mercoledì 31 ottobre 2018

SI SCRIVE MITENI, SI LEGGE RIMAR






di Gianni Sartori - 26/04/2017


Fonte: Gianni Sartori


Avvertenza: questo non è, assolutamente, un articolo di informazione sull'inquinamento da PFASS che sta impregnando le acque e i corpi del Veneto. Soltanto un necrologio, un amaro amarcord condito di qualche considerazione su come funziona il capitalismo, quello del nord-est in particolare. Per gli aspetti tecnici potete attingere alle puntuali denunce pubblicate da qualche anno a questa parte su Quaderni Vicentini.  In tempi non sospetti, quando invece un noto quotidiano locale ignorava o minimizzava la grave situazione che si andava delineando. 

Non è nemmeno un invito a intervenire per rimediare. Da tempo ho la convinzione che cercare di fermare il degrado ambientale sia quasi impossibile. Nel Veneto senza “quasi”. Qui la catastrofe è ormai completa, per quanto subdola e inavvertita. Il territorio veneto e ancor più quello vicentino (un'autentica “poltiglia urbana diffusa” da manuale) hanno raggiunto livelli di contaminazione e cementificazione tali che soltanto un'apocalisse di ampia portata potrebbe, forse, porvi rimedio. Ripristinando in parte quell'ordine naturale che oggi come oggi appare irrimediabilmente stravolto.

Prendiamo atto comunque che se  pur molto  tardivamente, la questione PFASS ha assunto rilevanza non solo locale ma anche regionale (vedi la richiesta di analizzare l'acqua “potabile” nelle scuole in provincia di Rovigo). Ma per quanto riguarda la “sfilata degli ipocriti” (i sindaci vicentini che hanno manifestato a Lonigo contro l'inquinamento da PFASS) direi che si commenta da sola. Dov'erano le istituzioni in tutti questi decenni (almeno 4, dagli anni settanta) mentre la RIMAR prima e la MITENI (cambia il nome, ma l'azienda fisicamente è sempre la stessa) poi versavano schifezze direttamente nelle nostre acque e indirettamente nel nostro sangue?

Solo una facile “profezia”. E' probabile che tra una decina d'anni altri sindaci sfileranno nel Basso Vicentino (magari, azzardo, in quel di Albettone, uno dei tratti più riempiti da scarti di fonderia e altre schifezze) per esprimere una tardiva e altrettanto ipocrita indignazione per l'inquinamento prodotto dai rifiuti tossici (metalli pesanti) ammucchiati a tonnellate sotto la A31.

Non dovendo preoccuparmi di fornire numeri e dati sull'inquinamento prodotto dalla exRimar, ora Miteni (ampiamente disponibili in rete), attingo a qualche  ricordo personale*riesumando speranze e delusioni di quando, ormai 40 anni fa, forse si sarebbe ancora potuto arginare la marea tossica non più strisciante, ma ora dilagante.

Un accenno soltanto all'apprezzabile richiesta (per quanto simbolica e fuori tempo massimo, a mio  avviso) avanzata da qualche oppositore di “parametri certi sulla soglia di inquinanti presenti nelle acque con cui si abbeverano gli animali e si irrigano i campi, così come è doveroso da parte del Governo dare una risposta immediata per fare fronte alla crisi che per ovvie ragioni rischia di precipitare su chi lavora di agricoltura, soprattutto considerando il fatto che l’inquinamento da Pfass ha contaminato anche la catena alimentare, come risulta da una serie di prime analisi effettuate dall’Istituto Superiore di Sanità in alcune zone del Veneto. Sia sul siero umano che su alcuni alimenti come uova e pesci emerge infatti la presenza di contaminazione, come abbiamo sottolineato in una risoluzione indirizzata al Governo a dicembre.” 

Una presa di posizione modesta, scontata, ma sempre meglio che niente.
D'altra parte: l'avete voluto il capitalismo? E allora godetevelo, cazzo!

AMARCORD

Metà anni settanta. Qualche anno prima avevo (coerentemente o sconsideratamente...non l'ho ancora capito) rinunciato al posto statale da insegnante elementare, pur avendo vinto il concorso. La scelta (comunque sofferta per un giovane proletario figlio di proletari, con scarse alternative) veniva dopo aver scoperto che l'assunzione comportava un giuramento (allo Stato delle stragi? Mai!). Ero quindi tornato allo scaricamento e stivaggio di camion alla Domenichelli, in notturna, alternando con saltuari lavori da operaio (tra le altre, la Veneta-Piombo di Alte-Ceccato: tutta salute!). 

Finendo poi inchiodato per qualche anno alla fresa, nel “retrobottega” di una microazienda artigiana con orari prolungati.

Fu durante un breve periodo di transizione di circa 20 giorni (transitavo da operaio in una microazienda a commesso in una libreria) che tornai a scaricare con una delle due o tre famigerate “cooperative” **di facchinaggio esistenti in città. Questo mi consentiva, paradossalmente, di staccare dal lavoro in orari decenti (tra le cinque e le sei di sera), mentre prima in genere finivo verso le 19,30-20. Una possibilità per frequentare Radio Vicenza, all'epoca gestita da amici e compagni di area libertaria, in particolare Rino Refosco e Rosy. Doveva essere la fine del 1976 , mi pare. Lo deduco dal fatto che quasi ogni sera qualcuno dedicava una canzone (in particolare “Ma chi ha detto che non c'è?” di Manfredi) al compagno Claudio Muraro da poco arrestato (nel 1976) e ancora detenuto a Vicenza, prima di finire nel “circuito dei camosci” delle carceri speciali (a Pianosa, mi pare).

Dalla radio veniva denunciata con ostinazione la recente scoperta che la RIMAR (“Ricerche-Marzotto”) scaricava fetide sostanze nelle acque correnti dell'Alto Vicentino. In particolare quelle della Poscola, un nome a cui ero sentimentalmente legato. Nasceva infatti dall'omonima grotta situata a Priabona, un “aperitivo” prima del Buso della Rana.

Denuncia dopo denuncia, non mancarono velati consigli di “lasciar perdere, non mettersi contro qualcuno troppo grande per voi...”. Se non vere  e proprie minacce, quasi.

Tutto qui, per quanto mi riguarda. Tornai quindi ai miei soliti orari e le mie frequentazioni calarono sensibilmente (o forse per scazzi personali e comunque “avevo altro da fare”).

E pensare che in anni non sospetti avevo avuto anche modo di visitarla, la RIMAR intendo. Doveva essere verso la fine del 1967 o l'inizio del 1968, sicuramente prima del 19 aprile e della storica rivolta operaia (a cui, casualmente, mi capitò di assistere, ma ve lo racconto un'altra volta, magari per il 50°) con abbattimento della statua del feudatario locale.

Mi capitava allora di andare qualche pomeriggio a Valdagno in autostop per frequentare la piscina comunale aperta in periodo invernale. Un tardo pomeriggio stavo giusto rientrando a Vicenza quando un macchinone si fermò in risposta al mio pollice levato. Salgo e il signore dopo un po' si presenta. Era uno dei fratelli Marzotto, nientemeno. Evidentemente metteva in pratica i principi paternalistici su cui si fondava la dinastia.

Il clima doveva già aver cominciato a surriscaldarsi (quello sociale, non si parlava ancora dei cambiamenti climatici) perché il borghese che gentilmente si prestava a farmi da autista commentò alcuni recenti episodi di contestazione al consumismo sostenendo (vado a memoria, sono passati 50 anni) che per la “felicità” della gente era indispensabile che tutti potessero godere di auto, frigoriferi e lavatrici. Poi, caso mai, si poteva pensare...non ricordo a cosa, sinceramente.

Dato che non dovevo sembrare molto convinto di questo elogio della merce, mi propose una visita alla sua fabbrica d'avanguardia che sorgeva lungo il percorso. Fu così che mi affidò a un tecnico per una visita guidata della RIMAR. Poco convinto il tecnico, poco convinto anch'io che temevo di non trovare un altro passaggio prima di notte, la visita fu alquanto frettolosa e mi rimase soltanto la sensazione di un leggero bruciore alle mucose respiratorie. Per chi non è del posto, segnalo che la già denominata Rimar oggi si chiama Miteni, dopo aver cambiato due-tre volte nome, consiglio di amministrazione e in parte proprietà.

Tutto qui. Ricordo solo che un'altra volta presi un passaggio dall'altro Marzotto, il fratello in politica nel PLI. Evidentemente ci tenevano a mostrarsi generosi con le masse popolari appiedate.

Ma dopo il 19 aprile le cose cambiarono, evidentemente e non mi capitò più l'onore di un autista chiamato Marzotto. In compenso, nel febbraio 1969 (all'epoca dell'occupazione della fabbrica) tornai a Vicenza con la grandissima compagna, partigiana e giornalista dell'Unità, Tina Merlin (ma questa è un'altra storia). 

Gianni Sartori


* nota 1: “Preserva i tuoi ricordi, è tutto quello che ti resta” P. Simon (cito a memoria)


** nota 2 : “famigerate” perché, come scoprii a mie spese, oltre a praticare una forma mascherata di caporalato, non versavano mai alcun contributo, nonostante richiedessero la consegna del libretto di lavoro. Perché? In caso di incidente potevano sempre dire di averti assunto proprio quel giorno e di non aver ancora compilato le “carte”.  

