martedì 19 marzo 2019

VIA DELLA SETA: MAPPA, INVESTIMENTI, PRO E CONTRO. TUTTO CIÒ CHE C'È DA SAPERE




10 domande sulla Nuova Via della Seta: mappa, ruolo dell'Italia, timori sul debito, sviluppo in Africa e... Tutto quello che c'è da sapere sulla Belt and Road

di Lorenzo Lamperti

Chi ancora pensa che la Nuova Via della Seta sia un nostalgico revival delle antiche avventure eurasiatiche di Marco Polo sarà deluso. La Belt and Road Initiative, di cui si parla da anni nel mondo, è il più colossale piano economico-diplomatico di sempre. Ora anche in Italia, vista la volontà espressa dal governo Lega-M5s di sottoscrivere il memorandum di intesa con la Cina, se ne sta parlando molto. Ecco allora una guida (parziale, non basterebbe un libro a cogliere tutte le sfaccettature e implicazioni) di Affaritaliani.it sugli aspetti principali del progetto che sta (già) cambiando il mondo.

Che cos'è la Nuova Via della Seta?
Innanzitutto non si tratta di una sola "via della seta". Volendo utilizzare il nome del progetto in italiano sarebbe corretto parlare di "Nuove Vie della Seta", al plurale. Le rotte sono infatti cinque, tre terrestri e due marittime, e potrebbero presto diventare sei. La Belt and Road Initiative (Bri), il nome internazionale del progetto, è un piano annunciato nel 2013 dal presidente cinese Xi Jinping per migliorare i collegamenti commerciali con i paesi dell'Eurasia, sviluppando sulla sua strada non solo binari ma veri e propri centri di connessione economici (e diplomatici). Da un primo stanziamento di 40 miliardi di dollari, durante il forum Bri del 2017 è stato annunciato un ulteriore stanziamento di 100 miliardi. Nell'ottobre del 2017 la Bri è stata inclusa nella costituzione cinese. E' considerato il più grande progetto infrastrutturale e di investimenti della storia. Coinvolge al momento 68 paesi e circa il 65% della popolazione mondiale.

Quali sono le rotte della Belt and Road Initiative?
Esistono tre rotte terrestri che creano sei corridoi della Bri. La prima parte dal nord est della Cina e arriva all'Europa continentale e al Baltico passando dall'Asia centrale e dalla Russia. La seconda parte dal nord ovest della Cina e arriva al Golfo Persico e al Mar Mediterraneo passando per l'Asia centrale e occidentale. La terza parte dal sud ovest dalla Cina e arriva all'oceano Indiano passando per l'Indocina. Ci sono poi due rotte marittime. La prima che dal mar Cinese meridionale arriva nel sud del Pacifico. La seconda che invece si dirige verso l'Africa e l'Europa attraverso lo stretto di Malacca. C'è poi il progetto di creare una terza rotta marittima, quella artica, che potrebbe svilupparsi nei prossimi anni grazie allo scioglimento dei ghiacci.

Come è arrivata la Cina alla creazione della Belt and Road?
E' il naturale sviluppo di una politica cinese che si è continuata ad evolvere nel dopo Mao. Nel 1978 Deng Xiaoping lanciò la politica di riforma e di apertura della Cina. I rapporti amichevoli con il mondo occidentale e con gli Stati Uniti erano all'epoca l'unica strada per raggiungere modernizzazione e sviluppo. L'accesso al sistema capitalista ha sì cambiato la Cina ma non ne ha minato la fondamenta. Per dirla in parole povere, dopo la fine della guerra fredda l'Occidente si era illuso che tutti avrebbero sposato il suo modello al cento per cento. La Cina è invece riuscita a diventare una potenza economica mantenendo caratteristiche proprie e non assimilabili al modello uscito "vincitore" (così almeno pensava Fukuyama) dallo scontro tra i due antichi blocchi. Pechino è dunque passata alla fase successiva, vale a dire la proposta di un modello differente. La Belt and Road si pone l'obiettivo di creare un immenso mercato comune Eurasiatico, allo stesso tempo più o meno inconsapevolmente aumentando il peso diplomatico di Pechino lungo la via. Dopo l'integrazione nell'economia globale Xi Jinping è passato alla fase di sviluppo della presenza cinese sulla scena mondiale. Un obiettivo che risponde non tanto a logiche imperialiste quando a necessità interne: risoluzione del nodo della sovraproduzione, diversificazione delle fonti di import di energia, petrolio e gas, accesso a risorse naturali fondamentali per lo sviluppo tecnologico, altro grande obiettivo di Pechino come dimostra il piano Made in China 2025.

Quali sono i paesi coinvolti finora nella Belt and Road?
La lista è lunghissima. Il primo naturale sbocco dell'iniziativa è il Sud Est asiatico, dove la Cina ha realizzato e sta realizzando grandi progetti infrastrutturali in Cambogia, Myanmar, Malesia, Indonesia e Singapore. In Thailandia vorrebbe costruire un canale lungo l'istmo di Kra, il lembo di terra che unisce l'Asia continentale alla Malesia. Questo canale potrebbe cancellare il grande problema cinese dello stretto di Malacca, passaggio obbligato della rotta marittima verso Africa ed Europa. Il Pakistan è forse il paese dove la presenza della Bri è più visibile. Il paese è considerato dalla Cina la porta d'ingresso per l'oceano Indiano ed è qui che sta realizzando il cruciale porto di Gwadar. Importanti anche gli investimenti in Iran. Nelle scorse settimane sono stati chiusi anche importanti accordi con l'Arabia Saudita, con la Cina che al momento dimostra di saper dialogare con entrambi i rivali del Medio Oriente. L'altra direttiva naturale della Belt and Road è l'Asia centrale. Le repubbliche ex sovietiche sono state integrate nel progetto anche (o soprattutto) grazie all'intesa di cooperazione raggiunta con la Russia. Un ruolo particolare è ricoperto dal Kazakistan, considerato da Pechino come cruciale collegamento tra Asia ed Europa. La collaborazione con Astana è molto profonda e si concretizza anche in paesi terzi, come nella Repubblica Democratica del Congo.

Quali sono i fattori più positivi della Bri e invece quelli potenzialmente negativi?
Rispetto all'antica Via della Seta, la Belt and Road riserva un ruolo cruciale anche all'Africa. In Gibuti è stata realizzata la prima base militare cinese permanente all'estero. Nel continente africano gli investimenti cinesi stanno innegabilmente aiutato occupazione e sviluppo. La crescita in Etiopia ha portato tra le altre cose anche alla storica pace con l'Eritrea. La cosiddetta Cinafricanon è limitata alla parte orientale del continente. Pechino è presente con investimenti importanti anche in paesi dell'Africa occidentale come Senegal Angola. Nei piani ci sarebbe addirittura una linea ferroviaria ad alta velocitàche collegherebbe la costa orientale con quella occidentale, partendo da Gibuti e arrivando in Nigeria o in Camerun. L'Africa è importante per la Cina anche per l'accesso alle risorse naturali e minerarie. L'esempio principale è il cobalto, fondamentale per lo sviluppo tecnologico tra l'altro delle auto elettriche (settore nel quale Pechino vuole diventare leader). Il 54 per cento delle risorse globali di cobalto si trova in Congo. Nel 2018 la Cina ha importato cobalto dal paese africano per un miliardo e 200 mila euro. Tanto per capirci, al secondo posto c'è l'India con 3,2 milioni di euro. La presenza della Cina in Africa ha comunque innestato un processo virtuoso nel quale anche altri paesi, come Arabia Saudita e India, hanno cominciato a investire cifre importanti nel continente, aprendo nuove prospettive economiche e sociali. Per quanto riguarda i potenziali lati negativi della Belt and Road, molti analisti parlano della cosiddetta "trappola del debito". In sostanza, i paesi che ricevono gli investimenti di Pechino si indebitano di cifre che poi non riescono a ripagare. L'esempio più ovvio è quello dello Sri Lanka, isola dell'oceano Indiano che ha dovuto cedere in concessione per 99 anni il suo porto di Hambantota. Un altro nodo è legato ai settori strategici e della sicurezza dei dati. Anche da qui nascono le pressioni degli Usa affinché Huawei sia esclusa dai progetti di sviluppo delle reti 5G.

Quali sono le sfide per la Cina lungo il tragitto della Belt and Road?
La sfida più importante è quella di riuscire a incrementare il proprio soft power. Impresa non sempre facile. Uno degli ostacoli principali, per quanto riguarda l'Asia, è la presenza sempre più rilevante dell'India. Nuova Dehli vede con sospetto i progetti cinesi e, forte di una buona crescita economica e demografica, sta diventando sempre più una barriera all'espansione del Dragone. L'India sta diventando sempre più assertiva nell'area e alcuni suoi paesi "satellite" come Nepal, Bangladesh e Maldive stanno non a caso rivedendo i progetti di cooperazione con la Cina. Anche nell'area del Sud Est c'è qualche malumore. In Malesia, il presidente Mahathir (eletto a sorpresa nel 2018) ha dichiarato che vuole rinegoziare diversi progetti ventilando anche la possibilità di negare visti di residenza a Forest City, smart city innovativa costruita grazie ai soldi di Pechino, salvo fare poi un parziale passo indietro. Anche l'Indonesia mostra qualche segno di insofferenza. Il timore che si sta diffondendo è quello di dipendere troppo dalla Cina. Anche per questo stanno nascendo altri progetti infrastrutturali nell'area. La Thailandia ha creato un fondo regionale con i vicini Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar. E c'è poi il progetto Quad, modello alternativo di investimenti nell'Indo pacifico proposto dall'asse Stati Uniti-India-Giappone-Australia. Regge comunque la collaborazione tra Cina e Giappone in paesi terzi.

Perché gli Stati Uniti sono ostili al progetto?
Gli Stati Uniti avevano pensato di portare anche la Cina nella loro orbita. Era un'illusione. Con Barack Obama in parte, ma soprattutto con Donald Trump, Washington ha individuato in Pechino il proprio principale rivale e nella Belt and Road una minaccia da disinnescare. La guerra commerciale è solo un paravento di un qualcosa di molto più complesso. Anche un eventuale e parziale accordo sui dazi tra Trump e Xi Jinping non metterà fine a un processo nel quale gli apparati statunitensi sono entrati in modalità "nuova guerra fredda". Sì, perché per Washington la Belt and Road non è un semplice progetto infrastrutturale e commerciale ma un progetto geopolitico per sovvertire l'ordine costituito, vale a dire quello dove gli Stati Uniti sono sul tetto gerarchico globale. Gli Usa fanno leva sulle antiche relazioni diplomatiche con il mondo occidentale per impedire l'espansione del modello cinese e per loro firmare il memorandum di adesione ufficiale alla Nuova Via della Seta equivale quasi a una scelta di campo.

