mercoledì 31 marzo 2010

Postulato del dirigente scolastico


Ogni qualvolta le cose si rendono semplici per il dirigente scolastico,  per una sorta di principio di conservazione della complessità, la vita si fa dura per gli insegnati.

martedì 30 marzo 2010

Pedofilia, i vescovi e la Cei: Collaboreremo. Siamo mortificati per gli errori di qualcuno. Autorità accertino i reati



Di fronte allo scandalo pedofilia i vescovi italiani “non si oppongono, ma anzi convergono, con una leale collaborazione con le autorità dello Stato, a cui compete accertare la consistenza dei fatti denunciati”. E' questa la posizione espressa nel comunicato finale dei lavori del Consiglio episcopale permanente, diffuso dalla Cei.  La riunione del “parlamentino” dei vescovi si e'svolta la scorsa settimana a Roma.
“Sgomento, senso di tradimento e rimorso per ciò che è stato compiuto da alcuni ministri della Chiesa” è stato espresso dai vescovi italiani. La Cei si associa all'atteggiamento fermo e illuminato di Benedetto XVI che, senza lasciare margini di incertezza nè indulgere a minimizzazioni, invita la comunità ecclesiale ad accertare la verità dei fatti, assumendo nel caso i provvedimenti necessari”. “I Vescovi del Consiglio Permanente hanno riaffermato - si legge nel documento - la vicinanza alle vittime di abusi e alle loro famiglie, parte vulnerata e offesa della Chiesa stessa”.

Selezione accurata dei candidati al sacerdozio
I vescovi italiani “ancora una volta” confermano “l’esigenza di un’accurata selezione dei candidati al sacerdozio, vagliandone la maturità umana e affettiva oltre che spirituale e pastorale”.
Nel comunicato finale dei lavori del Consiglio episcopale permanente, si è anche sottolineato “il valore del celibato, che non costituisce affatto un impedimento o una menomazione della sessualità, ma rappresenta, specialmente ai nostri giorni, una forma alternativa e umanamente arricchente di vivere la propria umanità in una radicale donazione a Cristo e alla Chiesa”.

Fonte TGCOM del  del 30,03,2010

sabato 27 marzo 2010

Street Photography - Fotografia da strada: conosco i miei diritti

Verona: Artisti da strada

I’M A PHOTOGRAPHER, NOT A TERRORIST

Il fotografo è l'autore dell'opera, ne è quindi il proprietario, sia di file che di negativi, e, come cita la suddetta legge:

Art.12) L'autore ha diritto esclusivo di pubblicare l'opera.

Inoltre: Art.20) Indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell'opera previsti nelle disposizioni della sez. precedente, ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione,mutilazione od altra modificazione ed a ogni atto a danno dell'opera stessa che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.

Art.96) Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell'articolo seguente.

Per quanto riguarda i diritti sulle fotografie ci sono alcune eccezioni:

Art.97) Non occorre il consenso di una persona ritratta quando la riproduzione di un'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta.

Quindi se io fotografo per strada, salvo le accezioni quì sopra, nessuno ha il diritto di impedirmi di fotografare e di usare le immagini quando una persona è in un luogo pubblico. Ovviamente se io sono in strada e fotografo una nuda in giardino, e per farlo mi arrampico su un muretto, non loposso fare. Ma se cammini per strada e ci sono altre persone non ci sono problemi.

Eccezione: luogo pubblico, ma foto incentrata solo su un soggetto, non isolato da una folla circostante ma proprio solitario. La posso fare sempre, se è per tenerla per un uso privato, ma per pubblicarla c'è un pò da discutere sui diritti.

- Nessuno può sottoporci a perquisizione personale o sequestrare materiale in nostro possesso, fanno eccezione le forze dell'ordine in caso di pericolo per l'ordine pubblico (il carabiniere può perquisire e sequestrare il taglierino al rapinatore, non può farlo con un elettricista che sta evidentemente facendosi gli affari suoi) o in caso di pronunciamento dell'autorità giudiziaria. Nessun vigilantes, guardia giurata, buttafuori, addetto alla sicurezza o chi per loro puo' chiederti (men che meno obbligarti) di vedere e cancellare le fotografie.

- Fotografare è diverso da pubblicare le fotografie, fotografare in luoghi pubblici è sempre permesso, ci sono condizioni e limitazioni alla pubblicazione, non allo scatto.

- Il diritto di cronaca è diritto di chiunque anche se non iscritto ad albi, registri e se non svolge neppure occasionalmente il mestiere di cronista.

- Lo stato italiano tutela la proprietà privata sopra ogni cosa fatto salvo il maggiore diritto comune. Che vuol dire tutto questo? Da un punto di vista prettamente legale tu puoi fotografare stando all'intero di una struttura privata solo se il proprietario (o chi per lui/loro) ti autorizza, in primo luogo ad entrare, in secondo luogo a fotografare; il lavorare nella struttura non ti autorizza in se, se fai il ragioniere in acciaieria non significa che la domenica puoi andare a fotografare la colata.

Questo non significa che, se tu commetti un abuso fotografando dove non potresti, un vigilantes sia autorizzato a commetterne uno maggiore limitando la tua libertà di azione e movimento fermandoti e chiedendo di visionare e cancellare le fotografie. Sicuramente quello che può fare è fermarti e chiedere di vedere il tuo cartellino, in caso di tuo rifiuto può invitarti ad uscire dalla struttura e contestualmente chiamare le forze dell'ordine che procederanno alla tua identificazione. Se ti rifiuti di lasciare la struttura dovrà comunque chiamare le forze dell'ordine e nonprocedere autonomamente al tuo allontanamento.

Neppure le forze dell'ordine possono obbligarti a mostrare loro le fotografie seduta stante, possono però, in caso di sospetti fondati di pericolosità sociale, metterti in stato di fermo e condurti in caserma per accertamenti, lì eventualmente su ordine del giudice possono sequestrarti la fotocamera e visionare le fotografie (non cancellarle).

