mercoledì 30 settembre 2020

IL RETICOLO URBANO DI VERONA


 

Verona è sempre stata un perfetto incrocio ortogonale di cardini e decumani, con isolati di dimensioni costanti. 

Il decumanus maximus e il cardus maximus realizzati in età romana misuravano 720 metri ciascuno, a costituire una 'centuria quadrata'. 

Una superficie iniziale di 477.000 mq, un perimetro di 2,7 km, strade larghe 8 m (6 m la carreggiata, 1 m ciascuno i marciapiedi) crearono isolati a pianta quadrata con lato oscillante tra i 75 e gli 80 metri.

 

Oggi le linee perimetrali degli isolati romani si sono perfettamente conservate grazie al loro mantenimento durante l’altomedioevo, come dimostrato dagli scavi archeologici. 

 

Indagando tre edifici altomedievali, in via Dante, in Corte Quaranta e in vicolo Monachine si è inoltre giunti alla conclusione che Ia mancanza di edifìci al centro degli isolati nel periodo altomediovale non rappresenta, come in altre città, un segno di abbandono. Ci fu invece una parziale occupazione del lastricato stradale romano, che portò all'avanzamento degli isolati altomedievali rispetto a quelli romani. L'isolato di Palazzo Maffei per esempio venne allungato di ben 9 metri. 

 

Le case finirono dunque per disporsi in fila sul perimetro dell'isolato, lasciando sgombra di edifici la zona centrale. Questa disposizione di più proprietari affìancati sul margine della strada fece sì che all'interno degli isolati si realizzassero orti e giardini ma anche depositi di rifiuti domestici.

 

 

Fonte: srs di Andrea Schiavone, da  facebook:  LA ME BELA VERONA 

martedì 29 settembre 2020

FREDDO. INSETTI PRESTO DECIMATI NELLE ALPI, IL CASO DELLE MOSCHE



 









Durante l'estate il fondovalle alpino è popolato d'insetti di tutti i tipi. 

Se le zanzare oltre gli 800m sono quasi totalmente assenti, le mosche sono le regine dei pascoli e delle malghe d'alta quota, infastidendo non poco i turisti, non abituati a subire i loro ronzii, fastidiosi quanto quelli delle zanzare, specie quando il tempo sta per mutare. 

Se la mosca ti capita in casa e non riuscite a farla fuori con i classici, rudimentali, metodi, allora è meglio tentare di conviverci. Quando andate a letto sarà sufficiente oscurare la stanza completamente e lei non si muoverà per tutta la notte, fintanto che non aprirete le persiane o accenderete la luce. 

Nelle stalle il contadino non fa nessun caso alle mosche e le lascia sguazzare allegramente: "ci penserà il freddo" dice alzando le spalle. 

Il Prof. Helmut Kirchler di Innsbruck, entomologo, specializzato nello studio delle mosche, ha individuato il punto critico di sopravvivenza delle mosche nei fondovalle ad una quota media di 1200m

I temporali, se non risultano particolarmente forti e accompagnati da grandine, non hanno grossi effetti sulla longevità della mosca. Anche una nevicata precoce con temperature al di sopra dello zero non arreca grosse perdite alla loro popolazione. 

Persino una leggera brinata sui campi con temperatura dell'aria sopra lo zero le lascia quasi indifferenti, ma secondo Kirchler, la prima vera gelata con temperatura di almeno -1.5°C con aria relativamente secca produce nella mosca perdite enormi, sempre beninteso che esse non riescano a trovare riparo in qualche casa o stalla. 

All'aperto infatti lo sterminio si noterà facilmente osservando un bel tappeto di mosche inermi sull'asfalto.

 

Fonte: da Meteolive.it del 24 settembre 2020

Link: https://www.meteolive.it

 

 

lunedì 21 settembre 2020

COME FUNZIONA IL SISTEMA FISCALE ITALIANO


 
















Immaginiamo 10 uomini che ogni giorno vanno a bersi una birra e che il conto sia SEMPRE 100 dollari. Se pagassero il conto nel modo in cui si pagano le tasse (aliquote progressive ndt) avremmo una cosa del genere:

I primi quattro (i più poveri) sono esentati dal pagare.Il quinto paga 1 dollaroIl sesto paga 3 dollariIl settimo 7$L’ottavo 12$Il nono 18$Il decimo (il più ricco) pagherebbe 59$


Quindi questo è il sistema che hanno deciso di adottare.


I dieci uomini vanno tutti i giorni al pub a bere birra e sembrano abbastanza soddisfatti dell’accordo trovato finchè un giorno il barista gli fa una proposta insolita. «Siccome siete clienti così affezionati, invece di 100$ vi faccio lo sconto di 20 e pagherete 80$».


Il gruppo decide di non cambiare il modo di suddividere il conto per cui per i primi quattro non cambia nulla. Continueranno a bere gratis. E gli altri? Come fanno a spartirsi equamente lo sconto di 20$ del barista. Se lo dividono per sei avranno uno sconto cadauno di 3.33$ da sottrarre al dovuto ma se fanno così il quinto e il sesto uomo vanno in negativo e dovrebbero essere pagati per bere! Allora il barista suggerisce che sarebbe più equo ridurre ogni singola parte di una percentuale crescente.