Una nota polemica anche per alcuni “compagni”. Ricordo benissimo che per gli amici di Potere Operaio la mia scelta era stata classificata da “lumpenproletariat”. Detto da loro, di estrazione medio e piccolo-borghese pareva un complimento. Questo nella prima metà degli anni settanta. Dopo, nella seconda metà dei settanta, quando erano già diventati quelli di AutOp, le cose cambiarono con la scoperta dell'”operaio sociale”. Addirittura a Scienze Politiche di Padova si organizzarono corsi e seminari sulle cooperative di facchinaggio. Ma non ne ricordo uno che fosse uno di costoro (devo far nomi?) che sia venuto una sola volta a scaricare camion. Avevo invece condiviso spesso tali attività ricreative con il già citato compagno anarchico Claudio Muraro (fratello della filosofa Luisa Muraro, quella dell'Erba Voglio e della Signora del gioco) sia alla Domenichelli che alla Olimpico-traslochi.



Fonte: srs  di Gianni Sartori, da Arianna Editrice del 26 maggio 2017


lunedì 29 ottobre 2018

ERNEST HEMINGWAY - SONO UN VECCHIO FANATICO DEL VENETO





Sono un vecchio fanatico del Veneto    e d è qui che lascerò il mio cuore 

Ernest  Hemingway

domenica 28 ottobre 2018

LA FESTA DEI MORTI DE 'NA OLTA" SU PAR I NOSTRI MONTI DELLA LESSINIA


Ronconi cimitero


La Commemorazione dei defunti (in latino Commemoratio Omnium Fidelium Defunctorum, ossia Commemorazione di Tutti i Fedeli Defunti), è una ricorrenza della Chiesa cattolica. 
Anticamente preceduta da una novena, è celebrata il 2 novembre di ogni anno. Nel calendario liturgico segue di un giorno la festività di Ognissanti del 1º novembre. Il colore liturgico di questa commemorazione è il viola, il colore della penitenza, dell'attesa e del dolore, utilizzato anche nei funerali; è possibile usare anche il nero.

Nella forma straordinaria del rito romano è previsto che, nel caso in cui il 2 novembre cada di domenica, la ricorrenza sia celebrata il giorno successivo, lunedì 3 novembre. In Italia, benché molti lo considerino come un giorno festivo, la ricorrenza non è mai stata ufficialmente istituita come festività civile.

L'idea di commemorare i defunti in suffragio nacque su ispirazione di un rito bizantino che celebrava infatti tutti i morti, il sabato prima della domenica di Sessagesima - così chiamata prima della riforma liturgica del Concilio Vaticano II° - , ossia la domenica che precede di due settimane l'inizio della quaresima, all'incirca in un periodo compreso fra la fine di gennaio ed il mese di febbraio. 

Nella chiesa latina il rito viene fatto risalire all'abate benedettino sant'Odilone di Cluny nel 998: con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri dopo i vespri del 1º novembre per celebrare i defunti, ed il giorno dopo l'eucaristia sarebbe stata offerta "pro requie omnium defunctorum"; successivamente il rito venne esteso a tutta la Chiesa Cattolica. 
Ufficialmente la festività, chiamata originariamente Anniversarium Omnium Animarum, appare per la prima volta nell'Ordo Romanus del XIV secolo.




Nella notte tra il primo e il due Novembre ricorre la tradizionale Festa dei morti, caratterizzata dall’antica credenza che in questo giorno i defunti tornino sulla Terra per farci visita.

In tutta Italia i riti che si svolgono durante questa festività mirano ad accogliere e confortare le anime dei morti attraverso i suffragi e le preghiere, nelle varie parti d’Italia infatti nel corso dei secoli sono nate svariate tradizioni che riguardano questa ricorrenza. In Veneto gli amanti offrivano alle promesse spose le “Ossa del Morto”, un sacchetto con dentro fave in pasta frolla colorata.

Diversamente invece la festa di Halloween, che commercialmente da diversi anni si cerca in ogni modo di far assorbire anche dalla nostra cultura popolare, non appartiene affatto alla nostra tradizione; si tratta invece di una festività anglosassone che trae le sue origini più antiche da riti pagani collegati alla festa celtica di Samhain (pronunciato [ˈsɑːwɪn] o [ˈsaʊɪn] in inglese), originariamente scritto Samuin (pronunciato [ˈsaṽɨnʲ] in gaelico)" che approssimativamente significa festa di "fine dell'estate”.

Nella cultura popolare lessinica con l’avvicinarsi della stagione autunnale e della commemorazione dei defunti le occasioni di divertimento divenivano sempre meno frequenti ma anche la festività commemorativa dei morti aveva le sue vecchie consuetudini, tradizioni e superstizioni. 

La sera precedente il 2 novembre il sacrestano (o il campanaro) passava di casa in casa per le contrade per raccogliere le modeste offerte, fatte di polenta, formaggio, qualche uovo, ecc. e in cambio di questa questua i campanari si impegnavano di far suonare le campane fino alla mezzanotte in memoria delle anime dei defunti di coloro che avevano fatto l’offerta. Dopo la mezzanotte, i suonatori si ritiravano a consumare all’osteria, in tutta calma, i doni ricevuti.

All’indomani si celebravano le funzioni religiose solenni presso i vari cimiteri, con le orazioni speciali per i morti. Anche sui nostri monti vi era la superstiziosa credenza popolare che, la sera della vigilia, le loro anime uscissero dalle loro tombe e facessero ritorno nelle case dei loro familiari per far loro visita. Nell’ambito di tale credenza vi era anche da noi l’usanza di lasciare un lumicino (candela, lanterna) sul davanzale delle finestre per consentire all’anima dei propri defunti di poter facilmente ritrovare la via del ritorno presso quelle che in vita furono le loro abitazioni. In tempi molto più remoti vi era la tradizione popolare di lasciare la tavola imbandita perché i defunti si potessero rifocillare.


  
Fonte: srs di Alfred Sternberg, da Facebook, Amici di Velo Veronese  del s6 ottobre 2018 



Marisa Venturi Grazie per le informazioni. Riguardo all’accensione del lumino dentro la zucca intagliata a forma  teschio: a casa nostra, da bambina perciò circa 70 anni fa, in Bassa Valpantena usavamo metterla sulla finestra per tener lontani i demoni.



venerdì 26 ottobre 2018

CHI SONO I "NOBILI" DI OGGI A VICENZA E NEL VENETO?

Confindustria Vicenza



Chi sono i  "Nobili" di oggi  a Vicenza e nel Veneto?  L'Associazione Industriali. 

Guarda a caso anche loro sono da sempre ostili all'autonomia, al punto di schierarsi contro il referendum sull'autonomia di un anno fa, per non parlare della posizione degli industriali più in vista nell'Associazione, coinvolti in qualche maniera (anche se indirettamente) nella vicenda  BpVI o primi fomentatori del famigerato Fondo Immobiliare con cui Variati stava svendendo i beni comunali di Vicenza. 

Come si vede, la storia si ripete e i nobili di turno, nemici del popoli e del Veneto, sono sempre in agguato per toglierci autonomia, favorire gli stranieri (si parli di imperatori o di banche straniere) e appropriarsi sempre a loro vantaggio dei beni pubblici.

Fonte: liberamente tratto da srs di Giuseppe Frigo,  da   Facebook del 23 ottobre 2018.  

giovedì 25 ottobre 2018

DALL’ ITALIA AL SUDTIROLO





Non ci sarebbe bisogno di segnaletica,  basta osservare l'asfalto della strada


mercoledì 24 ottobre 2018

MORTO LO STORICO ROBERT FAURISSON: NEGÒ LE CAMERE A GAS E LO STERMINIO DEGLI EBREI

Robert Faurisson


Il saggista francese Robert Faurisson, padre dei negazionisti dell’Olocausto, lo storico espulso da ogni accademia e comunità scientifica per avere sostenuto che la Shoah sarebbe un’enorme invenzione della propaganda Alleata a favore dello stato d’Israele, è morto ieri a Vichy all’età di 89 anni in seguito ad un attacco cardiaco. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla storica Valérie Igounet, autrice di un libro su Faurisson, a Franceinfo. Secondo Igounet, contattata dalla sorella del negazionista, Faurisson è deceduto “improvvisamente” in serata di ritorno da una conferenza nella sua città natale di Shepperton, in Inghilterra, dove era nato il 25 gennaio 1929 da padre francese e madre scozzese.

Chi era Faurisson

Laureato in lettere ed ex docente di letteratura contemporanea all’Università di Lione, Robert Faurisson è stato condannato più volte per aver negato i crimini contro l’umanità commessi dai nazisti. Ha sostenuto in particolare che le camere a gas in cui furono sterminati milioni di ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale non sarebbero mai esistite. Nel 1990 fu rimosso dall’insegnamento e privato della pensione a causa delle sue tesi negazioniste. “Il negazionista Robert Faurisson è morto ma le due ‘tesi’ immonde vivono ancora – ha reagito la Fondation Shoah su Twitter – La lotta per la verità storica contro i contraffattori della storia continua”. Le tesi di Faurisson sono unanimemente respinte dalla comunità degli storici. Nei suoi scritti ha sostenuto che non sarebbe mai esistito un piano preordinato di sterminio fisico degli ebrei da parte del Terzo Reich, bensì un progetto per una loro emigrazione fuori dell’Europa e, in tempo di guerra, un piano di evacuazione verso i territori dell’Est appena occupati dai nazisti. Tesi che prendono le mosse dal testo capostipite del negazionismo, La menzogna di Ulisse di Paul Rassinier, ex comunista detenuto a Buchenwald, il quale sostenne che gli ebrei nei lager morivano a decine e decine per il duro trattamento dei prigionieri e che poi i loro corpo venivano bruciati perché ricorrere all’inumazione avrebbe fatto perdere troppo tempo.