Qual'è il principio? Il principio ispiratore è che tu, a rigore di legge, sei innocente, contestualmente sulla tua fotocamera potrebbero esserci immagini legate alla tua sfera personale che nessuno può essere autorizzato per legge a vedere, io ad esempio ho fatto delle fotografie alla mia schiena per documentare l'eventuale modificazione di un paio di nei, immagina quanti possibili scenari di privacy assoluta ci possono essere in una fotocamera, nessuno se non dopo l'autorizzazione di un giudice, può accedere a quelle immagini.

Chiaro che la ragionevolezza invita ad una condiscendenza diversa: fermo restando quanto detto sopra, vale la pena mettere un addetto alla
sicurezza della tua azienda in condizione di chiamare le forze dell'ordine che dovranno metterti in stato di fermo e portarti in caserma per gli
accertamenti del caso?

E' possibile fotografare aziende private? Come detto dall'interno della struttura sicuramente no senza autorizzazione, ma dall'esterno sicuramente si.

Fanno eccezione quelle strutture private che, per vari motivi, rientrano tra gli obiettivi sensibili ad azioni terroristiche: le strutture Telecom,  aziende di produzione e vendita di armi, le varie municipalizzate che gestiscono gli acquedotti, stazioni ferroviarie di ferrovie private (oltre a quelle pubbliche), dighe e centrali elettriche, insomma strutture chiave per trasporti, telecomunicazioni e servizi essenziali, pubblici o privati che siano.

DA FAR LEGGERE IN CASO DI PROBLEMI PER STRADA NEL PRATICARE UN’ATTIVITA’ SANA!

Cosa è la Street Photography - La fotografia da strada


Dare una definizione esaustiva della street photography non è semplice. Si potrebbe cominciare dicendo che è un genere fotografico, più precisamente un genere di reportage.
La street photography è infatti l’istantanea della vita urbana osservata per strada nella sua quotidianità e nei suoi molteplici aspetti: l’ironia, la tragedia, l’imprevedibilità, la bellezza ed anche la crudeltà.

Le immagini di questo genere fotografico sono lo specchio della società, delle persone che la compongono, catturate durante la vita di tutti i giorni da qualche occhio attento alle sfumature dell’umana commedia che va in atto negli spazi pubblici.
Essere uno street photographer significa entrare in sintonia con la vita, percepirne gli umori, gli odori, i colori, viverla con intensità per poi cercare di rappresentarla solo dopo averla assorbita.

Henri Cartier-Bresson, che con le sue immagini ha contribuito alla nascita della street photography, disse che per cogliere attraverso l’obiettivo i momenti decisivi della vita è necessario porre sullo stesso piano, mente, occhio e cuore. Un’attitudine che, sempre secondo le parole del celebre fotografo, richiede prontezza, disciplina, sensibilità e senso geometrico.

Articolo scritto da Alxcoghe, fondatore del forum dedicato a questo genere,
Il  link del forum è http://spc.forumfree.it/

La prima fotografia della Storia di Joseph Nicéphore Niépce - 1826 -


La prima vera fotografia fu scattata da Joseph Nicéphore Niépce nel 1826 su Bitume di Giudea (sostanza che possiede la proprietà di divenire insolubile in olio di lavanda dopo che lo stesso è stato esposto alla luce).
Il tempo d'esposizione di 8 ore causa l'impressione che gli edifici siano illuminati dal sole sia da destra sia da sinistra.
In realtà questa non fu la prima foto fatta da Niépce. Nel 1816 ottenne la sua prima immagine fotografica (che ritraeva un angolo della sua stanza di lavoro) utilizzando un foglio di carta sensibilizzato, probabilmente, con cloruro d'argento. L'immagine, tuttavia, non poteva essere fissata permanentemente, cosa invece che gli riuscì nel 1826 con questa “foto” al Bitume di Giudea.

Alcuni ricercatori affermano che la prima foto sia da attribuirsi a Thomas Wedgwood, un inglese, che aveva effettuato studi sul nitrato d'argento, se fosse vero, anticiperebbe di una ventina di anni la nascita della fotografia.
La prima di cui si ha la certezza assoluta è di Niépce, di foto di Wedgwood “non v'é certezza”, scritti dell'inglese fanno pensare che avesse trovato il modo di riprodurre immagini tramite procedimento fotografico, ma che non fosse in grado di fissarle permanentemente.

Fonte: marcocrupifoto

venerdì 26 marzo 2010

Un nuovo rivoluzionario metodo di datazione con cui analizzare il C-14

Una lampada al plasma (lucnix.be)

In occasione del 239′ National Meeting dell’American Chemical Society (ACS), un team di scienziati coordinato da Marvin Rowe, della Texas A&M University College Station nella sede del Qatar, ha annunciato di aver sviluppato un nuovo metodo per determinare l’età di antichi manufatti, mummie e altre reliquie senza danneggiarli.

La rivoluzione sta nel poter effettuare analisi su tutti quei reperti finora inaccessibili per la preoccupazione dei proprietari (musei o collezionisti privati) di rovinare gli oggetti.
Rowe spiega in cosa consista la rivoluzione: “Espande la possibilità di analizzare in modo approfondito le collezioni dei musei finora inaccessibili per via della loro rarità o del valore intrinseco e della natura distruttiva dell’attuale metodo di datazione al radiocarbonio. In teoria, potrebbe persino essere usato per datare la Sindone di Torino”.
La tradizionale datazione al radiocarbonio è lo strumento, solitamente usato dagli archeologi, con cui si rimuove una minuscola parte del reperto e, dopo averlo trattato con un forte acido e una forte base, lo si brucia per analizzare il carbonio-14 (o C-14, o radiocarbonio) contenuto nel diossido di carbonio (il gas noto come anidride carbonica).
Il paragone tra i livelli di C-14 contenuti nell’oggetto e quelli stimati nell’atmosfera per un particolare periodo storico permette di valutare l’età di un manufatto fino ai 45000-50000 anni fa.
Col nuovo metodo di Rowe, chiamato “datazione al carbonio non distruttivo”, l’intero manufatto è posto in una speciale camera con del plasma – un gas caricato elettricamente simile a quelli usati nelle televisioni al plasma -. Il gas ossida lentamente e delicatamente la superficie dell’oggetto, producendo così del diossido di carbonio con cui analizzare il C-14.