 

Visto che gli va bene il sistema di contribuzione progressiva originario, procedono a ricalcolare l’ammontare secondo il suggerimento del barista.

 

Quindi il quinto uomo non pagherà più nulla (100% di risparmio)Il sesto pagherà 2$ invece di 3 (33% di risparmio)Il settimo 5 invece di 7 (28% di risparmio)L’ottavo 9 invece di 12 (25%)Il nono 14 invece di 18 (22%)Il decimo 49 invece di 59 (16%)

 

Ciascuno dei dieci è adesso in una posizione migliore (o uguale) rispetto a prima. Però all’uscita dal pub gli uomini cominciano a fare i conti di quanti dollari dei 20 di sconto concessi dal barista si sono messi in tasca.Il sesto fa «Per me c’è solo 1$ dei 20 del barista ma – indicando il decimo – lui se n’è beccati 10!»«Hai ragione – dice il quinto – alla fine anch’io ho risparmiato solo 1$, non è affatto equo che lui abbia beneficiato dieci volte me».«E’ vero – grida il settimo – perché a lui tornano indietro 10$ mentre a me solo 2? I più ricchi si prendono sempre i maggior vantaggi!».

 

«Ehi un momento – esclamano all’unisono i primi quattro – perché per noi non c’è niente? Questo sistema è basato sullo sfruttamento dei poveri!!».

 

Nove uomini circondano il decimo e lo menano.

 

La sera successiva il decimo uomo non si presenta al pub per la bevuta e allora gli altri nove si bevono la loro birra senza di lui ma al momento di pagare il conto si accorgono di una cosa importante. Non hanno abbastanza soldi per pagare neanche la metà del conto! 

 

Così, cari amici e amiche, giornalisti e governanti, funziona il nostro sistema fiscale.

 

Nota:Per quelli che non l’hanno capito, nessuna spiegazione è possibile.Per quelli che l’hanno capito, nessuna spiegazione è necessaria.

 

Fonte: srs di di MAURO TEX WILLER, da Miglioverde  del 20 settembre 2020

Link: https://www.miglioverde.eu

 

 

domenica 20 settembre 2020

SPAGNOLA: ALLA RICERCA DI UN VIRUS MORTALE

 










29 maggio 1919, Massachusetts


Vaccini statunitensi causano "influenza spagnola"

"Era un'espressione comune durante la guerra che" più soldati furono uccisi dai colpi di vaccino che dai colpi di pistole nemiche. "- E. McBean

 

 

Marcello Pamio - tratto dal mensile "Biolcalenda" nr.47

 

La “Spagnola” scoppiò a settembre del 1918, in un momento storico ben preciso e cioè quando l’umanità era esausta dalla Grande Guerra; imperversò ovunque, e dopo aver ucciso nel giro di pochi mesi più persone di qualsiasi altro morbo che la storia umana ricordi, finì assieme alla guerra, scomparendo nello stesso misterioso modo in cui era apparsa.


E’ stata un’apparizione così strana, che i medici esitarono a definirla influenza proprio perché credevano fosse un nuovo morbo. E forse non era così sbagliato… 
Il numero esatto di morti non lo sapremo mai: le stime ufficiali oscillano tra i 20 e i 60 milioni di individui, ma qualcuno azzarda addirittura 100 milioni!
I libri di storia vengono scritti dai vincitori, per cui andiamo per ordine, cercando di capire cosa realmente è successo agli inizi del secolo scorso. 

 

I sintomi


Le persone cominciarono ad ammalarsi lievemente nella primavera del 1918, accusando brividi e febbre per tre/quattro giorni, ma poi guarivano. Dopo una calma estate, a settembre-ottobre si scatenò, con la potenza di una macchina bellica, l’epidemia.
I medici erano impotenti: morivano loro stessi, e quelli che sopravvivevano vedevano i pazienti, parenti e amici, morire come mosche. Provarono di tutto: farmaci, sieri e arrivando ad inoculare composti da secrezioni corporee degli ammalati e batteri che presumevano essere all’origine della malattia.
Iniettarono - scrive un medico - “una broda composta di sangue e muco degli influenzati, filtrata per eliminare le cellule più grandi e i detriti”, ovviamente senza alcun risultato, anzi scatenando vere e proprie patologie, come vedremo tra poco.

 

Vaccini per tutti


Per il paradigma vigente, la scomparsa delle grandi epidemie (colera, tifo, vaiolo, ecc.) è stata opera delle vaccinazioni, che le avrebbero debellato. Oggi sappiamo invece che il ruolo centrale lo hanno avuto le migliorate norme igienico-sanitarie, l’alimentazione e la pulizia in generale. Migliorie queste - e non i vaccini - che hanno contribuito a salvare la vita a centinaia di milioni di persone.