Qual è la posizione dell'Europa?
L'Europa è la destinazione naturale delle rotte terrestri della Belt and Road. Nel 2013, anno di inizio del progetto, il commercio Eurasiatico arrivava a 1,8 trilioni di dollari, il doppio del commercio Transpacifico e il triplo di quello Transatlantico. Tra i paesi che hanno già aderito all'iniziativa di Pechino figurano Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Romania, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovenia, Bulgaria, Grecia, Ungheria e Portogallo. Le direttive della Nuova Via della Seta arrivano già nell'Europa continentale tramite i porti del Pireo e di Rotterdam e una interminabile linea ferroviaria che unisce Chongqing Duisburg, in Germania. L'Europa orientale ha anche creato il gruppo 16+1 che comprende i paesi dell'Est e dei Balcani, insieme ovviamente alla Cina. L'Europa, non in grado di entrare nel grande gioco geopolitico Usa-Cina, ha bisogno degli investimenti cinesi ma allo stesso tempo non può recidere il legame geopolitico con gli Stati Uniti. La sfida è quella di riuscire a influenzare il progetto cinese, modellandolo e adattandolo ai principi di trasparenza concorrenza e agli standard sociali europei, garantendo allo stesso tempo la sicurezza dei propri settori strategici. Un'impresa molto complessa ma che l'Europa sarà costretta a tentare.

Quale può essere il ruolo dell'Italia?
L'Italia sarebbe il primo Paese del G7 ad aderire ufficialmente alla Belt and Road. Questo potrebbe avvenire durante la visita in Italia del presidente Xi Jinping, prevista tra il 21 e il 23 marzo, oppure al secondo forum sulla Bri che si terrà a Pechino a fine aprile e al quale parteciperà anche il premier Giuseppe Conte, come già aveva fatto il suo predecessore Paolo Gentiloni nel 2017. Secondo Conte, l'accordo sarebbe "un'opportunità per il Paese e per la Ue, l'occasione per introdurre i nostri criteri e standard di sostenibilità finanziaria, economica, ambientale". Insomma, l'Italia potrebbe svolgere quel ruolo di cooperazione e allo stesso tempo di modellamento del progetto cinese, rendendolo più digeribile sul contesto occidentale. Nel miglior caso possibile l'Italia potrebbe aprire la strada a un ruolo anche manageriale dell'Ue e del mondo occidentale nell'ambito della Bri. Un fattore che potrebbe far comodo anche agli Stati Uniti nel lungo termine, ma la cui realizzazione non appare semplice. Gli ambiti di cooperazione previsti tra Italia e Cina riguardano settori come infrastrutture, energia, telecomunicazioni, aviazione civile, e-commerce. Sarebbero coinvolti, tra gli altri, il gigante elettrico di Pechino, la State Grid Corporation, Terna e Leonardo. Un ruolo importante sarebbe ricoperto dal porto di Trieste, con qualche possibilità anche per il porto di Genova. Allo studio anche joint venture tra società cinesi e italiane in paesi terzi come Egitto, Kazakistan e Azerbaijian. Tutti paesi nei quali l'energia riveste un ruolo fondamentale.

Quali sono gli scenari futuri?
Bruno Maçaes, nel suo recente libro "Belt and Road - A Chinese World Order", prefigura quattro scenari. Primo scenario: il mondo occidentale riesce a modellare il progetto cinese secondo il suo sistema, con la Cina che accetta i suoi principi di trasparenza ed engagement e si arriva a un'integrazione pacifica senza conflitti. Secondo scenario: convergenza sulla differenza. La Cina prende il posto degli Stati Uniti come centro politico ed economico globale ma permane la coabitazione con il modello alternativo occidentale. Terzo scenario: scontro tra due visioni diverse del mondo. La Cina non converge e il modello occidentale viene destrutturato e ricostruito secondo quello di Pechino. Quarto scenario: Stati Uniti e Cina non convergono e per trovare una forma di bilanciamento dividono il mondo per sfere di influenza nell'ambito di una nuova guerra fredda. Come andrà? Lo vedremo. Una cosa è certa: qui non si sta parlando solo di accordi economici.



Fonte: srs di  LorenzoLamperti,  da Affari Italiani del  10 marzo 2019 



UNA NUOVA “VIA DELLA SETA” PER IL FUTURO DELL’ITALIA




La firma dell'accordo con la Cina, darebbe al nostro Paese la possibilità di muoversi da attore autorevole sullo scacchiere multipolare, consegnando agli archivi l'appiattimento sulle posizioni dell'unipolarismo statunitense che ne hanno caratterizzato la politica estera dal dopoguerra in poi

Di Ernesto Ferrante


L’Italia non può e non deve perdere la straordinaria opportunità della nuova Via della Seta. 
La firma dell’accordo con la Cina, darebbe al nostro Paese la possibilità di muoversi da attore autorevole sullo scacchiere multipolare, consegnando agli archivi l’appiattimento sulle posizioni dell’unipolarismo statunitense che ne hanno caratterizzato la politica estera dal dopoguerra in poi, al netto dei circoscritti e limitati sussulti di Mattei, Moro e Craxi.

Il memorandum con la potenza asiatica non prevede obblighi, ma principi condivisi per l’organizzazione di forme specifiche di cooperazione economica. L’esatto contrario di quel pericolo di “colonizzazione” che gli atlantisti di sangue, di ideologia o confessione paventano.

E’ sfacciato, inaccettabile ed immorale che a vestire i panni degli amici premurosi siano i cantori delle gesta di Washington, Bruxelles, Parigi e Londra, fonti di sventure e disastri economici e geopolitici per l’Italia. Se gli “alleati” sono quelli delle 113 basi militari sul nostro suolo, del Britannia, del pareggio di bilancio nella Costituzione e della sciagura libica, meglio starne alla larga.

Nell’esecutivo gialloverde non mancano gli sbarratori delle porte del treno della Via della Seta, anche se fortunatamente i sottosegretari allo Sviluppo Economico Geraci e ai Trasporti Rixi (entrambi leghisti) e diversi esponenti di peso del M5S (il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano in primis), riescono a far sentire la propria voce con argomentazioni serie, suffragate da dati.

Il negoziato è in dirittura d’arrivo e potrebbe essere firmato durante la visita di Stato del presidente cinese Xi Jinping a Roma (prevista per il 22 e 23 marzo) o a fine aprile, tra il 25 e il 27, quando a Pechino si svolgerà il secondo Forum sulla “Belt and Road Initiative”.
Il nostro sarebbe il primo Paese del G7 a beneficiare dei vantaggi strategici ed economici di quella cintura economica lungo l’antica Via della Seta che aprirà un mercato di tre miliardi di consumatori. “Yi Dai Yi Lu”, in mandarino.

“Una Cintura Una Strada” nella nostra lingua. Una “cintura” di strade, ferrovie per il trasporto delle merci, gasdotti e oleodotti, linee di telecomunicazioni che partendo dalla Cina attraverseranno l’Asia centrale, la Russia, il Medio Oriente per arrivare in Europa. Una “strada” marittima che comincia dai grandi porti di Shanghai e Canton, fa rotta lungo il Mar Cinese meridionale e l’Oceano Indiano, fa tappa in Kenya, risale il Mar Rosso, arriva nel Mediterraneo con uno scalo al Pireo e termina a Venezia.

Sessantasette Paesi hanno già sottoscritto la Belt and Road Initiative. Sono già 13 i Paesi dell’Ue che hanno siglato un memorandum di intesa con la Cina. Si tratta di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. La Cina è il principale partner commerciale di 126 nazioni; gli Stati Uniti di 56.
A chi pende ancora dalle labbra di tromboni da salotti buoni come il politologo Luttwak, secondo il quale “la scelta di stare con la Cina dimostrerebbe che l’Italia si rivela essere ancora una volta provinciale e fuori dai giochi”, è appena il caso di snocciolare qualche numeretto sonante: i progetti cinesi prevedono investimenti per 900 miliardi di dollari nei prossimi 5-10 anni; 502 miliardi in 62 Paesi entro il 2021, secondo i calcoli degli analisti di Credit Suisse.

Il premier Conte, che pare aver colto l’importanza della nuova Via della Seta, faccia il Marco Polo e dia all’Italia la possibilità di esplorare un mondo sconosciuto che si chiama sovranità piena, con la libera scelta delle migliori opzioni strategiche sul piano economico e politico. Nell’esclusivo interesse del popolo italiano.


Fonte: srs di Ernesto Ferrante, da Opinione Pubblica del 13 marzo 2019-03-17 

sabato 16 marzo 2019

VIA DELLA SETA, IL TESTO DELL’INTESA TRA L’ITALIA E LA CINA: LA TRADUZIONE IN ITALIANO E VERSIONE INGLESE

Rapporti Italia-Cina, Mattarella con Xi Jinping (LaPresse, 2019)


Già 13 i Paesi dell’Ue che hanno siglato un memorandum di intesa con la Cina, mentre un altro, oltre all’Italia, lo sta negoziando. Si tratta di Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia. Lussemburgo è invece in trattativa


DOCUMENTO D’INTESA TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE SULLA COLLABORAZIONE ALL’INTERNO DEL PROGETTO ECONOMICO “VIA DELLA SETA” E DELL’INIZIATIVA PER LE VIE MARITTIME DEL XXI° SECOLO

Il governo della Repubblica italiana e il governo della Repubblica popolare cinese (d’ora in poi denominati “controparti”), nella prospettiva di promuovere una collaborazione pratica bilaterale; nell’accogliere favorevolmente le conclusioni del Forum sulla cooperazione internazionale della Via della Seta, tenutosi a Pechino nel maggio 2017; nel riconoscere l’importanza e i benefici derivanti da una migliorata connettività tra l’Asia e l’Europa e il ruolo che l’iniziativa della Via della Seta può svolgere in questo ambito; ricordando il comunicato congiunto emanato dalla Tavola rotonda dei capi di stato del Forum per la collaborazione internazionale della Via della Seta; ricordando il piano di azione per il rafforzamento della collaborazione economica, commerciale, culturale e scientifica tra l’Italia e la Cina 2017-2020, stipulato a Pechino nel maggio 2017; ricordando il comunicato congiunto emanato dal 9° Comitato intergovernativo Italia-Cina, tenutosi a Roma il 25 gennaio 2019, e l’impegno espresso in quella sede per promuovere il partenariato bilaterale in uno spirito di rispetto reciproco, uguaglianza e giustizia, a reciproco beneficio, nella prospettiva di una solidarietà globale rafforzata; consapevoli del passato storico comune sviluppato attraverso le vie di comunicazione per via di terra e di mare che collegano Asia e Europa e del ruolo tradizionale dell’Italia come punto di approdo della Via della Seta marittima; ribadendo il loro impegno a onorare i principi e le finalità della Carta delle Nazioni Unite e promuovere la crescita inclusiva e lo sviluppo sostenibile, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici; ricordando inoltre gli obiettivi fissati dall’Agenda strategica per la collaborazione Unione Europea-Cina 2020, e i principi guida della Strategia dell’Unione Europea per collegare Europa e Asia adottata nell’ottobre 2018; hanno raggiunto la seguente intesa:

Paragrafo I: Obiettivi e principi guida per la collaborazione.