Faurisson e la Shoah

Faurisson ha sostenuto anche che non sarebbero stati uccisi 6 milioni di ebrei ma un numero molto inferiore (circa 500.000), a causa delle operazioni militari, della durezza dei campi di lavoro forzato, delle epidemie di tifo e dei bombardamenti alleati sui campi di concentramento. Ha sostenuto che l’esistenza delle camere a gas nei campi di sterminio tedeschi sarebbe “tecnicamente impossibile”. Faurisson, storico della letteratura francese, iniziò a occuparsi della Shoah negli anni ’60 e nel 1978 scrisse l’articolo “Le problème des chambres à gaz” in cui mise in dubbio per la prima volta l’esistenza delle camere a gas naziste. Non trovando testate disponibili, Faurisson pubblicò l’articolo sulla rivista “Défense de l’Occident“, di proprietà dell’intellettuale fascista Maurice Bardèche. Lo stesso testo fu poi ripubblicato sul quotidiano “Le Monde” il 29 dicembre 1978, accompagnato da un articolo a commento dello storico Georges Wellers. Nell’articolo Faurisson, persuaso dell’inesistenza delle camere a gas, sollecitava gli storici ad aprire un dibattito sul tema, e invitava chiunque a presentare prove incontrovertibili della loro esistenza e del loro funzionamento. L’articolo scatenò un aspro dibattito non solo accademico. Il 21 febbraio 1979 ancora “Le Monde” pubblicò la dichiarazione di 34 storici, redatta da Pierre Vidal-Naquet e Léon Poliakov, in cui si rispondeva a Faurisson che le numerose testimonianze documentali e orali raccolte, fra le quali le confessioni dei tedeschi stessi, rendevano impossibile dubitare della realtà dello sterminio.

La difesa di Chomsky

Nel 1980 l’illustre linguista statunitense Noam Chomsky, figlio di genitori ebrei, intellettuale libertario e nemico di tutti gli imperialisti, sebbene contrario alle tesi esposte, curò la prefazione del libro di Faurisson “Mémoire en défense (Contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoire. La question des chambres à gaz.)“, sostenendo il principio della libertà di espressione di tutti, e quindi anche di Faurisson. Per questo Chomsky ricevette numerose critiche, alle quali rispose con le “Réponses inédites à mes détracteurs parisiens” (Risposte inedite ai miei detrattori parigini). Il 26 aprile 1983 si concluse il primo processo a carico di Faurisson con la duplice imputazione di “danni recati a terzi” e “falsificazione della storia”. La Corte d’appello di Parigi condannò Faurisson per “danni recati a terzi” per le sue affermazioni prive di valore scientifico, non giustificate dai suoi studi e di carattere puramente polemico, quale “i pretesi massacri nelle camere a gas e il preteso genocidio sono una sola e stessa menzogna”. 

Seguirono numerosi altri processi per Faurisson per avere negato i crimini contro l’umanità del regime di Adolf Hitler, ricevendo in alcuni delle assoluzioni e in altri delle condanne a pene pecuniarie (oltre a tre mesi in libertà vigilata, il 3 ottobre 2006). In seguito Faurisson ha pubblicato una vasta bibliografia “revisionista”, in cui critica aspramente la storiografia sulla Shoah, che con disprezzo definisce “sterminazionista” in risposta all’epiteto di “negazionista” a lui attribuito. Ha sostenuto anche che il “Diario di Anna Frank” in realtà fosse un falso, prodotto artificiosamente dal padre di Anna, Otto Frank. Oltre ai processi, Robert Faurisson è stato anche fatto oggetto di aggressioni fisiche; nella più grave (1989) ha riportato la frattura della mascella.

Faurisson e l’Italia

Nel 2005 si scatenò un violento dibattito anche in Italia per l’invito a Faurisson a parlare all’Università di Teramo, su invito del professor Claudio Moffa. L’allora ministro dell’Università, Fabio Mussi (Pds), parlò di “mediocre provocazione”.  Il rettore dell’Università mise i lucchetti alla facoltà per impedire il convegno dello scandalo. Claudio Moffa, un passato da militante di sinistra, parlò di censura vergognosa. Lo storico Franco Cardini, interpellato dalla Stampa, si espresse così sui negazionisti, parlando di tre gruppi: «Il primo dice cose non condivisibili ma interessanti; il secondo è quello dei Faurisson, che corrono appresso a dettagli un po’ maniacali che non modificano il quadro, cioè tanta gente trattata come bestie fino a essere spolpata e fatta morire di malattia o infezione, per di più a opera dei conterranei di Beethoven e Goethe. Il terzo è quello degli antisemiti, dei pazzi e di quanti fanno l’apologia della strage per poi dire che neanche c’è stata».

Fonte: dal secolo dìItalia del 22 ottobre 2018


MORTO IL NEGAZIONISTA ROBERT FAURISSON



Robert Faurisson



Ieri è stato un giorno nefasto per i neonazisti e per gli antisemiti. È morto nel suo appartamento il capo del negazionismo francese, Robert Faurisson. “Era un pioniere del negazionismo – racconta Serge Klarsfeld, cacciatore di nazisti e storico dello sterminio degli ebrei – le sue affermazioni erano disgustose e dolorose”. “Involontariamente il negazionismo ci ha aiutati: abbiamo fatto in modo che ogni pagina dell’orrore della Shoà venisse raccontata nei minimi dettagli” ha aggiunto il presidente dei figli dei deportati ebrei di Francia.

Nel 1978 Faurisson pubblicò “il problema delle camere a gas o la diceria di Auschwitz”. Nel 1981 fu condannato per contestazione di crimini contro l’umanità e per incitamento alla discriminazione. Fra il 1981 e il 2007 perse dozzine di processi per negazionismo, nel 1989 fu anche aggredito e trasportato in ospedale dove gli fu diagnosticata la rottura della mascella e di alcune costole. 
Recentemente ha simpatizzato per il comico antisemita Dieudonnè e per l’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad che nel 2012 gli conferì un premiò per “il suo coraggio, la sua resistenza e la sua combattività”. 
Anche il cofondatore del Fronte Nazionale e deputato europeo, il fascista Jean-Marie Le Pen, ha detto due parole ( inutili ) per il professore di letteratura cacciato da tutte le accademie e università nel tentativo di convincere i suoi studenti che le camere a gas e Auschwitz-Birkenau erano "un inganno" e "la più grande menzogna del ventesimo secolo". “Non conoscevo Robert Faurisson - scrive Le Pen - ma i considerevoli mezzi usati per decenni per zittirlo sembrano emblematici del declino della libertà di espressione e di opinione nel nostro paese”. Le Pen dimentica che se non fosse stato per la libertà di espressione non se la sarebbe cavata solo con una condanna di 30.000 euro quando nel 2015 disse che le camere a gas furono "un dettaglio della storia". 

Faurisson è morto a 89 anni, nel suo appartamento di Vichy, città scelta non a caso dal negazionista perché durante l’occupazione nazista fu la sede del governo collaborazionista che partecipò allo sterminio degli ebrei.

Fonte: da Facebook, Progetto Dreyfus del 22 ottobre 2018 




DONALD TRUMP: "L'OLOCAUSTO NON È MAI ACCADUTO, È UN FALSO"



Donald Trump


La matematica usata, da Donald è semplice. 

C'erano 4,5 milioni di ebrei in Europa nel 1940, tutta l'Europa inclusa la Russia. 
Come tedesco, sono obbligato dalla minaccia della prigione a dichiarare che 6 milioni sono stati gasati e, quindi, dichiaro con assoluta certezza morale che 6 milioni dei 4,5 milioni sono stati gasati.

Questo poi ha lasciato a 3,8 milioni di ebrei sopravvissuti alla guerra in Europa la possibilità di diventate rifugiati, stabilendosi in Israele, in Argentina, in America e in Canada, in Gran Bretagna, in Australia, in Sud Africa e in tutto il mondo. 
La matematica funziona per me


Fonte:  (di Gordon Duff...da VETERANS TODAY) de 21 agosto 2018


martedì 23 ottobre 2018

PERCHÉ L’OCCIDENTE ODIA STALIN?


 Conferenza di Postdam, luglio 1945. I vincitori della Seconda guerra mondiale decidono le sorti


Ekaterina Blinova Sputnik 25/08/2015

Il 23 agosto l’Europa ha imposto la cosiddetta “Giornata europea di commemorazione delle vittime dello stalinismo e del nazismo”, in coincidenza con la data della firma del patto Molotov-Ribbentrop; scopo di tale “giorno della memoria” è equiparare Stalin a Hitler, l’URSS alla Germania nazista, dice a Sputnik il Professor Grover Carr Furr. 

Attaccando e stigmatizzando l’Unione Sovietica, Stati Uniti ed alleati della NATO puntano alla Russia di oggi e alla sua leadership, che non è disposta ad inchinarsi all’occidente; in ogni caso, l’Unione Sovietica non ha mai fatto nulla di lontanamente paragonabile a ciò che i principali Paesi occidentali hanno fatto nel secolo scorso, Stati Uniti e NATO furono di gran lunga le potenze più aggressive e criminali nel mondo dalla Seconda Guerra Mondiale, dice lo storico statunitense Professor Grover Carr Furr della Montclair State University, a Sputnik.  Illogica per quanto può sembrare, nonostante l’Unione Sovietica sia crollata decenni fa, la macchina della propaganda occidentale continua a diffamare la Russia sovietica; prima lo storico anglo-statunitense Robert Conquest e poi lo studioso statunitense Timothy Snyder hanno contribuito molto alla propaganda antisovietica e antirussa. 