Tornando alla Spagnola: possiamo veramente credere alla favola, secondo la quale nel 1918 apparve dal nulla un virus, di cui nemmeno oggi sappiamo il ceppo, le origini e le evoluzioni, che sterminò 100 milioni di persone e poi, misteriosamente, da un giorno all’altro, scomparve proprio alla fine della Guerra? Liberi di farlo, ma se iniziassimo a usare il cervello - cose questa sempre più difficile in una società computerizzata e multi tasking - potremo scorgere qualcosa non torna…

 

I sopravvissuti


Numerose persone sopravvissute alla Spagnola, hanno testimoniato che si ammalavano e morivano solamente coloro che erano stati vaccinati! 
I sintomi erano: febbre alta (tifoidea), brividi, dolore, crampi, diarrea, congestione di gola e polmoni come nella polmonite (tipica della difterite), vomito, mal di testa, debolezza, piaghe sulla pelle (causate dai vaccini antivaiolosi), paralisi, ecc. 
Esattamente i sintomi provocati dalle malattie per le quali erano stati vaccinati tutti i militari e gran parte della popolazione civile: tifo, difterite, polmonite, polio e vaiolo. Casualità?
Il primo tassello della nostra storia è questo: i medici hanno inoculato vaccini totalmente sperimentali e sieri altamente tossici in quasi tutte le persone giovani e sane. 
Ho potuto osservare - dice  il medico L. Day, ex chirurgo in capo dell’ospedale di S. Francisco e professore nella facoltà di medicina - che l’influenza essenzialmente veniva contratta dai vaccinati: coloro che non erano stati vaccinati, evitavano la malattia. La mia famiglia aveva rifiutato le vaccinazioni; e’ in questo modo che siamo rimasti tutto il tempo in ottima salute.
La combinazione di tutti quei vaccini tossici - per esempio quello contro la febbre tifoidea scatenò un problema ancor più serio chiamato paratifo - causò violente e gravissime reazioni che i medici non riuscirono ad affrontare e alcuni ospedali militari furono riempiti esclusivamente di soldati paralizzati.

 

L’esperimento di Sir William Leishman

 

E’ quasi sconosciuto il “grande esperimento di vaccinazione” condotto da Sir William Leishman medico e direttore generale della Sanità militare britannica, sui militari. Oltre a partecipare alla vaccinazione contro il tifo nel 1914, ne sviluppò il vaccino, partendo da tre fonti principali: tifo, paratifo A e paratifo B. 
Nell’autunno del 1914 i medici iniziarono a chiedere la vaccinazione obbligatoria per tutte le truppe militari; quella contro il vaiolo lo era già da tempo. E fu così che durante il 1915, il 90% delle truppe fu vaccinato contro il tifo e a partire da febbraio 1916 anche contro paratifo A e B.
Il vaccino era composto da brodo di colture di un ceppo di bacilli del tifo, nel quale il batterio era standardizzato in modo che ogni centimetro cubo del liquido ne contenesse 500.000.000 nella prima dose e 1 miliardo nella seconda.
Nel resto del mondo la situazione non cambia: nel 1855 passa in Massachusetts la prima legge che impone l’obbligo vaccinale per tutti gli scolari e nel 1856, stranamente, vi fu una grande epidemia di difterite. Nel 1859 si inizia a produrre l’antitossina difterica; nel 1911 il vaccino contro il pneumococco e nel 1915 quello contro la pertosse. Nel 1917 i militari vengono vaccinati con l’antitossina tetanica, e nel 1918 arriva quello contro il vaiolo. Vaccini su vaccini vengono iniettati nel corpo di milioni di persone.

 

Pandemia del 1976


Dove si verifica nel 1918 il primo caso di Spagnola? Nella base militare di Fort Riley nel Kansas.

Nulla di strano, visto che l’altra cosiddetta pandemia avvenuta nel 1976 è scoppiata contemporaneamente nelle basi militari di Fort Meade nel Maryland e Fort Dix nel New Jersey! Sempre e solo basi militari. Le pandemie del 1918 e 1976 si sono manifestate nelle persone più vaccinate al mondo: i militari.
Nel 1976 seguendo il motto “meglio un vaccino senza epidemia, che un’epidemia senza vaccini” volevano vaccinare l’intera popolazione americana: 200 milioni di individui.
L’American Insurance Association e le varie compagnie assicurative - certamente più informate degli enti governativi e dei medici - misero le mani avanti, affermando che toccava al governo farsi garante per gli eventuali danni. Erano a conoscenza che i vaccini sono pericolosi per la salute, per cui ritardarono la loro produzione.
L’empasse durò fino al 12 agosto, quando il presidente Gerald Ford firmò la legge che assegnava al governo federale la responsabilità civile per eventuali danni. I primi americani si vaccinarono il 1° ottobre e dieci giorni dopo si verificarono i primi morti.
Per mitigare i timori, Ford e la sua famiglia si fecero vaccinare davanti alle telecamere, ma i quotidiani continuarono a contare le vittime: svariate migliaia di casi di Guillan-Barré (paralisi con deficit sensoriale), sclerosi multipla, artrite reumatoide, polimiosite, sincopi, paralisi facciale, nevrite, tetraplegie da encefalite, demielinizzazione, nevrite ottica, ecc.

