martedì 30 luglio 2019

PFAS, TUTTI SAPEVANO. NESSUNO È INTERVENUTO




Un corposo rapporto dei Noe accusa la giunta provinciale di Vicenza della leghista Manuela Dal Lago di non essere intervenuta per fermare l’avvelenamento delle acque.

Lo sapevano. Lo sapevano tutti e non hanno fatto niente. Non hanno fatto niente anche se, per scongiurare il più devastante caso di inquinamento della falda acquifera dell’intera Europa, sarebbe bastato applicare la legge! 350 mila persone – ed è una stima per difetto – avvelenate dai Pfas, gli acidi perfluoro alchilici utilizzati dalla Miteni per produrre rivestimenti impermeabili. 350 mila uomini, donne e bambini avvelenati grazie al silenzio complice delle autorità che avevano il compito di difendere la loro salute.

Per almeno 13 anni, l’Arpav la giunta provinciale di Vicenza hanno deliberatamente ignorato tutte le prove della contaminazione. Hanno fatto finta di non vedere per non dover intervenire nonostante fossero evidentissimi i segnali dell’ “incremento nella contaminazione da benzotrifluoruri, sintesi o sottoprodotti derivati dall’attività della Miteni”, come si legge nel documento di monitoraggio ambientale chiamato Giada avviato sin dal 2003 dall’Ufficio ambiente della provincia di Treviso.

Un  rapporto del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri di Treviso testimonia come sin dal 2006 i preoccupanti risultati emersi dal progetto Giada fossero stati portati all’attenzione della giunta provinciale di Vicenza, capitanata dalla leghista doc Manuela Del Lago. Lo studio evidenzia senza possibilità di errore come la falda acquifera di Trissino, dove sorgeva la Miteni, avesse subito un drastico inquinamento imputabile “a fattori idrologici o a fatti nuovi verificatesi all’interno dell’area dello stabilimento”.

Se la Provincia fosse intervenuta immediatamente, ora non saremmo all’emergenza. Ed invece sono stati zitti e hanno scelto di lasciare tutto come stava, permettendo alla Miteni di continuare a produrre Pfas ed al conseguente inquinamento di allargarsi sino a contaminare le falde delle vicine province di Treviso e Padova.

Sempre dal rapporto dei Noe emerge la strana vicenda della barriera idraulica anticontaminazione che la Miteni ha sempre dichiarato di aver installato nel 2013 ma che in realtà era stata realizzata almeno sette anni prima. Come dire che la Miteni sapeva esattamente e sin dall’inizio che stava avvelenando le falde acquifere. “La barriera idraulica è una struttura grande e complessa – si legge nel rapporto – sorprende che sia sfuggita all’occhio esperto di tecnici deputati a controlli ambientali”. Secondo i tecnici del nucleo operativo ecologico, l’Arpav– l’agenzia regionale per l’ambiente che avrebbe il compito di tutelare la salute pubblica! – ha deliberatamente finto di non vedere la barriera per non far emergere l’inquinamento in atto. Nel rapporto del Noe viene sottolineato come già dal 13 gennaio 2006 i tecnici dell’agenzia di Vicenza intervenivano direttamente su questa barriera idraulica per sigillare i contatori dei pozzi.

“Si ritiene che la Provincia di Vicenza – si legge sempre nel rapporto del Noe -, oltre a non condividere il documento, avrebbe dovuto richiedere espressamente ad Arpav una verifica approfondita dello stabilimento Miteni. Se ciò fosse avvenuto, l’Arpav avrebbe notato immediatamente la presenza della barriera idraulica, la quale era stata istallata nel 2005 proprio per tentare di bloccare l’inquinamento della falda da benzotrifluoruri.  Allo stesso modo, l’Arpav, nonostante fosse a conoscenza degli esiti del Progetto Giada, inspiegabilmente non ha avviato una verifica approfondita e mirata dello stabilimento Miteni”.

Chi doveva sapere, sapeva. Chi doveva intervenire, non è intervenuto ed ha consentito l’avvelenamento delle acque con tutte le conseguenze sui prodotti dell’agricoltura e sulla salute di uomini, donne e bambini. Oggi, 90 mila persone devono vivere monitorando continuamente le loro condizioni di salute. E restano aperte domande come quante persone siano già morte a causa di patologie legate all’inquinamento da Pfas e quante ne dovranno ancora morire.

Fonte: srs di Riccardo Bottazzo, da ECO MAGAZINE del 11 giugno 2019 



GLI PFAS PER ANTIMACCHIA E IMPERMEABILI: I LUOGHI CONTAMINATI IN ITALIA E I RISCHI






di Jacopo Giliberto

Molte aree dell’Alta Italia e della Toscana — come il bacino dell’Adda, la zona di Alessandria oppure l’Arno pisano— sono contaminate da Pfas, i composti perfluoroalchilici usati per decenni come impermeabilizzanti e come antimacchia per pellami, abiti, moquette, divani e scarpe ma anche come antiaderenti per carte forno, bigliettini adesivi attacca-stacca e padelle.

