il primo l'entomologo stupratore Kinsey, è il pedofilo Money, che ha distrutto un bambino e la sua famiglia, che ha fatto castrare un bambino sano, ha abusato di lui e del fratello ancora bambini, li ha spinti entrambi al suicidio.

Memorizzate questo nome, non è difficile, basta pensare a denaro, perché Money è presentato come un eroe del pensiero e della libertà umana sui testi attualmente usati in molte facoltà di sociologia, antropologia, psicologia e pedagogia, o forse tutte.

John William Money (1921-2006) è stato uno psicologo e sessuologo neozelandese, specializzato nella ricerca nell'ambito dell'identità di genere, in effetti l'ambito dell'identità di genere lo ha inventato lui, quindi, forse specializzato è un termine riduttivo.

Money era il sessuologo, o meglio un fuckologists, per usare il suo memorabile termine, che ha rivoluzionato la sessuologia, rivoluzionandone anche i termini, insieme a Kinsey ne è il padre fondatore. Ne ha rifondato anche il linguaggio, come è ovvio che sia, perché dove non esistono le parole, non possono esistere i concetti. I concetti assurdi non hanno parole che li indichino, quindi chiunque stravolga la realtà deve creare un linguaggio: quello che Orwell definisce neolingua. I termini "orientamento sessuale", "identità di genere", e da quando questi termini esistono si è creata un'ideologia che li giustifica, "parafilia" (termine neutro che sostituisce "perversione") sono i più noti. [...] Sempre suo è fuckology, la scienza dello scopare, per indicare la sessuologia, termine che purtroppo non ha avuto successo ed è un peccato: la sessuologia non ha mai studiato il sesso, che è il più grande dono di Dio, crescete e moltiplicatevi, grazie al quale la vita nasce e dalla passione nasce la tenerezza. La cosiddetta sessuologia è fuckology, come affermato dal suo stesso fondatore, osannato come un eroe del pensiero in tutte le facoltà di sessuologia del mondo. [...]

Money vivacchiò in ambiente accademico, giocherellando con le sue strampalate idee, che il concetto di "sesso" si riferisca esclusivamente alle caratteristiche biologiche che differenziano gli uomini e le donne, mentre il "genere" si riferisce a una costruzione sociale slegata dal sesso. La bizzarra teoria secondo la quale che l'identità di una persona non si basa sul sesso biologico, ma sugli influssi dell'ambiente in cui cresce, compare già nel saggio di Simone de Beauvoir "Il Secondo Sesso", con l'affermazione che "non si nasce femmina, lo si diventa", e degli studi antropologici di Margaret Mead.