 

Le vittime: i più giovani e sani


Nel 1918 i medici che non usarono farmaci, ottennero guarigioni nel 100% dei casi. 
La malattia aveva le caratteristiche della peste nera, con l’aggiunta del tifo, polmonite, vaiolo e di quelle malattie contro le quali la gente era stata vaccinata alla fine della prima Guerra Mondiale. La pandemia si trascinò per due anni, mantenuta viva dall’aggiunta di farmaci velenosi dispensati dai medici. Quelli che rifiutarono le vaccinazioni non si ammalarono! 
La malattia colpiva sette volte di più i soldati vaccinati che i civili non vaccinati.”
Non bastavano sieri e vaccini, vi fu anche un eccesso di farmaci come l’aspirina, utilizzata per curare l’influenza.

Secondo alcune ricerche questa pratica fece morire moltissime persone: le autorità sanitarie scambiarono gli  effetti del sovradosaggio di aspirina con l'influenza stessa.

 

Il secondo tassello, è la caratteristica atipica della strana pandemia, che uccise perlopiù adulti giovani, con il 99% delle vittime di età inferiore ai 65 anni di cui più della metà tra i 20 e i 40 anni. 
E’ curioso perché normalmente l'influenza è più micidiale tra i bambini di meno di 2 anni e i vecchi con più di 70. Curioso fino a un certo punto, perché le fasce a maggior mortalità sono proprio le fasce più vaccinate…

 

Perché si chiama Spagnola?


Alcuni soldati americani ammalati erano stati in Spagna durante il periodo bellico, e così nacque l’idea di incolpare qualcun altro della pandemia. Tanto più che all’epoca la Spagna non era coinvolta nella Guerra, quindi la stampa era meno soggetta alla censura, onnipresente nei periodi bellici. Essendo il primo paese a parlarne pubblicamente, venne chiamata Spagnola, forse per rappresaglia nei confronti di questo paese. Negli Stati Uniti, il silenzio fu tombale.

 

Resuscitare il mostro


Il dottor Johan Hultin di San Francisco è riuscito a far rivivere il virus della Spagnola.
Uno sforzo perseguito per 10 anni, e che ha compreso l'esumazione dei resti di alcuni morti di spagnola, ben conservati nel permafrost sub-artico.
Hultin però non è un ricercatore normale: lavora per l'Armed Forces Institute of Pathology di Rockwille e la ricerca è stata finanziata dal Pentagono
Una simile ricerca finanziata dalla Difesa rende credibili i peggiori sospetti, dichiarati da Leonard Horowitz, esperto internazionale di sanità pubblica. Egli sostiene che nel 1975 Henry Kissinger affidò alla CIA la preparazione di germi che potessero “ridurre la popolazione mondiale”, come risulta dagli atti del Congresso. Ed accenna ad un agghiacciante successo di alcuni ricercatori (O'Conner, Stewart, Kinard, Rauscher) dello Special Virus Cancer Program, che sarebbero riusciti, lavorando sui virus ricombinanti, a combinare i virus influenzali con un virus che provoca leucemia acuta linfocitica, per produrre una arma capace di trasmettere la leucemia, come l'influenza. 
Sappiamo pochissimo, per ovvi motivi di segretezza militare, ma è possibile che nel 1918 stavano eseguendo simili esperimenti? Esperimenti di guerra batteriologica sfuggiti di mano?
Il primo a proporre questa tesi fantascientifica fu nel 1948 Heinrich Mueller, già capo della Gestapo. Durante gli interrogatori della CIA disse che la Spagnola era parte di un’arma batteriologica iniettata con i vaccini dell’esercito che infettò i soldati del Camp Riley nel marzo del 1918 e si diffuse nel mondo…
Farneticazioni di un nazista o amara realtà? Non si sa, ma la cosa certa, è che sicuramente c’entrano i vaccini e i primi infettati furono i soldati.

 

Conclusione


Cosa accadde nell’autunno del 1918? Vi furono una concomitanza di fattori molto particolari, tra cui una Guerra Mondiale devastante, condizioni igienico-sanitarie complesse e numerose campagne di vaccinazioni che interessarono decine di milioni di persone.
Alla fine del XIX secolo, la medicina era agli albori. I vaccini erano un miscuglio tossico formato da sangue infetto di persone malate, colture di batteri e bacilli; i medicinali erano a base di mercurio (calomelano), stricnina, antimonio, iodio, poi c’erano i salassi, i caustici e vescicanti, ecc.
Vaccini e medicinali erano un abbinamento mortifero che uccideva il paziente.
Queste sostanze, iniettate più e più volte, assieme a farmaci, in organismi debilitati, stressati e snervati dalla guerra, hanno creato le premesse per la manifestazione di patologie mortali.
Oggi, nel Ventunesimo secolo, c’è chi afferma che l’omeopatia è acqua fresca.
Sarà anche vero, ma su 26.795 casi analizzati di influenza Spagnola, i medici omeopati e naturisti nel 1918 avevano un tasso di mortalità pari a l’1%, mentre gli allopati, con i loro farmaci, una mortalità dal 30 al 100%!