Gli Pfas contaminano le acque del Veneto centrale, soprattutto la zona pianeggiante compresa tra le province di Vicenza, Padova e Verona, ma in Italia la maggiore contaminazione da Pfas si riscontra in tutte le zone di produzione e di utilizzo di questi composti. Ed emerge una contaminazione la cui fonte non è ancora stata individuata lungo il bacino del fiume Serionella provincia di Bergamo.
Non si sa ancora se e quanto sono pericolosi questi composti, per i quali non ci sono vincoli o limiti tranne in Italia e in pochissimi altri Paesi.

L’assenza di conoscenze e di regole per gestire l’eventuale rischio ha fatto sì che gli Pfas siano stati dispersi nei decenni scorsi in modalità che allora erano del tutto legali, e che nel resto del mondo il fenomeno continui senza alcun controllo.

Scoperta la contaminazione pochi anni fa, in Veneto sono partite campagne di controllo della cittadinanza e in questi giorni è cominciato per circa 85mila persone il secondo “screening” sanitario.

Altissima in Veneto la paura delle persone, soprattutto per i bambini nel sangue di molti dei quali sono scoperti livelli impressionati di composti del fluoro, e ai primi di dicembre l’associazione ecologista Greenpeace ha organizzato proteste a Venezia per sollecitare il risanamento della fabbrica chimica del Vicentino da cui più si è diffusa la contaminazione.

Peraltro l’azienda, la Miteni, ha già avviato da anni un’intensa opera di decontaminazione, ormai quasi del tutto completata.

Carta forno, padelle, divani di pelle 

Gli Pfas sono composti chimici del fluoro la cui caratteristica pregiata è l’assoluta inerzia chimica: non reagiscono con nulla, non s’incollano e non aderiscono, non bruciano, non fanno attaccare i grassi ma nemmeno l’acqua, non sono sensibili agli acidi, non si degradano; se ingeriti non sono metabolizzati né digeriti.

Per questo motivo i composti perfluoroalchilici Pfas sono usati come antiaderenti sulle padelle, antimacchia su tessuti, moquette e divani, impermeabilizzanti su pellami e giacconi. Sono l’ingrediente che rende ideali le carte forno, i bigliettini attacca-stacca per appunti, le carte oleate dei salumieri. Si usano come composto antifiamma. 

Ma negli anni questi composti sono filtrati anche negli acquedotti del Veneto centrale, soprattutto nelle province di Padova e Vicenza, perché il principale produttore europeo di Pfas si trova da mezzo secolo a Trìssino, in provincia di Vicenza e, ritenuti da sempre innocui, nel mondo non sono mai stati né normati né controllati tranne che in pochissimi Paesi.

L’accumulo nel sangue 

Mentre in animali sperimentali gli Pfas assunti tramite l’acqua vengono espulsi senza che abbiano prodotto alcuna interazione con l'organismo, invece dalle esperienze condotte in questi anni in Veneto si è scoperto che nell’uomo queste sostanze non riescono a passare il filtro dei reni e quindi non sono smaltite: nelle persone gli Pfas possono accumularsi senza alcun limite e continuano a circolare nel sangue, raggiungendo spesso tassi altissimi.
Non è chiaro se sono pericolosi: alcuni studi sospettano rischi, altri invece assolvono del tutto gli Pfas.


Il caso del Veneto centrale
La presenza più vasta e diffusa di Pfas è a partire dalla provincia di Vicenza, dove si trova lo stabilimento Miteni, principale produttore europeo. I composti Pfas, ritenuti ancora oggi innocui e quindi non normati in quasi tutto il mondo, sono finiti nella falda acquifera sotterranea sotto allo stabilimento vicentino e da lì i composti hanno viaggiato nel sottosuolo di tutto il Veneto centrale.

Lambro e Olona 

Importanti anche le contaminazioni nei luoghi di utilizzo di Pfas, l’area vicentina delle lane e l’area vicentina della concia dei pellami. Quantità rilevanti ma meno diffuse nell’ambiente sono state riscontrate nella zona di Spinetta Marengo (Alessandria)dove uno stabilimento fabbrica prodotti fluorurati e antiaderenti, nella zona industriale lombarda fra i bacini dei fiumi Lambro e Olona, in Toscana nella zona conciaria di Santa Croce sull’Arno(Pisa) e nell’area tessile di Prato.

Le analisi delle acque erano state avviate pochi anni fa sulla base di lievi sospetti a cominciare dalle acque del Po, che mostravano una lieve contaminazione.

Dal Po si è risaliti a un importante stabilimento chimico a Spinetta Marengo (Alessandria),fra i principali produttori di composti del fluoro, e da questo stabilimento è stata fatta un’analisi chimica sul principale fornitore di materia prima, la Miteni di Trìssino (Vicenza), dove è stata scoperta una contaminazione vastissima fino ad allora sconosciuta.

Dallo stabilimento vicentino, tra i più importanti d’Europa, si è voluto verificare quasi per scherzo le acque degli acquedotti della zona: e purtroppo non era uno scherzo. 

I risultati a mano a mano che si analizzavano le acque potabili del Veneto centrale rivelavano tassi altissimi di Pfas negli acquedotti.

Dagli acquedotti, in questi anni sono cominciate le analisi sulla cittadinanza, e i risultati sono stati sconvolgenti.