Rowe e colleghi hanno utilizzato questa tecnica per determinare l’età di circa 20 diverse sostanze organiche, tra cui legno, carbone, cuoio, pelo di coniglio, un osso con attaccata carne mummificata e un tessuto egizio di 1350 anni. I risultati combaciano con quelli ottenuti dalla tradizionale datazione al radiocarbonio.

La venere di Brassempouy (Elapied/wiki)

Attualmente gli scienziati stanno perfezionando la tecnica. E comunque ci vorrà una significativa quantità di dati per dimostrare di non danneggiare oggetti inestimabili. Rowe pensa, per esempio, alla Venere di Brassempouy – datata a 25000 anni fa e considerata la prima rappresentazione realistica di un volto umano mai trovata.


Fonte: Il fatto storico

Sigle degli obiettivi delle macchine fotografiche: Canon, Nikon, Olympus, Pentax, Sigma, Sony, Tamron, Tokina, Zeiss


Le sigle degli obiettivi delle macchine fotografiche sono marchi registrati delle rispettive case  e sono differenti da casa a casa, anche se possono indicare  caratteristiche  simili.

Sigle obiettivi Canon:

EF = designa la nuova famiglia di obiettivi Canon tutti autofocus e tutti con motore interno.
FD = la vecchia famiglia di obiettivi Canon senza autofocus (baionetta incompatibile con la EF).
EF-S = obiettivi progettati per sensori in formato APS-C.
IS = Image Stabilization, stabilizzazione sulla lente.
USM = Ultrasonic Motor, motore a ultrasuoni interno alla lente.
L = lenti serie L di qualita' professionale.
TS-E = Tilt & Shift, obiettivi decentrabili per foto architetturali.
Macro = obiettivi per macrofotografia.
DO = Diffractive Optics, per ridurre la diffrazione luminosa alle grandi aperture e contenere le dimensioni e il peso della lente.

Sigle obiettivi Nikon:

AF = Autofocus
AF-D = Autofocus con comunicazione della distanza del soggetto al corpo macchina.
AF-S = obiettivi AF con motore autofocus interno a ultrasuoni.
AI = Automatic Indexing (riconoscimento automatico dell'apertura del diaframma).
AI-S = come AI, ma con rudimentale sistema di comunicazione della focale al corpo macchina.
AI-P = obiettivi AI con CPU interna.
Pre-AI = obiettivi privi di indicazione del diaframma al corpo macchina, spesso incompatibile con le reflex digitali Nikon (consultate il manuale d'uso della vostra macchina).
IF = Internal Focus (il fuoco viene eseguito tramite movimento di gruppi di lenti interni all'obiettivo).
ED = utilizzo di vetri Extra (Low) Dispersion per minimizzare le aberrazioni cromatiche.
VR = Vibration Reduction (la stabilizzazione sulla lente).
G = obiettivi privi di ghiera diaframmi (comandata esclusivamente dal corpo).
DX = obiettivi progettati per sensori in formato APS-C, in alcuni casi, limitando le focali, coprono anche il formato FX (full-frame 24x36mm).
PC = obiettivi decentrabili per foto architetturali.
DC = Defocus Control, con ghiera aggiuntiva per controllare la qualita' dello sfocato.
Micro = obiettivi ad elevato ingrandimento e ridotta MFD (minima distanza di messa a fuoco) per macrofotografia.
N = Nano Crystal Coat, per minimizzare le riflessioni interne delle lenti e del sensore e di conseguenza aumentare il contrasto nelle foto.

Sigle obiettivi Olympus:

Digital = lenti per sistema Quattroterzi.
ED = obiettivi con una o piu' lenti in vetro Extra (Low) Dispersion per minimizzare le aberrazioni cromatiche.
SWD = Supersonic Wave Drive, con motore interno a ultrasuoni.
Macro = obiettivi per macrofotografia.

Sigle obiettivi Pentax:


SMC = Super Multi-Coating, trattamento antiriflesso, a più strati, depositato sulle lenti;  designa  praticamente quasi tutti gli obiettivi del sistema Pentax attualmente in produzione.
LIMITED = piccola produzione di obiettivi di particolare pregio
DA = obiettivi progettati per sensori in formato APS-C.
D-FA = ottica per il pieno formato ottimizzata per il digitale.
DA* = campione di ottica DA di particolare pregio.
AL = ottica con lenti asferiche.
SDM = ottica con motore a ultrasuoni.
IF = Internal Focus (il fuoco viene eseguito tramite movimento di gruppi di lenti interni all'obiettivo).
ED = utilizzo di vetri Extra (Low) Dispersion per minimizzare le aberrazioni cromatiche.

Sigle obiettivi Sigma:

EX = lenti di particolare fattura e qualita'.
DG = obiettivi per il pieno formato.
DC = obiettivi progettati per sensori in formato APS-C.
ASP = lenti dotate di lenti asferiche.
APO = ottica dotata di lenti apocromatiche progettate per ridurre l'aberrazione cromatica.
OS = Optical Stabilization, lenti dotate di gruppo di stabilizzazione dei movimenti del fotografo.
HSM = ottica con motore interno ad ultrasuoni.
RF = Rear Focus, ottica con sistema di messa a fuoco retrofocus.
CONV = lente che puo' essere utilizzata unitamente a moltiplicatori di focale.

Sigle obiettivi Sony:

SAL = designa tutti i nuovi obiettivi del sistema Sony Alpha
STF = Soft Focus (come DC Nikon)
DT = obiettivi progettati per sensori in formato APS-C.
G = Lenti serie G di qualita' professionale.
SSM = Super Sonic Wave Motor.
Z = lente prodotta da Zeiss.
M = obiettivi per macrofotografia.

Sigle obiettivi Tamron:

AF = Auto Focus
SP = Super Performance, denota obiettivi di livello professionale.
IF = Internal Focus
ASL = Aspherical Lens, lenti asferiche.
LD = Low Dispersion
AD = Anomalous Dispersion
XR = con lenti Extra Refractive
DI = Digitally Integrated Design.
DI-II = per sensori piccolo formato APS-C.
VC = Vibration Compensation, sistema di stabilizzazione ottica sulla lente (solo per Canon e Nikon).
FEC = Filter Effective Control, con fessura sul paraluce per regolare un eventuale polarizzatore circolare.
ZL = Zoom Lock, con bottone sul barilotto per bloccare il funziomento dell'autofocus.