Laudato sì, mi Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta
Ben venga l’acqua fresca…

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Fonte: da disinformazione .it del 

Link: http://www.disinformazione.it/spagnola.htm

 

 

venerdì 18 settembre 2020

CON LE BOMBE SU BELGRADO MORIVA L’EUROPA E NASCEVA L’UNIONE EUROPEA

 










Il 6 aprile 2019 a Bologna si è tenuto il convegno nazionale: 

LE BOMBE SULLA JUGOSLAVIA VENTI ANNI DOPO”, organizzato dal Coordinamento nazionale Jugoslavia presso il centro “Katia Bertasi”. 

 

Particolarmente interessanti gli interventi della delegazione dei lavoratori della Zastava di Kragujevac sulla situazione sociale della Serbia e le condizioni capestro degli operai della grande fabbrica “acquisita” dalla Fiat, di Sergio Bellavita (Usb), del presidente del Forum di Belgrado Zivadin Jovanovic, dello studioso Michael Chossudovski, del responsabile esteri del Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia, di Carlo Pona e Alberto Tarozzi attivi nel gruppo degli Scienziati contro la guerra.

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Pubblichiamo qui di seguito il contributo di Sergio Cararo al convegno a nome della redazione di Contropiano:

 

I bombardamenti delle potenze della Nato su Belgrado e la Federazione Jugoslava venti anni fa sono stati uno spartiacque nella storia europea più recente. La velocità con cui è stata rimossa quella guerra e il silenzio sul ventesimo anniversario,  confermano oggi quanta falsa coscienza e quanti scheletri ci siano nell’armadio delle forze liberali e progressiste europee che vorrebbero rappresentare l’alternativa alle forze reazionarie che vengono crescendo in Europa.

 

Con i bombardamenti  su Belgrado, una capitale europea, possiamo affermare con le parole dello scrittore Peter Handke, che “è morta l’Europa ed è nata l’Unione Europea”.

 

Ma quale è stata la colpa della Federazione Jugoslava alla quale per 78 giorni sono stati bombardate le città, le fabbriche come a Kraugujevac e Pancevo, i ponti sul Danubio, le ferrovie mentre transitavano i treni, con centinaia di morti, di feriti, di profughi che nessuno ha voluto vedere?

 

La residua Federazione Jugoslava agli occhi delle potenze imperialiste della Nato, tutte e nessuna esclusa, aveva la colpa di essersi opposta al processo di disgregazione e frammentazione che Germania e Usa avevano scatenato nei paesi dell’Europa dell’Est dopo la dissoluzione dell’Urss, e aveva la colpa di trovarsi in mezzo al “Grande Gioco” sui corridoi strategici tra Est e Ovest su cui si è combattuta una più di una guerra e su cui ancora oggi è in corso una durissima competizione globale.

 

Per avere una idea di come è stata brutalmente ridefinita la mappa del mondo in quell’area che i geopolitici chiamano Eurasia, dobbiamo sapere che fino al 1989 in quell’area a est di Gorizia per intenderci, c’erano solo 10 Stati riconosciuti dall’Onu. Oggi ce ne sono 32, quasi tutti riconosciuti dall’Onu e solo 11 hanno più di dieci milioni di abitanti. Ad eccezione della Russia si tratta in gran parte di piccoli Stati con scarso peso negoziale, con forza lavoro a basso costo ma istruita e qualificata (vedi il caso emblematico della Zastava denunciato in questo convegno), in condizioni di dipendenza economica dalle delocalizzazioni produttive e dagli investimenti esteri e, lì dove ce ne sono, sullo sfruttamento delle loro materie prime.

 

E’ noto come dopo la dissoluzione dell’Urss, soprattutto intorno al 1993 si sono riscatenati gli appetiti degli imperialismi, soprattutto da parte dagli Stati Uniti usciti vittoriosi dalla Guerra Fredda – ma in parte anche dalla Germania ormai riunificata – in tutta l’area che va dai Balcani all’Asia.

 

Gli obiettivi dichiarati erano:

  • Ridisegnare la mappa geopolitica
  • Mettere mano sulle risorse naturali (in particolare gas e petrolio) delle repubbliche ex sovietiche
  • Controllare i corridoi strategici, ossia una rete infrastrutturale fatta di pipelines, strade, porti, infrastrutture, che consentissero di far pervenire rapidamente queste risorse sui mercati più ricchi come l’Europa.
  • Tagliare fuori da questi corridoi Stati come la Russia e l’Iran, ma anche condizionare i partner europei sull’accesso alle risorse che si sono venute a trovare a disposizione.

 

In qualche modo questa strategia era stata indicata come vitale per il mantenimento dell’egemonia statunitense già nel 1992 con primo documento dei neocons statunitensi reso noto dal Washington Post (ripreso e ampliato nel 2000 con il Pnac, Project for New American Centuries) nel quale, dopo la sconfitta dell’Urss, si puntava a usare ogni mezzo affinchè in questa area non sorgesse mai più una potenza rivale capace di competere con gli Usa.