1. Le controparti si impegnano a lavorare insieme nel progetto della Via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI) per trasformare in vantaggi le reciproche forze complementari, nell’ottica di una cooperazione pratica e crescita sostenibile, appoggiando le sinergie tra la Via della Seta e le priorità identificate nel Piano di investimento per l’Europa e le reti trans-europee, e altresì tenendo presenti le discussioni riguardanti la Piattaforma per la connettività Unione Europea-Cina. Questo consentirà inoltre alle controparti di rafforzare i loro rapporti politici, i loro legami commerciali e gli scambi tra i popoli. Le controparti si impegnano a rafforzare la collaborazione e a promuovere la connettività regionale in un quadro di riferimento aperto, inclusivo ed equilibrato, i cui benefici si estenderanno a tutte le parti, in modo da promuovere nella regione pace, sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile.

2. Le controparti si impegnano a promuovere la collaborazione bilaterale in base ai seguenti principi:

 (i) Guidate dalle finalità e dai principi contenuti nella Carta dell’ONU, le controparti lavoreranno per sviluppo e prosperità reciproche, basate sulla fiducia reciproca e spirito di collaborazione:

 (ii) Nel rispetto delle leggi e normative nazionali, coerenti con i rispettivi obblighi internazionali, le controparti si impegnano a promuovere l’avanzamento dei loro progetti di collaborazione;

 (iii) Le controparti si impegnano a esplorare le sinergie e ad assicurare coerenza e complementarietà con i meccanismi esistenti di cooperazione bilaterali e multilaterali e con le piattaforme di cooperazione regionale. 

Paragrafo II: Aree di cooperazione. 

Le controparti si impegnano a collaborare nelle seguenti aree:

1. Dialogo sulle politiche. Le controparti promuoveranno le sinergie e rafforzeranno le strutture di comunicazione e coordinamento. Stimoleranno il dibattito sulle politiche da adottare nelle iniziative di connettività e sugli standard tecnici e normativi. Le controparti lavoreranno assieme alla Banca di investimento asiatica per le infrastrutture (AIIB) per favorire la connettività nel rispetto delle finalità e delle funzioni della Banca.

2. Trasporti, logistica e infrastrutture. Le controparti condividono una visione comune sul miglioramento dei trasporti, affinchè siano accessibili, sicuri, inclusivi e sostenibili. Le controparti collaboreranno allo sviluppo della connettività delle infrastrutture, tra cui investimenti, logistica e inter-operatività, nelle aree di interesse reciproco (come strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia – tra cui fonti rinnovabili e gas naturale – e telecomunicazioni). Le controparti esprimono il loro interesse nello sviluppo di sinergie tra la Via della Seta, il sistema italiano di trasporti e infrastrutture, come – tra gli altri – strade, ferrovie, ponti, aviazione civile e porti e la Rete trans-europea dei trasporti dell’Unione Europea (TEN-T). Le controparti accoglieranno favorevolmente ogni dibattito nel quadro della Piattaforma di connettività tra l’Unione Europea e la Cina, per migliorare l’efficienza della connettività tra Europa e Cina. Le controparti si impegnano a collaborare nel facilitare il disbrigo delle operazioni doganali, rafforzando la cooperazione nelle soluzioni di trasporto sostenibile, sicuro e digitale, come pure per quel che riguarda investimenti e finanziamenti. Le controparti ribadiscono l’importanza di stabilire procedure di appalto aperte, trasparenti e non discriminatorie.

3. Rimuovere ogni ostacolo al commercio e agli investimenti. Le controparti si impegnano a estendere gli investimenti bilaterali e i flussi commerciali, la cooperazione industriale come pure la cooperazione nei mercati di paesi terzi, esplorando i sistemi per promuovere una robusta cooperazione a beneficio reciproco. Le controparti riaffermano l’impegno condiviso per realizzare scambi commerciali e investimenti aperti e liberi, per contrastare gli eccessivi squilibri macroeconomici, e opporsi all’unilateralismo e al protezionismo. Nell’ambito della Via della Seta, le controparti si impegnano a promuovere commercio e cooperazione industriale in modo aperto, libero, trasparente e non discriminatorio; appalti trasparenti; parità di condizioni e rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Le controparti si impegnano a studiare sistemi di collaborazione e partenariato più stretti e di vantaggio reciproco, promuovendo la cooperazione triangolare e quella nord-sud, sud-sud.

4. Collaborazione finanziaria. Le controparti rafforzeranno le comunicazioni e il coordinamento bilaterale su politiche di riforma fiscale, finanziaria e strutturale, in modo da creare un ambiente favorevole alla collaborazione economica e finanziaria, anche tramite l’avvio di un Dialogo finanziario Italia-Cina, tra il ministro dell’economia e della finanza della Repubblica italiana e il ministro delle finanze della Repubblica popolare cinese.

Le controparti favoriranno il partenariato tra le rispettive istituzioni finanziarie per sostenere congiuntamente la cooperazione in materia di investimenti e finanziamenti, a livello bilaterale e multilaterale e verso paesi terzi, nell’ambito dell’iniziativa della Via della Seta.

5. Connettività tra persone. Le controparti si impegnano a favorire ed espandere gli scambi interpersonali, a sviluppare la rete di gemellaggio tra le città, e a sfruttare appieno la piattaforma dei Meccanismi di cooperazione culturale tra l’Italia e la Cina per portare a termine il gemellaggio tra i siti UNESCO dei rispettivi paesi, allo scopo di promuovere la collaborazione su istruzione, cultura, scienze, innovazione, salute, turismo e benessere pubblico tra le rispettive amministrazioni. Le controparti favoriranno scambi e collaborazione tra le rispettive autorità locali, mezzi di comunicazione, think tank, università e giovani.

6. Cooperazione allo sviluppo nel rispetto dell’ambiente. Le controparti si impegnano a sostenere pienamente l’obiettivo di sviluppare la connettività tramite un approccio sostenibile ed ecologico, promuovendo attivamente la tendenza globale verso lo sviluppo ecologico, circolare e a basse emissioni di carbonio. Con questo spirito condiviso, le controparti collaboreranno nel campo della protezione ambientale, dei cambiamenti climatici ed altre aree di reciproco interesse. Le controparti si impegnano a condividere le loro idee sullo sviluppo sostenibile e a promuovere attivamente le direttive dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici. Il ministero per l’ambiente, il territorio e il mare della Repubblica italiana parteciperà attivamente alla Coalizione internazionale per lo sviluppo ecologico sulla Via della Seta, già avviato dal ministero dell’ecologia e dell’ambiente della Repubblica popolare cinese, in sintonia con il programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP).

Paragrafo III: Modalità di cooperazione.

1. Le modalità di cooperazione potrebbero includere le seguenti, ma senza che siano imposti imposti limiti o restrizioni:

 (i) Lo scambio di visite e dibattiti ad alto livello all’interno dei meccanismi di scambio governativi e non governativi. Le controparti metteranno a disposizione reciprocamente le informazioni raccolte nei più svariati campi e su canali multipli, allo scopo di aumentare la trasparenza e incoraggiare la partecipazione di cittadini provenienti da tutti i settori della società; 

 (ii) Le controparti studieranno lo sviluppo di programmi pilota nelle aree chiave, negli scambi economici e nella cooperazione, nella ricerca congiunta, nello sviluppo delle capacità, negli scambi e nella formazione del personale.

2. Le controparti si impegnano a esplorare i modelli di cooperazione a vantaggio reciproco per sostenere le principali iniziative nell’ambito della Via della Seta. Le controparti seguiranno i principi del mercato, promuoveranno la cooperazione tra capitale pubblico e privato, incoraggeranno gli investimenti e il supporto finanziario attraverso approcci diversificati. Le controparti ribadiscono il loro impegno verso investimenti che siano sostenibili, sotto il profilo sociale e ambientale, e fattibili economicamente.

3. Le controparti si impegnano a esplorare congiuntamente tutte le opportunità di cooperazione tra Italia e Cina e di possibile cooperazione in paesi terzi. Le controparti si impegnano a rispettare modi di cooperazione che siano a beneficio di tutti i partecipanti e ad adottare progetti che siano a vantaggio dei paesi terzi, favorendo le loro priorità in termini di sviluppo e le esigenze della loro popolazione, assicurandosi che siano validi e sostenibili sotto il profilo fiscale, sociale, economico e ambientale.

4. Le rispettive autorità competenti delle controparti potranno siglare accordi di collaborazione in settori specifici, anche per la creazione di strutture specifiche di collaborazione.

Paragrafo IV: Meccanismo di cooperazione.

Le controparti sfrutteranno appieno i meccanismi bilaterali già esistenti per sviluppare la cooperazione nell’ambito dell’iniziativa della Via della Seta.

La commissione governativa Italia-Cina avrà il compito di monitorare lo svolgimento e i futuri sviluppi del presente accordo.

Paragrafo V: Risoluzione delle controversie.

Le controparti si impegnano a risolvere amichevolmente tutte le controversie derivanti dall’interpretazione di questo documento di intesa tramite incontri diretti.

Paragraph VI: Legislazione applicabile.

Questo documento d’intesa non costituisce un accordo internazionale che potrebbe portare all’applicazione di diritti e obblighi sotto la legge internazionale. Nessuna parte di questo documento è da considerare come base di impegno legale o finanziario per le controparti. Il presente documento d’intesa verrà interpretato secondo la legislazione delle controparti e la legislazione internazionale, laddove ne ricorrano i presupposti, e per la parte italiana anche secondo la normativa dell’Unione Europea.

*** Questo documento d’intesa avrà effetto dalla data della firma.

Questo documento d’intesa resterà valido per un periodo di cinque anni e sarà rinnovato automaticamente per altri periodi di cinque anni in futuro, a meno che non venga terminato da una delle controparti con comunicazione scritta con almeno tre mesi di anticipo.

Firmato a…. il….., in due originali, ognuna in lingua italiana, inglese e cinese, tutti ugualmente autentici. Nel caso di divergenze interpretative, farà fede il testo in lingua inglese.