Sigle obiettivi Tokina:

AT-X = obiettivi di classe media.
AT-X PRO = obiettivi di classe professionale.
D = obiettivi per il pieno formato.
DX = obiettivi con copertura per piccolo formato APS-C
M = lenti dotate di ridotta MFD (minima distanza di messa a fuoco).

Sigle obiettivi Zeiss:

ZA = ottiche autofocus per Sony Alpha.
ZF = ottiche manual focus per Nikon (equivalenti AI-S).
ZE = ottiche manual focus per Canon sistema EF.
ZM = ottiche manual focus per Zeiss Ikon.
ZK = ottiche manual focus per baionetta K Pentax.
ZS = ottiche manual focus per baionetta M42.
T* = ottiche con trattamento antiriflesso T*.



Obiettivi Sigma: Spiegazione delle sigle e tecnologie degli obiettivi Sigma


Sigma migliora continuamente la tecnologia ottica, per sfruttare al massimo le possibilità delle fotocamere SLR e per rispondere perfettamente ai desideri dei fotografi, che debbono avere il meglio da ogni obiettivo. Il catalogo Sigma offre un gran numero e una grande varietà, di obiettivi adatti alle reflex SLR digitali, che permettono ai fotografi di esprimere tutta la loro creatività. Ciascun obiettivo raggiunge risultati di alta qualità ed è molto facile da usare. Il risultato è raggiunto grazie all’impiego delle più moderne tecnologie meccaniche e ottiche. Sigma aiuta la sensibilità del fotografo con obiettivi capaci di sfruttare al massimo le potenzialità delle fotocamere. Le ottiche Sigma sono diventate famose grazie al loro buon rapporto qualità/prezzo offrendo una vasta gamma di obiettivi con l'ottima versatilità offerta dagli innesti disponibili per varie marche di fotocamere come Sigma, Minolta, Pentax, Canon e Nikon. Gli obiettivi sono più economici degli obiettivi delle marche proprietarie come Canon e Nikon offrendo una qualità apprezzata dalla maggior parte dei fotografi.

EX: la sigla EX indica le superiori caratteristiche di questi obiettivi Sigma quali nuova costruzione ottica e meccanica, prestazioni superiori, migliore maneggiabilità, dimensioni ultracompatte, robustezza ecc.

DG  (per reflex Digitali): obiettivi di grande apertura con luminosità che si estende fino ai bordi. Costruiti per fornire le migliori prestazioni con le fotocamere reflex SLR digitali, hanno prestazioni di qualità superiore anche con le reflex 35mm SLR a pellicola.

DC  (per reflex Digitali): si tratta di obiettivi speciali, progettati per fornire un cerchio di copertura adatto alle piccole dimensioni del sensore digitale della maggior parte delle reflex.

ASP  (Lenti asferiche):  l'insieme di lenti asferiche permette di ottenere libertà di forma, migliori prestazioni, un numero limitato di lenti nell'insieme e una dimensione compatta.

APO: per ottenere immagini di qualità superiore è stato realizzato l'obiettivo APO, utilizzando uno speciale vetro ottico a bassissima dispersione, progettato per ridurre l'aberrazione cromatica.

OS  (Stabilizzatore Ottico): questa funzione utilizza un meccanismo interno che compensa i movimenti involontari della fotocamera. Ciò migliora enormemente la qualità delle immagini, riducendo il mosso accidentale quando si riprende a mano libera.

HSM  (Motore ipersonico): questo obiettivo utilizza un motore comandato da onde ultrasoniche per garantire una messa a fuoco automatica silenziosa, ad alta velocità.

RF  (Fuoco posteriore): questo obiettivo è dotato di un sistema in grado di spostare il gruppo ottico posteriore per una messa a fuoco veloce e silenziosa.

IF  (Fuoco interno): per garantire la stabilità della messa a fuoco, questo obiettivo sposta il gruppo o i gruppi di lenti interni senza modificare la lunghezza effettiva.

Conv  (APO Teleconverter EX): tali obiettivi possono venire usati con L’APO Teleconverter EX, che aumenta la focale e mantiene tutti gli automatismi AE di esposizione automatica.


mercoledì 24 marzo 2010

Pakistan l’unico Paese al mondo in cui la blasfemia è una LEGGE DELLO STATO


Peter Jacob, segretario esecutivo di Ncjp, denuncia la creazione di uno “Stato islamico” mediante una legge che colpisce le minoranze e gli stessi musulmani. Il fondamentalismo è sostenuto da frange del governo, del parlamento e dei militari. L’attivista auspica la nascita di “un fronte comune” per “portare la democrazia nel Paese”.
Roma (AsiaNews) – In Pakistan è in atto un tentativo di creare uno “Stato islamico”, in cui è negato il principio “dell’uguaglianza fra i cittadini” sancito nel 1947 da Ali Jinnah, padre fondatore della nazione, durante il discorso all’Assemblea nazionale. È quanto ha sottolineato Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione nazionale di giustizia e pace (Ncjp) della Chiesa cattolica pakistana nel corso della conferenza stampa organizza da AsiaNews sulla blasfemia. Una nazione, inoltre, che vanta un triste primato: “è l’unico Paese al mondo in cui vige una legge di questo tipo”.

Le leggi introdotte nei decenni hanno negato i valori sui quali è stata fondata la nazione; la stessa Costituzione prevede che i non musulmani “non possono assumere la carica di Presidente o di Primo Ministro”. “In alcuni casi – aggiunge l’attivista cristiano – non sono ammessi come giudici o avvocati nel corso di processi”, perpetrando una “discriminazione sociale e professionale: nel lavoro, negli affari e nelle cariche pubbliche”.

La legge sulla blasfemia, continua, è solo uno dei numerosi segnali che testimoniano la mancanza di separazione “fra Stato e religione”, a cui si aggiunge il “sostegno” di alcune frange del governo, del Parlamento e persino della magistratura, dell’esercito e delle forze dell’ordine alle “ideologie promosse dagli estremisti e al fondamentalismo a sfondo confessionale”.

