lunedì 30 novembre 2009

Verona: Piazza Corrubbio, spunta un muro








Nello scavo di piazza Corrubbio si intravede il muro circolare che potrebbe essere un reperto antico 


SCAVI ARCHEOLOGICI A SAN ZENO. Nell’area del parcheggio altri reperti dopo le tombe «alla cappuccina». Di forma semicircolare, dovrà essere visionato dalla Sovrintendenza E martedì si riapre al traffico l’incrocio di piazza Arditi e via Marconi


Verona. Spunta un pezzo di muro sotto piazza Corrubbio, nel tratto verso via Da Vico, nel luogo in cui dovrebbe sorgere il — contestato — parcheggio interrato, misto pubblico e pertinenziale.  I tecnici addetti agli scavi per verificare se sotto il terreno ci sono reperti archeologici tali da bloccare il via ai lavori, hanno trovato tracce di un muro, lungo circa tre metri, di forma semicircolare, ancora avvolto da terra e sassi. 
Sarà ora la Sovrintendenza ai beni archeologici a dover verificare a che cosa appartiene quel tratto di muro, che ricorderebbe la parete di un pozzo, vicino al quale però si intravede anche un blocco di marmo che fa pensare a una colonna.
Dopo le «tombe alla cappuccina» emerse nella prima parte dei sondaggi del terreno, nel tratto di piazza Corrubbio verso piazza Pozza, giudicate di scarso valore e quindi asportate, ecco dunque un altro reperto, che dovrà essere valutato attentamente. La ditta che ha ottenuto il diritto di costruire il parcheggio, lo ricordiamo, è la Rettondini, che sta provvedendo da qualche mese ai carotaggi nel terreno.
Intanto, martedì, 1 dicembre, sarà riaperto al traffico l'incrocio tra piazza Arditi, via Manin, vicolo San Silvestro, via Marconi, essendosi conclusa la prima fase dei lavori per spostare i sottoservizi, una fase di opere propedeutiche a costruire il parcheggio pertinenziale di piazza Arditi.
«L'apertura avviene con qualche giorno di anticipo rispetto ai tempi di esecuzione previsti», spiega l'assessore alla mobilità Enrico Corsi, «che sono stati notevolmente contratti proprio per rispondere alle esigenze dei commercianti della piazza, che chiedevano la riapertura al traffico durante il periodo natalizio. Ringrazio la Sovrintendenza archeologica, Agsm, Acque Veronesi e l'impresa che sta realizzando i lavori, che grazie alla collaborazione coordinata hanno consentito di raggiungere questo obiettivo a favore della città e delle attività economiche». Il traffico in prossimità di piazza Arditi era stato chiuso il 5 ottobre. In questo periodo sono stati anche eseguiti gli scavi archeologici nell'area del futuro parcheggio pertinenziale, nel quale nel giro di due anni saranno ricavati 140 posti auto.(E.G.)




Fonte:  l’Arena di Verona.it  di domenica  29.11.09
Foto Marchiori

Addio a Carlo Nordera, il cultore del cimbro scritto e parlato



Carlo Nordera


GIAZZA. Oggi, lunedì 30 novembre, il funerale del maestro che, per quarant’anni, si è dedicato all’insegnamento nei paesi di montagna


Per tenere in vita la lingua creò «Taucias Garëida» ed ebbe l’intuizione di aprire una libreria a Verona L’ultima fatica: il «Glossario dei Tredici Comuni»


Si è spento all’età di 80 anni, compiuti lo scorso agosto, il maestro Carlo Nordera, a cui devono moltissimo quanti studiano e ricercano la storia, la cultura, la lingua e l’identità cimbra. I funerali si svolgeranno questo pomeriggio nella chiesa di Giazza alle 14.30, partendo alle 13.45 dall’ospedale di San Bonifacio.


Nordera si è dedicato per 40 anni all’insegnamento, sempre in paesi di montagna e con ultima destinazione Selva di Progno e ha continuato la trasmissione della cultura attraverso la casa editrice da lui fondata, Taucias Garëida (Lingua cimbra), la cui ultima grande fatica è stato il «Glossario del Taucias Garëida dei Tredici Comuni Veronesi», opera dello studioso monsignor Giuseppe Cappelletti.


Fu tra i fondatori del museo etnografico dei Cimbri di Giazza e di numerose riviste uscite fin dagli anni ’70 che raccoglievano le ultime testimonianze vive del cimbro parlato e pubblicavano preziosi documenti storici. Ebbe il privilegio e la fortuna di ottenere in esclusiva dai familiari del glottologo tedesco Bruno Schweizer la mole di ricerche inedite che lo studioso bavarese aveva accumulato frequentando Giazza.
Il suo proposito fu di tradurle e pubblicarle, impresa a cui si prestò con passione dando alla luce otto volumi e altro materiale è ancora inedito.
Ebbe anche la geniale intuizione di portare i cimbri fuori da Giazza, aprendo una libreria in piazza Isolo, finestra sulla città e sulla cultura cimbra che ha permesso di far conoscere questa realtà a molte più persone di quante ne avrebbe potuto incontrare se si fosse limitato a restare a Giazza.


«Con la sua morte si chiude anche la libreria di Verona e tutto il materiale è già trasferito a Giazza», precisa la figlia Loredana, «dove continueremo, per quanto ci sarà possibile, il suo lavoro e i suoi libri parleranno ancora di lui».


«Con Antonio Fabbris è stato l’unico a coltivare fino ai giorni nostri il cimbro scritto. Molti lo parlano, ma pochi sono in grado di scriverlo come sapeva fare lui», ricorda l’ex sindaco Marco Cappelletti, che cita anche l’attività di amministratore di Nordera, assessore ai lavori pubblici negli anni Sessanta e promotore con don Erminio Furlani della costruzione della piazza di Giazza, un’opera di cui tutti oggi riconoscono l’utilità ma per la quale patì diversi attacchi e «del resto per lui fu quanto mai vero il detto che nessuno è profeta in patria», aggiunge Cappelletti.


A don Furlani e a monsignor Luigi Fraccari è legato Nordera per la ricerca del nome del soldato ignoto ucciso dai commilitoni tedeschi per essersi rifiutato di sparare a don Domenico Mercante. Nordera che aveva partecipato, quindicenne, alla ricognizione del corpo del sacerdote trasferito dai suoi compaesani da Ala al cimitero di Giazza, ebbe parte attiva nella ricerca e nell’identificazione con il soldato altoatesino Leonardo Dallasega.


Carattere non facile perché più propenso a lavorare da solo che in gruppo, per anni corrispondente de L’Arena da Giazza e Selva, ha sempre avuto però il coraggio di fare, magari anche a rischio di sbagliare, ma tenendo fissa davanti la ricerca della verità. In questo filone si inserisce anche il lavoro di pubblicazione, a cui sollecitò molto monsignor Giovanni Cappelletti, sui cattolici e la Resistenza nel Veronese, convinto che solo le cose scritte potessero essere tramandate senza invenzioni e nel rispetto della verità.


Fonte: srs di Vittorio Zambaldo, da L’arena di Verona di  Lunedì  30 Novembre 2009;   PROVINCIA,  pagina 18
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Il maestro Carlo Nordera

I ghe in Velje tze kofan ein Schelie ' I ghe in Kalwain tze kofan ein Sbain'.
Era parecchio difficile, quasi un’avventura, prima della Guerra, andare da Giazza a Velo o a Tregnago per comperare il campanellino o il maialino della filastrocca cimbra. I sentieri e le mulattiere in inverno erano spesso ghiacciati e avevano come fondale un ambiente severo e impervio: le cenge del Roat Bant (il Sengio Rosso) e quelle della Valle di Rivolto. Queste per centinaia di anni erano state la difesa naturale di Ljetzan-Giazza. Qui, verso la fine del medioevo, si erano insediati dei coloni tedeschi provenienti dalla Baviera, che avrebbero conservato per secoli gli usi, i costumi e, soprattutto la lingua, il Cimbro o Taucias Garèida, la parlata tedesca, appunto. Era un tedesco alto medievale che avrebbe resistito a tutto ma non al virus della modernità inoculato in dosi massicce a partire dagli anni cinquanta del secolo scorso.

Il maestro Nordera da Ljetzan (Nord Herren, i signori provenienti dal nord) aveva capito tutto già allora vestendo i panni del cavaliere teutonico, per combattere una battaglia di cultura contro il dilagare dell’omogeneizzazione . In una terra che, paradossalmente, è diventata adesso feudo di localismi politici egoisti, quando il suo mito fondante è stato proprio l’immigrazione.
Aveva fondato una casa editrice e varie associazioni per la salvaguardia del Taucc. Portando avanti il discorso avviato da uno stuolo di studiosi germanici e approfondito, durante la seconda guerra, da Bruno Schweizer, un linguista e antropologo tedesco che, spedito al di qua del Brennero per catalogare le isole linguistiche tedesche, si era in seguito innamorato di Ljetzan e del suo popolo.
Tenace no global ante litteram, Carlo Nordera aveva raccolto il testimone da Schweizer ereditandone l’opera e pubblicandola nel corso degli anni.