Per il governo della Repubblica italiana Per il governo della Repubblica popolare cinese




MEMORANDUM OF UNDERSTANDING BETWEEN THE GOVERNMENT OF THE ITALIAN REPUBLIC AND THE GOVERNMENT OF THE PEOPLE’S REPUBLIC OF CHINA ON COOPERATION WITHIN THE FRAMEWORK OF THE SILK ROAD ECONOMIC BELT AND THE 21ST CENTURY MARITIME SILK ROAD INITIATIVE

The Government of the Italian Republic and the Government of the People’s Republic of China (hereinafter referred to as “the Parties”) based on the aspiration of furthering bilateral practical cooperation; Welcoming the hosting of the Belt and Road Forum for International Cooperation in Beijing in May 2017; Recognizing the importance and benefits of improving connectivity between Asia and Europe and the role that the Belt and Road Initiative can play in this respect; Recalling the Joint Communiqué of the Leaders Roundtable of the Belt and Road Forum for International Cooperation; Recalling the Plan of Action for the Strengthening of Economic, Commercial and Cultural-scientific Cooperation between Italy and China 2017-2020 agreed in Beijing in May 2017; Recalling the Joint Communiqué of the 9th Italy-China Inter-Governmental Committee, held in Rome on January 25th, 2019 and the commitment expressed therein to promote the bilateral partnership in a spirit of mutual respect, equity and justice and in a mutually beneficial manner, in the perspective of a strengthened global solidarity; Conscious of the historical common heritage developed through the land and sea routes linking Asia and Europe and of Italy’s traditional role as terminal of the maritime Silk Road; Reiterating their commitment to honor the purposes and principles of the UN Charter and to promote inclusive growth and sustainable development, in line with the 2030 Agenda for sustainable development and the Paris Accord on climate change; Recalling also the objectives set by the EU-China 2020 Strategic Agenda for Cooperation and the principles driving the EU Strategy for Connecting Europe and Asia adopted in October 2018; have reached the following understanding:

Paragraph I: Objectives and Guiding Principles of Cooperation.

1. The Parties will work together within the Belt and Road Initiative (BRI) to translate mutual complementary strengths into advantages for practical cooperation and sustainable growth, supporting synergies between the Belt and Road Initiative and priorities identified in the Investment Plan for Europe and the Trans-European Networks, bearing in mind discussions in the EU China Connectivity Platform. This will also enable the Parties to enhance their political relations, economic ties, and people-to-people exchanges. The Parties will strengthen cooperation and promote regional connectivity within an open, inclusive and balanced framework beneficial to all, so as to promote regional peace, security, stability and sustainable development.

2. The Parties will promote bilateral cooperation based on the following principles:

(i) Guided by the purposes and principles of the UN Charter the Parties will work for common development and prosperity, deepened mutual trust and beneficial cooperation;

(ii) In accordance with their respective domestic laws and regulations, consistent with their respective international obligations, the Parties will strive to promote the smooth progress of their cooperation projects;

(iii) The Parties will explore synergies and ensure consistency and complementarity with existing bilateral and multilateral cooperation mechanisms and regional cooperation platforms.

Paragraph II: Areas of Cooperation.

The Participants Parties will cooperate in the following areas:

1. Policy Dialogue. The Parties will promote synergies and strengthen communication and coordination. They will enhance policy dialogue on connectivity initiatives and technical and regulatory standards. The Parties will work together within the Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) to promote connectivity in accordance with the purpose and functions of the Bank.

2. Transport, logistics and infrastructure. Both Parties share a common vision about the improvement of accessible, safe, inclusive and sustainable transport. The Parties will cooperate in the development of infrastructure connectivity, including financing, interoperability and logistics, in areas of mutual interest (such as roads, railways, bridges, civil aviation, ports, energy –including renewables and natural gas- and telecommunications). The Parties express their interest in developing synergies between the Belt and Road Initiative, the Italian system of transport and infrastructure, such as -inter alia- roads, railways, bridges, civil aviation and ports and the EU Trans-European Transport Network (TEN-T). The Parties welcome the discussions in the framework of the EU-China Connectivity Platform to improve the efficiency of the connectivity between Europe and China. The Parties will cooperate in facilitating customs clearance, strengthening co-operation in sustainable, safe and digital transport solutions as well as in their investments and financing. The Parties highlight the importance of open, transparent, and non-discriminatory procurement procedures.

3. Unimpeded trade and investment. The Parties will work towards expanding two-way investment and trade flow, industrial cooperation as well as cooperation in third country markets, exploring ways to promote substantive mutually beneficial cooperation. The Parties reaffirm their shared commitment to free and open trade and investment, to counter excessive macroeconomic imbalances and to oppose unilateralism and protectionism. In the framework of the Belt and Road Initiative, they will promote transparent, non-discriminatory, free and open trade and industrial cooperation, an open procurement, level playing field and respect for intellectual property rights. They will explore closer and mutually beneficial collaboration and partnerships, which include advancing North-South, South-South and triangular cooperation.

4. Financial cooperation. The Parties will strengthen the bilateral communication and coordination on fiscal, financial and structural reform policies in order to create a favorable environment for economic and financial cooperation, also through considering the establishment of the a Italy-China Finance Dialogue between the Ministry of Economy and Finance of the Italian Republic and the Ministry of Finance of the People’s Republic of China. The Parties will encourage the partnerships between the respective financial institutions to jointly support investment and financing cooperation, at bilateral and multilateral level and towards the third Countries, under the framework of Belt and Road Initiative.

5. People-to-people connectivity. The Parties will endeavor to expand people-to-people exchanges, to develop their sister cities network, to fully utilize the platform of Italy - China Culture Cooperation Mechanism to cooperate for the finalization of the twinning among Italian and Chinese UNESCO world heritage sites, to promote cooperation arrangements on education, culture, science, innovation, health, tourism and public welfare among their respective Administrations. The Parties will promote exchanges and cooperation between their local authorities, media, think tanks, universities and the youth.

6. Green Development Cooperation. Both Parties are fully supportive of the objective to develop connectivity following a sustainable, environmentally friendly approach, actively promoting the global process towards green, low carbon and circular development. In this spirit, the Parties will cooperate in the field of ecological and environmental protection, climate change and other areas of mutual interest. The Parties will share ideas about green development and actively promote the implementation of the 2030 Agenda for Sustainable Development and the Paris Agreement on Climate Change. The Ministry for the Environment, Land and Sea of the Italian Republic will actively participate the International Coalition for Green Development on the Belt and Road initiated by the Ministry of Ecology and Environment of the People’s Republic of China and the United Nations Environment Programme (UNEP).

Paragraph III: Modes of Cooperation.

1. Modes of cooperation may include - but are not limited to:
(i) The exchange of high-level visits and discussions within existing governmental and non-governmental exchange mechanisms. The Parties will expand information sharing in diverse fields and with multiple channels, to increase transparency and encourage the participation of people from all sectors of society.

(ii) Exploring the development of pilot programs in key areas, economic exchanges and cooperation, joint research, capacity building, personnel exchanges and training.

2. The Parties will explore mutually beneficial models of cooperation to support the implementation of major programs, under the Belt and Road Initiative. The Parties will follow market principles, promote cooperation between public and private capital, encourage investment and financing support through diversified models. Both Parties reiterate their engagement towards investments which are socially and environmentally sustainable and economically viable.

3. The Parties will jointly explore opportunities of cooperation in Italy and in China and discuss cooperation in third Countries. The Parties are committed to modes of cooperation that are advantageous to all participants and to projects that benefit third Countries by supporting their priorities in terms of development and the needs of their people, in a fiscally, socially, economically and environmentally sound and sustainable manner.

4. The relevant Authorities of the Parties may conclude arrangements for collaboration in specific sectorial fields and for the creation of specific cooperation frameworks.

Paragraph IV: Cooperation Mechanism.

The Parties will make full use of existing bilateral mechanisms to develop cooperation in the framework of the Belt and Road Initiative.
The Italy-China Government Committee will be used to monitor progress and follow up.

Paragraph V: Settlement of Differences.

The Parties will settle amicably differences in the interpretation of this Memorandum of Understanding through direct consultations.

Paragraph VI: Applicable Law.

This Memorandum of Understanding does not constitute an international agreement which may lead to rights and obligations under international law. No provision of this Memorandum is to be understood and performed as a legal or financial obligation or commitment of the Parties. This Memorandum of Understanding will be interpreted in accordance with the legislations of the Parties and as well as with applicable international law and, as for the Italian Party, with the obligations arising from its membership of the European Union.

*** This Memorandum of Understanding takes effect on the date of signature.

This Memorandum of Understanding will remain valid for a period of five years and will be automatically extended for subsequent five -year periods and so forth unless terminated by either Party by giving the other Party a written notice at least three months in advance.

Signed at XX on XX , in two originals, each in the Italian, Chinese and English languages, all texts being equally authentic. In case of divergence of interpretation, the text in English will prevail.

For the For the Government of the Italian Government of the People’s Republic Republic of China



giovedì 14 marzo 2019

LEONARDO DA VINCI SVELATO IL MISTERO: ECCO CHI ERA LA VERA MADRE



Si chiamava Caterina di Meo Lippi ed era una ragazza povera e orfana la madre di Leonardo da Vinci (1452-1519), che lo dette alla luce poco più che sedicenne: l'identità è stata svelata dallo storico dell'arte inglese Martin Kemp, professore dell'Università di Oxford, tra i maggiori conoscitori dell'opera del genio del Rinascimento, e dal ricercatore Giuseppe Pallanti, autori del libro di imminente pubblicazione dal titolo "Mona Lisa: The People and the Painting" per la Oxford University Press.

Gli studiosi hanno individuato a Vinci (Fi) anche l'ubicazione della 'Casa in Borgo' di proprietà del nonno Antonio prima e del padre Ser Piero poi come sicuro luogo in cui Leonardo trascorse l'infanzia a Vinci e possibile luogo di nascita del futuro artista.

Nel saggio i due autori illustrano le scoperte frutto di un lungo studio degli antichi documenti trovati negli archivi storici toscani: la Biblioteca Leonardiana, l'Archivio storico comunale e l'Archivio parrocchiale della Chiesa di Santa Croce a Vinci. Il volume di Kemp e Pallanti sarà presentato in anteprima italiana il 13 giugno prossimo a Vinci presso la Biblioteca Leonardiana.

"L'identità della madre di Leonardo è stata a lungo materia di speculazione. Alcuni hanno sostenuto che Caterina fosse una schiava d'oltremare. Il luogo esatto della sua nascita è sempre stato molto incerto, sebbene la tradizione l'abbia identificato con la casa natale in Anchiano - affermano Kemp e Pallanti - Adesso, attraverso i documenti pubblicati nel nostro libro, possiamo sostenere ragionevolmente che la madre di Leonardo può essere identificata con una povera ragazza di 16 anni, di nome Caterina di Meo Lippi".

Nel 1451, un anno prima della nascita di Leonardo, avvenuta il 15 aprile 1452, Caterina fu registrata in una dichiarazione dei redditi come una ragazza quindicenne, con un fratellino di appena due anni. Suo padre, Bartolomeo, non è mai stato trovato e morì giovane. La madre o le madri dei due bambini sono sconosciute. Caterina e il fratellino furono poi guardati dalla nonna che abitava a Mattoni.

Un'intricata rete di testimonianze archivistiche, spiegano Kemp e Pallanti, indicano la giovane Caterina come la madre di Leonardo, compresi alcune collegamenti con la famiglia di Antonio Buti (conosciuto come 'Accattabriga'), che la sposò poco dopo la nascita di Leonardo, presumibilmente con una piccola dote fornita dalla famiglia Da Vinci.