Peter Jacob denuncia la progressiva campagna di violenze registrata nei decenni contro minoranze religiose, sfociata nella promulgazione – nel 1986, per volere del dittatore Zia-ul-Haq – della famigerata legge sulla blasfemia, che punisce con l’ergastolo o la pena di morte chi profana il Corano o dissacra il nome del profeta Maometto. “Il Pakistan – spiega – è l’unico Paese musulmano che ha una norma di questo tipo. Seguendo il nostro esempio, altre nazioni come l’Indonesia, la Nigeria e il Bangladesh valutano di introdurre nel proprio ordinamento una normativa analoga”.

Per combattere discriminazioni e violenze non è sufficiente un movimento popolare che unisca cristiani, indù, ahmadi, sikh e i musulmani, essi stessi vittime di casi di blasfemia. È necessario uno sforzo del governo “per sradicare il fondamentalismo dal Paese” e della comunità internazionale, già impegnata sul fronte afghano nella lotta contro i talebani, che spesso si nascondono in rifugi inaccessibili al confine fra i due Paesi. “Cina e India – sottolinea il segretario esecutivo di Ncjp –  hanno più volte protestato per i problemi causati dagli estremisti lungo i confini”. Egli ricorda inoltre che “India e Pakistan sono due potenze nucleari” e una “crisi nell’Asia del Sud” potrebbe avere conseguenze “a livello globale”.

Per mobilitare l’opinione pubblica, promuovere una campagna volta alla cancellazione della legge sulla blasfemia e la lotta del fondamentalismo nel Paese, gli attivisti di Ncjp hanno avviato una serie di conferenze in alcuni Paesi europei, fra cui Francia, Belgio e Olanda. “La battaglia per la democrazia in Pakistan – conclude – deve essere sostenuta da un fronte comune, che tocca il governo, la minoranza cristiana e la comunità internazionale. Essa deve portare a riforme nella legge e nella Costituzione, a tutela dei principi democratici e nel rispetto dei diritti umani”.(DS)

Fonte: AsiaNews del  10 novembre 2010


(VR  24 marzo 2010)

Cristiani Pakistani rifiutano di convertirsi: marito bruciato vivo, moglie stuprata dalla polizia




Arshed Masih, 38enne cristiano pakistano, è deceduto ieri sera 22 marzo, alle 7.45 ora locale  per le gravissime ferite riportate. La famiglia chiede che venga eseguita l’autopsia prima dei funerali. Associazioni cristiane e attivisti per i diritti umani manifestano all’esterno dell’ospedale. Leader cattolico: il governo federale e provinciale non punisce i colpevoli.
Islamabad (AsiaNews) – È morto ieri sera in ospedale per le gravissime ferite riportate – ustioni sull’80% del corpo – Arshed Masih, 38enne cristiano pakistano, bruciato vivo perché ha rifiutato di convertirsi all’islam.
I funerali dell’uomo, deceduto dopo tre giorni di agonia, dovrebbero svolgersi nel tardo pomeriggio di oggi, ma la famiglia chiede che “prima venga eseguita l’autopsia”. La comunità cristiana pakistana condanna “con fermezza” l’ennesimo episodio di violenza e denuncia la “lentezza” del governo federale e provinciale nel punire i responsabili.

Il 19 marzo scorso un gruppo di estremisti islamici ha bruciato vivo Arshed Masih, autista alle dipendenze di un ricco uomo d’affari musulmano di Rawalpindi. La moglie lavorava come domestica nella stessa tenuta, situata di fronte a una caserma di polizia. Negli ultimi tempi erano emersi dissapori fra il datore di lavoro, Sheikh Mohammad Sultan, e la coppia a causa della loro fede cristiana. I coniugi avevano subito minacce e intimidazioni perché si convertissero all’islam.

Arshed Masih (nella foto) è deceduto ieri sera alle 7.45 ora locale dopo tre giorni di agonie e sofferenze all’ospedale della Sacra famiglia a Rawalpindi, provincia del Punjab. La moglie Martha Arshed è stata stuprata dai poliziotti ai quali voleva denunciare le violenze inflitte al marito. I tre figli della coppia – dai 7 ai 12 anni – sono stati costretti “con la forza” ad assistere ai supplizi inflitti ai genitori.

Dal 2005 Arshed Masih e la moglie lavoravano e vivevano nella tenuta di Sheikh Mohammad Sultan. Le pressioni perché abbandonassero il cristianesimo, negli ultimi tempi, si erano fatte incessanti. Il padrone era giunto persino a minacciare “terribili conseguenze”, per convincerli ad abbracciare l’islam. I coniugi erano stati anche accusati di un furto avvenuto di recente nella villa dell’uomo, il quale ha promesso di lasciar cadere la denuncia in caso di conversione.

I funerali di Arshed Masih si dovrebbero svolgere nel tardo pomeriggio di oggi, anche se nella zona resta alta la tensione. Testimoni locali riferiscono ad AsiaNews che “l’intera famiglia è sotto shock e chiede che venga eseguita l’autopsia prima delle esequie”. Numerose associazioni cristiane e attivisti per i diritti umani – fra cui Life for All, Christian Progressive Movement, Pakistan Christian Congress and Protect Foundation Pakistan – “stanno attuando manifestazioni di protesta all’esterno dell’ospedale”.

Peter Jacob, segretario esecutivo di Giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana (Ncjp), esprime ad AsiaNews “la più ferma condanna” per i delitto dell’uomo e lo stupro della donna, perpetrato da poliziotti che dovrebbero tutelare l’ordine e la legalità. L’organismo cattolico si è attivato per garantire tutela alla donna e ai figli, dei quali non si hanno al momento notizie.

L’attivista cattolico sottolinea con rammarico il silenzio del Ministro federale per le minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, e denuncia “la lentezza e l’immobilismo del governo federale e provinciale”. “L’esecutivo – sottolinea Peter Jacob – non ha ancora compiuto passi concreti per impedire violenze e abusi sulle minoranze e punire i colpevoli”.  

Il sito BosNewsLife.com aggiunge che ieri il governo provinciale del Punjab ha bloccato marce di protesta dei cristiani, con il pretesto di “minacce terroristiche”. La comunità locale intendeva dimostrare contro il “rifiuto” della polizia di arrestare i colpevoli del crimine.