 

Questa strategia è stata definita ancora più nei dettagli da Zbignwew Brzezinski a metà degli anni Novanta con il suo libro “The Great Chessboard” (La Grande Scacchiera).

 

E’ emblematico che esattamente nello stesso periodo e con l’amministrazione Clinton, il Congresso Usa avesse discusso nel 1997 e approvato nel 1999 il “Silk Road Strategy Act”, ossia il Documento Strategico per la Via della Seta, ma in senso completamente opposto a quello perseguito oggi dalla Cina.

 

La Federazione Jugoslava è venuta a trovarsi proprio nel mezzo di tale ridefinizione e spartizione di questa parte del mondo. L’essersi opposta alla disgregazione, in una fase in cui la disgregazione degli Stati nell’Est veniva perseguita con determinazione da potenze imperialiste come Stati Uniti e Germania, l’ha resa colpevole e l’ha trasformata in un “Target” da abbattere, dividere ulteriormente, criminalizzare  e bombardare.

 

Alcuni articoli di Alberto Negri sui corridoi strategici nei Balcani, pubblicati sul quotidiano economico Il Sole 24 Ore, usciti durante le vacanze natalizie tra il 1998 e il 1999,  restano su questo aspetto illuminanti per capire le motivazioni dell’aggressione alla Jugoslavia.

 

E’ importante, anche se non c’è il tempo per approfondire, segnalare come tutto questo abbia influito sulla Russia allora soggetta ad una pesantissima crisi economica, sociale e perfino demografica (è stato l’unico paese a perdere popolazione non in tempo di guerra ma a causa di malattie, miseria etc.).

 

La Russia di Eltsin è stata uno zerbino e una terra di saccheggio per le multinazionali, gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Ma proprio l’aggressione alla Federazione Jugoslava nel 1999 ha funzionato da acceleratore per una controtendenza che portò ad un cambiamento di leadership.

 

La Russia non solo aveva subito le pesantissime conseguenze interne della dissoluzione dell’Urss, ma aveva visto esplodere gli orrori della guerra anche ai propri confini, ad esempio in Cecenia, una delle zone in cui transitano proprio quegli oleodotti diventati oggetto del Grande Gioco che doveva tagliare fuori la Russia dai corridoi strategici. Le due guerre in Cecenia sono state orrende, sia per i russi che per i ceceni. Dietro il secessionismo ceceno, così come quello kosovaro o bosniaco, abbiamo visto la longa manu non solo degli Usa ma anche quelle dell’Arabia Saudita e della Turchia che hanno agito in Bosnia, nel Kosovo, in Macedonia.

 

L’obiettivo dichiarato era quello di mettere fuori gioco i terminali petroliferi che convergevano nel porto russo di Novorossik sul Mar Nero, e imporre un tracciato per le nuove pipelines che doveva invece sfociare nel porto turco di Ceyhan, sul Mediterraneo. Inutile dire che quel tracciato passava anche sui territori abitati dai kurdi in Turchia e che quindi andavano “neutralizzati” con ogni mezzo.

 

L’onda lunga di quel conflitto ai confini della Russia è arrivato fino al 2008 ed ancora nel Caucaso (zona di passaggio delle pipelines provenienti dalle repubbliche asiatiche ex sovietiche), quando la Georgia si era sentita talmente forte e sostenuta dagli Stati Uniti da muovere guerra contro le due piccole repubbliche della Ossezia e dell’Abkhazia legate a Mosca. L’entrata in campo delle forze armate russe portò alla sconfitta della Georgia, la quale temendo per il suo futuro invocò l’art.5 della Nato in quanto partner e chiedendo alle potenze Nato di intervenire al suo fianco. Gli Usa si dissero disponibili, ma le potenze europee opposero un secco rifiuto evidenziando quella crisi della Nato diventata sempre più leggibile negli anni successivi. In sostanza le camere di compensazione degli interessi tra le varie potenze euroatlantiche, e con gli Stati Uniti come primus inter pares, cominciavano a non funzionare più come prima.

 

La dimostrazione che il mondo e i rapporti di forza sono cambiati venti anni dopo una guerra strategica come quella in Jugoslavia, sono leggibili da fatti che dimostrano come i peggiori incubi dei neconservatori statunitensi si stiano avverando: la non riuscita destabilizzazione della Siria, lo stallo della situazione in Ucraina, la tenuta del Venezuela ed infine il progetto della Via della Seta cinese tra l’Asia e l’Europa, in direzione e con interessi esattamente contrari a quelli del Silk Road Strategy Act degli Stati Uniti, sono lì a dimostrarlo. Gli Stati Uniti vivono una crisi della loro egemonia globale. Ciò li rende più deboli ma non per questo meno pericolosi.

 

Ma dobbiamo anche dirci che la disgregazione della Jugoslavia prima e l’aggressione NATO alla Federazione Jugoslava poi, non è un crimine che possiamo addossare solo agli Stati Uniti.