"Al tempo di Leonardo - precisano Kemp e Pallanti - Vinci non aveva più di 350 residenti. Per un paese così piccolo, avere dato i natali al più grande personaggio della storia culturale mondiale è un fatto veramente sorprendente".

"Siamo grati al professor Martin Kemp e al dottor Giuseppe Pallanti - ha affermato Paolo Santini, assessore alla Cultura del Comune di Vinci, che ieri ha incontrato i due studiosi - per averci costantemente tenuti informati sulle loro ricerche e soprattutto sull'esito di alcuni percorsi di indagine su Leonardo, sulla madre Caterina e su altre questioni di cruciale importanza per la conoscenza del Vinciano, che avevano intrapreso. Adesso che una parte delle fatiche profuse negli anni dai due studiosi è confluita in una pubblicazione, ci sembrava giusto poterla presentare in anteprima assoluta a Vinci. Abbiamo parlato con entrambi, e ora la data è vicina".

"Inoltre, i due studiosi ci hanno illustrato, per adesso in maniera riservata, tanti documenti e tante ipotesi nuove sulla vita di Leonardo. Ci saranno sorprese interessanti, anche sul periodo vinciano del genio - ha aggiunto Santini - Infine, mi preme ricordare l'autorevolezza del professor Kemp dell'Università di Oxford, storico dell'arte di levatura mondiale e uno dei massimi esperti sull'opera pittorica di Leonardo da Vinci, nonché grande amico della Biblioteca Leonardiana e a suo tempo autore fra le altre cose di una magistrale lettura vinciana".

Fonte: da adnkronos.com/ del 23 maggio 2017


mercoledì 13 marzo 2019

LEONARDO DA VINCI, IL GENIO PER MANTENERSI A BOTTEGA FACEVA IL CUOCO E IL RISTORATORE




Il  cuoco  e ristoratore Leonardo da Vinci ….  un aspetto poco conosciuto della sua vita


LEONARDO DA VINCI, IL GENIO PER MANTENERSI A BOTTEGA FACEVA IL  CUOCO E IL RISTORATORE


Pochi sanno che Leonardo da Vinci ebbe per tutta la vita una passione incondizionata per la cucina. Innovatore, sperimentatore in questo campo come in mille altri, Leonardo fu per più di trenta anni Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza, a Milano

Da ragazzo lo prendevano in giro e lo chiamavano «ciccione». Si strafogava di dolci che il suo patrigno Antonio Buti (conosciuto come 'Accattabriga'), e che aveva sposato sua madre Caterina di Meo Lippi, pasticciere, gli aveva anche insegnato a preparare. Poi dimagri ma per tutta la vita Leonardo Da Vinci restò più interessato al cibo che ai valori spirituali e all'arte.

Aveva diciassette anni Leonardo quando il padre lo mandò a Firenze come garzone di bottega dal Verrocchio, lo scultore, pittore, ingegnere, orafo, matematico presso il cui studio c'era come apprendista anche Sandro Botticelli, di cui diverrà amico. Qui non si praticava solo la pittura, ma veniva insegnato anche il disegno, la scultura, l’intaglio, un po’ di meccanica e di ingegneria ed anche i rudimenti di architettura.   Pur essendo un allievo curioso e diligente,  continuava passava il tempo mangiando i dolci che il patrigno pasticciere gli mandava, tanto da essere ancora soprannominato dai compagni di bottega il “ciccione”. Verrocchio decide di punirlo per il suo continuo rimpinzarsi e per tenerlo occupato gli affida la realizzazione del pannello di destra del Battesimo di Cristo, commissionato al Verrocchio, per la chiesa di San Salvi.

Spiedo automatico, girevole, macchina per gli spaghetti, mannaia per il macello delle vacche.


Per compensare gli scarsi introiti derivanti dai rari incarichi che il Verrocchio gli affidava, la sera va a lavorare come cameriere alla Taverna delle Tre Lumache sul Ponte Vecchio a Firenze tra il 1472 e il 1478. 
Qui avvenne una svolta alla sua vita poco conosciuta, aveva 21 anni quando da cameriere viene promosso cuoco, a seguito della misteriosa morte per avvelenamento di tutti i cuochi delle Tre Lumache. 
In qualità di capo cuoco, decide di “civilizzare” le pietanze servite. Basta scure polente di miglio e farro con sughi di carne di difficile identificazione e maleodorante. 
Con 5 secoli di anticipo Leonardo inventa e serve ai commensali ciò che oggi viene chiamata “nouvelle cuisine” [piccole porzioni accompagnate da minuscole deliziose formine intagliate nella polenta indurita, il tutto sistemato ad arte nel piatto]. 
Leonardo per salvare la pelle dalle proteste dei clienti della taverna è costretto a scomparire dalla circolazione e a rifugiarsi nella bottega del Verrocchio a lavorare al Battesimo di Cristo.
Nell'estate del 1478, in seguito ad una lite fra bande fiorentine rivali, la famosa Taverna delle Tre Lumache prende fuoco. Leonardo, col suo amico Sandro, la rileva e apre la Taverna delle Tre Rane ma non ottiene il successo sperato, il bel mondo fiorentino non apprezza le quattro fettine di carota e un'acciuga, benché sistemate ad arte sul piatto piuttosto che gli antipasti veloci come cipolla lessa adagiata su una fettina di formaggio di bufala e sormontata da un’oliva nera denocciolata a spicchi, inoltre Botticelli si lamentava che nessuno capiva i menu scritti da destra a sinistra arricchiti da disegni incomprensibili. 


Il primo prototipo di frullatore e il brevetto per la cappa aspirante.


 L'esperienza alla Taverna delle Tre Rane lo porta ad iniziare a scrivere la prima parte delle sue note, quello che diventerà poi il Codice Atlantico, ed è sorprendente notare come molti dei disegni allegati, saranno interpretati per quasi 400 anni come macchine da guerra. In realtà erano tritacarne, lavatrici, schiaccianoci meccanici, centrifughe ed attrezzature di fantasia inutilizzabili. 


Cappa aspirante


Nel 1482 Leonardo va a Milano alla corte degli Sforza.   
La lettera di presentazione al Moro è sorprendente per l'immodesta sfacciataggine con cui si autoreferenza: “Io non ho rivali nel costruire ponti, fortificazioni e catapulte; e anche altri segreti arnesi che non ardisco descrivere su questa pagina. La mia pittura e la mia scultura reggono il confronto con quelle di qualunque altro artista. Eccello nel formulare indovinelli e nell'inventare nodi. E faccio delle torte che non hanno uguali.”   Alla fine Leonardo lascia la Sala delle Udienze in qualità di consigliere del Moro alle fortificazioni militari e Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza. 

  Il dipinto più grande di Leonardo coinciderà con l'interesse preferito: il cibo.   
Ironia della sorte, trascorse tre anni della sua vita più a tergiversare e a mangiare nel convento di Santa Maria delle Grazie che a lavorare per realizzare la sua “Ultima Cena”, sulla parete di fondo del refettorio. A Milano inizia a mettere ordine ai suoi appunti, l'ambiente milanese è ricco di spunti e stimolante, ricco e mondano, attratto dai lussi e dai decori, ideale per la sua personalità. Alla fine il Codice Atlantico risulterà strutturato in 12 volumi composti da 1119 fogli suddivisi in diversi argomenti, molte pagine sono scritte da sinistra a destra, quindi sapeva scrivere in entrambi i modi e con entrambe le mani. Purtroppo alla corte del Re di Francia non riuscirà a completare l'opera. Era ossessionato dal visualizzare il suo pensiero, le sue osservazioni attraverso appunti e disegni ma ne era geloso, quindi per tutelarsi scriveva da destra a sinistra. Aveva l'abitudine di ripetere “un’immagine vale più di mille parole”. 

Oggi possiamo scoprire la grande passione che ha avuto per la cucina, per il cibo e per come conservarlo o cucinarlo. Non ci sono arrivate prove certe che fosse veramente vegetariano ma lo si deduce dalle numerose teorie che nascono da affermazioni come: “Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l'uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto.”   “Se una mucca non mangia nient'altro che erba, e se una pecora non mangia nient'altro che erba ed entrambe sopravvivono, e se io mangio la mucca e la pecora senza alcun effetto nocivo, perché non potremmo noi tutti mangiare soltanto erba?” Comunque a quei tempi scegliere di mangiare verdure o carne era una questione economica, i poveri, non potendo permettersi la carne tutti i giorni, avevano una dieta a base di verdure. 


La macchina per spaghetti di Leonardo , disegno tratto dal Codice Atlantico.


  La cucina perfetta.   
Definisce le regole per avere una cucina sempre pronta ed in ordine: un fuoco sempre acceso, il pavimento sempre pulito e lavato tutti i giorni, una riserva d'acqua sempre bollente, macchine per lavare, tritare, affettare, pelare e tagliare, una cappa aspirante per eliminare dalla cucina i cattivi odori ed avere un'aria gradevole e senza fumo. E poi considerava la musica fondamentale per far lavorare il personale al meglio. Tra appunti e disegni di anatomia, di meccanica e geometria, scopriamo disegni e progetti di strumenti  [gli elettrodomestici ante litteram] che avrebbero dovuto agevolare il lavoro in cucina come un macinapepe o un affetta uova a vento o un girarrosto meccanico, c'è pure l’antenato del cavatappi. Studiò perfino un sistema per tenere sempre calde le pietanze già cotte. 

Richiami all'igiene e  le perfette caratteristiche di un buon pasticcere:

Un buon pasticcere   «Prima di tutto essere un uomo, poiché la delicatezza femminile non è adatta a sollevare grandi forme di marzapane».  Un buon pasticcere avrebbe dovuto essere pulito e lindo, “poiché per coloro che si accingono a gustare i suoi dolci, nulla è più repellente di un pasticcere sporco o con i capelli lunghi, per il fatto che potrebbero essergli caduti nell’impasto”. 

  Sulle capre in cucina   
Avendo scoperto che era consuetudine dei cuochi avere vicino alla cucina un ripostiglio dove tenere delle capre, così si esprimeva al riguardo:   “Nella mia cucina non avrò uno stanzino per le capre. Da vive, puzzano e rosicchiano ogni cosa, compresi il mio tavolo e la mia seggiola. Da morte, puzzano ancora di più. Per eliminare la puzza di capra è necessario eliminare le capre.” 