Fonte: srs di di Fareed Khan  da Asianews del  23,03,2010

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PAKISTAN- Rawalpindi: sepolto il cristiano bruciato vivo. La polizia avrebbe appiccato il fuoco






Fra imponenti misure di sicurezza, si sono svolti oggi i funerali di Arshed Masih. Il silenzio dei media pakistani e del governo sulla vicenda. Fonti di AsiaNews denunciano il tentativo di depistaggio e rivelano le ultime parole della vittima: “la polizia mi ha dato fuoco” seguendo le istruzioni del datore di lavoro musulmano. In passato la moglie più volte violentata dagli agenti.
Rawalpindi (AsiaNews) – Si sono svolti oggi a Rawalpindi, fra imponenti misure di sicurezza, i funerali di Arshed Masih, 38enne cristiano pakistano, bruciato vivo perché ha rifiutato di convertirsi all’islam. Centinaia di persone hanno partecipato alle esequie, fra cui membri della società civile e rappresentanti delle Ong. Finora la polizia non ha arrestato nessuno fra i presunti responsabili e non si registrano iniziative del governo federale e dal Ministero per le minoranze. Nel frattempo emergono ulteriori dettagli sul delitto: una fonte bene informata riferisce ad AsiaNews che sarebbe stata la polizia a appiccare il fuoco all’uomo, seguendo le “istruzioni” impartite dal datore di lavoro di Arshed Masih.

Il 38enne cristiano pakistano, sposato e padre di tre figli dai 7 ai 12 anni, è morto il 22 marzo scorso in seguito alle gravissime ferite riportate durante l’assalto. Egli presentava ustioni sull’80% del corpo e fin dall’inizio i sanitari avevano escluso possibilità di salvezza. A scatenare la violenza dei suoi assalitori, il rifiuto dell’uomo e della moglie di convertirsi all’islam.

Peter Jacob, segretario esecutivo di Giustizia e pace della Chiesa cattolica pakistana (Ncjp), conferma ad AsiaNews “la più ferma condanna per quest’atto brutale” e sottolinea che “un nostro gruppo di indagine ha raggiunto Rawalpindi e ha avviato una inchiesta parallela sui fatti”. Egli aggiunge che “a breve diffonderemo un documento, previa opportuna verifica di tutti gli elementi”. L’attivista denuncia infine, con rammarico, il silenzio dei media pakistani sull’incidente e la mancanza di iniziative del governo federale e dal Ministero per le minoranze.

Intanto cominciano a circolare voci secondo cui Arshed Masih si sarebbe dato fuoco da solo, per protestare contro le ripetute violenze e torture della polizia ai danni della moglie, Martha Arshed. Gli abusi sarebbero avvenuti nella stazione di polizia, dove la donna è stata convocata a più riprese dagli agenti dopo la denuncia di furto presentata da Sheikh Mohammad Sultan, datore di lavoro della coppia cristiana. Nella casa del ricco uomo d’affari musulmano è sparito denaro contante per un valore di 500mila rupie (circa 6mila dollari).

Fonti cristiane di AsiaNews in Pakistan smentiscono la versione, sottolineando che alcuni “elementi” mettono in dubbio le violenze sessuali e ribaltano la realtà dei fatti “per scagionare il datore di lavoro e gli agenti di polizia”. Un testimone oculare, presente in ospedale quando Arshed Masih – ancora cosciente – ha raccontato gli eventi agli investigatori, riferisce che “è stata la polizia ad appiccare il fuoco” sul corpo dell’uomo. La vittima avrebbe anche aggiunto che “la polizia ha eseguito le istruzioni di Sheikh Mohammad Sultan, presente sulla scena insieme ad altri estremisti”.

Dal 2005 Arshed Masih e la moglie lavoravano e vivevano nella tenuta di Sheikh Mohammad Sultan. Le pressioni perché abbandonassero il cristianesimo, negli ultimi tempi, si erano fatte incessanti. Il padrone era giunto persino a minacciare “terribili conseguenze”, per convincerli ad abbracciare l’islam. I coniugi erano stati anche accusati di un furto avvenuto di recente nella villa dell’uomo, il quale ha promesso di lasciar cadere la denuncia in caso di conversione.

Il sito BosNewsLife.com riferisce che l’uomo d’affari musulmano non ha voluto rilasciare commenti sul delitto. Tuttavia alcuni testimoni oculari lo hanno visto nei pressi del luogo dove si è verificato l’incidente, ma non è chiaro se ha partecipato in modo attivo all’attacco. I figli della coppia – aggiunge il sito – dormono in ospedale perché sono senza casa. La madre è ancora in stato di shock e non è in grado di parlare.

           
Fonte:  srs di di Fareed Khan  da AsiaNews.it del 24/03/2010

Eugenio Benetazzo: Stella, stellina, il peggio si avvicina, la notte è molto scura, ed io ho tanta paura.



Ve la ricordate ? Stella, stellina, la notte è piccolina, tutti gli animaletti dormono stretti stretti, e anch’io con la mia mamma, adesso vado a nanna. Chissà quante volte ve l’hanno cantata quando eravate dei pargoletti in culla durante la tenera età ! Direi ora di proporre un rifacimento per adeguarla ai tempi che ci attendono: stella, stellina, il peggio si avvicina, la notte è molto scura, ed io ho tanta paura.

Le recenti esternazioni di istituzioni e capi di governo in Europa riguardanti la situazione macroeconomica dell’Europa non possono essere lasciate al mero commento quotidiano, ma devono tentare di essere interpretate.
Angela Merckel che propone con rigore teutonico e severità britannica l’uscita dall’area Euro per tutti i paesi non allineati ai parametri di Mastricht, Mario Draghi, in qualità di Presidente del Financial Stability Board, che mette in guardia circa la efficacia e durata della cosidetta “ripresina” in atto, e Jean Claude Trichet che dissente aspramente su queste esternazioni.


Possiamo noi fidarci di questi “cappellai matti” che negli anni precedenti non hanno saputo prevedere che cosa sarebbe accaduto all’economia europea aprendo le frontiere alle merci “globalizzate” di Cindia e parallelamente dando il via alla fiera della cuccagna facendo prestare denaro a tutti senza tanti complimenti ?
Come può un’area geografica (la vecchia Europa) che ha voluto inizialmente ostentare tutta la sua magnificenza puntando sul potenziale manifetturiero interno e su grandi flussi di export avere un futuro industriale ed occupazionale, se ora assistiamo lentamente ad una progressiva opera di deindustrializzazione.
Ci hanno sempre osannato la privatizzazione di ogni risorsa nazionale come la strada vincente per il successo e la crescita del PIL, ma adesso ci accorgiamo che tutti i governi europei sono dovuti intervenire per dare ossigeno ad un malato ormai moribondo ed in prossimità di uno stadio terminale. 

