giovedì 7 marzo 2019

L'ORIGINE REMOTA DEL CARNEVALE VERONESE

Papà del gnoco 


L'origine remota del Carnevale Veronese secondo le teorie del grande studioso scaligero Umberto Grancelli, fautore del grande testo sulla rinascita e rifondazione della città "nova" di Verona; voluta dal nascente Impero Romano e attuata sotto precisi dettami esoterici. 


IL CARNEVALE VERONESE 

Non è fuor luogo ammettere che il Carnevale Veronese trovi le sue origini nelle antiche corse dei Palio, sancite dallo Statuto Albertino e che trovano magistrale eco nel canto XV dell'Inferno della Divina Commedia. "E parve di coloro che corrono a Verona il drappo verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui che perde''Narra la tradizione, riportata dagli storici dell'umanesimo, che Ezzelino, dopo aver vinto la fazione dei Sanbonifacio, rientrò a Verona nella prima domenica di Quaresima del 1208 con entusiasmo e con giostre e tornei; si stabilì che ogni anno si corresse il Palio, al quale per rinnovati trionfi accorrevano molti onorati cavalieri e nobilissime dame da molte parti d'Italia. 


Umberto Grancelli


Umberto Grancelli, in una dissertazione apparsa su Vita Veronese nel 1954, lanciava l'ipotesi che il Carnevale Veronese abbia origini ben più remote dalle corse dei Palio, facendolo risalire all'epoca pagana, e che la manifestazione dei Bacanal trovi analogia con gli antichi riti dei ciclo di Cerere Demetra. 

Adriano Valerini scrive in Le bellezze di Verona: "in qual parte non si leggono i dotti scritti di Tommaso Da Vico, nuovo Esculapio?". Doveva essere anche una personalità preminente nella vita pubblica veronese, perché il 15 gennaio 1528 lo troviamo alla testa di quella famosa cavalcata di gentiluomini che andò incontro al Vescovo Giammatteo Giberti, che giungeva da Roma per prendere possesso della Diocesi di Verona. 

Narra il Dalla Corte che in seguito alle replicate inondazioni dell'Adige, avvenute nel 1520 e nel 1531, e alle devastazioni commesse dalle truppe tedesche nel veronese, mentre infuriava la guerra in Lombardia tra Carlo V e Francesco I, Verona rimaneva oppressa da una terribile carestia. 

"Il 18 giugno 1531 corse gran pericolo la città nostra per sollevazione dei popolo cagionata per non aver voluto i pistori, cresciuto il calmíero, far pane, né vendere il tutto, ma lo tenevano nei cassoni serrato; e scriversi che il grano era venduto a soldi quaranta al minale; e così gran numero di gente corse alla piazza, e spezzarono detti cassoni, e misero a sacco il pane, e fecero altri disordini; ma riuscì con assai manco male di quello che da principio era stimato, bastonando a quel furioso popolo d'essersi sfogato solamente contro i pistori, come cagion sola di tutto il male". 

Per prevenire ogni tentativo di rivolta, furono eletti alcuni cittadini; vuole la tradizione che fra questi vi fosse il Da Vico, per opera del quale ebbe inizio il Bacanal del Gnoco, facendo distribuire al popolo di S. Zeno, nel venerdì ultimo di Carnevale, pane, farina, burro, formaggio e vino. 

Vuole ancora che Tommaso Da Vico lasciasse per testamento un legato, affinché la distribuzione dei generi alimentari venisse fatta tutti gli anni al popolo di S. Zeno nel giorno di venerdì grasso, detto Venerdì Gnocolar.

Gli storici hanno provato molta soddisfazione a rovistare nelle vecchie carte per poter trovare il documento. Così anche nei riguardi del Da Vico ebbero buon gioco: il testamento esiste e si trova presso la sezione di Verona degli Archivi di Stato, porta il n. 128, dettato il 13 maggio 1531 presso il notaio Bonifacio di Sebastiano Dalla Mano. Tre pagine con scrittura minuta, fitta e quasi illeggibile; in esso, il dott. Tommaso Da Vico fu Bartolomeo, degente a letto ma sano di mente, dispone di essere sepolto vicino alla chiesa di S. Zeno, adiacente al grande tavolo di pietra dove banchettavano i poveri nel giorno di Venerdì Gnocolar.  

Ancor oggi esaltiamo un veronesissimo fenomeno che può dirsi unico nella storia dei Carnevale, dopo secoli di scenario carico di brio; intendiamo mantenere un patrimonio costantemente carico di straordinaria vitalità. Indubbiamente siamo un pregio, un'immagine di autentica cultura; le invettive a volte ci hanno danneggiato ma, nel contempo, ci hanno dato l'energia per trovare la forza di continuare. 

Oggi questo Carnevale lo dobbiamo approfondire e studiare per esercitarlo, lo spirito che ci anima è imbevuto di passione e di logica, siamo nelle vantaggiose condizioni di misurarci con tutti nella ragione, mentre sulle origini dei Carnevale ci reputiamo progenitori a cui, con tipica espressione, spetterebbe il titolo di creatori in termini eruditi.
Continuando con prestanza il nostro lavoro, alleviando le sofferte attese del Carnevale nostro dove la latitanza non deve esistere, chi ancora ci attende nel mirino della delusione deve abbassare il tiro perché la gente ha tuttora bisogno di ritrovare la gioia nel vivere. Ormai la viva attesa di nuovi eventi ha invaso la nostra responsabilità, come autentici custodi, inseguendo il futuro se vogliamo avere il diritto di vivere e lasciare una completa definita realtà in mano ai posteri. Perciò allontaniamo ogni disagio ad abbattere le barriere che hanno impedito, ritardando la nostra prestanza nelle sofferte attese del Carnevale.

Fonte:  Da Luigi Pellini.blogspot del  20 aprile 2012 

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