“Perché c’è tanto odio verso Stalin e il comunismo? L’anticomunismo perché il comunismo è l’antitesi del capitalismo. E l’antistalinismo perché il periodo di Stalin dell’URSS fu il periodo in cui il movimento comunista mondiale agì molto bene. Inoltre, vi è antistalinismo e anticomunismo davanti per via delle atrocità del capitalismo e dell’imperialismo nel 20° secolo, che continuano ancor oggi“, ha osservato il Professor Furr.

Guerra fredda: gli storici occidentali dell’intelligence service

Il professore ha sottolineato che lo storico Robert Conquest (autore de “Il Grande Terrore: le purghe di Stalin negli anni ’30” deceduto il 3 agosto 2015) aveva lavorato per l’Information Research Department (IRD) inglese dalla creazione al 1956. L’IRD, originariamente chiamato Communist Information Bureau, fu fondato nel 1947, quando la guerra fredda iniziò. 

“Il compito principale era combattere l’influenza comunista nel mondo diffondendo storie tramite politici, giornalisti e altri in grado d’influenzare l’opinione pubblica”, ha spiegato il Professor Furr. Il lavoro di Conquest era contribuire alla cosiddetta “storia nera” dell’Unione Sovietica, ha osservato il professore, “in altre parole, diffondere storie false tra giornalisti e altri in grado d’influenzare l’opinione pubblica”. 

“Il suo libro Il Grande Terrore, testo anticomunista sul tema della lotta di potere in Unione Sovietica nel 1937, in realtà lo compilò quando lavorava per i servizi segreti. Il libro fu pubblicato con l’aiuto dell’IRD. La terza edizione fu opera della Praeger Press che pubblicava testi provenienti dalla CIA“, ha sottolineato il Professor Furr, che osserva che oggi Conquest rimane una delle più importanti fonti sull’Unione Sovietica degli storici anticomunisti e russofobi. La propaganda era mascherata da borsa di studio contro l’URSS e coordinata dai servizi segreti anglostatunitensi. Furr nota che Conquest riceveva periodicamente pesanti critiche da eminenti studiosi occidentali, che l’accusavano di “falsificazioni consapevoli” sull’Unione Sovietica. Infatti Conquest usò qualsiasi fonte ostile a Stalin e all’URSS, chiudendo un occhio sul fatto se fosse affidabile o meno. Inutile dire che lo storico anglo-statunitense Robert Conquest ha molti “seguaci”, soprattutto oggi, quando le relazioni russo-occidentali sono peggiorate enormemente. 

La palese falsificazione della storia è uno strumento tradizionale della guerra fredda che viene rivitalizzato. “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato“, come George Orwell scrisse nel suo famoso libro “1984”. Non sorprende, però, che il discorso storico occidentale sia attualmente invaso dai miti politicizzati su URSS e Josif Stalin. 

Uno di coloro che infangano la Russia sovietica è Timothy Snyder, professore di Storia di Yale e autore di Bloodlands. Come Conquest, è un celebre autore occidentale lodato da liberali e destra statunitensi. Attaccando Stalin, Snyder cerca di convincere i lettori che Hitler non fosse peggiore, ma in un certo senso “migliore” del leader sovietico. Snyder si spinge a suggerire che “per assassinare degli ebrei (Olocausto), … Adolf Hitler dipendesse da Stalin (e dai suoi metodi)”, come il Professor David A. Bell ha osservato nella sua recente revisione di “Terra Nera” di Snyder per National Interest. Sorprendentemente, Snyder segue le orme di Conquest, il suo racconto si basa su fonti controverse, voci, semi-verità sempre ostili all’URSS, come il professor Furr ha denunciato nel suo libro “Bugie di sangue: la prova che ogni accusa contro Josif Stalin e l’Unione Sovietica su Bloodlands di Timothy Snyder è falsa“.

Patto Molotov-Ribbentrop: verità e bugie stalin 

La storia del patto Molotov-Ribbentrop del 1939 narrato da Snyder e altri storici anticomunisti è anche piena di presupposti errati. “Dicono che nel trattato Unione Sovietica e Germania nazista decisero di dividersi l’Europa. Questo è falso. Il trattato, in una clausola segreta, assegnava la Polonia orientale alla ‘sfera d’influenza sovietica’. Questo significava che quando l’esercito tedesco sconfisse l’esercito polacco, (a) l’esercito tedesco avrebbe dovuto ritirarsi dalla Polonia orientale, rimanendo a centinaia di miglia dal confine sovietico pre-1939; (b) la Polonia sarebbe rimasta e si sperava disposta ad allearsi con l’Unione Sovietica contro Hitler“, ha osservato il professor Furr, secondo cui l’URSS aveva tentato con decisione che Polonia, Regno Unito e Francia accettassero la “sicurezza collettiva” obbligando ogni Paese a dichiarare guerra alla Germania se Hitler attaccava la Polonia. Ahimè, Varsavia e Londra rifiutarono di concludere il trattato. 

“Gli accordi di Monaco” dell’ottobre 1938, in cui Regno Unito e Francia consegnarono a Hitler gran parte della Cecoslovacchia (più tardi gli diedero tutte le riserve auree cecoslovacche) dimostrarono che i capitalisti volevano che Hitler attaccasse l’Unione Sovietica. Il governo anticomunista e antisemita polacco ebbe anche un pezzo della Cecoslovacchia in quel momento”, ha sottolineato Grover Furr. Nel settembre 1939 l’esercito tedesco occupò la Polonia e il governo polacco lasciò il Paese per la Romania. Quando non c’è governo, non c’è Stato. “Gli uomini di Hitler dissero ai sovietici che erano pronti a permettere uno Stato ucraino filonazista e anticomunista nell’ex-Polonia orientale. Così i sovietici non ebbero scelta se non occupare la Polonia orientale. La ‘Polonia orientale’ non era polacca comunque. Fu tolta con la forza alla Russia sovietica dagli imperialisti, nel 1921. La maggior parte della popolazione era ucraina, bielorussa ed ebraica”, ha osservato il professore. Il Professor Furr ha sottolineato che l’importanza del Patto Molotov-Ribbentrop è enorme: contribuì a salvare l’Unione Sovietica, e di conseguenza tutta l’Europa, dal dominio di Hitler: “Se l’esercito tedesco avesse attaccato 300 miglia più vicino (al confine sovietico) le orde naziste avrebbero preso Mosca. Se Hitler avesse conquistato l’URSS avrebbe usato le immense risorse materiali e umane del gigantesco Paese contro l’Inghilterra. Hitler aveva già conquistato quasi tutta l’Europa“, ha sottolineato. Allora perché Snyder e soci si rifiutano di ammetterlo?

L’occidente attacca l’URSS per colpire la Russia di oggi
Il Professor Furr indica che gli “esperti” tradizionali occidentali non sono interessati alla verità. “Conquest era, e Snyder è, un propagandista. Il loro lavoro “è propaganda delle note”. Note e apparati sono necessari ad ingannare i media e quegli intellettuali che contribuiranno a diffondere menzogne contro Stalin ed anticomuniste“, ha detto a Sputnik. “L’obiettivo di Snyder, e non solo suo, ce ne sono molti altri, è equiparare Stalin a Hitler, l’URSS alla Germania nazista, il comunismo al nazismo. Questo è anche lo scopo del “Giorno del ricordo” del 23 agosto, e della posizione assunta dai governi di estrema destra polacco, ucraino, ungherese e altri“, ha sottolineato Furr. “L’indico alla fine di “Bugie di sangue: la prova che ogni accusa contro Josif Stalin e l’Unione Sovietica su Bloodlands di Timothy Snyder è falsa”, con qualche aiuto del Prof. Domenico Losurdo, che giustamente confronta Hitler a Churchill, Daladier o Chamberlain, ma non a Stalin. L’URSS era diversa dal nazismo, mentre Hitler e i nazisti erano abbastanza popolari tra i politici occidentali“, ha aggiunto.

Ma perché Washington è così russofoba?

Il professore ha spiegato che a differenza di Gorbaciov o Eltsin, Putin non s’inchina a Washington e NATO, aggiungendo che la concorrenza capitalista degli Stati Uniti porterà inevitabilmente alla concorrenza imperialista e alla guerra. 

“Nella mia esperienza, limitata l’ammetto, c’è molta ingenuità sulla politica estera degli USA. Gli Stati Uniti sono di gran lunga la potenza più aggressiva e criminale nel mondo dalla Seconda guerra mondiale, continuando ad avere basi militari in oltre 100 Paesi e la più grande macchina militare del mondo. Non dobbiamo ingannarci. Alcun Paese costruisce un tale esercito senza intenzione di usarlo. Così si preparano per la prossima guerra“, ha detto a Sputnik il Professor Furr. “Il mio punto è questo: URSS e movimento comunista mondiale non hanno mai fatto nulla di lontanamente paragonabile a quello che capitalisti e imperialisti fecero nel secolo scorso e questo è inaccettabile (per i capitalisti). Devono dimostrare che il comunismo e Stalin furono peggiori e non migliori di ciò che capitalisti e imperialisti facevano. La menzogna è la sola strada“, ha concluso il Professor Grover Furr.


Fonte: srs di Ekaterina Blinova, da Sputinink  del 25 agosto 2015

Fonte: da Aurora 


lunedì 22 ottobre 2018

LO SQUADRISMO FASCISTA A VELO DURANTE IL VENTENNIO - L'EPISODIO DELLA LOCANDA BALLARINI –

Come si può notare in questa cartolina del 1940 dietro il monumento è visibile la locanda Ballarini, oggi trasformata in abitazione privata.