I malati aumentano mese dopo mese, quasi come se ci fosse una epidemia che porta in seguito al contagio finanziario al successivo collasso industriale.
Prima era la Grecia a preoccupare, ormai la quarantena si allarga sempre più arrivando a mettere in discussione anche il futuro del Regno Unito, il paese europeo con le famiglie più indebitate.
 Quest’anno il quadro peggiorerà violentamente durante il secondo semestre facendo emergere situazioni di ingestibilità strutturale anche per la Spagna e l’Italia.
Il paese iberico paga pesantemente un modello di sviluppo insostenibile sul medio/lungo termine, incentrato sulla speculazione immobiliare e su un potenziale turistico farlocco. Forse in otto anni riassorbiranno l’invenduto, ammesso che le due grandi banche spagnole non collassino prima e portino il paese al default finanziario. 


Tuttavia per il vecchio stivale la situazione è molto più tragica: di fatto stiamo svendendo e polverizzando le uniche risorse che rappresentavano il vanto del nostro paese: il potenziale manifatturiero (artigianato e distretti industriali) ed il marchio made in italy, che ormai non ha più alcuna valenza significativa.
Entro sette anni perderemo almeno il 40 % della nostra capacità manifatturiera: significa altri milioni di posti di lavoro che si aggiungereanno a quelli attuali, nella speranza che qualcuno si inventi come propore l’assorbimento o il riciclo attraverso altri nuovi settori (e quali sarebbero di grazia ?).
Interventi immediati per alleviare il dolore di chi sta morendo ce ne sono: e non ci vuole tanta fantasia per inventarli, basta semplicemente andare a copiare dai paesi che al momento stanno sorprendendo il mondo.
Mi riferisco a misure contingenti da attuare quanto prima come la nazionalizzazione del sistema bancario, la tassazione della prostituzione, la detassazione degli utili investiti, l’abbattimento coatto dei costi di rappresentanza popolare (tradotto significa ridurre drasticamente i compensi di chi ci governa, partendo dall’europarlamentare arrivando al consigliere comunale), la difesa integrale del vero prodotto artigianale italiano, non dimenticando infine l'imposizione di dazi doganali per tutti quei prodotti porcheria che invece entrano liberamente in Europa ed in Italia, una minaccia per le nostre aziende oltre che per la nostra salute.


Possibile che chi governa il nostro paese non si renda conto di quello che sta accadendo ? Sono forse così assorbiti dalla loro beghe di partito (tanto la destra quanto la sinistra) da non sentire il lamento dell’imprenditore morente, soffocato ormai da un sistema bancario che decide la vita o la morte della piccola impresa ? Forse a tutto questo vi è un’altra lettura ? Forse. Potrebbero sapere infatti benissimo che cosa sta accadendo, proprio perché a qualcuno interessa la morte del moribondo. Chi sarebbe allora questo qualcuno interessato ad un’Italia che si appresterà a fare la fine della Grecia ?
Per una volta tanto proviamo a fare dietrologia.
Per chi non lo sapesse ancora, l’Italia è il paese più ricco al mondo, ma non per ricchezze depositate nel sottosuolo, quanto per risorse ed attrazioni ubicate nel soprasuolo. Abbazie, musei, teatri, pinacoteche, ville, quadri, statue, parchi e comprensori faunistici, spiagge demaniali ovvero quello che viene volgarmente chiamato il patrimonio artistico e naturalistico. 

Noi italiani saremo anche quattro volte campioni del mondo al gioco del calcio, ma nella gestione e sfruttamento economico di patrimoni e risorse dobbiamo solo imparare da tutti.
Visto che gli italiani non sanno valorizzare e sfruttare economicamente un patrimonio in termini di ricchezza che tutti gli altri ci invidiano, vi possono essere degli operatori e soggetti economici (multinazionali, fondi sovrani, fondi speculativi, famiglie di banchieri) che potrebbero essere interessati ad impossessarsi di queste fenomenali ed inesauribili risorse, acquistandole o rilevandone i diritti di sfruttamento per i prossimi secoli a venire.
Se questo vi sembrerà una pazzia ricordate che qualche istituzione autorevole ha recentemente proposto la vendita delle isole greche per risanare la situazione economica proprio della Grecia ! 
Per cui quando arriverà anche il momento dell’Italia (perché state certi che arriverà) a quel punto verranno proposte come soluzioni quelle solitamente avanzate dal FMI ovvero la privatizzazione delle risorse del paese.
Se questa ipotesi vi sembra irrealizzabile, riflettete un momento su chi è stato nominato a gestire il Ministero del Turismo con l’attuale governo e chi invece era stato incaricato di promuoverlo nella precedente legislatura.
Stella, stellina, il peggio si avvicina, la notte è molto scura, ed io ho tanta paura.



Fonte:
EugenioBenetazzo.com   (pubblicato in data 18/03/2010)


(VR 24 marzo 2010)

martedì 23 marzo 2010

La morte di Francesco II di Borbone




Il   pomeriggio del 27 dicembre 1894 moriva ad Arco, una ridente cittadina poco distante dal lago di Garda in provincia di Trento, Francesco II di Barbone.  Concludeva, così, la sua vita terrena, lontano dalla  sua terra e dai suoi affetti, in triste solitudine, l’ultimo Re di una dinastia che aveva regnato per 126 anni sul trono delle Due Sicilie. La sorte gli aveva riservato compiti indubbiamente più grandi di lui che egli tuttavia nei momenti decisivi aveva affrontati e sofferti con eroico coraggio e regale dignità. Nei lunghi anni d’esilio aveva costantemente seguito le vicende della sua patria e mai aveva deposto la speranza di ritornare tra quei fedeli compagni d’arme il cui ricordo egli portava nel cuore dall’ultimo mesto saluto sugli spalti della Fortezza di Gaeta.
Al momento del trapasso, avvenuto dopo breve malattia, gli erano accanto la moglie Maria Sofia di Wittelsbach che lo aveva raggiunto nell’imminenza del Natale, il fratello Alfonso, Conte di Caserta, l'Arciduchessa Maria e gli Arciduchi Alberto e Ranieri.