Lo conobbi nel suo locale di piazza Isolo prima e accanto a Santa Maria in Organo, poi. Soverchiato da cataste di libri, dai gessi che riproducevano le Madonne e le pietà della Montagna del Carbon , da quadri raffiguranti i paesaggi di Giazza o personaggi caratteristici, da fotografie delle vecchie malghe con ancora i tetti in canèl (cannuccia di palude). Entrando, mi salutava con un “Guatan tach! Bia ghest du?” “Buongiorno, come va?”. E giù a parlare di toponimi, di ipotesi storiche, di folclore … Mi facevo spiegare dove si trovava la Kitzarstuan (la rupe del capretto) o la Fantaseikala. Si discuteva dell’ipotesi longobarda (anche se da tempo affossata dagli storici) di provenienza della gente cimbra. Perché c’erano degli enigmi glottologici, come il “Ganna” di Ingannapoltron, il genitivo sassone – non usato dai bavaresi- di Rehsbalt (il bosco del capriolo), la Fara da cui deriverebbe forse Fariselle, Fraselle. Mia moglie aveva collaborato con Carlo, traducendo la parte tedesca di alcuni libri e aveva scoperto un altro enigma “Schlittschulaufen”, i pattini, parola usata al nord della Germania e sconosciuta invece al sud.

Ora anche Carlo non è più. Lo ricordo con la sua Panda verde al Gioas o su per la Valle dei Covoli, quando pensionato, ogni giorno, con neve, nebbia o ghiaccio attraverso Cerro calava giù da Giazza a Piazza Isolo per difendere l’amato Taucc.

Bèntane un greste beghe, èngan pljatz,
èibala muln, laut starch un guat;
hoube, kolj, sache: disa ist de Ljetze,            
vorghezzatan schuan dorf,
un bo nau is laut reidat
a groassas altas taucias garèida!

Scoscese ed erte strade, angusta piazza;
molti mulini, gente forte e buona;
fieno, carbone, bestiame: ecco la Giazza,
paese solitario e pittoresco,
ove incerto l’avanzo ultimo suona
di un grande, antico dialetto tedesco.

(Ljetzan di Francesco Cipolla, da: “Is puach ‘un Zimbern” di Carlo Nordera)


Fonte: di Michele Dall'O,   da Veramente. org  (4 dicembre 2009)


Tagli e dettagli

Quando nel 1994 Amy Whitfield scalava le classifiche musicali internazionali con il suo "Saturday Night" ed imperava la cultura del disco entertainment degli anni 90, allo stesso tempo il nostro paese raggiungeva il suo picco di massimo splendore per quanto concerneva il benessere economico alimentato da uno sviluppo e successo industriale che proprio in quell'epoca ostentava il suo massimo slancio evolutivo. 
Ricordo molte bene quel periodo, frequentavo da qualche anno l'università ed al tempo stesso mi dilettavo come dee jay negli house club: rammento ancora come tutti noi giovani "discotecari" sognavamo un giorno di poter possedere o gestire un locale da ballo (e sballo) tutto nostro, vedendo gli incassi e le migliaia di persone che vi gravitavano ad ogni serata.  Sono passati appena quindici anni e quel periodo ormai è un ricordo di un passato che non rivedremo mai più.

Dalla metà degli anni 90 per l'Italia è iniziato infatti un lento processo di declino industriale: sono stati fatti entrare a frotte milioni di extracomunitari con il solo scopo di consentire ai grandi gruppi industriali di poter abbassare i costi di manifattura (grazie a persone disperate disposte a lavorare con retribuzioni minori rispetto agli italiani), di lì a poco è stato introdotto il lavoro interinale come soluzione per "snellire" l'attività di impresa che in poco tempo ha fatto nascere una nuova fascia sociale, quella dei precari, infine si è dato inizio ad una lenta opera di deindustrializzazione aiutando gli industriali a smantellare le loro aziende per spostarle al di fuori dei confini italiani e decretando così la fine di centinaia di migliaia di posti di lavoro.  


Quanto sta accadendo in questi ultimi 18 mesi non può essere definito genericamente come semplice crisi, come ci vogliono far credere i media tradizionali con il loro gracchiante vociferare, quanto piuttosto come una vera e propria emergenza che sino ad oggi ha manifestato solo il primo dei suoi tre aspetti, ovvero quello finanziario.

Adesso dovranno arrivare le altre due sfaccettature, quella industriale e quella sociale, entrambe legate da questo scellerato ed osannato modello economico imposto dal WTO in cui tutti i paesi occidentali hanno dovuto lentamente e progressivamente regalare le loro produzioni ed i loro ordinativi industriali alle nuove aree emergenti di questo millennio, così facendo si sono create le condizioni sociali ed industriali per una impensabile sperequazione. 
L'Inghilterra regna sovrana su questo, il modello thatcheriano (privatizzazioni e dismissioni forzate dei gangli strategici della nazione) sta dimostrando come l'eccesso di liberismo economico produca l'esatto opposto di quello che aveva promesso. 


Gli USA che sono stati il primo paese a delocalizzare (con Messico ed India) hanno pagato il conto con la loro stessa solidità finanziaria. Per chi non lo avesse ancora compreso i mutui subprime sono detonati perchè lentamente sono stati bruciati milioni di posti di lavoro e persone che avevano contratto precedentemente debiti per vivere non sono più stati in grado di ripagarli (la FED poi ci ha marciato accelerando il processo di polverizzazione finanziaria). 

Ormai dovremmo parlare di una mutazione genetica per il nostro tessuto socioeconomico: il turbocapitalismo ci sta presentando i conti. E siamo appena agli inizi. Chi continua a profetizzare la fine di questa cosiddetta "crisi" temo che non abbia veramente ancora compreso che cosa stia accadendo. 


L'Italia è un paese manifatturiero (per quello che rimane) ed esportatore, questo significa che per esserci veramente ripresa questa deve realizzarsi al di fuori dei nostri confini, consentendo alla nostra economia di seguire a traino. 


Tra meno di quindici anni saremo catapultati al quindicesimo posto su scala planetaria, non saremo più un paese industrialmente rilevante, ma uno stato depresso in lento e silenzioso declino. Direi proprio silenzioso perchè di giovani a gridare ce ne saranno sempre meno: sempre tra quindici anni oltre il 40 per cento della popolazione avrà un'età superiore ai sessant'anni. 
Da Bel Paese un tempo, presto saremmo denominati come il cimitero degli elefanti. La contrazione della capacità produttiva industriale che si è verificata in questi ultimi mesi ci ha proiettati ai livelli di produttività di oltre quindici anni fa (non penso che si riuscirà mai più a recuperare questi livelli).

Il futuro è piuttosto delineato, chi è vecchio vivrà con quei quattro soldi messi da parte e chi è giovane si troverà a doversi inventare la vita di tutti i giorni, lavorando a missione e a singhiozzo: già tra cinque anni almeno 1/5 se non 1/4 delle aziende italiane si estinguerà o si ritirerà dal mercato, lasciando un profondo vuoto a livello occupazionale. 
Non dimentichiamo inoltre come le pesanti situazioni di default finanziario che stanno vivendo le imprese italiane presto si riverserà proprio sui bilanci delle stesse banche che adesso (grazie alle strepitose opere di privatizzazione riguardanti appunto lo stesso sistema bancario italiano) continuano a dettare legge su chi vive e chi dovrà estinguersi. 


Chi pensa di replicare il modello inglese per assorbire gli esuberi occupazionali, puntando quindi tutto sul terziario (settore dei servizi) probabilmente si è laureato per corrispondenza in Economia Davanti e Commercio Dietro presso l'Università per Barbieri


A livello nazionale non vi è una forza politica che si faccia portavoce di esigenze di protezionismo nei confronti dei nostri gloriosi ed invidiati distretti industriali, l'unica risorsa che avevamo ovvero la distintività ed originalità della manifattura italiana è stata brutalmente sacrificata per permettere a paesi come la Cina di assorbire, copiare e far morire le nostre tipiche produzioni, diventando nel frattempo la grande fabbrica del pianeta. 
A mio modo di vedere l'unica salvezza potrebbe essere un incredibile e improvviso cambio di governance politica che faccia emergere un "tribuno del popolo" stile Lula in Brasile, che contrasti e metta fine a questo dictat economico che sta portando il paese al suicidio industriale, sociale ed economico.






Fonte: srs di EugenioBenetazzo;  26.11.2009


Link: http://www.eugeniobenetazzo.com/index.htm

Verona: Strada dell'età del bronzo individuata nelle Valli Grandi Veronesi






Nella  bassa veronese s’incrocia la storia: Uno storico topografo ferrarese individua un’antica e sconosciuta strada romana, mentre un archeologo parla di una via di oltre 3mila anni fa. Non è detto che i due percorsi siano sovrapposti. In ogni caso sono in corso ricerche con nuove

Una scoperta tira l’altra. Una strada dell'età del bronzo sarebbe stata individuata nelle Valli Grandi veronesi da un equipe dell'università di Padova nello stesso identico luogo dove solo pochi giorni fa un archeologo di Ferrara aveva ritenuto ci fosse una strada di epoca romana.