Lo squadrismo fu un fenomeno politico-sociale che coinvolse l’Italia a partire dal 1919 e che si manifestò nell'uso di “squadre d'azione”, di carattere paramilitare armate, che avevano lo scopo di intimidire e reprimere gli avversari politici, specialmente quelli appartenenti al movimento operaio. Lo squadrismo, in breve tempo, venne assorbito dal regime fascismo che lo impiego come un autoritario strumento della propria affermazione e per piegare le volontà degli avversari.

Le azioni squadriste - di norma caratterizzate da violenze contro persone e cose (e talvolta anche da caratteri di mera goliardia) - avevano lo scopo, secondo ciò che affermavano gli squadristi, di impedire l'attività reazionaria in Italia di una rivoluzione di ispirazione bolscevica e di rispondere alle crescenti rivendicazioni sociali degli operai e dei braccianti: gli squadristi cercarono di giustificare ideologicamente la loro attività presentandola come una risposta alle violente azioni e al clima di agitazione politica socialista e anarchica, che culminò con il biennio rosso (1919-1920), nonché come un'affermazione di quei valori nazionalisti che (secondo gli squadristi) erano stati vilipesi dal socialismo; tale giustificazione ideologica valse a nascondere, soprattutto agli occhi degli attivisti più giovani, il reale carattere di classe delle azioni squadriste, ammantandole di illusorie motivazioni morali. Lo squadrismo fascista fu protagonista di numerosi episodi di violenza in tutta Italia e spesso anche di brutali omicidi che, ben poco avevano di politico.

La tecnica squadrista era tipica, gli squadristi si avvicinavano a bordo di camion aperti (generalmente i BL 18 in dotazione all'Esercito), cantando inni e mostrando le armi ed i manganelli, quindi assalivano gli avversari praticando una sistematica devastazione: si colpivano le sedi ed i luoghi di aggregazione dei partiti (principalmente il partito socialista), le Camere del Lavoro, le sedi di cooperative e leghe rosse. Queste venivano danneggiate o, spesso, completamente devastate, le suppellettili e le pubblicazioni propagandistiche bruciate nella pubblica piazza, gli esponenti o i militanti delle fazioni avverse bastonati e costretti a bere olio di ricino. Tali azioni di norma davano luogo a scontri fisici o con bastoni; spesso però, specialmente nelle fasi più calde del conflitto, diventava frequente l'uso di armi da fuoco e persino da guerra, cosicché le azioni terminavano con feriti e morti, sia tra le diverse fazioni in campo, che tra le forze dell'ordine.

Durante il periodo fascista un po’ ovunque si ebbero di questi sanguinosi episodi e chiaramente non ne fu esente neppure la Lessinia durante il ventennio.

I più anziani di Velo Veronese ricordano ancora le scorribande “punitive” perpetrate dagli squadristi di Roverè Veronese, in gran parte originari dalla zona del “colonèl bastardo de Roarè”, notoriamente persone piuttosto ombrose e rissose e ben conosciute per la loro aggressività e violenza; nella quasi totalità dei casi lo squadrismo paesano celava invece il pretesto di regolare vecchi rancori o dissapori tra vicini o paesani e quando si aveva il sentore che vi fosse qualche “sovversivo” o che qualcuno non volesse aderire “spontaneamente” al partito fascista ed alla sua ideologia gli squadristi partivano in gruppo per “rinfrescare” a suon di pugni e manganellate le idee. E’ quanto accadde ad esempio a Velo Veronese nell’autunno del 1932 nella corte retrostante il monumento, allorché all’interno della locanda “Ballarini” si trovava un gruppetto di giovanotti intenti a festeggiare.



Salesio Bonomi (N. 1895 - M. 1974), fratello consanguineo (nati dallo stesso padre ma di madri diverse, in quanto il loro padre Mariano Bonomi rimase vedovo in giovane età ) di Annibale Bonomi (localmente conosciuto come “Nibe pistor”, della famiglia dei “pistori de la piàssa de Velo”, dell’omonimo forno Bonomi). Salesio, alto di statura ed imponente di corporatura, era dotato di una forza fisica eccezionale e prendendo a pugni gli squadristi fascisti di Roverè Veronese, che lo aggredirono, li fece fuggire a gambe levate.



A quell’epoca nella corte in questione erano presenti varie locande e spesso al loro interno, tra qualche bicchiere di vino ed il suono di una fisarmonica, si cercavano di dimenticare per qualche ora le miserie della vita. Da tempo gli squadristi di Roverè avevano adocchiato un paesano di Velo, tale Salesio Bonomi(N. 1895 - M. 1974), fratello consanguineo (nati dallo stesso padre ma di madri diverse, in quanto il loro padre Mariano Bonomi rimase vedovo in giovane età ) di Annibale Bonomi (localmente conosciuto come “Nibe pistor”, della famiglia dei “pistori de la piàssa de Velo”, dell’omonimo forno Bonomi). 

Salesio, alto di statura ed imponente di corporatura, era dotato di una forza fisica eccezionale e svolgendo la professione di bracciante agricolo era quotidianamente abituato a spostare a mani nude ingenti pesi; erano note a tutti le sue simpatie socialiste e questa circostanza non passò inosservata agli squadristi di Roverè che si prefissero l’obiettivo “de purgarlo co l’ojo de risìn e darghe carche manganelà”. 

All’interno della locanda erano presenti una decina di giovanotti che insieme a Salesio cercavano, tra canti e vino, di passare in gaiezza la serata. Ad alta voce iniziarono ad intonare alcuni canti popolari, quando all’improvviso giunse davanti alla locanda una camionetta carica di squadristi, circa una quindicina che, armati di manganello e bastoni, con arroganza entrarono nella locanda. Il loro capo spavaldamente rivolgendosi al fisarmonicisca esclamò la frase:” qua non se canta robe da done, qua bisogna cantàr canszoni fasciste!. Dovì cantàr giovinessa”. Dapprima gli avventori non diedero loro bado e proseguirono con i loro canti popolari, il capo degli squadristi, indispettito, diede un forte colpo di manganello su uno dei tavoli e urlando disse nuovamente:” cantì e sonì giovinessa, se no ve batemo e ve purghemo!”. Cercando di calmare lo squadrista, Salesio gli si avvicinò e disse pacatamente:” Sen qua che ne godemo, parchè no ne lassì star?”. 

In risposta, brandendo il manganello, il fascista cercò di colpire Salesio sulla testa, ma quest’ultimo molto più veloce e forte di lui glielo strappò di mano e con uno spintone lo fece finire in fondo alla sala. Vedendo il loro capo volare come uno straccio e finire sul pavimento, gli altri squadristi assalirono Salesio e scoppiò subito una rissa tra i presenti, ma era Salesio il loro obiettivo. 

Cercando di divincolarsi dalle persone che lo assalivano contemporaneamente, Salesio iniziò a sferrare dei pugni di una tale potenza che i fascisti iniziarono a volare rovinosamente come dei fazzoletti e a sanguinare. Ad ogni pugno di Salesio si vedeva un fascista tirare lungo sotto un tavolo o tra le sedie; ripresisi dai colpi ricevuti, tre fascisti gli saltarono addosso e ad uno di loro Salesio sferrò in pieno volto un pugno di una tale potenza che l’uomo finì diritto in cucina, cadendo con la faccia sotto “el seciàr” (secchiaio). 

Dopo aver ricevuto “ ‘na rua de pache” i fascisti si resero conto che contro Salesio non avrebbero avuto la meglio in quanto era dotato di una forza eccezionale. Nel frattempo lo squadrista che era finito sotto “el seciàr” si riprese dallo stordimento e dirigendosi verso quest’ultimo gli si pose innanzi in ginocchio esclamando: “Scusame Salesio, scusame!. Non so se te me dato un pugno o 'na massà (mazzata, colpo di mazza)!. Scusame, la me parea 'na massà !”. 

Salesio, che di indole non era un cattivo uomo, prese da terra i malcapitati fascisti e li sistemò in qualche modo sul loro camion e disse: ”l’è mejo che nasì a casa, l’è mejo. Quando gavì in mente da batar carcheduni dovì catàrne de pì boni, se no i fà bruta fegura come uàltri e i fa la vostra fine!”.

  


Il  Podestà fascista di Velo Veronese, Giulio Gaspari (N. a Camposilvano di Velo Veronese il 22.09.1904 - M. a Cologno Monzese il 10.07.1974).


Fonte: srs di lfred Sternberg, da facebook, Amici di Velo Veronese


domenica 21 ottobre 2018

LA CGIL PROTESTA PER LA STORIA VENETA. MASSIMO TOMASUTTI RISPONDE




Mi segnala l'amico e storico Massimo Tomasutti, che in una lettera al Gazzettino, la dirigente della Cgil scuola del Veneto, si lamenta del fatto che Zaia voglia far insegnare la storia veneta nelle scuole (orrore!) mentre dovremmo far studiare l'influsso della civiltà italiana nella formazione della civiltà veneta. (A noi veneti che sappiamo la storia parrebbe dover esser il contrario. Studiare l'influenza della civiltà veneta in Italia). Risponde Tomasutti in maniera mirabile, tanto che è riuscito a commuovermi e a riempirmi di orgoglio. Ecco la sua lettera al giornale:


Gentile Direttore Papetti,


La lamentela espressa su queste pagine dal Segretario Regionale Flc Cgil Marta Viotto secondo cui nelle dichiarazioni pubbliche rese dal Governatore Luca Zaia - conseguenti alla firma dell’intesa tra Ministero dell’Istruzione e Regione Veneto per l’individuazione di percorsi didattici per sviluppare lo studio e la conoscenza della cultura e della storia veneta -, fossero assenti i ‘necessari’ riferimenti ai legami storici e culturali del Veneto con l’Italia non può lasciare indifferente chi, come lo scrivente, allo studio e all’insegnamento (molto precario e talvolta gratuito) della storia veneta ha dedicato tanto tempo, fatica e moltissima passione.