 

Per molti aspetti, come dicevamo all’inizio, i bombardamenti sulla Serbia del 1999 sono stati quasi un atto costitutivo della nuova fase dell’Unione Europea del XXI Secolo, esattamente come lo era stata la richiesta tedesca di riconoscimento unilaterale della secessione di Slovenia e Croazia mentre si discuteva l’approvazione del Trattato di Maastricht nel 1992.

 

Sappiamo tutti che i bombardamenti su Belgrado erano in preparazione almeno dal 1998 (la strage del Cermis è lì a testimoniare l’addestramento degli aerei militari statunitensi della base di Aviano ai voli a bassa quota). In Italia il primo ministro Prodi aveva dato l’activaction order nelle basi Nato presenti nel nostro paese già ad ottobre del 1998.

 

La farsa del Gruppo di Contatto e del negoziato di Rambouillet sul Kosovo,  ha visto pienamente coprotagonisti anche Francia, Germania, Italia e Gran Bretagna e non solo gli Usa. Quando si è capito che Washington avrebbe dato via all’escalation, nessuna potenza europea si è chiamata fuori, anche se gli Stati europei coinvolti erano tutti governati da forze progressiste, socialdemocratiche e di centro-sinistra: Blair, Jospin, Schroeder, D’Alema. Sono state proprio queste forze ad aver elaborato e gestito nelle proprie società e tra i  militanti della sinistra la tesi della “guerra umanitaria”, della guerra come “dolorosa necessità”, ad aver alimentato e gestito la manipolazione mediatica e la disinformazione consapevole, finanche le operazioni di aiuto umanitario che hanno portato più benefici economici alle Ong e alle associazioni impegnate nella Missione Arcobaleno che alle popolazioni della Jugoslavia. Sono stati aiuti umanitari che hanno esplicitamente discriminato i più 600.000 profughi serbi fuggiti dalle Krajine e dalla Bosnia prima e dal Kosovo poi e presi in carico da un paese – la Serbia – sottoposta già a sanzioni economiche e poi ai bombardamenti.

 

Non c’è stato solo l’uso delle basi militari ma anche i bombardieri inglesi, francesi, italiani e tedeschi (per la prima volta dalla seconda guerra mondiale) hanno partecipato attivamente agli attacchi sulla Serbia e il Kosovo insieme a quelli statunitensi.

 

Sono state scelte gravissime che non dobbiamo e non vogliamo dimenticare, sono state, appunto, uno spartiacque politico, storico, strategico e se volete, anche morale che rimane valido tutt’oggi.

 


 

Fonte:  srs di Sergio Carraro;  da  Contropiano del  7 aprile 2019 

Link: https://contropiano.org/news/politica-news/2019/04/07/con-le-bombe-su-belgrado-moriva-leuropa-e-nasceva-lunione-europea-0114230?fbclid=IwAR1qTpDMQXPR-d_TyXRGI2FZPoF-K_0U85pFOZeLA5SyfMauXLnTJDNJWQk

 

 

giovedì 17 settembre 2020

LA TROTTA DI PESCANTINA

La Mamdela 


Alla " Mandela " di Pescantina  funzionava una " restara ": stazione per il cambio dei cavalli impiegati per il traino delle barche. 

La stalla, con il soffitto a volta, poteva accogliere una mezza dozzina di quadrupedi; in fianco si trovavano un minuscolo fondaco e un'osteria: ritrovo per " barcari "," cavallanti " e altri affezionati. 

L'edificio era un tempo appartenuto ai Salvi; sulla facciata fino a non molto tempo fa si potevano osservare dettagliatamente le loro insegne nobiliari. 

Sotto il portico resiste ancora una scritta curiosa che ricorda un avvenimento fuori dal comune. 

Si tratta della cattura di una trota della lunghezza e del peso eccezionali. La scritta che una volta era corredata dal disegno della trota in scala reale, reca la data in cui avvenne il fatto:16 giugno 1828 e il peso dell'animale: 40 live  (libbre),   e once 8.   ( pari a 20,6 chilogrammi circa  se misurata in libre pesanti,  o  13,5 chilogrammi  se misurata in libre leggere).........

















40 live e 8 onse 

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Fonte:  da Sei di Pescantina




LA PESATA. UNITA’ DI MISURA

 

 

Libra grossa                       499,931

Libra  sottile                       333,287

 

La libbra si divide in 12 once. 

 

25 libbre sottili fanno un peso.

 

I farmacisti usavano la libbra medica viennese di grammi 420,008 e anche la 

Libbra sottile veneta di grammi 301,230.

 

I gioiellieri usavano il marco di grammi 238,499 diviso in 8 once, l'oncia in 144 carati, il carato in 4 grani.

 

Loncia Veronese  o onsa era  di   28,35 grammi ed era l'unità di misura indicata per una dose di olio di ricino.  