Ora le indagini chimiche hanno rilevato un’altra fonte di contaminazione da Pfas nella provincia di Bergamo, nel fiume Serio, una sorgente di inquinamento forse legata al polo tessile della val Serianae della val Gandino.

Il Tevere pulito 

Con ogni probabilità presenze rilevabili di Pfas si trovano anche nel polo conciario campano di Solofra e nel bacino del fiume Sarnoma non vi sono ancora state condotte campagne di analisi. È stato studiato anche il Tevere ma per fortuna la presenza degli immancabili Pfas è in percentuali fisiologiche e non patologiche.

Per saperne di più 

Chi volesse saperne di più può trovare molti dati nel rapporto finale del Progetto tra Irsa-Cnr e ministero dell’Ambiente, il quale mostra la situazione italiana. Lo studio è scaricabile all’indirizzo http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/reach/progettoPFAS_ottobre2013.pdfed è stato coordinato dal gruppo di ricerca sugli inquinanti emergenti presso dell’Irsa Cnr (l’Istituto di ricerca sulle acque del Cnr) a Brugherio, il cui sito web è www.irsa.cnr.it.


Fonte:  srs di di Jacopo Giliberto, da il Sole 24 ore, del 7 dicembre 2017



 
CHIMICA / CHE COSA SONO GLI PFAS: COMPOSTI DEL FLUORO






Gli Pfas sono una gamma di circa 3mila composti chimici del fluoro, gran parte dei quali sono artificiali. In particolare, Pfas è la sigla generica di tutti i perfluoroalchilici; Pfoa è la sigla dell'acido perfluoro-ottanoico; Pfos è perfluoro-ottano solfonato. 
Vi sono i composti a catena lunga (più contaminanti) o a catena corta. 
Sono composti organico-fluorurati, cioè che combinano insieme carbonio e fluoro. Ciò li rende molto stabili. Non reagiscono chimicamente, non sono degradati dai raggi ultravioletti del sole, non bruciano, non sono attaccati dagli acidi, non vegono né digeriti né metabolizzati dall’organismo umano, non fanno aderire i grassi e lasciano scivolare via l’acqua. 
Queste caratteristiche ne fanno prodotti pregiati per l’industria e finora sono ritenuti a basso rischio per l’ambiente e la salute, tant’è che solamente l’Italia e pochi altri Paesi ne hanno fissato limiti e regole.

Caratteristiche degli Pfas: inerti e inattaccabili

Gli Pfas hanno la caratteristica di essere composti fluorurati stabilissimi, indistruttibili, chimicamente inerti. 
Non sono aggrediti dagli acidi, non vengono incollati dagli adesivi, non sentono l’effetto dei grassi né dell’acqua, non sono danneggiati dai raggi ultravioletti del sole, non reagiscono ai radicali né agli ossidanti, non bruciano, non reagiscono con gli altri composti e così via.
 Di conseguenza resistono per decenni nel tempo (per decenni perché sono stati sintetizzati pochi decenni fa, e non si ha esperienza più duratura nel tempo) e non vengono nemmeno metabolizzati dall'organismo e quindi, così inerti e neutri, non sono digeriti o assimilati.

Fonte: da il Sole 24 Ore,  del 6 dicembre 2017



lunedì 29 luglio 2019

LE RAPIDE DEL TICINO


Pombia-Ticino,  Cartina -1850


Questo Capitolo porta a stabilire come fosse il fiume Ticino in età etrusca, per costituire un indizio sostenibile alla tesi dell'identificazione del sito di Melpum con l'attuale Pombia.

La tesi poggia molto sul fatto che Melpum dovesse avere un porto fluviale per risalire le rapide, e dunque con questa parte dello studio, cerco di dimostrare che detto porto ci fu veramente, perché se il fiume non avesse avuto percorso e quote adeguate, molte delle mie ipotesi cadrebbero.

Per evitare di leggere un capitolo noioso, a chi non è interessato all'idraulica fluviale, concludo qui in anticipo che in età etrusca, la rapida del Ticino copriva un dislivello di 20 metri su 2 chilometri, quindi era ripidissima ed invalicabile con le imbarcazioni. Nell'ottocento invece, prima della costruzione delle attuali dighe, la rapida è divenuta alta 30 metri, ma sul percorso di 10 chilometri, per cui divenne meno ripida di quella antica e perciò si è potuta navigare (parzialmente).

Il comportamento del fiume

Per capire cosa determina lo scorrimento dell'acqua di un fiume, su un territorio composto da sabbia e ghiaia, come sono fatte le colline (morene glaciali) che chiudono a sud il Lago Maggiore, possiamo osservare come si comporta la battigia di una spiaggia al variare della forza delle onde marine.

Durante una grossa mareggiata, il mare asporta completamente la spiaggia mettendo a nudo le rocce e trascinando sul fondo tutti i detriti di sabbia e ghiaia. Nei mari aperti (fetch 1000 km) la velocità delle onde è circa metà della velocità del vento che le forma, pertanto con una buriana da 80 Km/h arrivano onde alla velocità di 40 Km/h. Si noti che la velocità di 36 Km/h equivale a 10 metri al secondo, e questo dato è da ricordare perché è una velocità critica di logoramento più volte citata in questo testo.