  Coperchi per le pentole.  
«Ogni volta che si mette una pentola sul fuoco, è necessario coprirla con alcuni teli umidi di lino, che devono essere cambiati spesso per evitare che il fumo sia assorbito dal contenuto della pentola (e ne alteri il sapore). È così da centinaia di anni. Ora io mi chiedo, non si potrebbe inventare un coperchio permanente, indistruttibile come la pentola stessa, sempre reperibile, che non abbia bisogno di essere sostituito in continuazione? Farò un progetto».   Non ci è giunta notizia che l'abbia realizzato. In compenso fa una considerazione sull'uso dei coperchi nelle cucine sforzesche: “Tutte le casseruole del mio Sire sono già dotate di coperchi che per molti anni però sono stati usati male dagli sguatteri delle cucine, a detrimento di tutti i cuochi, che li hanno deformati a furia di sbatterli contro le mura del castello, dove si riuniscono ogni notte per gridare e ballare al suono di quella che loro definiscono musica. Ne ho abbastanza, ogni sguattero dovrà riportare il suo coperchio o non lavorerà più in queste cucine.” 


Ed ecco introdotto il coperchio.


  Galateo a tavola.  Icomportamenti sconvenienti al tavolo del mio Signore   
Dopo aver osservato per un anno i comportamenti degli ospiti alla corte degli Sforza, scrive le regole di bon ton. 
 Nessun ospite dovrebbe sedersi sul tavolo, e neppure con la schiena appoggiata al tavolo, tanto meno in braccio a qualche altro ospite, né dovrebbe mettere i piedi sul tavolo. 
Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal piatto del vicino, come non dovrebbe mettere 'spiacevoli bocconi mezzo masticati' nel piatto del vicino senza prima chiedergli il permesso.  Il coltello non va pulito sulla tovaglia del vicino né può essere usato per incidere il tavolo.   
Nessun ospite dovrebbe pulirsi l'armatura a tavola.   
Nessun ospite dovrebbe prendere il cibo dal tavolo per nasconderselo in borsa o negli stivali per mangiarselo poi, nessun ospite dovrebbe dare morsi alla frutta per poi rimetterla mangiucchiata nella fruttiera. 
Nessun ospite dovrebbe sputare davanti a sé e nemmeno accanto a sé. 
Nessun ospite dovrebbe pizzicare o leccare il vicino, tirare su col naso né dare gomitate.
 Nessun ospite dovrebbe mettersi le dita nel naso durante la conversazione né far roteare gli occhi né fare smorfie paurose, né fare modellini con la polenta o la mollica, né accendere fuochi, né stringere nodi a tavola, sempre che non lo chieda il mio Signore. 
Nessun ospite dovrebbe fare allusioni lascive ai paggi del mio Signore, e nemmeno trastullarsi con loro. 
Nessun ospite dovrebbe suonare alcun strumento che possa infastidire il suo vicino, sempre che non lo chieda il mio Signore, come cantare, parlare a voce alta, gridare o fare indovinelli come un ribaldo se c'è una signora accanto a lui. 
Nessun ospite dovrebbe tramare a tavola, sempre che non sia d'accordo col mio Signore.   
Nessun ospite dovrebbe colpire gli inservienti, purché non sia per legittima difesa. 
E se deve vomitare, che lasci la tavola, parimenti se deve orinare. 

  Il cetriolo. 
 Al riguardo Leonardo si diverte ricordare: “Il cetriolo può essere mangiato crudo, senza buccia e semi, ma anche stufato. Per quanto mi riguarda, tutto quello che chiedo è un cetriolo in salamoia.  Eppure ci sono persone che lo impiegano solamente come decorazione e altre che ne fanno un uso ancora più strano, come Elena Bastibariche è stata bruciata al rogo per essersi trastullata con un cetriolo. Per il mio Signore è un lassativo d'eccezione, mentre la mia Signora Beatrice ne ordina sei a notte per strofinare sulla pelle del viso la gelatina che sta attorno ai semi. 

Girarrosto azionato ad aria calda.


Leonardo da Vinci suggeriva per conservarsi in salute: “Se voi star sano, osserva questa norma: non mangiar sanza voglia e cena leve, mastica bene e quel che in te riceve sia ben cotto e di semplice forma. Chi medicina piglia, mal s’informa. Guarti dall’ira e fuggi l’aria grieve; su diritto sta, quando da mensa leve; di mezzogiorno fa che tu non dorma. El vin sia temperato, poco e spesso, non for di pasto né a stommaco voto. Non aspettar, né indugiare il cesso. Se fai esercizio, sia di picciol moto. Col ventre resuppino e col capo depresso non star, e sta coperto ben di notte. El capo ti posa e tien la mente lieta. Fuggi lussuria e attienti alla dieta”.   

CARABACCIA. La zuppa di cipolle

La leggenda vuole che uno dei suoi piatti preferiti fosse la “Carabaccia”, l’attuale Zuppa di cipolle. Il nome carabaccia deriva dal greco “karabos” e significa barca a forma di guscio. Dal concetto di guscio si è poi passati al concetto di zuppiera e quindi di zuppa. 
 Ingredienti: Cipolle, olio extra-vergine di oliva, brodo di carne, pane abbrustolito, grana, sale e pepe.  
 Preparazione:  Pulite e tagliate delle cipolle a fettine sottili e mettetele in un recipiente di terracotta a rosolare con dell’olio d’oliva. Cuocere lentamente a recipiente coperto per mezz’ora, avendo cura di aggiungere un paio di cucchiai d’acqua. Salate, pepate, versate abbondante brodo e continuate la cottura a recipiente scoperto per un’altra mezz’ora. Mettete nelle scodelle di portata alcune fette di pane abbrustolito e versateci sopra la zuppa ottenuta.
Prima di gustare la carabaccia, informaggiatela bene e aspettate qualche minuto. 
  
L’acquarosa, bevanda del Genio
Da Vinci ha firmato anche un’inedita bevanda. La ricetta è descritta al foglio 482 recto (ex 177 recto-a) del Codice Atlantico ed è databile agli ultimi anni di vita dell’artista-scienziato, attorno al 1517. Recentemente, dopo 485 anni, è stata riprodotta per la prima volta al Museo Ideale Da Vinci. “L’Acquarosa di Leonardo”, spiega Alessandro Vezzosi, direttore del museo, è stata ottenuta in base ad una precisa descrizione della bevanda negli ingredienti (estratto di acquarosa, zucchero, limone e poco alcool) e nel sistema di filtraggio (colati in ‘tela bianca’); doveva essere servita ‘fresca’ e Leonardo la definisce bibita estiva per i Turchi (‘è bevanda di Turchi la state’). L’incredibile acume di Leonardo, i suoi studi che anticiparono i tempi, le invenzioni che precedettero di secoli il momento della loro diffusione non potevano non lasciare tracce. Nemmeno in cucina e nei cenacoli

Zuppa di agrumi.
Per la quale è sufficiente spremete gli agrumi e mescolare il succo ottenuto con l'uovo sbattuto e il brodo.

Antipasti veloci
Nei suoi scritti sono stati recuperate idee di antipasti veloci come la cipolla lessa di medie dimensioni adagiata su una fettina di formaggio di bufala e sormontata da un’oliva nera a spicchi, oppure tre fettine di carota cruda ognuna scolpita a forma di cavalluccio marino, con sopra un cappero e una goccia di pasta d’acciughe accanto.

Le proprietà di alcune verdure
Ci ha inoltre descritto le proprietà di alcune verdure come la rapa, il consumo della quale, assieme ai cavoli, può rendere buona una digestione lenta «dacché ho visto una capra ammalata ridestarsi, e una mucca morente tornare a vivere allegramente» e i benefici di una zuppa con questi ortaggi, preparata avvolgendo in un telo le cime di rapa e le foglie di cavolo e legando il fagotto con alcuni crini di cavallo, mettendoli poi in acqua salata a bollire per circa mezz'ora.


venerdì 8 marzo 2019

IL GIALLO INTERNAZIONALE DI ARGO16



 I resti di Argo 16


Argo16, il caso che coinvolse SID/SISMI, Mossad e i servizi segreti libici


Quell'incidente di 43 anni fa poteva cancellare Marghera e Mestre. SID/SISMI, Mossad e i servizi segreti libici risultarono coinvolti. Mandanti e cause ancora avvolti dalle nebbie della laguna.

La tragedia di Argo16 senz’altro avrebbe potuto cambiare il futuro dell’Italia intera e la geografia di Venezia-Mestre/Porto Marghera, ma quanti Veneziani e Veneti si ricordano di quella tragedia e dell’apocalisse sfiorata? 


Ho cercato di mettere assieme quei fatti pescando dalle cronache di allora e dalla memoria personale (allora abitavo a una decina di km dal disastro).Onestamente non ricordo come i media descrissero la drammaticità di quegli eventi e delle conseguenze evitate per puro caso, come non correlandoli al fatto che erano avvenuti una settimana dopo la fine della guerra del Kippur e dell’accordo tra Italia e Arafat (lodo Moro). Inoltre le proteste di tutti lavoratori di Porto Marghera che chiedevano la chiusura del deposito di fosgene furono fatte passare per normali rivendicazioni salariali.Se fosse esploso, qualche decina di migliaia di mestrini e veneziani non potrebbero ricordare quel fatto. Per gli effetti scampati, provate pensare alla tragedia di Bhopal in India del 1984 dove morirono direttamente e indirettamente circa 15.000 persone per la fuoriuscita di isocianato di metile che si ricava industrialmente dalla reazione fra metilammina e fosgene.Purtroppo, per il segreto di Stato, il quadro d’insieme è ancora avvolto dalla nebbia.Ho tentato di ricostruire gli scenari degli anni ‘70 e ‘80 in cui l’Italia venne coinvolta nei fatti terroristici degli arabi medio-orientali, tuttavia ai quei tempi pochissimi giornalisti erano riusciti a dimostrare i collegamenti esistenti.

LA SCIA DI SANGUE LASCIATA DAL TERRORISMO MEDIO-ORIENTALE LUNGA DODICI ANNI:

Novembre 1973 - Argo16
Dicembre 1973 - Massacro all’Aeroporto Leonardo da Vinci
Giugno 1980 - Ustica
Ottobre 1985 – Sigonella (dirottamento Achille Lauro)

L’Italia di quegli anni doveva scontare l’ambiguità creata dalla parte filoaraba delle istituzioni che, per evitare ritorsioni da quel mondo arabo rimasto escluso dall’apertura del dialogo con Arafat (leader dell'OLP) e con Abu Abbas (capo del FLP-Fronte per la Liberazione della Palestina), “erano tenute” a collaborare con Gheddafi fornendogli nomi e indirizzi degli oppositori al suo regime che si trovavano in Italia. 
L’Italia, un alleato degli USA che dialogava con OLP e FLP, nemici di Israele [uno storico alleato degli USA], aveva inevitabilmente creato malumori, screzi, sospetti e veleni tra i vari servizi segreti occidentali ed orientali. 
Subito i Servizi Segreti Italiani si rendono conto che dietro il disastro dell’Argo16 potrebbe esserci un attentato nel momento in cui è altissima la tensione internazionale. Da poche settimane si era combattuta la Guerra del Kippur, in cui l’Italia aveva fornito aiuti e sostegni logistici ad Israele. 
La politica estera italiana si fondava su un accordo ben preciso (lodo Moro) tra il nostro Governo e l’OLP di Arafat: un accordo segreto che sarebbe rimasto tale per molti anni. Quel patto, stipulato nell’autunno del 1973 tra il Ministero degli Esteri italiano e l’OLP, prevedeva che l’OLP non avrebbe compiuto attentati sul nostro territorio e in cambio l'Italia avrebbe consentito la liberazione dei guerriglieri palestinesi catturati sul suolo nazionale. 
Gli Usa, assieme ai francesi (come si vedrà qualche anno più avanti con l’attacco alla Libia), avevano lo stesso obbiettivo, quello di rovesciare Gheddafi anche se le motivazioni erano diverse. I primi per eliminare il possibile capo di una coalizione araba contro Israele, i secondi per quelle risorse energetiche, gas e petrolio, che finivano nei serbatoi dell'Eni. 
Oggi, dopo 38 anni, possiamo affermare che la tragedia di Usticafu causata, o meglio, fu la conseguenza della battaglia aerea fra due Tomcat americani e quel Mig23 libico precipitato in un canyon dei monti della Sila. Il magistrato incaricato delle indagini, alla fine del suo lavoro, affermò: "Non è forse tutta la verità, ma è certo la verità".