L'ipotetico tracciato, la cui presenza verrà verificata dagli studiosi della città del Santo nelle prossime settimane, è stato rilevato attraverso alcune foto aeree e satellitari e risalirebbe ad oltre 3mila anni fa.
La strada sarebbe dunque almeno di un millennio più antica di quanto immaginato da Nicola Cassone, il topografo storico ferrarese che aveva datato lo stesso avvistamento ai primi decenni dopo Cristo.
Cassone, osservando le immagini dall'alto delle Valli Grandi, aveva notato «una striscia larga una decina di metri e lunga alcuni chilometri di colore più chiaro rispetto al terreno, probabilmente a causa della ghiaia con la quale la strada è stata costruita in epoca romana». Quel riflesso chiaro però, come spiega Armando De Guio, il professore di metodologia e tecnica della ricerca archeologica al lavoro nelle Valli per l'ateneo patavino, «non corrisponde a pietra ma a terra battuta».
A trarre in inganno Cassone, che tra le altre cose collabora con i civici musei ferraresi, sarebbero state anche le fonti storiche. «Tacito racconta della guerra civile scoppiata nel 69 dopo Cristo tra Vitellio e Vespasiano e i rispettivi generali: Cecina, barricatosi ad Ostiglia, e Antonio Primo, fermatosi ad Este», spiega Cassone. «Gli eserciti si scontravano dunque nelle Valli grandi e Tacito racconta che Cecina, muovendo verso Este lungo la strada, si era fermato in un villaggio chiamato Forum Alieni. La strada percorsa potrebbe dunque essere quella individuata dalle foto satellitari».
De Guio, però, in anni di lavoro e studio ha verificato che ad oggi l'unica strada romana conosciuta nel territorio delle Valli grandi passa altrove, non distante dal territorio Villabartolomea. Fino a quando i due studiosi non avranno confrontato le rispettive foto aeree non sarà però possibile dire con assoluta certezza che il tracciato da loro individuato sia lo stesso. «Se quello di Cassone corrispondesse ad un'altra strada», spiega De Guio, «potrebbe rivelarsi un'interessante scoperta».

La breve ricerca dello studioso di Ferrara era cominciata dalla domanda di Aldo Marchesini, un residente di Trezzano sul Naviglio ma nativo di Sustinenza, che chiedeva alla redazione del programma televisivo «Ulisse» se fosse possibile, con i moderni strumenti di rilevazione, verificare la presenza dell'antica e mitologica città di Carpanea. La redazione aveva girato il quesito al suo consulente, Cassone appunto, che aveva individuato non tanto la città che il mito vuole risucchiata dalle acque del Tartaro, quanto l'ipotetica strada romana. «Credo sarebbe interessante verificarne con uno scavo scientifico la presenza», suggerisce. «Anche perché opere di valore storico in un territorio come quello delle Valli grandi potrebbero fare da volàno per lo sviluppo turistico». Un invito che non rimarrà inascoltato: l'equipe di De Guio ha già messo in programma per nuove fotografie aere e satellitari ed uno scavo.


Fonte: srs di Alberto  Cogo da L’Arena di Verona di Mercoledì 15 ottobre 2008,   provincia, pag. 33.
Foto aerea: Nicola Cassone.

domenica 29 novembre 2009

Verona. Parcheggi di piazza Corrubio: spuntano gli scheletri










I reperti venuti alla luce non sembrano sufficienti per bloccare l’opera, ma è presto per la decisione finale.  Sabato manifestazione del comitato 


Resti di antiche tombe, ossa umane e, per ora, nulla più. In piazza Corrubio si continua a scavare: lungi dall'essere conclusi, infatti, dureranno almeno un altro mese e mezzo i sondaggi archeologici nel terreno, così come previsto fin dall'inizio.


Lo scopo, condito dalla vivida speranza dei residenti e commercianti di San Zeno, è verificare se in quest'area si trovino reperti di rilevanza storica e dimensioni tali da sbarrare la strada al progetto del parcheggio interrato, approvato dall'amministrazione Zanotto. Perché non c'è altra via, ha spiegato più volte la giunta Tosi, per recedere dal contratto con la ditta Rettondini e fermare la realizzazione dell'opera senza pagare penali di milioni di euro.


Come hanno potuto constatare anche l'assessore alla mobilità Enrico Corsi e il presidente della prima circoscrizione Matteo Gelmetti, che ieri mattina hanno effettuato un sopralluogo, la prima fase degli scavi ha fatto affiorare, a circa un metro e mezzo di profondità, una decina di tombe "alla cappuccina", dotate cioè di un sottofondo e di una copertura in tegole di terracotta. Un metodo di sepoltura "povera" frequente in epoca romana e medievale.







Sepolcri e scheletri però, asportabili dal luogo di ritrovamento e in più spesso compromessi dalle tubature installate nel terreno, non sono giudicati sufficienti ad annullare la realizzazione del parcheggio. Si tratta, insomma, di reperti assai comuni, soprattutto in prossimità degli edifici sacri. Gli archeologi stanno pulendo e catalogando i vari pezzi, che in seguito verranno raccolti per essere studiati e datati.


Le speranze si attaccano alla seconda fase di scavo, che si porterà più avanti, verso l'aiuola alberata. Se l'antica cripta sotto la pasticceria San Zeno, si ipotizza, avesse avuto stanze adiacenti o cunicoli, potrebbe emergere qualcosa di più interessante.


«E poi qui sotto passava la via Postumia», rilanciano i residenti, che dai balconi, armati di binocolo, non perdono d'occhio l'avanzare degli scavi. Quello che non capiscono è perché non si oltrepassino i due metri di profondità: cosa che, a loro parere, limita le possibilità di ritrovamento. «Fondamentale è che quegli alberi non vengano abbattuti in nessun caso», dice Alberto Ferrarini (Pdl), presidente della commissione ecologia della prima circoscrizione, indicando gli spazi verdi della piazza. «Non vogliamo una seconda piazza Isolo con pietre e cemento, anzi, ci aspettiamo di ottenere l'allargamento dei giardini».


I sanzenati intanto organizzano la «controffensiva». Come annuncia Mao Valpiana, tra i fondatori del neonato comitato «Salviamo piazza Corrubio», si passerà alle vie legali per far emergere le contraddizioni nell'iter d'approvazione del parcheggio. «E l'opposizione popolare», aggiunge, «non mancherà di farsi sentire: scendendo in piazza, organizzando incontri, sit-in, una raccolta firme... per coinvolgere in questa causa non solo i residenti, i commercianti e i lavoratori di San Zeno, ma tutti i cittadini veronesi».


Si comincia sabato  10 pomeriggio, in piazza Corrubio. «Facciamo la festa al parcheggio»: musica, danze, buona cucina e un momento d'assemblea per ribadire il no all'opera.


Fonte: L’Arena di Verona di martedì 06 ottobre 2009, cornaca, pag. 7 

Primo ritratto di San Paolo: straordinaria scoperta nelle catacombe di Santa Tecla di Roma







E’ la più antica icona di San Paolo, scoperta nelle catacombe di Santa Tecla. A rilevare la clamorosa “sorpresa” archeologica è stato l’Osservatore romano, che informa come il ritrovamento sia avvenuto solo qualche giorno fa, il 19 giugno, durante i restauri nelle catacombe sulla via Ostiense, coordinati dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra. «Mentre si procede a un lento e accurato restauro dell’azione pittorica di un cubicolo delle catacombe - scrive il quotidiano vaticano - una sensazionale scoperta impressiona gli archeologi che seguono il lavoro da più di un anno. Il laser mette in luce il volto severo e ben riconoscibile di San Paolo, tra i più antichi e i più definiti che ci abbia consegnato la civiltà figurativa dell’antichità cristiana. Anzi, per le sue caratteristiche può essere considerato la più antica icona dell’Apostolo finora conosciuta».


«Il volto - spiega il quotidiano - circondato da uno sfavillante clipeo giallo oro su rosso vivo, emoziona per il suo graffiante espressionismo e appare come un’icona forte ed eloquente dell’Apostolo delle genti, un volto d’epoca, che ci accompagna verso quella missione che la Chiesa di Roma, tra il IV e il V secolo, affida alla figura di Paolo nella conversione al Cristianesimo degli ultimi pagani».


L’Osservatore racconta: «Altre immagini di San Paolo erano note nelle catacombe e nei sarcofagi romani, ma il busto appena scoperto meraviglia per la sua suggestiva espressione e ha lasciato senza fiato i restauratori, che hanno interrotto subito il loro lavoro, come intimiditi da quello sguardo antichissimo, da quella fisionomia che, spuntando dall’oscurità della catacomba, emoziona e folgora chi la contempla». «In questi giorni - si legge ancora sul quotidiano - i restauratori hanno anche effettuato altre importantissime scoperte. E altre se ne prevedono per le prossime ore e per i mesi a venire. Il tondo di Paolo, infatti, si colloca nella volta del cubicolo, dove, attorno al clipeo campito del Cristo Buon Pastore, sono sistemati quattro altri tondi che accolgono, a loro volta, i busti di quattro personaggi. Tra questi sono ben riconoscibili quelli relativi a Paolo, appena scoperto, e a Pietro, riapparso proprio in queste ultime ore, mentre gli altri due, pur caratterizzati nell’età e nella fisionomia, potrebbero riferirsi ad altrettanti apostoli, ovvero a due santi intercessori o, infine, a due defunti».