Via via che la mareggiata si spegne, notiamo che la spiaggia viene ricostruita e sulla battigia vengono accumulati prima i massi, poi la ghiaia grossa, poi la ghiaia media, poi il ghiaietto, infine la sabbia.

Il significato di ciò indica che, quando le onde arrivano hanno una velocità circa doppia di quando si ritirano con la risacca, perché l'urto spegne parte della loro forza, perciò quelle onde che a 10 m/s  hanno asportato tutta la spiaggia, quando calano di forza la ricostruiscono perché, le onde in arrivo fanno rotolare la ghiaia sul fondo marino, fino a fargli risalire la china, ma poi quando le onde si ritirano nella risacca, hanno meno forza e riportano indietro meno ghiaia di quanta ne hanno spinta.

Via via che  la mareggiata cala, leonde in arrivo hanno sempre meno forza delle prime, e  dunque riescono a far risalire dal fondo, sulla spiaggia, ghiaia sempre più piccola, fino a che nel mare calmo ricoprono la spiaggia di sabbia, perché è la fase solida che si sposta più facilmente.

Riportiamo ora tutti i ragionamenti nel comportamento di un fiume, che può essere paragonato ad un'unica onda continua (la corrente), la quale scorre a velocità diverse a seconda della pendenza del terreno o della piena del fiume. Il declivio, come il vento, è il mezzo che dà velocità all'acqua.


L'acqua ad alta velocità (pendenza del terreno superiore a 0,1% o piena del fiume) scava e asporta sabbia e ghiaia dal fondo e dalle sponde, e poi li deposita dove rallenta di velocità, cioè quando scorre in piano e dove l'alveo si allarga. Perciò il fiume scava sempre in collina e deposita a valle. 

Osservando queste cose, gli Etruschi furono maestri idraulici, con una esperienza che è stata confermata dalla moderna tecnologia dei costruttori di canali, che hanno fissato i seguenti valori:




L'acqua ha moto uniforme soltanto nei Canali, perché vengono costruiti con accorgimenti opportuni, ma nei fiumi la velocità dell'acqua non è mai uniforme, e varia da punto a punto a seconda della pendenza del letto, la larghezza, l'altezza degli argini, la ruvidità del terreno in alveo, la presenza di turbolenze create da ostacoli come massi od alberi nell'acqua, cambia se il percorso è rettilineo (almeno per 1 km) o se è in curva, se il fiume è in fase stagionale di magra o di piena

Il fenomeno più vistoso del moto irregolare dell'acqua si ha quando c'è un gradino nell'alveo, attorno al quale l'acqua assume una forma tipica rappresentata nel grafico che segue. Il salto di livello dell'acqua prende un nome particolare, che è diverso se fiume o canale, se il gradino è verticale od obliquo.

Sulle piccole dimensioni, come nei canali, si dice Stramazzo quando è verticale e Scarpa quando è obliquo; mentre sulle grandi dimensioni fluviali si dice Cascata quando è verticale oppure Rapida quando scorre su fondo obliquo.

Questi sono i nomi del Sistema, ma il punto esatto dove avviene il cambio di pendenza viene detto Sfioratolo o Soglia, quando è costituito da un elemento rigido, destinato a durare nel tempo, per esempio una grossa lastra di pietra nel canale, o la parete rocciosa del monte che taglia il fiume; mentre viene detto Scarpa (da scarpata) quando il punto del cambio di pendenza è sulla cima di un argine obliquo, solitamente fatto di terreno, o ghiaia, e quindi soggetto a non durare nel tempo, perché la corrente lo demolisce progressivamente.

Il grafico che segue indica la pendenza media del Ticino, nelle piene stagionali, pari al 0,1 % , cioè che scende di 10 metri sul percorso di 10 chilometri. Ma si nota come la presenza di una scarpa, cambia la pendenza reale dell'acqua che scende di 8 metri in 9 chilometri a monte, e poi di due metri in un km dintorno della scarpa, per riprendere poi la stessa pendenza di 8 metri su 9 chilometri a valle.

Si capisce così come un fiume con pendenza neutra (che non scava) dovrebbe rimanere uguale, ed invece per la presenza di una scarpa, la maggiore velocità dell'acqua in quel punto, corrode e muta l'alveo anche se non sopravvengono piene. Perciò col tempo un letto di ghiaia con una scarpa, si abbasserà sempre e diminuirà la sua obliquità.




Nel Ticino l'acqua sulla scarpa segue la stessa obliquità del terreno perché la pendenza non è eccessiva. Però osservando il dintorno della Rapida, si nota una collina (morena Riss) fatta di sabbia e ghiaia compatta da millenni, che ha un pendio molto forte, attorno ai 30°- 40°, per cui in antico l'acqua precipitava scavando il terreno, secondo la traiettoria idrica e non per adesione al terreno.

Dove scorre il fiume si è formata una sella ed un alveo in cui la pendenza è elevata per un fiume, ma è modesta per una collina. Dalla fine dell'era glaciale la velocità dell'acqua sul terreno cedevole ha progressivamente abraso l'alveo diminuendo la quota della scarpa, il livello del lago e la pendenza della Rapida. Perciò nell'antichità c'era una Rapida con maggior pendenza di oggi.