Argo 16 qualche mese prima dell'incidente


E’ il 23 novembre 1973 quandosi schianta Argo16 a meno di un chilometro dal deposito di fosgene della Montefibre a Marghera. Incidente? Attentato? L’aeromobile, in Radio Callsignè chiamato Argo16 che, pur non avendo alcuna scritta di riconoscimento sulla carlinga, sulle ali e sulla coda, apparteneva al 306° Gruppo, 31° Stormo dell' Aeronautica Militare Italiana e svolgeva missioni speciali per i Servizi Segreti italiani (SID e SIOS delle FF.AA.), inoltre lungo le coste adriatiche effettuava monitoraggi della rete radar jugoslava per conto del SIOS Aeronautica (Servizio Informazioni Operative e Situazione). 
Argo16 è un vecchio Dakota Dc3 dismesso, regalato dai servizi segreti americani agli italiani negli anni '50. Nei giorni successivi all’incidente fonti giornalistiche affermarono che l'aereo, registrato con il codice MM61832, fosse stato usato anche da Gladio per trasferire uomini e mezzi alla base di addestramento di Capo Marrargiu, in Sardegna e per trasportare le armi destinate ai depositi segreti dei gladiatori. 
C'erano stati quattro morti: due ufficiali e due sottufficiali dell'Aeronautica Italiana, anche se si era parlato di agenti del Sid o di appartenenti a Gladio. Le cause non furono mai chiarite del tutto. Anzi, sulla tragedia fu posto subito il sigillo del segreto di stato. Quando da Venezia, il giudice Mastelloni chiese al SID, poi SISMI, documentazioni su Argo16 questi gli risposero che non esisteva alcun fascicolo, quel velivolo non era mai esistito. 




LE ULTIME ORE DI ARGO.

Il mistero s’infittisce, dall’idea di fare scalo a Malta per una mangiata di pesce al numero delle vittime accertate e alla fine degli attentatori di Fiumicino.
Il pomeriggio precedente (22 novembre) Argo16 termina il volo da Roma e sosta per tutta la notte fermo sulla pista del Marco Polo, anziché chiuso in un hangar come avveniva di solito. Sarebbe ripartito alle 7,30 del mattino successivo con destinazione Aviano. Lo scalo a Venezia era avvenuto al rientro della missione a Malta dove sarebbero stati consegnati i palestinesi agli emissari di Gheddafi. (Quelli del fallito attacco con missili terra-aria di un aereo di linea israeliano a Fiumicino) 
A questo punto il giallo diventa ancora più fitto perché le domande non hanno risposte anzi fanno aumentare le ipotesi: Argo16 andò effettivamente a Malta o in Libia? Alla Valletta gli emissari libici non si sarebbero presentati, allora che fine avrebbero fatto i terroristi? Sul numero delle vittime accertate ci sono versioni che parlano di tre morti quando l’equipaggio era composto da quattro militari, il quarto che fine ha fatto? 
Nel corso del processo a Venezia, il generale Maletti (numero due del SID-ServizioInformazioniDifesa) dichiarò che Argo16 ritornava dalla Libia, dove aveva appena trasportato i cinque palestinesi, catturati ad Ostia dai servizi segreti italiani, mentre progettavano «di far saltare un aereo El-Al». 
«Durante il volo verso la Libia, qualcuno dell’equipaggio aveva messo in atto un'infelice idea: fermarsi a Malta per una «bella mangiata di pesce». «Una sosta infelice, viene definita dal gen. Maletti, perché vengono notati dagli agenti del Mossad e lungo la via del ritorno, Argo16 precipita». 
Purtroppo il giorno della «sosta infelice per la bella mangiata di pesce» non corrispondeva a quello dell'attentato. Durante il dibattimento era venuta a galla perfino l'esistenza di un Argo16-1 e di un Argo16-2, che scorazzavano per i cieli del Mediterraneo secondo le necessità dei vari servizi segreti italiani. Quello caduto a Porto Marghera, non sarebbe stato quello che aveva trasportato i palestinesi. 

Si aprono inchieste ma vengono chiuse senza dare risposte. 

Nel 1973 il lodo Moro era ancora coperto da Top Secret. Intanto l’Aereonautica Militare apre un’inchiesta che porterà ad affermare prima che "quel disastro era stato solo un incidente" e poi (dopo 13 anni nel 1986) che "fu fatto esplodere quale avvertimento del Mossad al Governo Italiano".  Il caso viene chiuso ed archiviato nel 1974. Riaperto nel 1986 e richiuso definitivamente nel 1999. 
Dal 1980 diverse dichiarazioni di ex militari, congedati su due piedi dopo pochi mesi dall’incidente, di testimoni ambientali ed ex agenti segreti non fanno altro che aumentare le domande senza risposte. 


RICOSTRUZIONE VEROSIMILE DEI FATTI


Area che sarebbe stata coinvolta qualora Argo16 fosse caduto sul deposito di fosgene dello stabilimento Montefibre a porto Marghera: area A) distruzione, area B) danni collaterali


Il pilota di Argo16, poco dopo il decollo dal Marco Polo, arrivato alla quota di 2.500 piedi il velivolo perde colpi, poi un’esplosione, non potendo tornare indietro (si troverebbe a pochi chilometri dall'aeroporto) cerca di compiere un atterraggio di emergenza sulla strada principale che porta a Marghera, ma precipita al suolo, a poca distanza dalla Montefibre. 
L'aereo, forse per aver toccato un traliccio dei ripetitori per le telescriventi, finì la propria corsa andando a sbattere contro la ringhiera della palazzina dove c’era la direzione dell'ufficio personale della Montefibre. 
"Vedemmo corpi maciullati, gettati, spazzolati via, addirittura la testa di un pilota fu trovata sotto un’autovettura. C'erano soldi, tanti soldi dappertutto, dentro all'aereo e che volavano attorno da tutte le parti." Così parlava l'ispettore di polizia D'Aquino, arrivato sul posto con i primi soccorsi. Inoltre affermò: "Questa storia mi puzzava, e tanto, che decidemmo di non toccare niente, aspettando l’arrivo della scientifica, perché siamo stati noi i primi ad arrivare". 
Dopo cinque minuti arriva un Capitano dei Carabinieri, "Mi dispiace per te", dice a D'Aquino, "ma questo è di competenza nostra, sono militari, e qui operiamo noi". "Eravamo troppo piccoli per condurre quell'indagine, questa è la verità, perché era tutto blindato e di conseguenza non si riusciva a sapere nulla". "Per un caso fortuito oggi riusciamo a raccontare i fatti, perché se fosse esploso il deposito di fosgene, non saremmo qui a parlarne", così si legge negli atti della deposizione dell’Ispettore D’Aquino. 


 L'attaccò all'aeroporto Leonardo Da Vinci, Fiumicino da parte  del commando palestinese di Settembre Nero


Il 17 dicembre 1973 L'attaccò all'aeroporto Leonardo Da Vinci, Fiumicino da parte del commando palestinese di Settembre Nero.Fu un massacro in cui morirono 34 persone ed il ferimento di altre 15, e all'epoca risultò essere stato il più grave attentato terroristico in Europa. 
I cinque palestinesi provenienti da Madrid, quando arrivarono alla barriera del controllo passaporti (allora i sistemi di controllo erano in effetti inesistenti), tirarono fuori le armi e presero in ostaggio sei agenti di PS. 
Il gruppo si divise: uno con gli ostaggi si diresse verso ilgate14, mentre l’altro iniziò a sparare contro le vetrate per poter uscire direttamente sulla pista. Si diressero verso il Boeing 707 della Pan Am, volo Beirut-Teheran, e vi gettarono all'interno due bombe al fosforo uccidendo 30 passeggeri. Dopo essersi impadroniti di un aereo Lufthansa, pronto sulla pista per il decollo, fecero salire alcuni ostaggi tra cui i sei agenti di PS e costrinsero l'equipaggio, che già era a bordo, a decollare. Qui uccisero il tecnico della società Asa, il cui corpo venne gettato sulla pista dello scalo di Atene dove l'aereo aveva potuto fermarsi, dopo che molti aeroporti negarono l'atterraggio, infine l'aereo arrivò all'aeroporto di Kuwait City dove vennero liberati gli ostaggi. 

I resti del PanAm dopo l'attacco con granate al fosforo


I terroristi, pur negoziando la loro fuga, vennero catturati poco dopo dalle autorità del Kuwait che, dopo averli interrogati, decisero di non sottoporli a processo ma di consegnarli all'OLP - Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Per la politica “filo-araba”dell’Italia, ci fu chi insinuò la complicità tra i servizi segreti italiani e i terroristi. Quella strage, oggi, è stata quasi dimenticata, come i collegamenti che c'erano con altri eventi. 

1980USTICA, il 27 giugno viene abbattuto il Dc-9 dell’Itavia. (Purtroppo le vicende sono note a tutti)Al rientro sulla Saratoga, da una missione speciale, due Phantom risultano disarmati e scarichi, e secondo le voci di coperta avrebbero abbattuto altrettanti Mig libici in volo proprio lungo la traiettoria aerea del Dc9. I due aerei di ricognizione, secondo le affermazioni ufficiali Usa, avevano (o avrebbero?) evitato l’attacco alla portaerei da parte libica. 
Nel sito di AirDisaster vengono elencati gli altri tre incidenti "strani" che hanno coinvolto i velivoli dell’Itavia nei venti anni precedenti: quello del 14 ottobre del 1960, avvenuto sull'isola d'Elba, quello del 30 marzo del 1963, nel quale un Dc3 è precipitato nei pressi di Sora, e quello del Fokker F-28 avvenuto a Torino il primo gennaio del 1974. Tutti incidenti ancora avvolti da un velo di mistero. 