Tuttavia «il volto più espressivo ed emozionante è sicuramente quello di Paolo, situato nel tondo posto a sinistra, rispetto all’ingresso. Dal momento che l’imago clipeata rappresenta una raffigurazione devozionale scelta dalla famiglia dei defunti per proteggere il loro cubicolo, il busto di Paolo può essere considerato la più antica icona dell’apostolo finora rinvenuta, nel senso che dal livello evocativo si passa a quello del culto».


Fonte: Il Messaggero.it   del  28 giugno 2009

sabato 28 novembre 2009

Il Dio Indiano Krishna era il re di Gerusalemme










Che strano mondo in cui viviamo! La Chiesa cattolica ha sempre saputo che il Cristianesimo non comincia con Gesù Cristo, ma ancora si cerca di farci pensare di sì.


S. Agostino d'Ippona (354-430 d.C.) ha scritto: "Questo, ai nostri giorni, è la religione cristiana, che non era sconosciuta in tempi passati, ma ha recentemente ricevuto quel nome."


Eusebio di Cesarea (ca. 283-371 d.C.), dichiarava: "La religione di Gesù Cristo non è né nuova né strana."


In Anacalypsis, l'orientalista britannico e iconoclasta del sec. XVII   Godfrey Higgins ha insistito che il Cristianesimo era già saldamente in atto sia in Occidente, sia in Oriente, molti secoli prima della nascita di Gesù Cristo. Egli dice: "I Crestian o cristiani d'Occidente probabilmente sono derivati direttamente dai buddisti, piuttosto che dai brahmani. (Vol. 2, pp 438, 439.)


L'esistenza dei cristiani, in Europa e in India, è di gran lunga anteriore all'era cristiana ... (Vol. 2, p. 202.) Penso che la maggior parte dei devoti accecati e creduloni debba acconsentire che abbiamo l'esistenza del Cristna dei bramini in Tracia, molte centinaia di anni prima dell'era cristiana e della nascita di Gesù Cristo. (Libro X, p. 593.)


"Melito (un vescovo cristiano di Sardi), nell'anno 170, chiede il patrocinio dell'imperatore per l'ora cosiddetta religione cristiana, che egli chiama "la nostra filosofia", a causa della sua alta antichità, poiché è stata importata da paesi che si trovano oltre i limiti dell'impero romano, nella regione del suo antenato Augusto, che vi ha trovato un importazione auspicio di buona fortuna per il suo governo". Questa è una dimostrazione assoluta che il Cristianesimo non ha avuto origine in Giudea, che era una provincia romana, ma in realtà era una favola esotica orientale, importata dall'India, e che Paolo faceva, come egli stesso sosteneva, la predicazione di un Dio manifestato in carne, che era stato "creduto nel mondo" secoli prima del suo tempo, e una dottrina che era già stata predicata «ad ogni creatura sotto il cielo". (Bible Myths and Their Parallels in Other Religions; T. W. Doane, p. 409.)


Storici religiosi hanno per centinaia di anni ha lottato per scoprire come e perché le storie di Gesù e Krishna, che sono nati a 2000 anni di distanza, siano così quasi identiche.


Sia Cristo sia Krishna discesero da Noah.


La futura nascita di entrambi i messia era stata prevista prima del tempo.


Cristo discendeva da Abramo.


Krishna era il padre di Abramo (Brahma).


Cristo è al tempo stesso un Koresh, un ebraico e uno Yehudi.


Krishna era al tempo stesso un Kuru, un Abhira e un Yadava.


Cristo è l'incarnazione di Yah-Veh.


Krishna era al tempo stesso una incarnazione di Vishnu e Shiva.


Il nome di Cristo, Gesù, è Yeshua.


Un titolo di Krishna, che significa "amore, la devozione, " è stato Yesu. Ancora oggi, molti genitori indù danno ai loro figli il nome Yesu Krishna.


Entrambi gli uomini sono nati da vergini e in una stalla.


La madre di Krishna si chiamava Devaki.


La madre di Gesù si chiamava Maria.


Krishna non ha avuto un padre terreno in quanto tale, ma un protettore, di nome Vasudeva.


Gesù non ha avuto un padre terreno in quanto tale, ma un protettore mortale di nome Giuseppe.


Un empio re cercò di uccidere Cristo e Krishna, quando entrambi erano bambini.




Per proteggere il bambino Gesù, Giuseppe e Maria lo portarono a Maturai, in Egitto.


Per proteggere il bambino Krishna, i suoi genitori, Vasudeva e Devaki, lo portarono a Mathura, India.


Era previsto che entrambi gli uomini sarebbero morti per espiare i peccati del loro popolo.


Come avrete probabilmente notato, si rifugiarono in luoghi che hanno nomi quasi identici.


Entrambi gli uomini predicavano al loro popolo.


Cristo è stato crocifisso e risorto. Krishna è stato ucciso da una freccia di un cacciatore e impalato su un albero. Più tardi, è tornato alla vita.


Cristo fu crocifisso a Gerusalemme.


Alcuni studiosi pensano che l'indù Krishna sia morto a Gerusalemme, dove era andato quando la sua città costiera di Dwarka sprofondò sotto il mare. Altri dicono che andasse in Iraq.


Cristo apparve dopo la sua "morte". Krishna apparve dopo la sua "morte".


Entrambi hanno una festa importante dedicata loro il 25 dicembre.


Cristo aveva un'ammiratrice femmina di nome Maria Maddalena. Krishna aveva un'ammiratrice femmina di nome Marya Maghadalena.


I cristiani fanaticamente settari e gli indù militanti respingono entrambi l'idea che le storie di queste due divinità siano correlate. I cristiani accusano gli indù di offuscare l'identità in oggetto. Alcuni sostengono addirittura che il diavolo stesso è l'ispiratore del culto indù, e simmetricamente pensano altri indù rispetto al culto cristiano. Purtroppo, nessuna delle due parti può provare o smentire nulla. In questo articolo, cercherò di chiarire questo mistero una volta per tutte.


L'equivalente indù della storia di Abramo, secondo il nostro Antico Testamento.


La storia inizia con il nostro Abramo o Brahma, come gli indù lo chiamavano. Suo padre era il Signore Krishna, suo fratello era Mahesh a.k.a Maheshvara che sarebbe stato il nostro Mosè (Eb: Moshe).


La triade induista consiste degli Dei Brahma, l'equivalente del nostro Dio, e gli Dei Shiva e Vishnu. In realtà Shiva e Vishnu sono la stessa divinità. Insieme, essi sono Brahma (Dio). Oggi in India, ci sono solo due templi dedicati al dio Brahma, perché gli Indù dicono che l'umanità non è ancora pronta ad adorare un tale alto concetto.


La prova Hindu che Gesù è il Figlio di Dio!


La Bibbia ci dice che Gesù era sia Shiva sia Vishnu, perché i nomi biblici di Gesù sono ISA / Isha (Shiva), Yeshua (Skt. Yishvara, pronunciato in sanscrito come Yeshwara), Kristos, e Yesu, un altro nome di Krishna. Anche in India, Lord Krishna fu ed è ancora chiamato Yesu Krishna e Kristna. Questi nomi ci dimostrano che Gesù era tanto Shiva che Vishnu, rendendo così Gesù il Figlio unigenito del non generato Brahma.


Le informazioni precedenti ci mostrano che gli indù sono come i cristiani. Di più, gli indù sono in grado di dimostrare che Gesù era il figlio di Dio, ma dobbiamo accettare questo come un problema di fede. Anche così, non mancano le sette cristiane che vogliono "convertire" gli indù al loro modo di pensare, anche se dobbiamo accreditare agli indù l'onore di provarci che Gesù è il Figlio di Dio. Ma gli indù non hanno nessun bisogno di essere convertiti alla conoscenza spirituale che loro stessi ci hanno trasmesso. Sono stati "convertiti" migliaia di anni prima che il nostro Gesù nascesse. Io dico, lasciate stare.