Contrariamente a quanto pensa la gentile dott.ssa Viotto non si dà, infatti, né storicamente né antropologicamente alcuna pacifica “evidenza” circa una cultura e storia veneta come risultante eterogenea di influssi culturali e storici “altri” e particolarmente italiani. 


Anzi, lasciando sullo sfondo la pur corretta opinione di Indro Montanelli secondo il quale la Repubblica Serenissima, che ovviamente non esaurisce la storia veneta ma che ne è parte preponderante, non fu “una civiltà italiana ma europea e cristiana”, molti storici e sociologici sono concordi nel ritenere quella veneta una cultura e storia “particolare” e con un’identità molto forte


Una cultura che per lunghi secoli fu addirittura fondamentale per il continente europeo poiché il Serenissimo Veneto Dominio era un territorio in cui si moltiplicavano le scoperte, le attività tecniche e quelle industriali. Da tutta Europa affluivano a Padova scienziati, studiosi e studenti. Professori di medicina e insigni giuristi che si laurearono a Padova andavano con successo in tutto il continente. Il primo orto botanico pubblico e universitario del mondo fu quello patavino, come il primo teatro anatomico, e la prima legge al mondo per la tutela delle invenzioni e delle opere dell’ingegno fu partorita dal Senato Veneto addirittura nel 1474! 


Tutto ciò, e moltissimo altro, è purtroppo andato culturalmente perduto fino ad oggi e non solo per i guasti prodotti dalla scomparsa della Serenissima. Quando i Savoia vinsero, imposero il loro modello di organizzazione statale: centralizzata, burocratica, rigida attraverso l’opera dei prefetti e, conseguentemente, doveva obbligatoriamente essere insegnata solo “una” storia nazionale con buona pace delle altre. 


La stessa storia che oggi cerca artatamente di raccontare – per rimanere in tema -, dell’emigrazione veneta come di un esodo biblico dovuto alla miseria e alla povertà in cui al tempo versavano le ‘terre di Marco’ ma che non dice che a causare quell’esodo biblico furono – in grandissima parte – le misure fiscali ed amministrative imposte dal nuovo Stato italiano (1866) alle genti venete (coscrizione obbligatoria per sei anni e “tassa sul macinato” del 1869). 


E’, quindi, ingiusto dire che tutto ciò è poca cosa rispetto alla storia e gli influssi esercitati sul Veneto dalla cultura italiana, perché questa è storia di una Regione e di un’identità che fu internazionale e con una lingua franca parlata in tutto il Mediterraneo. Allora ha fatto benissimo Zaia a ribadire di voler salvare proprio “questa” cultura ed identità con il massimo rispetto, ovviamente, per quella italiana.


Dott. Massimo Tomasutti  


 Caro Massimo, ti me ga anca commosso.. dovaria esser el contrario: ne le scole italiane i dovaria studiar l'influsso de la civiltà veneta in tuta Europa e nel stival. Si gerimo, fin a l'ultimo giorno, malgrado i aciachi de la classe nobiliare veneziana (ghe no ga avuo el modo e el tempo de alargar la gestion del stato nostro a le classi dirigenti dea teraferma come auspicava Maffei e altri) gerimo dizevo, a l'avanguardia in ogni campo e penso ad esempio a Alvisopoli, nata ne l'Ottocento, sorta par l'inteligenza e la volontà de on nobile venezian. Go tra le man on libro de Paolo Gaspari "Terra Patrizia" in l'autore evidenzia come el patriziato fondendose co i nobili e i proprietari dea teraferma ga continuà a influire in maniera grande in Friuli e in Veneto, fin a perpetuare ai nostri giorni, la nostra civiltà particolare e unica in Italia e nel mondo.

Millo 

Fonte: dal Veneto   al modo del 20 ottobre 2018-10-17



sabato 20 ottobre 2018

RACCONTO TERRIFICANTE DELLA PICCOLA ERA GLACIALE DI MAUNDE



 Un video imperdibile


7 maggio 2018

Pubblicato da Enzo Ragusa



“Quando parlo con la gente del Grand Solar Minimum (GSM) di solito gli consiglio il documentario della BBC dal titolato” Little Ice Age Big Chill”, “dice il lettore Norman Grant Smith. “Dico loro che il documentario mostrerà loro esattamente quello che è successo durante l’ultimo GSM, e questo è esattamente ciò che accadrà nel GSM che sta iniziando proprio adesso”.
“Questo video è un’incredibile lezione di storia. Ed è anche una specie di storia dell’orrore. Le persone mangiano i propri figli.
Migliaia e migliaia di “streghe” vengono bruciate per non “causare nuvole, piogge, tempeste di neve, fallimenti, pestilenze, ecc. È assolutamente da vedere per noi tutti.”



Un video imperdibile



IL RACCONTO TERRIFICANTE DELLA PICCOLA ERA GLACIALE


Non stiamo parlando “del profondo congelamento quando i lanosi mammut vagavano 15.000 anni fa”, dice questo documentario della BBC. 
“È un’era diversa di freddo da cataclisma …è  il Minimo di Maunde. che va circa dal 1645 al 1715,  il periodo ora noto come LA PICCOLA ERA GLACIALE.”

Alcune persone rimasero congelate a morte all’inizio del mese di settembre.

“Milioni di persone persero la vita quando il freddo innescò una reazione a catena mortale sulla civiltà”.

Il ghiaccio alpino inghiottì villaggi e terreni agricoli nelle Alpi.

Le temperature risultarono fino a 2 o 3 gradi in meno rispetto ad oggi afferma il Dr. Peter D. DeMenocal, Professore di Earch Sciences presso la Columbia University. Potrebbe non sembrare molto, ma nel mondo moderno sarebbe davvero una grande catastrofe per le nostre vite.

È stato un periodo di cambiamenti climatici molto volatili, afferma il Dr. Brian Fagan, autore di The Little Ice Age.

“È stato un cambiamento modesto rispetto a quello che vediamo nei record geologici”, afferma il Dr. Lloyd D. Keigwin, Jr., dell’Istituto Oceanografico Woods Hole. “Ma dai resoconti storici sappiamo che non c’è voluto molto per distruggere la società di quell’epoca”.

Era un periodo in cui il porto di New York restava bloccato per cinque settimane, e quando per due mesi la neve cadeva su New England in giugno e luglio.

Quel periodo freddo portò a carestie che spinsero i contadini parigini chiedere pane a prezzi accessibili, alimentando il caos che portò alla rivoluzione francese.

I climatologi ritengono che non sia stato un evento isolato, ma parte di un ciclo ricorrente che fornisce un modello agghiacciante per il nostro futuro.

I nuclei di sedimenti mostrano che le temperature medie durante la Little Ice Age erano di 4 gradi F più fredde di oggi (circa al minuto 9:57 nel video).

Non sembra molto, ma le popolazioni sono allarmate e vulnerabili anche al più piccolo calo di temperatura.

La Piccola Era Glaciale cominciò improvvisa e devastante, un clima non diverso dal nostro.

Se le colture fallivano, la gente moriva di fame, dice il Dr. Thomas Gale Moore dell’Istituto Hoover della Stanford University.

 “Con una brutale rapidità, nel corso di solo un decennio, la temperatura media globale scese a un livello di circa 4 gradi in meno rispetto oggi.”

Dalla Norvegia alla Nuova Zelanda, i ghiacciai iniziarono il loro rapido avanzamento. In Inghilterra, il Tamigi spesso si congelava.

UNA CATASTROFE SCESE SULL’EUROPA.

Dalla Russia all’Irlanda, proprio nel periodo mentre venivano seminati i campi, iniziò a piovere. Piovve. Piovve. E piovve ancora.

Molte delle colture piantate su terreni marginali vennero semplicemente spazzate via a causa dell’erosione del suolo. Le piogge continue e torrenziali persistettero per cinque lunghi anni.

La Piccola Era Glaciale non portò solo un clima più freddo, ma un periodo più tempestoso, molto più intenso e tempestoso. Una volta quelle che erano fertili terre coltivate diventarono pozzi di fango acquiferi, disseminati di colture appiattite.

Vi era poco o nulla da mangiare. Entro la fine del sesto anno, oltre 1,5 milioni di persone perirono in tutta Europa per fame e per malattie legate alla carestia.

Il crimine salì alle stelle. I disperati aggredivano chiunque avesse del cibo.

Con i loro alti steli, i grani diventarono facili bersagli durante la Piccola Era Glaciale.

In tutta Europa, i fallimenti delle colture si protrassero per secoli. Carestie dopo carestie produssero un raccolto di morte. Nel 1601, una forte carestia in Russia uccise più di 500.000 persone. Non era raro che le famiglie uccidessero i propri figli, o almeno alcuni di loro, per avere cibo per il resto.

La storia di Hansel e Gretel è rappresentativa.

I genitori che non avevano abbastanza da mangiare portarono i loro bambini nella foresta e li abbandonarono lì.

La peste bubbonica peggiorò molto durante la piccola era glaciale per le già precarie condizioni fisiche delle persone già indebolite dalla mancanza di cibo.