 

L’oncia o  ònsa  è un'unità di misura che attualmente utilizzano i barman veronesi

 

 

 

 



lunedì 14 settembre 2020

VERONA. UNA MANSIO SOTTO L'EX CINEMA ASTRA

 



Nell’estate autunno del 2004, sotto l’immobile di via Oberdan 13 (ex cinema Astra), 200 mt da Porta Borsari e dunque appena fuori dalle mura, gli scavi per la realizzazione di un piano interrato hanno portato alla luce una serie di strutture a carattere residenziale.  
Una stazione di posta (mansio), adibita a fornire ospitalità pubblica e privata lungo la Postumia.


Su alcune pareti rimangono consistenti resti dì affreschi che richiamano pitture di III stile, mentre in 7 vani sono stati individuati pavimenti in signino bordati da fasce di tessere musive e contenenti campi centrali decorati da tesselle e crustae. L'edificio doveva essere dotato di un piano superiore di cui è testimoniato il crollo nel vano F. Tale piano era dotato di pavimentazioni musive. Un totale di 20 vani con alcuni ambienti aventi riscaldamento a parete e a pavimento.

 

 

Fonte: N.R.  


domenica 13 settembre 2020

LA BERLINA DI PIAZZA ERBE DI VERONA

  La berlina o  tribuna di Piazza Erbe

 

Al centro di piazza Erbe sorge un monumento che tradizionalmente viene chiamato “berlina” nonostante si tratti di una tribuna (o capitello).

 

Per Gerolamo Dalla Corte sarebbe stato eretto nel 1207 dal podestà Azzo d'Este; sicuramente esisteva nel XIII secolo in quanto citato negli Statuti veronesi. Secondo Luigi Simeoni, studioso locale, il capitello fu rifatto nel 1378, durante la signoria dei fratelli Bartolomeo e Antonio della Scala, quando vennero eliminate le baracche di legno che occupavano la piazza. Tuttavia la tribuna che vediamo oggi non risale all’epoca scaligera: quella avrebbe dovuto avere forme gotiche, mentre l’attuale è di ispirazione classica. Anche le lettere incise sulla colonna che regge la catena appartengono ad un carattere (maiuscolo romano) in uso nel secolo successivo.






Sulla colonna si leggono ancora tre sigle: PER (pertega), BRAS (brasso) e PASSUS (passo). 


Sul piedistallo verso via Cappello sono scolpite le forme di due unità di misura dell’epoca: il copo (tegola) e il quarel(mattone). La catena di ferro determinava invece la misura della fassina, un fascio di legname.

 

 

La misura della fassina



La tribuna era al centro di numerosi aspetti della vita cittadina: attività commerciali, politiche e giuridiche. Nel 1477, il poeta e storico Francesco Corna da Soncino annota che sotto il baldacchino esisteva una sedia di marmo (scomparsa) su cui prendeva posto il podestà appena eletto per ricevere le chiavi della città e la bacchetta, simbolo dell’incarico. Anche il pretore vi sedeva al momento di giurare fedeltà e giustizia.

 

Preceduti da squilli di tromba qui l’araldo leggeva i bandi. Riguardo al commercio, oltre alle misure, una banderuola sulla sommità regolava gli orari del mercato: quando esposta i grossisti avevano l’obbligo di vendere direttamente ai consumatori, non ai titolari dei banchi del mercato che, per non eludere questa norma, erano tenuti ad indossare un cappello azzurro; le rivenditrici indossavano una fascia dello stesso colore.


Nel 1677 ci fu una protesta presso i Rettori veneti perché il cappello era oggetto di scherno; i rivenditori furono accontentati: il copricapo fu sostituito da una traversa azzurra e bianca, la fascia delle donne da una piccola corda da attaccare alla manica.

 

Il termine berlina nasce probabilmente da un’altra usanza: un articolo degli Statuti prevedeva che nessun ragazzo potesse far correre cavalli per la città sotto la pena di 40 soldi: se non era in grado di pagare doveva essere incatenato al capitello e restarvi per un periodo a discrezione del podestà o della curia. Chi veniva sorpreso a giocare a taluni giochi vietati e non aveva la possibilità di pagare doveva essere tuffato per tre volte, al suono di una tromba, nella vasca sul fianco della tribuna.


I tessitori che imbrogliavano sulla qualità della lana, oltre ad essere soggetti a multe, venivano legati alla catena dall’ora terza fino alla nona, senza possibilità di ottenere la grazia. Nel 1328 Cangrande stabilì che il bestemmiatore che non fosse in grado di pagare un'ammenda venisse immerso per tre volte nella vasca in inverno, e per tre volte frustato, sempre intorno al capitello, nelle altre stagioni. In epoca veneziana si esponevano al capitello le teste dei banditi decapitati per un’eventuale identificazione. Chi catturava lupi riceveva un premio: nell'inverno 1398/99, a causa del freddo eccezionale, branchi di lupi affamati si spinsero fino in città. Quelli abbattuti furono esposti sulla tribuna.

 

 

Misure  del copo e del quarel 

 

 

Fonte: da La mia Verona

Link: https://lamiaverona.jimdofree.com/briciole/berlina-o-tribuna/