Poiché Krishna non è nato da uomo, non era in realtà il padre terreno di Brahma e Mahesh. Pertanto, egli stesso era il protettore (Tara) di Brahma. In sanscrito, Tara significa "Salvatore, protettore". Si tratta di un termine generalmente usato con gli dèi Rudra, Shiva, Vishnu e Brahma. Anche il nostro Testamento dice che il padre (protettore) di Abramo è stato Tare (Genesis 11:26.) La Bibbia dice che Abramo e Sara erano fratellastri. (Genesis 12:19-20.). I libri sacri indù parlano anche di un vincolo di parentela fra loro. I Purana mettono in relazione Sarasvati con Brahma e Vishnu. Più di frequente, è associata a Brahma. Il suo legame con lui data prima che con qualsiasi altro Dio. È interpretata soprattutto come moglie e, occasionalmente, come sua figlia. Quando la popolarità di Vishnu in India si accrebbe, apparvero i miti che ponevano Saraswati in relazione con lui. (Ref: Sarasvati and the Gods; www.vishvarupa.com.) Pertanto, Brahma e Vishnu sarebbero anche stati il Tara (Tare) di Sarasvati e la causa della sua origine divina.


La patria di Abramo o Brahma era la terra di Haran (Genesi 1:4.). Haran era il principato costiero governato dal Krishna. Era anche il suo nome, perché Hara (dio del sole) è un altro nome di Krishna. Brahma / Abraham era di 75 anni quando lasciò Haran.


Proprio come Cristo fu crocifisso su una croce e poi tornò alla vita, Krishna, conosciuto anche come Haran, fu crocifisso su un albero e poi tornò alla vita. Questo fatto sembra causare una certa confusione nella Bibbia. (Leggi Genesis 11:26-31).


C'è anche un'altra "Haran" in India, nello stato attuale di Haryana. E' la regione in cui Abramo decise di smettere di fare gli idoli e di offrire il culto ad un solo Dio. Brahmavarta, una regione nel nord-est Haryana, si dice che sia il luogo in cui l'umanità è stata dapprima creata. (Varta = abitazione). Brahmavarta fu il luogo della guerra Kuruksetra tra i Kuru e i Pandava, in cui il Signore Krishna si distinse. Un antico fiume sacro, ora prosciugato, il Sarasvati, un tempo scorreva attraverso Brahmavarta. La Hakra (la biblica Haggar) era un affluente del Sarasvati. Le relazioni di queste tre entità geografiche hanno un senso. Se Brahma realizzò il canale o letto del fiume Sarasvati, Brahmavarta avrebbe potuto essere il padre simbolico o fratello di Sarasvati. Hakra (Haggar), essendo un affluente del Sarasvati, dipendeva da Sarasvati. Così che cosa furono realmente Abramo, Sarah, e Haggar? Persone, cose o luoghi?


Ho affermato che la Bibbia menziona Haran e Haryana. I libri sacri indù anche dicono che Brahma / Abraham visse in Ur dei Caldei. Ur è un nome sumero per "città". Caldeo (pronunciato Kaldee) deriva dal sanscrito Kaul, una casta Brahman, e Deva (semi-dio). I Kauldevas sono idoli adorati nel Nord dell'India che rappresentano gli antenati. Secondo gli indù, Brahma sposò Sarasvati in Caldea, nella parte che ora è l'Afghanistan.


L'Afghanistan settentrionale era chiamato Uttara Kuru ed era un grande centro di apprendimento. Una donna indiana andò lì per studiare e ricevette il titolo di Vak cioè Saraisvati (Lady Sarah). Si crede che Brahm, il suo insegnante, rimanesse così colpito dalla sua bellezza, istruzione e potente intelletto, che l'aveva sposata. (The Hindu History, di Ashkoy Kumar Mazumdar; p. 48, passim.) Lord Krishna, il padre divino (Tare / T, ra) di Brahma / Abraham, era il re di Haran, di cui il porto di Dwarka era la capitale.


Intorno al 1900 a.C., centinaia di migliaia di indiani abbandonarono l'India settentrionale e centrale, e fuggirono verso il Medio Oriente dopo che la Dwarka di Krishna era affondata sotto l'acqua.
Krishna radunò la sua famiglia e fuggì insieme a loro per il Medio Oriente, quello che oggi è l'Iraq. Solo gigantesche catastrofi naturali, come terremoti e inondazioni, potrebbero aver causato un tale esodo. Fu in quel momento che il Saraisvati e l'Indo cambiarono i loro letti. Il Saraisvati rimase prosciugato.


Il prosciugamento del Saraisvati... provocò una migrazione importante della popolazione centrata intorno al Sindhu e alle valli Sarasvati, verso l'ovest dell'India. Fu subito dopo questo periodo che l'elemento Indico comincia ad apparire in tutta l'Asia occidentale, l'Egitto e la Grecia. (Indic Ideas in the Graeco-Roman World, di Subhash Kak, da IndiaStar rivista letteraria on-line; p. 14.)
E Giosuè disse a tutto il popolo: i vostri padri venne ad abitare qui ... un tempo, anche Tare, il padre di Abramo, e il padre di Nachor, e servirono altri dèi.


E io presi il padre vostro Abramo dall'altro lato del diluvio, e l'ho portato in tutto il paese di Canaan ... (Giosuè 24:2-3).


Molte persone non capiscono come si spiega la frase di Giosuè su "l'altro lato del diluvio". Pensano che si riferisca al diluvio di Noé. Si riferiva invece al momento in cui la Dwarka del Dio Krishna e la provincia di Haran, nel Gujarat di oggi, affondarono sotto l'acqua intorno al 1900 a.C. Abramo, Sara, e i loro seguaci scapparono verso sud, fino ai porti costieri di Kalyan e Sopara (Sophir o Sauvira), in Maharashthra. Da lì, navigarono verso nord per il Medio Oriente. Sarah (Sarasvati), s'imbarcò dal porto di Kalyan. Una volta, Kalyan si trovava vicino alla costa, ma ora si trova più di 50 chilometri verso l'interno. Sarasvati è la santa patrona di Kalyan. Il santo patrono di Sophir o Sauvira era Parasu Rama (forse un nome del nostro biblico Abramo / Brahma).


L'autore indiano Paramesh Choudhury, che ha scritto The India We Have Lost, sostiene che Krishna e la sua famiglia probabilmente fuggirono in Iraq. Ma io sono certo che andarono a Gerusalemme. Gerusalemme è una parola che deriva dal sanscrito: Yadu-Ishalayam, che significa "La Santa Roccia della tribù Yadu". Lord Krishna era uno Yadu. I musulmani venerano ancora questa enorme roccia sotto la Cupola della Roccia di Gerusalemme, Monte del Tempio.


Fino ad ora, mi sono chiesto perché il nome di Krishna non compare a Gerusalemme dopo il suo arrivo. Tuttavia, il nome del re di Gerusalemme, Melchizedek, Il mentore di Abramo, compare. Una volta ho pensato che Melchizedek fosse il nome di una certa persona. Ho fatto questo errore pensando che un principe e un figlio di un re Kassita, Melik-Sadaksina, fosse un principe dotato di poteri soprannaturali, mago e gigante spirituale. Ho pensato che avesse accompagnato Krishna, Abramo e Sara per il Medio Oriente. Più tardi, mi resi conto che la parola sanscrita Sadhaka si applica a chiunque sia un adepto, un mago, uno in possesso di poteri soprannaturali acquisiti dal culto di una divinità o pronunciando canti magici.


Ho inoltre mostrato in questo articolo che le parole del Nuovo Testamento per Gesù si riferiscono tutte a Lord Krishna e al suo santo nome. I primi cristiani erano convinti che Melchisedec fosse solo una prima incarnazione di Gesù Cristo, i resti del manoscritto di Nag Hammadi diritto Melchizedek sembrano confermare questo. Melchizedek, Re di Gerusalemme e mentore del figlio di Abramo, non era altro che l'antico Dio dell'India, Krishna. I primi cristiani pensavano che Gesù fosse una reincarnazione di Krishna, che per altro aveva il nome Yesu Kristna, Isa, Krishna, ecc?


Afferma san Paolo nel libro degli Ebrei, del Nuovo Testamento:


Dove il precursore è entrato per noi, anche Gesù, sommo sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec. (6:20). Per questo Melchisedec, re di Salem, sacerdote del Dio altissimo, che ha incontrato Abramo al ritorno dalla macellazione dei re, e lo benedisse ... (7:1), perché era ancora nei lombi di suo padre, quando Melchisedec l'incontrò. (7:, 10 );... che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec ... (7:11); Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec (7, 17); .


In chiusura di questo articolo, voglio parlare del malcontento che ho sempre avuto con i settari fanatici religiosi che urlano che solo loro hanno ragione e che tutti gli altri sbagliano. Spesso insultano, imprecano, irridono, e respingono coloro con i quali non sono d'accordo, sperando di chiudere la bocca degli antichi. In molti casi, queste dispute religiose su presunte "differenze" causano diffusi spargimenti di sangue e miseria nel mondo. Io sono un cattolico e fiero di esserlo. Ma mi dispiace quando sento i sacerdoti, suore e laici predicare che chi non è un cattolico va verso l'inferno.