In Europa le masse infette iniziarono a morire a milioni. Il fetore dei corpi in decomposizione riempiva l’aria. Le campane della chiesa suonavano giorno e notte per i funerali. Quando l’epidemia terminò, 25 milioni di persone – un terzo della popolazione – morirono.

La gente arrivò a concludere che il clima irregolare era il malvagio lavoro dei loro simili, che accusarono di stregoneria.  Migliaia di persone furono bruciate a morte o altrimenti uccise, accusate di essere streghe.

La Chiesa alimentò la frenesia. Papa Innocenzo VIII emise un decreto che incolpava le streghe per il clima freddo e distruttivo in Europa. Il maltempo e la caccia alle streghe andarono di pari passo.

Secondo alcuni storici, circa 50.000 streghe, tra uomini e donne, furono bruciati sul rogo accusati di procurare cattivo tempo.

In Groenlandia, i Vichinghi stabilirono colonie durante il Periodo Caldo Medievale. La Groenlandia era così chiamata perché in realtà poteva essere verde in quel periodo, con una vegetazione rigogliosa e molti alberi, quasi un paradiso, ma la Piccola Era Glaciale portò il loro paradiso a una fine agghiacciante.

Le acque intorno alla Groenlandia si ghiacciarono e il merluzzo termosensibile, che nel frattempo era diventata la principale fonte di cibo dei coloni, fuggì verso sud, verso acque più calde.

I groenlandesi cominciarono a morire di fame. In seguito il ghiaccio marino divenne ancora più spesso, così che le navi da rifornimento provenienti dall’Europa non riuscirono più a superarlo.

Nota: Ecco come Wikipedia descrive l’inizio della storia di Hansel e Grettel:

In Germania, Hansel e Gretel erano figli di un povero boscaiolo. Quando una grande carestia arrivò sulla terra, la moglie del taglialegna decise di portare i bambini nel bosco e lasciarli lì a badare a se stessi, in modo che lei e suo marito non morissero di fame. I bambini mangiavano troppo. Il taglialegna si oppone al piano ma alla fine, a malincuore, si sottomise allo schema della moglie. Non sapevano però che nella camera dei bambini, Hansel e Gretel avevano ascoltato le loro intenzioni. Dopo che i genitori andarono a letto, Hansel uscì di soppiatto dalla casa e raccolse quanti più ciottoli bianchi possibili, quindi tornò nella sua stanza, rassicurando Gretel che Dio non li avrebbe abbandonati.

Il giorno dopo, la famiglia camminando nel profondo boschivo, Hansel posò una scia di ciottoli bianchi. Dopo che i loro genitori li abbandonarono, Hansel e Gretel seguirono i ciottoli bianchi fino casa. Quando la moglie li vede si infuriò e li chiuse a chiave in casa.

Cosa ha causato la piccola era glaciale?

Oggi i climatologi stanno ancora discutendo quali processi naturali l’abbiano causata. Cosa ha causato l’improvviso cambiamento climatico che ha condannato i vichinghi e ha devastato altri milioni di persone nel mondo medievale?

Non c’è consenso chiaro, e non mancano le teorie.

Il Dr. Richard Seager della Columbia University pensa che stiamo ricevendo meno radiazioni dal sole. Ma alcuni scienziati mettono in dubbio questa teoria perché la produzione di energia solare è diminuita solo di mezzo punto percentuale durante la Piccola Era Glaciale.

Altri indicano l’attività vulcanica, perché i depositi di zolfo trovati nelle carote di ghiaccio della Groenlandia indicano che cinque importanti eruzioni vulcaniche si sono verificate in ogni secolo durante la Piccola Era Glaciale. “Ciascuna eruzione ebbe il potere esplosivo del Krakatoa nel 1883.” Oggi, tali eruzioni si verificano solo raramente.

Lo zolfo salendo nella stratosfera che mescolandosi con le gocce d’acqua e l’anidride carbonica creano nuvole che ne riflettono la luce solare nello spazio raffreddando la superficie terrestre.

Altri scienziati pensano che il raffreddamento abbia a che fare con l’acqua fredda presente nelle profondità degli oceani del pianeta collegati al “nastro trasportatore oceanico”. Essi pensano che la Piccola Era Glaciale sia avvenuta quando le forze naturali hanno in qualche modo distrutto quel flusso.

Tra il 1645 e il 1715, le temperature nell’emisfero nord si abbassarono di altri 3 gradi F. I climatologi tracciano quel raffreddamento aggiuntivo al sole, che è stato indebolito durante il Minimo di Maunder quando vi fu una presenza molto limitata di macchie solari sulla superficie solare. Ciò portò a meno radiazioni che raggiungevano la Terra. L’ondata di freddo durata 70 anni innescata dal Minimo di Maunder innescò il rapido avanzamento dei ghiacciai alpini, inghiottendo le case dei villaggi e le terre coltivate.

Decennio dopo decennio, il freddo distrusse molte delle colture cerealicole che le persone in Europa invocavano per sopravvivere mentre persisteva la carestia mortale.

Ma gli innovatori agricoli in Inghilterra e nei Paesi Bassi reagirono. Con grande ingegnosità svilupparono un’agricoltura di piccole dimensioni, l’agricoltura dove piantarono colture come rape e trifoglio, che avrebbero venduto a persone che allevavano bestiame. Iniziarono a concentrarsi su colture che erano molto più resistenti al freddo e all’umidità.

La patata aiutò molto, perché il tubero duraturo poteva sopravvivere alle temperature più fredde e alle tempeste che continuavano a devastare i raccolti di cereali dei contadini. Ma gli europei ebbero difficoltà ad accettare la patata. Le sue foglie risultavano velenose, era sepolto nel terreno ed era coperto di terra. Dai re agli uomini comuni, la patata era conosciuta come “la pianta del diavolo”.

Mangiare la patata era un peccato

Molti ascoltarono l’avvertimento del clero che mangiare una patata era un peccato.

In milioni scelsero di soffrire la fame piuttosto che alterare la loro dieta.

Ma alla fine, le guerre attraverso l’Europa portarono eserciti invasori che bruciarono la segale e l’orzo del contadino. Questo li costrinse a mangiare le patate basse, che non avevano bruciato perché sottoterra. La patata salvò letteralmente la vita dei contadini.

Tuttavia, in Francia, la popolazione si è rifiutata di avere qualcosa a che fare con la patata. I contadini francesi si aggrappavano ciecamente alla tradizione. Decennio dopo decennio vissero sull’orlo della fame.

In Francia, il tempo era più freddo di quanto non fosse mai stato. Due cattivi raccolti di fila e il freddo si combinarono mettendo i contadini francesi in una situazione in cui sapevano che non sarebbero riusciti a superare il successivo anno. È diventato un fattore importante nella rivoluzione francese, la rivolta che ha posto la Francia sulla strada della democrazia.

Anche la Piccola Era Glaciale fu sentita con forza devastante in Irlanda. Per 200 anni, i contadini irlandesi coltivarono le patate.

Ma nel 1840, la coltivazione delle patate si ridusse a un solo tipo – la più luminosa – la patata più facile di tutte da usare. La patata di tipo lumper molto facile da coltivare e da propagare. Ma era anche una patata di bassa qualità, acquosa e suscettibile alle malattie.

Sei milioni di irlandesi dipendettero dalla patata lumper come unica fonte di cibo. Ma quando una misteriosa moria colpì i raccolti di patate, la vita nella nazione scese in una massa inimmaginabile di polvere nera.

La carestia della patata irlandese durò cinque anni. I bambini affamati divoravano le erbacce. Indeboliti dalla malnutrizione, in migliaia morirono di malattie come il colera e il tifo. Madri emaciate cullavano bambini morti mentre chiedevano soldi per comprare le bare.

È stimato, e la stima è probabilmente inferiore alla realtà, che 1,5 milioni di contadini irlandesi morirono durante la carestia della patata irlandese, conosciuta come “La grande morte”.

Se ci fu una buona notizia dalla Piccola Era Glaciale, questa fu certamente di aver contribuito a produrre uno degli strumenti più belli al mondo, il violino Stradivarius. Gli alberi usati da Stradivari sono stati datati nel periodo del minimo di Maunder. Durante gli anni più caldi, gli alberi crescono velocemente, aggiungendo anelli spessi. Al contrario, durante gli anni freddi la crescita è lenta e gli anelli sono sottili.

Secondo il Dr. Lloyd Burkle, un paleooceanografo della Columbia University, il freddo di quel periodo potrebbe aver contribuito a ottenere un tipo di legno più denso che il liutaio italiano (produttore di strumenti a corda) riuscì a ottenere.

E poi c’è la questione delle bevande alcoliche. Se non fosse per la Piccola Era Glaciale, gli animali delle feste americane avrebbero potuto bere vino anziché alcolici e birra. Quando la Piccola Era Glaciale assalì i vigneti, uccise le viti che avevano prosperato così bene durante il Periodo Caldo Medievale.

Si iniziò a produrre  dai cereali 

Sono stati gli europei del nord a essere privati dell’uva”, afferma Joseph H. Coulombe, esperto in enogastronomia. Anche se i canali si sono congelati a Venezia, la produzione di vini nel sud Europa non fu seriamente tagliata. Gli europei del nord non avevano quindi altra scelta se non quella di produrre il loro alcol dalle scorte esaurite delle loro colture di cereali.

Quando iniziò l’emigrazione in America, gli immigrati provenivano quasi esclusivamente dal nord Europa, praticamente senza immigrazione dal bacino del Mediterraneo. Arrivarono gli inglesi, gli olandesi, gli svedesi, i polacchi, gli irlandesi, i tedeschi, gli scozzesi, che ormai avevano bevuto alcolici e birra per molte generazioni, e questa è la cultura che hanno portato con loro.