Solitamente il fiume abrade l'alveo fino ad eliminare qualsiasi scarpa,  ed a dargli una pendenza costante minima, su tutto il percorso, in cui non abrade più, nè deposita materiali. La pendenza neutra media di un fiume con alveo di ghiaia, è 0,05 %, per la compattezza dell'alveo Ticino la pendenza neutra è fino all' 0,08 % delle piene stagionali. La velocità di scorrimento del Ticino compie una tenue abrasione che tiene pulito l'alveo, non vi crescono piante ed il fondo di ghiaia rimane privo di pattarne sabbioso. Queste condizioni stabili per un fiume, vengono alterate soltanto dalle grandi Piene, dove la velocità dell'acqua opera abrasioni che modificano il fiume.

Nel corso del Ticino notiamo che c'è una scarpa sotto alla Ripa di Somma, che è sempre rimasta al suo posto per millenni, e ciò non dovrebbe essere, perché la corrente del fiume su un alveo di ghiaia avrebbe dovuto eliminarla, fin da molti secoli fà. Questa anomalia richiede una spiegazione perché è la causa che decide tutta la storia del fiume.

La scarpa dà una maggior turbolenza all'acqua che scava, e principalmente spiana il gradino, ma la Scarpa del Ticino si trova su una grande Curva, alla base della Ripa della collina di Somma Lombardo, e perciò l'acqua in curva abrade di più sull'arco esterno della curva, perciò ad ogni grande piena la Ripa è franata nel fiume, aggiungendo nuovi detriti proprio dove la corrente andava a toglierli, e perciò la Scarpa del Ticino è sempre rimasta al suo posto.

Il comportamento di una Rapida sul letto di ghiaia, è paragonabile alla spiaggia quando batte la mareggiata. La velocità di scorrimento dell'acqua decide tutto, scava, sposta, deposita, a seconda del momento. Sulla stessa pendenza accentuata che ha la Rapida, un piccolo strato d'acqua non fa nulla, perché per attrito al letto ghiaioso l'acqua non riesce ad aumentare di velocità, ma se lo strato d'acqua è alto come nella piena, l'attrito è ininfluente confronto alla gravità che tira a valle la massa d'acqua e perciò si verificano velocità molto maggiori.

Quando il Ticino porta 1.000 metri cubi d'acqua al secondo sulla Rapida, colpisce con 1.000 tonnellate a secondo il fondo del pendio, e vi scava un buco ... che poi andrà a riempire con altri detriti, quando finirà la piena e l'acqua scorrerà di nuovo lenta. Proprio come fa la mareggia quando asporta e ricostruisce la spiaggia.

Perciò anche se tutto il corso del fiume scorre a velocità non abrasive, la presenza di una Rapida che si genera in un punto dove c'è una improvvisa variazione di pendenza (scarpa), è capace di modificare tutto il fiume a valle, per effetto dell'alta velocità dell'acqua in quel tratto, durante le piene, e questo spiega perchè in età etrusca e nel medioevo, questi sconvolgimenti hanno mutato il fiume e quindi anche la storia umana del posto.

Caratteristica del Ticino, oltre al letto di ghiaia, è di avere un grande lago a monte, il quale fa da volano d'inerzia, accumulando acqua che attenua le oscillazioni di piena. Milioni di metri cubi d'acqua vengono accumulati con piccoli aumenti di livello del lago, per cui il Ticino non conosce piccole piene frequenti e improvvise. Domina l'oscillazione di portata stagionale che oggi è di 600 mc/secondo, in dicembre-febbraio e 1400 mc/s in giugno ed in ottobre.

Quando però avvengono grandi piene il fiume fa disastri, proprio per l'enormità di acqua che viene accumulata nel lago, che poi agisce sulla rapida per lungo tempo, con velocità di deflusso sostenute. La storia del fiume è stata condizionata dagli smottamenti avvenuti sulla Ripa di Somma, che hanno creato dighe ed alzato molto il livello del lago, per cui quando poi il fiume ha rotto questi argini di sabbia, è stato come il Vajont, perché il lago si è vuotato, con escavazioni a valle disastrose, non esistenti a monte dove si è visto invece un grande allagamento di abitati.

Nel secondo grafico notiamo il comportamento della Rapida del Ticino quando avviene la frana sulla scarpa. Già la piena fa salire un pò il livello del lago, poi la maggiore corrente determina lo smottamento della collina, i detriti formano una diga che fa alzare ulteriormente il livello del lago, la corrente cresce ancora di più, prima o poi riesce a demolire la diga, ma da quel momento il lago comincia a svuotarsi riversando una enorme massa d'acqua che dirompe sulla rapida e scava profondamente a valle. Il danno maggiore va alla punta di Castelnovate che viene demolita a larghe fette, mentre la massa di detriti che si forma cambia il corso del fiume.