La parola "cattolico" deriva dal sanscrito Ketu-Loka, che significa " Leader universale". Ma come può essere una religione "universale" se è esclusiva, bloccata rispetto a nazioni come l'India, che non solo ai cattolici hanno dato la loro bibbia, ma anche quel Cristo che loro venerano? Ho mostrato come il parallelo tra la nostra Bibbia e i libri sacri indù concordi quasi perfettamente, da ogni punto di vista linguistico, culturale, spirituale, ecc. Anche la relazione incestuosa tra Brahma e Sarasvati corrisponde con quella di Abramo e Sara. L'India ha bene il diritto a essere la vera terra santa di tutta l'umanità. Le principali differenze tra cristiani e indù derivano dal fatto che la forma indù del cristianesimo rimase in India, e che il cristianesimo occidentale sappiamo che è stato esportato all'estero. Naturalmente, la separazione geografica ha causato alcune variazioni nei due insegnamenti simili, così come culturalmente. Inoltre, dobbiamo tenere presente che, per molte centinaia di anni, queste storie sono state tramandate oralmente, di padre in figlio. Modifiche, abbellimenti, e opinioni diverse si sono infiltrate attraverso le fibre del tessuto principale.


Si tratta di una strana anomalia che le nostri sette cristiane vogliano convertire gli indù agli stessi insegnamenti religiosi che quest'ultimo ha dato al mondo e ancora pratica!


Ho ampiamente dimostrato che tutti noi, non importa quali siano le nostre rispettive religioni e nazionalità, siamo i nipoti dell'India, Potrà questa conoscenza aiutarci a mantenere noi stessi e il mondo?


Addendum


Se, giunti fino a qui, non vi siete ancora convinti che Melchisedec era Lord Krishna, e che Gesù è l'incarnazione di Krishna (Melchisedek), come Paolo stesso ha spiegato, non ho più altra risorsa, se non darvi una prova solida direttamente dalla bocca degli Indù stessi! Questo dovrebbe porre fine alla questione. Si tratta di un fatto verificabile che uno dei nomi di Krishna era Sàdhaka. Essendo un re, a Krishna ci si sarebbe dovuti rivolgere come Malika (Re) Sadhaka. Se siete ancora in dubbio, andate al sito e digitare Krishna sàdhaka. Potrete avere da subito tutte le prove che desiderate.


Nota: Questo articolo è un capitolo dal libro Searching for God -- Now a Valid Science!
di Gene D. Matlock (9 Ottobre 2009)




link:   http://www.mondovista.com/davidkoresh.html




Link:    http://www.laportadeltempo.com/


Link:    http://www.laportadeltempo.com/news.asp?ID=4727



L’UMILIANTE SEGRETO DELL'ANTICO EGITTO: UNA DEVASTANTE SCONFITTA




Rivelato dall'iscrizione in una tomba


Dalya Alberge riferisce sui dettagli della sconfitta subita dagli antichi Egizi, da parte di un'altra superpotenza del Nilo, e su come tali dettagli siano stati tenuti nascosti.

Gli studiosi sono convinti che gli antichi Egizi siano stati “cancellati” fuori della storia, in una delle loro più umilianti sconfitte in battaglia.

Un’iscrizione di 3500 anni fa, conservata presso il British Museum, dimostra che il regno di Kush sudanese riuscì a distruggere i suoi vicini settentrionali.

La rivelazione è contenuta in 22 linee di sofisticati geroglifici decifrati da egittologi del British Museum e egiziani, dopo la scoperta avvenuta nel mese di febbraio del 2003 in una tomba riccamente decorata a El Kab, vicino a Tebe, in Egitto.

Vivian Davies,  Custode del Dipartimento del museo dell’Antico Egitto e del Sudan, ha affermato: “Per molti versi questa è la scoperta di una vita, che cambia le carte in tavola”. “Siamo assolutamente sconvolti da essa”.

L'iscrizione fornisce dettagli importanti, in precedenza sconosciuti, di battaglie senza precedenti “sin dai tempi di dio” ossia dall'inizio dei tempi. Gli esperti ritengono che l'umiliazione della sconfitta fosse tale, che gli antichi Egizi preferirono ometterne il ricordo dalla loro storia.

Le descrizioni contemporanee egiziane hanno indotto gli storici a ritenere che il regno di Kush fosse debole e in uno stato di barbarie per centinaia di anni, anche se vantava una società complessa con vaste risorse d’oro e dominava le principali rotte commerciali nel cuore d’Africa. Esso infine conquistò l'Egitto, nel secolo VIII a.C.

Mr. Davies, che ha guidato il progetto comune tra il British Museum e il gruppo di archeologi egiziani, ha dichiarato: “Ora è chiaro che Kush fosse una superpotenza che aveva la capacità di invadere l’Egitto. E' stata una grande invasione, che ha sconvolto l'intera regione, un evento che è rimasto privo di documenti”.

“Hanno spaziato oltre le montagne, il Nilo, senza limiti. Questa è la prima volta che ne abbiamo la prova. Chiaramente Kush, in quel momento, conquistando l'Egitto, s'impadronì del supremo potere nella Valle del Nilo”.

“Se si fossero limitati ad occupare l’Egitto, i Kushiti potrebbero averlo eliminato. Si sarebbe raggiunta l’estinzione della civiltà dell’antico Egitto. Ma gli Egiziani erano abbastanza resistenti per sopravvivere, e poco dopo iniziò la grande età imperiale nota come il Nuovo Regno. I Kushiti non erano interessati a prolungare l’occupazione. Essi si limitarono al saccheggio di molti oggetti preziosi, un simbolo di dominazione. Essi fecero un sacco di danni”.

L’iscrizione è stata trovata tra due camere interne, scavate in una tomba nella roccia, ed era coperta di fuliggine e di sporco. Gradualmente la sporcizia è stata rimossa.

Mr. Davies ha dichiarato: “Ho pensato che fosse un testo religioso, ma si è rivelato storico. A poco a poco, un vero e proprio racconto è emerso, un nuovo testo scritto in vernice rossa, con la lettura da destra a sinistra”.

La tomba apparteneva a Sobeknakht, un governatore di El Kab, un’importante capitale provinciale, durante l'ultima parte della XVII dinastia (circa 1575-1550 a.C.).

L’iscrizione descrive una feroce invasione dell’Egitto da parte degli eserciti kushiti e dei loro alleati del sud, compresa la terra di Punt, sulla costa meridionale del Mar Rosso. Si dice che vasti territori sono stati colpiti e Sobeknakht è mostrato nell'eroico ruolo di organizzatore di un contro-attacco.
Il testo assume la forma di un discorso rivolto da parte di Sobeknakht ai sopravvissuti:

Ascoltate voi, che siete in vita sulla terra... Kush è venuto... Si è mosso in tutta la sua estensione, ha sollevato le tribù di Wawat... la Terra di Punt e la Medjaw...”
Esso descrive il ruolo decisivo svolto dalla “forza della grande Nekhbet”, la dea-avvoltoio di El Kab, come “forza del cuore contro i Nubiani, che sono stati bruciati nel fuoco”, mentre il “capo dei nomadi è sceso attraverso l'esplosione della sua fiamma”.

La scoperta spiega perché tesori egiziani, tra cui statue, steli e un elegante vasellame d’alabastro trovata nella tomba reale a Kerma, fossero sepolti in tombe kushite: erano i trofei di guerra.
Mr. Davies ha dichiarato: “Questo non è mai stato adeguatamente spiegato in precedenza. Ora ha un senso. E' la chiave che apre le informazioni. Ora sappiamo che sono stati saccheggiati trofei, simboli del potere di tali re sugli egiziani. Ognuno dei quattro principali re di Kush riportò tesori saccheggiati”.

Il vasellame d'alabastro è contemporaneo all'ultimo periodo della XVII dinastia. Vi si legge un testo funerario “per lo spirito del governatore, il principe ereditario di Nekheb, Sobeknakht". Ora appare chiaro che il corredo è stato saccheggiato dalla tomba di Sobeknakht, o da un'opera ad essa associata, dalle forze kushite e portato a Kerma, dove è stato sepolto nel perimetro della tomba del re kushita che ha condotto o ispirato l'invasione.

La tomba di El Kab è stata saccheggiata molto tempo fa, probabilmente nell'antichità. Vi è abbastanza per indagare ulteriormente su un enorme sito e il Consiglio supremo delle Antichità d'Egitto ora ritiene che procedere a tali attività costituisca una priorità.

Fonte: srs di Dalya Alberge  (28 Luglio 2003)

link: http://www.timesonline.co.uk

link: http://www.laportadeltempo.com /    del 27 agosto 2009

venerdì 27 novembre 2009

Onorevole Bersani E' ora di pensare anche ai problemi del Paese







L' Onorevole Bersani: "E' ora di pensare  anche ai problemi del Paese"

Magari a tempo perso Onorevole, Lei che dice?
Yes we can?

LA CASTA SIETI VOI, NON LORO

Vecchio scritto  "goliardico" del Gatti del 2004, è passato un lustro, invece di invecchiare, è diventato più attuale.

La Casta, ossia il sitema politico-mafioso che regge l’unità d’italia, sente odore di rivoluzione e mette in scena ogni strategia alfine di contenere il disfacimento dello stato-zombie.
Adriano Celentano,  si lascia sfuggire una affermazione eloquente

"(Riferendosi a Prodi, primo ministro  di allora ) Forse e' sulla strada giusta, ma il popolo non gradisce".