27 giugno del 1980, un imprenditore lombardo in vacanza a Sellia Marina (CZ) assiste ad un fatto accaduto poco dopo le 21, quando nessun telegiornale aveva ancora lanciato la notizia della tragedia di Ustica, e racconta del Mig libico schiantatosi in un canyon della Sila: 
« Quel giorno io e mia moglie eravamo in Calabria, a Sellia Marina precisamente, e alloggiavamo al Triton. Prima di andare a cena eravamo sul terrazzo. Guardavamo le montagne della Sila, erano circa le 21 e 05, massimo le 21 e 10. Guardavamo in direzione di Sersale e in lontananza, proprio verso la Sila, si vedevano come dei fuochi d’artificio. La cosa strana era che erano solamente orizzontali: raffiche velocissime che avevano lo stesso colore della luce emessa dalle lampadine a filamento, e quei bagliori sono durati almeno un minuto. Ho guardato meglio, c’era ancora luce, e ho visto che c’erano due aerei in salita verso Crotone: ho avuto la sensazione che uno rincorresse l’altro sparandogli. Dopo alcuni minuti, forse cinque, ma anche meno, ne ho visti altri due, li ho sentiti arrivare alle mie spalle, potrebbero aver sorvolato Catanzaro, venivano da Sud-Sud-Ovest. Volavano a bassissima quota, a pelo d’acqua e paralleli in direzione di Capo Rizzuto. Sono sicuro che quelli sul mare erano dei caccia militari, colore verde mimetico e sotto le ali non avevano coccarde. Negli anni successivi mi sono documentato, ho guardato decine di foto, per me erano due F-16. Poi mi hanno detto che di quel colore li avevano solo gli israeliani. » 
Il primo medico che esaminò il cadavere del pilota del Mig affermò che era deceduto da circa venti giorni. Sembra che quel medico, qualche mese dopo, subì un’aggressione a sangue all’aeroporto di Caselle a Torino e poi fu costretto a cambiare versione e sostenere che quel cadavere non era in avanzato stato di decomposizione. Affermazioni e riscontri che fanno aumentare i dubbi sulle versioni ufficiali e le domande senza risposta non mancano:  

- Causa della caduta, era rimasto senza carburante. 

- Ezzedin Fadah El Khalil, il pilota 30enne siriano di origine palestinesealla guida del Mig23 libico, perché indossava stivali e tuta della nostra Aeronautica militare? 
Inoltre il biglietto bruciacchiato trovato tra i rottami, con scritto a mano in arabo "io sottoscritto pilota (nome del pilota) colpevole dell’abbattimento e della morte di tanti …", era una dichiarazione di responsabilità del pilota, scritta prima dell’incidente o prima di morire o addirittura postuma all’abbattimento e messo tra i rottami dai primi investigatori giunti sul posto? 

- La sera del 27 giugno, due nostri agenti dei Servizi segreti militarisi trovavano a Monte Scuro, sulla Sila, dove poi furono rimandati il 18 luglio a vedere ufficialmente i resti del Mig che avevano già visto segretamente il 27 giugno. Cosa successe in quei 21 giorni al Ministero della Difesa, ai vertici dei Servizi Segreti? 

- Perché i medici anatomopatologi, incaricati dal PM che gestiva le indagini, furono costretti a scrivere una seconda relazione?Per quali motivi doveva essere diversa da quella del primo medico in cui affermava che il corpo era stato trovato in avanzato stato di decomposizione, e che, dopo l’aggressione subìta all’aeroporto di Torino-Caselle, dovette cambiarla pure lui. Nella seconda relazione il pilota era "appena deceduto" con il sangue rappreso, nonostante fossero trascorse diverse giornate molto assolate con temperature molto alte tra il l’incidente ed il ritrovamento? 

- Gli esperti dell’Aeronautica diranno che i buchi sulle lamiere sulla carlinga del Mig23 non c’erano al momento della caduta. Oggi agli atti risulta che quei buchi furono fatti dopo l’incidente dalla nostra Aeronautica per dei test. - Un Mig libico entra nello spazio aereo italiano quando nel basso Mediterraneo è in corso un’imponente esercitazione della Nato, la "Natinad Demon Jam V". Com’è possibile? Una svista ordinata dall’alto? Una strana leggerezza della nostra intelligence nei rapporti con gli americani? 

Testimoni calabresi affermano di aver visto, da angolazioni e da località diverse, gli stessi fatti alla stessa ora,senza sapere che accadevano contemporaneamente alla tragedia di Ustica. - Perché alcuni militari in servizio alla base di Milazzo dell’Aeronautica Militare dopo quella notte furono trasferiti a Firenze? Per quali motivi i resti di quell’aereo interessavano alla Cia, al Sismi, al Sios (Servizio Informazioni dell’Aeronautica), oltre ai servizi segreti francesi e di mezza Europa occidentale? 

A cosa voleva alludere Giovanni Spadolini, ministro della Difesaal tempo dei fatti, quando disse ai giornalisti “… se scoprite cos’è successo al Mig troverete la chiave per capire la strage di Ustica?  

Come mai le prove importanti di questo caso (Mig libico) sparironocome quelle di Ustica? 

Su quali basi di verità si fondano le dichiarazioni di ex agenti segreti (anche italiani) che lo scontro in Calabria avvenne tra 2 aerei libici, 2 americani e due francesi, anche se qualcun’altro afferma che c’erano gli israeliani al posto dei francesi, questi sarebbero arrivati invece sulla scena a duello concluso dopo l’abbattimento del Mig. 

1985SIGONELLA, nella notte tra il 10 e l'11 ottobre del 1985, Bettino Craxi osò sfidare gli USAdi Donald Reagan e a Sigonella, dove c’era una base americana. Il nostro premier difese la sovranità nazionale schierando i carabinieri contro i marines, ma segnò la sua fine politica con l’esilio in Libia ad Hammamet dove morì. 
Il governo italiano era così composto: COSSIGA, presidente Repubblica; CRAXI, presidente Consiglio; SPADOLINI, ministro della Difesa (filoamericano); ANDREOTTI, ministro degli Esteri (filo palestinese e capo dell’unità di crisi). Ha inizio il braccio di ferro telefonico tra Reagan e Craxi che vinse difendendo la sovranità nazionale. Da quel momento iniziò la sua parabola discendente che si concluse con l'esilio ad Hammamet. 


Aeroporto della base di Sigonella, momento in cui i Navy SEALs circondano i Carabinieri (anello interno) e poi, dopo questo scatto fotografico, arrivano altri Carabinieri che si schierano con i mezzi blindati, formando un terzo cerchio. Ha inizio il braccio di ferro telefonico tra Reagan e Craxi che vinse difendendo la sovranità nazionale. Da quel momento iniziò la sua parabola discendente che si concluse con l'esilio ad Hammamet


Il Boeing 737 Egyptair, con a bordo i terroristi che avevano sequestrato la nostra nave da crociera Achille Lauro,viene fatto atterrare sulla parte italiana della pista della base militare di Sigonella, per essere poi bloccato e circondato dai nostri militari, i quali a loro volta vengono circondati con armi spianate da 60 Navy SEALs, gli incursori americani atterrati senza alcuna autorizzazione. Arrivano due battaglioni di carabinieri che circondano gli americani e spianano pure loro le armi verso gli americani. Se ci fosse stato un conflitto a fuoco, i SEALs avrebbero avuto la peggio, ma l’Italia sarebbe passata giocoforza dalla parte dei dirottatori e avrebbe annullato tutti gli accordi in essere con gli americani che avevano basi militari sul nostro territorio tra cui Aviano, al tempo contenente testate nucleari. Reagan telefona a Craxi pretendendo che dirottatori e mediatori vengano messi in galera al contrario di Craxi che lo vuole solo per i dirottatori tenendo i mediatori sotto sorveglianza, Ledeen fa da interprete visto che conosce sia l’italiano che Craxi, ma traduce che il presidende USA li vuole tutti in galera. Craxi capisce che c’è qualcosa che non funziona e quindi decide di disobbedire. 
Nel contempo Mubabarak (presidente egiziano) blocca l’Achille Lauro e trattiene tutti i passeggeri, dicendo che non usciranno dal porto finché Abbas (uno dei mediatori) non sarà decollato da Sigonella. 
Craxi ordina il decollo del 737 e di farlo atterrare a Ciampino. Viene scortato da 4 nostri F-104 che bloccano il tentativo di dirottare il Boing dei due F-14 americani partiti dalla USS Saratoga.  I due mediatori devono uscire dall’Italia per non essere consegnati agli americani, vengono trasferiti ed imbarcati su un volo di linea yugoslavo diretto a Belgrado. 
Regan, l’ambasciatore USA a Roma e Ledeen si arrabbiano molto. Abu Abbas viene catturato nell’aprile del 2003 dai SEALs in Iraq. Protetto da Saddam Hussein viveva da esule in una villa di Baghdad. Muore nel 2004 in carcere, ufficialmente per un attacco cardiaco. 
Senza l’Italia gli USA avrebbero perso non solo il Mediterraneo ma la certezza di avere un fronte contro la Russia. 

1986 La procura di Venezia riapre il caso Argo16. 

1997– L'inchiesta condotta dell'allora giudice istruttore veneziano Carlo Mastelloni si indirizzò verso l'ipotesi di sabotaggio da parte dei servizi segreti israeliani come ritorsione contro l'Italia per aver trasportato in Libia, proprio con Argo16, due dei cinque palestinesi accusati di aver organizzato ad Ostia un attentato contro un aereo delle linee israeliane con l’uso di missili terra-aria. 
Il p.m. incrimina 22 ufficiali dell’Aeronautica militare con l’accusa di “soppressione, falsificazione e sottrazione di atti concernenti la sicurezza dello Stato”. A suo giudizio "coloro che negli anni si sono occupati dell’inchiesta hanno sistematicamente occultato, falsato o distrutto ogni elemento che poteva portare sulla strada giusta". 
Vengono accusati di strage Zvi Zamir, ex capo del Mossad, e Asa Leven, direttore del Mossad in Italia all’epoca degli incidenti aerei. 

1999 - chiusura definitiva del processoIl 16 dicembre 1999 i giudici chiusero il processo stabilendo che l'aereo cadde per un'avaria o per un errore del pilota e l'ex-capo del Mossad, Zvi Zamir, venne assolto dall’accusa di strage perché il fatto non sussisteva. 

Oggi quel deposito di fosgene non esiste più: sarebbe stato smantellato ed il sito bonificato nel 2007.
 Da allora la DowChemical, secondo colosso mondiale della chimica, ha iniziato le operazioni necessarie alla chiusura definitiva del sito produttivo. 




Fonte: rsr di Gianni Cecchinato, da Facebook di sabato 2 marzo 2019 

Fonte. dal Veneto al mondo del 24 marzo 2018