Alla fine del ciclo di piena troviamo che la diga è stata eliminata, ma la scarpa è rimasta al suo posto. Magari è scesa di un po', ed il lago suo pari è sceso di quel pò, ma la rapida ha scavato di più a valle e si è allungata per effetto di fare prima un buco e poi riempirlo, riducendo le pendenze. Dunque finché esiste la scarpa, la piena scava a valle più che a monte. Ci pensa poi il fiume tornato normale a compiere il lavoro di livellamento, toglie materiale in cresta alla rapida e lo mette in fondo fino a riportare tutto il letto alla solita pendenza media dell' 0,1% . Ma ne consegue un generale abbassamento di quote.

Fino a che sono esistite sistematiche frane sulla scarpa, la rapida è sempre rimasta circa allo stesso posto; le cose sono cambiate quando è intervenuta la mano dell'uomo, al quale davano fastidio le frane sul fiume, perché sull'argine si voleva passare con greggi, mandrie e carovane di muli.

Perciò a cominciare dagli etruschi di Melpum, è stato costruito un argine con una strada sopra; l'argine ha protetto la Ripa che non è più franata. Però oltre le usuali piccole piene stagionali e medie piene decennali, il fiume dà anche grandi piene secolari che la memoria d'uomo dimentica; se l'argine non è alto abbastanza per tali circostanze, la corrente del fiume supera l'argine e va a scavare la Ripa, ed allora questa frana molto più di prima, perché quando il pendio rimane esposto alle intemperie per molto tempo, assorbe le piogge che intaccano la compattezza, e rendono friabile tutto il fronte che perde stabilità. Così se avviene una frana ogni anno, sarà piccola e facilmente asportabile dal fiume, ma se avviene ogni secolo sarà enorme, farà una diga, rialzerà il livello del lago che poi si vuoterà facendo un disastro.




Si può dire che le grandi piene iniziano per le grandi piogge, ma poi non sono le piogge a determinare i grandi innalzamenti del lago, bensì gli smottamenti della Ripa di Somma, che sempre è franata ed ha ostruito il corso del fiume. Quella rinnovata diga di sabbia sulla scarpa, da millenni ha deciso il livello del lago ed ha tenuto la scarpa sempre allo stesso posto. Senza questo fatto non sarebbero mai esistite piene eccezionali da +10 metri, perché l'alveo del fiume, scavato dalle grandi portate dell'era glaciale, è capace di smaltire ben altro che delle grandi piogge .

Quando l'uomo ha protetto la Ripa che non è più franata, allora la scarpa si è consumata sul fondo come era logico che fosse, e la Rapida si è progressivamente attenuata trasformandosi in una rampa sempre più dolce ed allungata, con una base più lontana dalla cresta, e perciò nel Rinascimento, il fiume è diventato navigabile anche sulle rapide (pur rimaste pericolose), a dispetto degli Etruschi che tentarono invano di farlo.

Sono note due fasi di drastico cambiamento del fiume, causate da episodi di piena eccezionale.
Il primo avvenne nel IV sec.a.C. con la distruzione di Melpum; furono distrutti i ponti e l'argine sul Ticino; il ponte della Miorina era di legno lungo 150 metri, finì nel fiume e galleggiando probabilmente andò ad incastrarsi nella curva di Somma, fu il preludio di quanto poi fecero le piene di quel periodo a clima molto piovoso. Il ponte in acqua fece diga, la Ripa franò massicciamente perché non era più franata da un secolo, il livello del lago si alzò da quota 206 a 214 metri (geologicamente trovato) e quando poi defluirono tutti quei milioni di metri cubi d'acqua, il ponte superò la scarpa e si incastrò nella seconda curva alla base della rapida, sotto Castelnovate; lì trattenne un monte di detriti che deviarono il fiume nella piana di Pombia (vedi mappa IV sec.a.C.) perciò il Ticino si allontanò dal porto di Melpum di un chilometro, e si abbassò il livello di molti metri, perciò la città distrutta non fu più ricostruita, perché senza possibilità di avere un porto, divenne inutile e sostituita da Como.

La seconda grande piena accadde nel XII sec.d.C. quando Barbarossa nel 1160 per l'assedio di Milano distrusse i Canali della Maddalena che davano acqua ai fossati di Milano. Allora la fuoriuscita dell'acqua provocò smottamenti sulla ripa e sull'argine con la strada, così che alla grande piena del 1177, vi fu un'altra enorme frana, che alzò il lago di 10 metri, ed il successivo svuotamento fu disastroso; il fiume cambiò di nuovo corso, demolì 40 km di coste, tirò giù mezza città di Castelnovate e rese inutilizzabile l'importante canale romano, che da allora fu chiamato Panperduto...

La Piana di Pombia fu un lago preistorico: sarebbe interessante che esperti geologi valutassero quando scomparve, perché io vi ho notato una linea di riva alla quota dove indico l'esistenza del Porto di Melpum. Se vi fu un lago un età etrusca agevolò molto la vita della città e l'attività del porto.

Perché esistesse un lago dovette esserci un argine a sud, nella valle del Ticino, ed a me pare potesse essere nella strettoia (larga solo 1 km) tra Motto Marano e Motto Vizzola. Un simile argine doveva essere un grosso banco di tipo glaciale, e per potervi aprire un varco e far vuotare il lago della Piana di Pombia, occorse una grande portata d'acqua come può essere avvenuto in concomitanza di quell’enorme svuotamento del Lago Maggiore, quando cedette la diga sulla scarpa nel IV sec.a.C.å

Con questi grafici ho ricostruito le variazioni di quota, del Lago Maggiore e del Ticino, e le quote riportate sulla carta topografica, in corrispondenza delle linee altimetriche, hanno dato i profili del lago e del corso del fiume di ogni epoca, a partire dal Glaciale Riss che ha costruito la collina di Somma.