Avete capito? Non sono loro a sfruttarvi, siete voi il male.

NON SONO LORO a sbagliare SIETE VOI a non capire.

Perchè, NON SONO LORO che fanno entrare immigrati senza criterio SIETE VOI che non gradite e non integrate abbastanza.

NON SONO LORO a rovinare le finanze dello stato con i loro stipendi e pensioni d’oro, SIETE VOI che guadagnate troppo col vostro stipendio precario da 900 euro.

NON SONO LORO che hanno tagliato bus e treni rispetto all’anno scorso, SIETE VOI che ricordate male gli orari.

NON SONO LORO che vi prosciugano il portafogli con tasse e gabelle, SIETE VOI che non sapete risparmiare.

NON SONO LORO che combattono la criminalità, SIETE VOI che dovendo pagare per denunciare un furto preferite non farvi derubare due volte.

NON SONO LORO che sprecano il denaro pubblico, SIETE VOI che non pagate abbastanza tasse.

NON SONO LORO che sono fankazzisti, SIETE VOI che non lavorate abbastanza.

NON SONO LORO a produrre modulistica fiscale farraginosa e incomprensibile, SIETE VOI che non avete i soldi per il commercialista.

NON SONO LORO coi Suv da 5000cc a inquinare, SIETE VOI con la vostra utilitaria euro0 gli appestatori dell’aria.

NON SONO LORO a ridurre gli orari degli uffici pubblici, SIETE VOI che vi dovete abituare alle code.

Infine, NON SONO LORO a essere cocainomani, puttanieri e pervertiti, SIETE VOI che dovendo lavorare per mantenere LORO siete troppo stanchi per darvi ai piaceri della vita.

NON SONO LORO a sbagliare, SIETE VOI a non  "gradire".

NON SONO LORO ad avere torto, SIETE VOI GLI STRONZI!

La Casta ha mandato avanti anche Benigni, a spese vostre, sul palcoscenico mediatico a parlare di "italianità", e minchiate varie a centinaia di euro AL MINUTO, letteralmente.

La situazione economica Ë irrecuperabilmente disperata e la Casta marcescente sta usando ogni mezzo pure di salvarsi: dal voto agli immigrati alla giustizia carnevalesca; dalle Brigate Rosse ai "celentani", malinconiche macchiette da avanspettacolo ante-Grande Guerra, dalla battute stantie su argomenti ritriti.

Ma NON saranno loro a espiare.

PoichÈ, state tranquilli che LORO si sono già preparati la fuga .
Il "Napoletano" in primis e la sua first lady. Così come gli ex Ciampi e Scalfaro.
Prodi ha approfittato a piene mani dell’abolizione della tassa di successione di Berlusconi per fare cospicue donazioni ai figli. Poi, andato al governo, l’ha reintrodotta per costringere VOI a pagare il pizzo alla casta.

Berlusconi, Montezemolo, Della Valle, Lapo non avranno problemi. Sono "ricchi di famiglia", nel senso che si sono arricchiti grazie alle "rottamazioni"  a cui hanno costretto la VOSTRA di famiglia.

Idem per i banchieri, i vampiri che vi hanno spolpato con i conti correnti più sanguinari d’Europa.

Bertinotti si è comprato una villa milionaria in costa Azzurra e i suoi figli studiano a Londra. Avrà da tenersi occupato tra il mediterraneo e la pioggia inglese, godendosi i vostri soldi. E la barca l’ha ormeggiata nel porto di Juan Les Pins.
Anche quella di d’Alema è pronta a salpare per lidi forestieri.

I boiardi di stato, delle privatizzazioni di Pulcinella, di Alitalia, Trenitalia, Telecom italia, Autostrade per l’italia, "merdaitalia" versano i loro stipendi milionari su conti esteri, lontano da occhi indiscreti.
E se qualcuno osa arguire viene severamente sanzionato per violazione della LORO privacy.

I componenti della corte espatriata esigeranno al seguito giullari e serventi all’altezza. Per il LORO trastullo.
Li sta ingrassando per bene.
Quelli che non è riuscita a fare eleggere e lautamente stipendiare (come la Rame o Giulietto Chiesa) li rende ricchi e ben pasciuti con contratti da favola in Rai: Celentano, Riotta, Benigni, Travaglio e Santoro per esempio, quest’ultimo è pure stato europarlamentare della sinistra. Un’orgia di privilegi a spese VOSTRE.
Intanto, il responsabile per la Casta in carico alla Rai, Petruccioli, studia il modo di farvi pagare sempre meglio e sempre di più l’odioso balzello chiamato canone Tv.

VOI rimarrete in italia con un pugno di mosche in mano, in balia delle mafie di tutto il mondo che già ora hanno il sopravvento nei quartieri a maggioranza neoitaliana.

A darvi delle martellate sui coglioni e chiedervi come potete essere stati così STRONZI da non capire.

Che per niente avete pagato tutte le tasse, il canone Rai, versato i contributi all’INPS, rispettato il codice della strada e pagato le multe e le bollette sempre entro i termini di scadenza.

Per avere creduto alle loro ridicole promesse di "grandi riforme", e alla cacca sparsa dalle LORO televisioni.
Ecco come verrà "riformato il paese", in verità.

Che LORO si daranno alla fuga  con il bottino, VOI rimarrete sul lastrico.

Poi sarà la bufera.

E statene certi, che a morire congelati SARETE ANCORA VOI.
Come sempre.


Fonte: estratti da srs di Domenico Gatti. (2004)

giovedì 26 novembre 2009

Io, studente leghista. Perché mi vergogno dell’Unità d’Italia



Caro professor Galli della Loggia, 
sono uno studente universitario di 24 anni con una certa passione per la storia. Sono un leghista, abbastanza convinto. E lo confesso: se faccio un bilancio, certamente sommario, dall’Unità nazionale ad oggi, le cose per cui vergognarmi mi sembrano maggiori rispetto a quelle di cui essere fiero.

Penso al Risorgimento, alla massoneria e al disegno di conquista dei Savoia, rifletto sul fatto che nel Mezzogiorno fu­rono inviate truppe per decenni per seda­re le rivolte e credo che queste cose abbiano più il sapore della conquista che della liberazione. E penso, ancora, al referendum falsato per l’annessione del Veneto e al trasformismo delle elite politiche post-risorgimentali. E poi il fascismo, con la sua artificiosa ricostruzione di una romanità perduta e imposta a un popolo eterogeneo e diviso per 1500 anni che della «romanità classica » conservava ben poco: la costruzione di una «religione politica» forzata al posto di una «religione civile» come invece avvenne in Francia con la Rivoluzione, che fu davvero l’evento fondante di un popolo. In Italia l’unica cosa «fondante» potrebbe essere stata la Resistenza: ma anche lì, a guardare bene, c’era una Linea gotica a dividere chi la guerra civile l’aveva in casa da chi era già in qualche maniera libero.

E poi la Prima Repubblica, che si salva in dignità solo per pochi decenni, i primi, e poi sprofonda nei buio degli anni di piombo con terrorismo di sinistra e stragi di destra (o di Stato?), nel clientelismo politico più sfrenato, nelle ruberie, nelle grandi abbuffate che ci hanno regalato uno dei debiti pubblici più grandi del mondo.

Quanto alla Seconda Repubblica, l’abbiamo sotto agli occhi: la tendenza dei partiti a trasformarsi in «pigliatutto» multiformi e dai programmi elettorali quasi identici, con le uniche eccezioni di Di Pietro e della Lega. Il primo però è destinato a sparire con Berlusconi, che è la ragione del suo successo: quando svanirà la causa, svanirà anche l’effetto. Anche la Lega dopo Bossi potrebbe sparire, ma almeno a sorreggerla ci sono un disegno, un’idea, per quanto contestabili.

Guardo allo Stato poi e alla mia vita di tutti i giorni e mi viene la depressione. Penso a mia mamma che lavora da quando aveva 14 anni ed è riuscita da sola a crearsi un’attività commerciale rispettabile e la vedo impazzire per arrivare a fine mese perché i governi se ne fregano della piccola-media impresa e preferiscono continuare a buttar via soldi nella grande industria. E poi magari arriva anche qualche genio dell’ultima ora a dire che i commercianti son tutti evasori. Vedo i miei dissanguarsi per pagare tutto correttamente e poi mi ritrovo infrastrutture e servizi pubblici pietosi. Vedo che viene negata la pensione di invalidità a mia zia di 70 anni che ha avuto 25 operazioni e non cammina quasi più solo perché ha una casetta intestata. E poi leggo che nel Mezzogiorno le pensioni di invalidità sono il 50% in più che al Nord. Come faccio a sentire vicino, ad amare, a far mio uno Stato che mi tratta come una mucca da mungere e in cambio mi dice di tacere?