Guerra

La vittoria o la sconfitta dipendevano spesso dal clima gelido. I generali avevano imparato che il tempo poteva diventare il loro nemico più formidabile.

Gli scheletri di oltre 3.000 soldati delle forze di Napoleone Bonaparte furono trovati in una fossa comune a Vilnius, in Lituania, vittime della Piccola Era Glaciale.

La lezione di Napoleone iniziò nell’autunno del 1812 dopo aver invaso la Russia con una mastodontica forza di 600.000 uomini.

Sebbene fosse riuscito a conquistare Mosca, non riuscì però a sconfiggere l’esercito russo. Tre quarti degli uomini di Napoleone morirono per la fame.

Mentre ordinava ai suoi restanti 130.000 soldati la ritirata verso il ritorno a casa, il clima gelido prese una svolta da incubo. La temperatura scese in quegli anni a 30 gradi sotto lo zero.

Le truppe stanche e affamate di Napoleone cominciarono a morire a migliaia. Molti congelarono a morte mentre dormivano. Molti combatterono contro il freddo pungente, solo per morire di fame. Solo 40.000 soldati, una piccola parte di quelli che iniziarono la guerra, tornarono a Vilnius. Ma nella città rimase pochissimo cibo e migliaia di soldati morirono di fame. Migliaia di altri soldati morirono negli ospedali da campo di lunga data di cancrena e tifo.

Solo circa 5.000 dei 40.000 soldati fuggirono riuscendo a lasciare la città di Vilnius.

Il video parla anche della distruzione dell’Armata Spagnola con temperature inferiori allo zero … all’inizio di settembre. Alcuni marinai in realtà morirono congelati, ancora una volta, all’inizio di settembre. In tutto, la tempesta distrusse 56 navi da guerra dell’armata. La maggior parte di quelle che tornarono in Spagna risultarono così malconce da essere smantellate. Un totale di 21.000 spagnoli morirono.

Nel 1776, la Piccola Era Glaciale di nuovo aiutò a cambiare il corso della storia.

Sembrava che la rivoluzione americana fosse persa. Ma alla vigilia di Natale, il generale George Washington guidò le sue truppe attraverso il fiume Delaware. Durante la piccola era glaciale, a differenza di oggi, il Delaware era spesso coperto di ghiaccio. E in questa particolare vigilia di Natale, fu “soffocato” dal ghiaccio. Ma dopo nove ore, le truppe di Washington attraversarono il fiume riuscendo nel loro attacco a sorpresa. Il successo di quell’attacco salvò la rivoluzione.

Il famigerato “Anno senza estate”.

Nell’anno 1815, la terra fu testimone di uno dei suoi più spettacolari disastri naturali, l’eruzione del Monte Tambora, un vulcano di 13.000 piedi che si pensava estinto sull’Isola di Sumbawa in Indonesia. 4.200 piedi (4/5 di miglio) di montagna saltarono in aria, emettendo 36 miglia cubiche (150 cu km) di detriti fino a 15 miglia e mezzo nell’atmosfera. Il Tambora nell’eruzione aveva espulso 100 volte più cenere del Mount Saint Helens nell’eruzione del 1980.

Nel giro di pochi minuti, 70.000 persone sull’isola e l’isola vicina morirono, per poi salire a 90.000 subito dopo.

Quell’inverno, in Ungheria la neve cadde di colore marrone. In alcune zone d’Italia dove normalmente non cadeva neve, ne cadde e di colore rossa.

Nel 1816, il clima a forte componente artica decimò le colture europee. Ne seguì la fame, e per i sopravvissuti indeboliti la malattia si diffuse molto velocemente. Solo in Irlanda, 100.000 persone morirono di tifo direttamente correlate all’eruzione. Quell’estate nacque l’immaginario Frankenstein.

In Francia, la massa in rivolta attaccarono i carrelli di cereali diretti al mercato. 
In Inghilterra, gli affamati issavano striscioni inneggiando “pane o sangue” mentre saccheggiavano e vandalizzavano città dopo città. In Svizzera, i disperati abitanti del villaggio sequestrarono le spedizioni di cereali russi al confine. Decine di migliaia di europei morirono di fame. Proprio come molti fuggivano dall’Europa, sperando di ricostruire le loro vite in America.

Ma l’agghiacciante influenza del Tambora scese con eguale ferocia anche negli Stati Uniti.

Nel mese di giugno, 14 mesi dopo l’eruzione, i cieli sul New England gelarono. Le temperature precipitarono sotto lo zero e cinque giorni di neve caddero nel nord-est. La neve persistette sporadicamente per tutto il mese di luglio e agosto. Il ghiaccio si formò sui laghi del Vermont. Ghiaccioli lunghi un piede si aggrapparono alle case e centinaia di pecore morirono congelate.

Il freddo inoltre distrusse migliaia di raccolti americani. Il settantacinque per cento del proprio mais venne distrutto. Dall’altra parte del nord-est, la scarsità di cibo era aumentata mentre i prezzi agricoli salirono alle stelle, mentre gli uccelli cadevano dal cielo già morti. La gente cominciò a riferire come “il 1800 congelati a morte”, oppure “L’anno senza estate”.

Molti abitanti delle New England rinunciarono. Dissero “non staremo più nelle New England”, e si spostarono verso ovest.

La Piccola Era Glaciale terminò bruscamente verso il 1850. Il cambiamento drammatico avvenne nel corso di forse un solo decennio.

Il riscaldamento iniziò quando il sole iniziò a produrre più energia, afferma il Dr. Richard Seager della Columbia University. Altri dicono che il riscaldamento fu causato da una riduzione delle eruzioni vulcaniche e dall’industrializzazione (riscaldamento globale causato dall’uomo). Altri ancora accusano gli oceani. Credono che il nastro trasportatore oceanico oscilli in forza.

Se dovesse arrivare ancora una Piccola Era Glaciale, che effetto avrebbe sull’umanità?

Invece di rispondere a questa domanda nel modo giusto, il video si trasforma in una paura di come il riscaldamento globale potrebbe scatenare la prossima era glaciale. Il riscaldamento causa raffreddamento, la voce fuori campo si contende. Il massimo in bianco-è-nero, clapping-up-up-down. Penso che questa parte sia sciocca, quindi non mi preoccuperò di parafrasarlo per voi.

Ma a prescindere dalla causa, quali conseguenze avrebbe un brusco raffreddamento sulla civiltà del 21° secolo?

“Drammatici cambiamenti nei modelli meteorologici avranno un impatto incredibile sulle popolazioni umane”, afferma il Dr. Teofilo E. Ruiz, professore di storia medievale presso l’UCLA. “Potremmo avere condizioni parallele agli orrori che l’Europa ha affrontato nella Piccola Era Glaciale”.

Nel 2003, il Pentagono ha commissionato uno studio, non una previsione, ma uno scenario nel peggiore dei casi. Lo chiamano “un evento a bassa probabilità con solo una possibilità uno o due percento che possa accadere realmente”.(Penso che le possibilità siano molto, molto più alte di quelle – più vicine al 100 percento.)

Nel giro di un decennio, lo studio ha rilevato che le nazioni sarebbero state rapidamente prosciugate di cibo, acqua e risorse energetiche fondamentali per la sopravvivenza nazionale. In Europa, le schermaglie esploderebbero tra gli stati vicini per l’accesso ai fiumi e alle riserve petrolifere comuni. Il freddo genererebbe un nuovo disordine mondiale. Il ruolo degli Stati Uniti come poliziotto globale diventerebbe molto più grande di oggi.

Tuttavia, l’America dovrà affrontare la propria crisi, recita lo studio. Mentre il clima freddo e secco persiste, la fame si intensificherà a sud del confine, portando a una massiccia migrazione verso gli Stati Uniti. Forse milioni di rifugiati dei Caraibi e dell’America Centrale si dirigeranno verso gli Stati Uniti (non sono d’accordo con questo, sono più incline a pensare che i residenti degli Stati Uniti proveranno a dirigersi verso sud).

Uno dei punti di infiammabilità più volatile nello scenario del Pentagono è la Cina, dove il clima freddo scatenerà carestie che uccideranno milioni di persone, e anche il drenaggio delle scorte energetiche della nazione. Una guerra civile esploderà nella nazione più popolosa del mondo. Allo stesso tempo, l’esercito cinese minaccerà di invadere la Russia per impossessarsi delle sue riserve di gas naturale. E la sua Marina affronterà gli Stati Uniti nel Golfo Persico per l’accesso al petrolio saudita.

Molti degli stessi effetti descritti per la Cina saranno anche veri per l’India. “Non è affatto plausibile che queste siano le condizioni in cui potrebbero essere usate le armi nucleari”, ha rilevato lo studio.

I critici del rapporto del Pentagono lo considerano una fantasia allarmista.
Sfortunatamente, il video termina con ancora un’altra diatriba contro gli umani, incolpandoci di un evento del tutto naturale, un evento che si è ripetuto all’infinito senza alcun aiuto da parte nostra.
Temo che nessuno dei nostri leader abbia qualche idea di quali orrori stiano per arrivare sul nostro pianeta.
Cos’è quella vecchia maledizione cinese? “Che tu possa vivere in tempi interessanti”?
Penso di preferire vivere in tempi noiosi, grazie mille.


Grazie a Norman Grant Smith per questo video.


Fonte: Ice Age Now



Traduzione Enzo Ragusa


Fonte: da Attività Solare,  da il  7 maggio 2018