La possibilità di identificare la storia di un fiume, consente di attribuire le motivazioni agli avvenimenti di storia umana che si sono svolti nei suoi dintorni.

Le pagine che seguono, mostrano secolo per secolo, il variare dei grafici di calcolo geometrico delle quote, e le mappe con le variazioni delle forme del fiume. Ho preso in esame un lungo periodo perché si constati che pur facendo valutazioni probabilistiche, il criterio è attendibile, perché porta a riscontrare la coincidenza tra i dati calcolati e quelli storici, quando sono disponibili.

La sintesi di questo studio, porta a concludere che nell'antichità le Rapide del Ticino erano più ripide dell'attuale, e non si potevano risalire. Dunque l'antichissima navigazione sulla via dell'ambra, che risaliva da Adria, Po e Ticino, terminava qui, alla base delle rapide, per proseguire poi con altre navi esclusive del Lago Maggiore, e con carovane a dorso di mulo tra le navi sopra e sotto le rapide, e attraverso i valichi alpini.

Questo è l'indizio fondamentale cercato, perché la presenza di rapide non navigabili, ha determinato la necessità di basi prima cretesi, greche e fenicie e poi etrusche, e siccome gli Etruschi commerciavano ferro celtico, anziché ambra, la grande movimentazione di carichi pesanti, dovette rendere necessaria qui una città.

INTERPRETAZIONE DEL GRAFICO ANNESSO ALLE MAPPE TOPOGRAFICHE

Linee orizzontali (cambiano quota di secolo in secolo)
1          livello normale del Lago
2         quota della Scarpa di Somma Lombardo prima / dopo piena
3         quota normale del fiume alla piana di Pombia
4         livello del  Lago in piena eccezionale
5          livello del      Lago dopo la piena
6         quota della Scarpa dopo la piena
7          quota del fiume alla piana di Pombia dopo la piena

Linee oblique

8         pendenza       del fiume a nord della scarpa 0,08 %
9         pendenza       del fiume a sud della scarpa 0,1 %
10       pendenza       del fiume in piena 0,15 - 0,25 %
11        pendenza       del fiume sud scarpa dopo piena

Nel grafico leggiamo in ordinate i metri di dislivello, ed in ascisse il percorso di 20 km, tra il Lago Maggiore al ponte di Sesto Calende e la curva del fiume sulla piana di Pombia, che è l'area dove l'alveo si allarga e l'acqua rallenta a velocità prossime al neutro.

Sul grafico le rette orizzontali rappresentano le quote dei vari punti critici, mentre le rette oblique rappresentano le pendenze medie dell'acqua che scorre. Si nota che la scarpa è posta al centro, sia perché è la sua posizione reale, sia perché evidenzia come condiziona tutto l'assetto del fiume, sopra e sotto le Rapide. Il grafico rappresenta il percorso di 20 Km, dal Lago alla piana di Pombia.

La pendenza media è 0,1% ma la reale è  l'0,08 % nel tratto a monte della rapida e 0.12 % nel tratto a valle. Il Lago è 8 metri sopra la Scarpa, e la Piana di Pombia è 12 m sotto la scarpa.




Quando c'è una Piena, il lago sale di livello, la corrente aumenta ma la strettoia del tratto di fiume a monte, fa da freno e modera l'aumento di velocità, per cui il tratto a monte viene poco scavato, e sale molto di livello, quindi cresce il salto sulla rapida.

Se con la piena c'è la frana sulla scarpa, l'aumento di livello dell'acqua è deciso dalla diga. Perciò l'obliquità della linea retta che rappresenta il fiume a monte si alza circa parallela a se stessa, mentre la retta che rappresenta la scarpa cambia in altezza e pendenza.

Alla base della Rapida la velocità eccessiva produce una escavazione, con un ammasso di detriti più avanti, poi nel tempo successivo alla piena, con velocità dell'acqua rallentate, lo scavato viene di nuovo riempito di detriti, mentre il motto spinto più avanti viene spianato, e la pendenza del terreno nella Piana, riprenderà una pendenza decrescente, assestandosi sulla media dell' 1% neutra.

In 25 secoli, il lago è sceso di 12 metri, (da 206 a 194 m), mentre il fiume nella piana di Pombia è sceso di 20 m, (da 183 a 163 m). Poiché le quota Lago Maggiore e Scarpa sono legate da un rapporto costante (0,08 %), si deduce che l'abrasione a valle, provocata delle rapide, è stata quasi doppia dell'abrasione sulla scarpa, perchè questa è stata in parte ricostruita dalle frane.

Tutto questo lavoro di escavazione a valle, ha aumentato il dislivello ma anche ridotto la pendenza della Rapida che si è allungata. Ciò è dovuto all'uomo che ha fatto argini per impedire alla Ripa di franare come nella preistoria, perciò il fiume non trovando più motti da demolire sulla scarpa ha spianato la scarpa, riducendo la pendenza, allungando il declivio e scavando la piana di Pombia.