Non ho paura degli immigrati, né sono ostile a chi ha la pelle differente dalla mia. Mi preoccupo però di certe culture. Per esempio mi spaventano i disegni di organizzazioni come i Fratelli musulmani, ostili verso l’Occidente, e mi fan paura le loro emanazioni europee. Non voglio barricarmi nel mio «piccolo mondo antico», ma ho realismo a sufficienza per pensare di non poter accogliere il mondo intero in Europa. La gente che entra va integrata, ma io credo che la possibilità di integrazione sia inversamente proporzionale al numero delle persone che entrano. Eppure, se dico queste cose, mi danno del «razzista». Non mi creano problemi le altre etnie, mi crea problemi e fastidio invece chi le deve a tutti i costi mitizzare, mi irrita oltremodo un multiculturalismo forzato e falsato. Mi spaventano l’esterofilia e la xenomania, secondo le quali tutto ciò che viene da fuori deve essere considerato acriticamente come positivo, «senza se e senza ma». In pratica ho paura che l’Italia di domani di italiano non avrà più nulla e che il timore quasi ossessivo di non offendere nessuno e di considerare ogni cultura sullo stesso piano, cancelli quel poco di memoria storica che ancora abbiamo. Mi crea profondo terrore la prospettiva che la nostra civiltà possa essere spazzata via come accadde ai Romani: mi sembra quasi di essere alle porte di un nuovo Medioevo con tutte le incognite che questo può celare. E ho paura, paura vera. Sono razzista davvero oppure ho qualche ragione?



Fonte: srs di Matteo Lazzaro; 
da  il  Corriere della sera. it.  del 19 agosto 2009

Salomone era il faraone Amenofi III ? Calunnie antisioniste










Parigi 1993.  In occasione della mostra al Grand Palais di Parigi, Ahmed Osman, archeologo di origine egiziana, rilancia una tesi che non piace a Israele: il re Salomone descritto dalla Bibbia altri non e' che il faraone Amenofi III 


GERUSALEMME   Chi fu veramente il mitico re Salomone? Non il monarca simbolo della giustizia che regno' sulla Gerusalemme ebraica nel decimo secolo avanti Cristo, bensi' il "faraone sole" Amenofi III, che guido' per quarant' anni il regno egiziano quattro secoli prima. 
Questa la tesi sostenuta dall' archeologo inglese di origine egiziana, Ahmed Osman, in occasione dell' apertura dell' esposizione al Grand Palais di Parigi sull' arte durante la diciottesima dinastia, al tempo di Amenofi III. 
"Le mie ricerche storiche si fondano sulle scoperte archeologiche piu' recenti e tendono a provare che quello stesso re Salomone descritto nella Bibbia altro non e' che questo fastoso faraone", ha dichiarato, sollevando scetticismo e sufficienza tra gli archeologi israeliani. Ma Osman non demorde. 
Il suo terzo libro sull' "identita' perduta" di Salomone e' appena stato pubblicato dalla casa editrice inglese Harper Collins. 
"Il regno di Salomone, come quello del faraone, duro' 38 anni", scrive. "I confini dei due imperi vengono descritti nella stessa area, compresa tra il Nilo e l' Eufrate. Entrambi inoltre sono celebrati per i loro harem con centinaia di ragazze bellissime. 
Ma le similitudini non finiscono qui. Per tutta la vita, entrambi esaltarono il dio unico ma in vecchiaia venerarono la dea fenicia Astarte". 
Tra i ricercatori israeliani, queste tesi hanno provocato qualche alzata di spalle, specie dove mettono in dubbio le interpretazioni della Bibbia e le scoperte archeologiche fatte a Gerusalemme dal 1967 a oggi. In Israele non dimenticano le vecchie polemiche con gli studiosi arabi, che hanno sempre cercato di contraddire i risultati delle ricerche sulla storia nella regione per delegittimare l' esistenza di Israele. 
Gia' sei anni fa del resto Osman suscito' scalpore tra gli archeologi, quando annuncio' di essere riuscito a identificare le fattezze del patriarca ebreo Giuseppe nella mummia di "Yuya' ", gran visir del faraone Tuthmosi IV.
 "Non e' mai stato trovato il nome di Salomone sui palazzi di Gerusalemme del decimo secolo", sostiene. "Inoltre non abbiamo alcuna testimonianza concreta che in quel periodo sia esistito un regno esteso dal Tigri all' Eufrate". Lo stesso nome di Salomone, dall' ebraico "pace", confermerebbe il lungo periodo di armonia e crescita economica che caratterizzo' il regno di Amenofi III. 
All' Istituto di archeologia dell' Universita' ebraica di Gerusalemme la versione ufficiale resta quella per cui Salomone venne nominato re dallo stesso Davide. Per due anni, dal 967 al 965, padre e figlio avrebbero governato congiuntamente. E alla morte del primo, l' altro avrebbe guidato le sorti del Paese sino al 928. 
L' unico disposto ad accogliere come "possibili" le tesi di Osman e' stato Yehoshua Ezion, violinista di professione e controverso cultore d' archeologia residente a Tel Aviv, che gia' aveva sostenuto questa tesi. 
A metterlo su tale pista sarebbe stata la scoperta di un gigantesco scarabeo di pietra ritrovato a Lakish, non lontano dai quartieri meridionali di Gerusalemme, e attribuito al periodo di Amenofi III. Sui fianchi della scultura si troverebbe infatti una iscrizione in caratteri geroglifici che potrebbe collegare il re ebreo alla persona del faraone egizio. Ezion non esita tuttavia a criticare il metodo utilizzato da Osman nella determinazione cronologica delle dinastie egiziane, che a suo dire lascia un "vuoto" di 400 anni. A loro volta ben pochi nel mondo accademico israeliano sono disposti a prestare attenzione allo stesso Ezion. "E un fondamentalista laico, che vorrebbe dimostrare la validita' della Bibbia come documento storico e allo stesso tempo stabilire i fatti del passato sulla base di coincidenze", ha scritto lo storico Yaakov Shavit.


Fonte: srs di Cremonesi Lorenzo  - Corriere della Sera, del (9 marzo 1993) pag. 29

Fare il pane della nonna






Oggi la nonna,  96 enne,  ha fatto il pane….  lei non si fida a consumare il pane delle panetterie di Milano


Ricetta:    50% semola di grano duro e 50 % farina di grano duro. 


Per 1 kg. totale di farina 1 panetto di lievito di birra. 
Impastare per circa 1/2 ora a mano. 
Formare 2 grossi pani e fare lievitare per circa 40 minuti. 
Rimpastare e formare dei panetti secondo la necessità. 
lasciare lievitare altri 30 minuti. 
Mettere in forno già caldo a 220° 
Per la durata della cottura fare la prima volta un test del proprio forno.... 
per il suo forno (a gas , ventilato) sono 20' più 5 minuti di grill. 
Sotto la teglia mettere una pentola in acciaio da circa 1 litro piena d'acqua. 


Buon appetito....


Fonte: d.i.n.r.

In coma per 23 anni, ma sentiva tutto










Belgio. Ron Houben "urlavo ma non mi sentivano"


E' stato considerato in coma per ventitre anni, ma in realtà era vigile. 
E' l'incredibile storia del belga Ron Houben, rimasto paralizzato in un incidente stradale quando aveva 23 anni, non riusciva a dire che capiva ogni cosa di di ciò che gli accadeva attorno. "Sognavo di alzarmi", ha raccontato Houben, oggi 46enne e che secondo i medici era in un persistente stato vegetativo. "Urlavo ma non riuscivo a sentire la mia voce".


Come da prassi, dopo l'incidente, i medici di Zolder, in Belgio, utilizzarono i test in uso nella comunità scientifica prima di concludere che la sua coscienza era "estinta". 
Un verdetto che non lasciava scampo né speranza. Invece la svolta arriva tre anni fa, grazie a nuovi scanner ultra-sofisticati che hanno dimostrato come il suo cervello ancora funzionasse. 
Houben, la cui inquietante vicenda è stata raccontata dalla stampa britannica, ha descritto quel momento come la sua "seconda nascita".


Il suo caso è venuto alla luce quando il neurologo che lo ha "salvato", Steven Laureys, l'ha raccontato in un articolo di una rivista scientifica. "Per tutto quel tempo ho letteralmente sognato una vita migliore. "Frustrazione è un termine troppo limitativo per descrivere quel che sentivo". Secondo Laureys, potrebbero esserci altri casi simili nel mondo; e la vicenda e' destinata a risollevare il dibattito sul diritto a morire di chi è in coma.
Sotto "accusa" per così dire, è la scala di Glascow, la stessa utilizzata internazionalmente, che valuta vista, parola e risposte motorie.


Ma solo quando il caso fu riesaminato dai medici dell'Universita' di Liegi si scoprì che l'uomo aveva perso il controllo del corpo, ma era ancora perfettamente consapevole di quel che accadesse. Houben probabilmente non potra' mai lasciare l'ospedale, ma adesso ha un computer sopra il letto che gli consente di leggere i libri mentre rimane sdraiato. "Voglio leggere, dialogare con i miei amici, godermi la vita ora che la gente sa che non sono morto".


Fonte: TGCOM del  24,11,2009