In conclusione in età etrusca c'era una rapida alta 20 metri su 2 chilometri, quindi per il movimento dell'acqua, era ripidissima ed invalicabile con le imbarcazioni; perciò fu necessario un porto per le navi dirette ai Po' e all'Adriatico, in questa città portuale i carichi venivano traslati via terra, tra il porto sotto le rapide e quello sopra, per le navi del Lago Maggiore.




Cartina '800


Nell'ottocento, prima della costruzione delle dighe, l'erosione progressiva del fiume, ha portato la rapida all'altezza di 30 metri, ma sul percorso di 10 chilometri, per cui è meno ripida di quella antica e si è potuta navigare, ma solo in parte, perché, dopo aver tolto dei massi dai fondo nelle zone critiche, le barche andavano in discesa cariche, dai Lago Maggiore alla bocca del Naviglio Grande, alla pazzesca velocità di 40 km/h, come soltanto i barcaioli castellettesi sapevano fare, e poi tornavano in risalita sulle rapide, soltanto vuote, e col tiro di 40 cavalli per ogni barca.

Questo studio comprende una serie di disegni topografici del fiume Ticino, corrispondenti ai diversi secoli significativi, che mostrano come il fiume è mutato nella storia. Il calcolo dell'abrasione è stato fatto per via geometrica con i grafici su esposti; le forme del Ticino sono tratte dalla ricerca delle linee altimetriche sulla carta Igm, corrispondenti alle quote di calcolo delle variazioni del fiume; dai testi storici sono tratti alcuni dati di riscontro che il fiume fosse proprio in quel punto, in certe date che sono state registrate (verifica dell'attendibilità metodo).

Poiché tutto il lavoro è fatto a mano e non digitalizzato, qui allego solo alcuni disegni base senza le quote, che sono riportate nella tabella riassuntiva che segue; da cui di deduce che da Melpum ad oggi, il livello del Lago Maggiore è calato di 11 metri (205-194), la quota di rapida è calata di 10 metri (197-177), e il fiume Ticino alla Piana di Pombia è calato di 23 metri (188-165), doppio del lago.

Oggi il Ticino non è più percorribile per la presenza di due dighe che sfruttano il salto idraulico, la diga Villoresi del 1930 ha ripristinato la quota di scarpa che c'era in età romana 186 m (+10m dal fondo) e la diga di Porto della Torre del 1965 (+6 m). Le mie attenzioni sul fiume proseguono perché le dighe hanno mutato il comportamento naturale ed i fenomeni di piena grande si sono accentuati.



Epoca             Quote s.l.m.             Lago maggiore       a monte rapida       alla Piana Pombia
15°sec.a.C.
preistoria ante Thera
214
198
190
12°sec.a.C.
fine fase fredda
207
199
193
10°sec.a.C.
inizio civiltà Golasecca
206
198
190
8°sec.a.C.
piena età Insubrica
205,5
196,5
189
6°sec.a.C.
fondazione Melpum
205
197
188
5°sec.a.C.
piena età etrusca
204,5
196,5
187
4°sec.a.C.
distruzione Melpum + grande piena
204-214
196
178
3°sec.a.C.
guerra Annibaie
202
188
176
l°a.C.-l°d.C dominio romano
201
186
175
3°sec.d.C.
fatto canale Panperduto
200
185
174
5°sec.d.C.
fine impero romano
199
184
173
8°sec.d.C.
fine Longobardi, Carlo Magno
198
182
172
10°sec.d.C.
feudalesimo Visconteo
197,5
181
171
12°sec.d.C.
Barbarossa + grande piena 1177
197-205
179
168
15°sec.d.C.
Ducato Visconti-Sforza
195,5
178,5
167
18°sec.d.C.
dominio austriaco
194
178
166
19°sec.d.C.
ante diga Villoresi
193
177
165
19°sec.d.C.
dopo diga Villoresi
194
186
165
20°sec.d.C.
dopo diga Porto Torre
194
186
165
20°sec.d.C.
grande piena del 30-9-1993
200
186
165



Un diverso studio sul comportamento generale dei fiumi è unito al Testo Canali e Vie Fluviali dell'Antichità, dove esamino gli spostamenti fluviali nel letto di roccia, pendenza superiore all'1%, (esempio Scrivia), e nei letti di fango a pendenza 0% (esempio Polesine), con formazione e spostamento dei meandri, forma del delta, lagune di marea, bradisismo che ha posto il territorio sotto al livello di scorrimento dei fiumi, con sepoltura degli antichi abitati (es.Spina e Classe).

Vedi All. 1 - VI sec.a.C 600-500 a.C 
Vedi All. 2 - IV sec.a.C 400-300 a.C
Vedi All. 3 - I sec.a.C. - I sec.d.C. 100-0 a.C - 0-100 d.C. 
Vedi All. 4 - II-IV sec.d.C. 200-400 d.C.
Vedi All. 5 - XI - XII sec.d.C. 1100-1200 dC


Fonte: RODAN, Le rapide del Ticino; da archeomedia del 26 agosto 2011