 “Da Gaeta ad Arco” di Aniello Gentile


Breve storia dell'esilio di Francesco Giuseppe II di Borbone
(Liberamente tratto da srs di Antonio Pagano)




Francesco II, rimasto a Roma fino al 1870, si spostò tra Parigi e Vienna, stabilendosi, quindi, con Maria Sofia a Possenhofen in Germania, sul lago di Starnberg.
Il Re, ammalatosi di diabete, aveva cominciato a frequentare sin dal 1876 Arco, stazione termale nei pressi di Trento, allora felicemente parte dell’Impero austriaco, sotto il nome di Duca di Castro o “sig. Fabiani”, era ospitato nella villa dell’Arciduca Alberto d'Austria.
Nell'autunno del 1894, Francesco II e Maria Sofia si recarono per le consuete cure ad Arco. Approssimandosi le festività natalizie le condizioni di salute del Re si aggravarono improvvisamente. Nonostante le premurose cure mediche, il giorno 27 dicembre 1894 Francesco II morì a soli 58 anni d'età.
I funerali si svolsero il 5 gennaio 1895 alla presenza dei principi reali e di quasi tutti i rappresentanti dell’aristocrazia internazionale, dall’Arcivescovo di Trento.
La salma fu seppellita nel Duomo di Arco. Le resero gli onori due battaglioni di Cacciatori austriaci, mentre dal Monte Brione spararono i cannoni di una batteria. Nello stesso giorno, anche a Napoli fu celebrata una solenne funzione religiosa alla presenza di tutti i nobili duosiciliani, dei Cavalieri dell’Ordine di San Gennaro e dell’Ordine di Malta.
L’arciprete Chini, testimone del tempo, così lo descrisse:
«dal contegno tanto riservato, che in Arco non si faceva neppure rimarcare, tranne che la sua frequenza e divozione alla Chiesa: quasi suo unico compagno era l’Arciduca Alberto, e qualche volta suo cognato l’Arciduca Carlo Salvatore». Le sue ultime giornate le aveva trascorse compiendo qualche passeggiata nei dintorni della cittadina, scambiando qualche battuta con la gente del luogo, che ricordava la sua svelta camminatura lungo il viale delle Magnolie, per giungere puntuale alle sacre funzioni mescolandosi ai semplici contadini.


Fu Francesco II di Borbone il vero “re galantuomo”,  parola di Matilde Serao





Francesco II di Borbone e la Principessa di Baviera Maria Sofia Wittelsbach nel 1865


Il passo che segue, relativo al trapasso di S.M. Francesco II, è stato tratto dall’opera: “Per la traslazione in Santa Chiara di Napoli dei resti mortali degli ultimi Sovrani delle Due Sicilie” - Napoli 1984 - di Padre Gaudenzio dell’Aja, francescano.

“Nella seconda decade di dicembre, la Regina si recò ad Arco per trascorrervi i giorni di Natale e di Capodanno insieme col Consorte, ma la vigilia di Natale le condizioni di salute di Francesco di Borbone si aggravarono. Il 26 dicembre, dopo la celebrazione della Messa, furono amministrati al Sovrano il Viatico e l'Estrema Unzione.
Confortato dalla benedizione del Sommo Pontefice, Francesco II si spense in Arco il 27 dicembre 1894, alle ore 14,34.
Erano presenti al transito la Regina Maria Sofia, il Conte di Caserta e gli Arciduchi di Austria, Alberto, Ranieri ed Ernesto.
Napoli apprese la notizia della morte di Francesco II di Borbone dalle colonne de Il Mattino. Matilde Serao scrisse in prima pagina un articolo dal titolo « Il Re di Napoli », in cui fra l’altro diceva:
«Don Francesco di Borbone è morto, cristianamente, in un piccolo paese alpino, rendendo a Dio l’anima tribolata ma serena. Giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco secondo. Colui che era stato o era parso debole sul trono, travolto dal destino, dalla ineluttabile fatalità, colui che era stato schernito come un incosciente, mentre egli subiva una catastrofe creata da mille cause incoscienti, questo povero re, questo povero giovane che non era stato felice un anno, ha lasciato che tutti i dolori umani penetrassero in lui, senza respingerli, senza lamentarsi; ed ha preso la via dell’esilio e vi è restato trentaquattro anni, senza che mai nulla si potesse dire contro di lui. Detronizzato, impoverito, restato senza patria, egli ha piegato la sua testa sotto la bufera e la sua rassegnazione ha assunto un carattere di muto eroismo... Galantuomo come uomo e gentiluomo come principe, ecco il ritratto di Don Francesco di Borbone».
La salma di Francesco II, vestita con abiti civili su cui spiccavano le decorazioni e fra queste la medaglia al valore militare per la difesa di Gaeta, restò esposta nella camera ardente fino alla sera del 29 dicembre".


Arco, 3 gennaio 1903:  Cronaca della sepoltura del Re

Maria Sofia (seconda da destra) è con le figlie di Ferdinando II;  La fotografia (di Bernoud) è evidentemente stata scattata poco dopo la morte del Re.


Verso le 3 pomeridiane la salma reale fu deposta nella Cripta in quei giorni sollecitamente preparata alla presenza di molti Signori e Principi del Regno delle Due Sicilie. In quell’occasione laggiù intorno alla tomba il signor Principe Pignatelli D’Angio disse alcune poche ma solenni parole per rilevare, che tutto non era finito, ma se  chiudevasi un’ era di gloria un’altra pure di gloria doveva incominciare, terminando: è morto il Re, viva il Rè! A cui facevano plauso gli astanti profondamente commossi.



lunedì 22 marzo 2010

Testamento di Francesco II di Borbone



Francesco II

«Mio carissimo fratello Alfonso

Re in diritto tu sei dal momento della mia morte: ma non ne ài l’esercizio. Tuo debito è di comunicare la mia morte e l’essermi tu successo. La tua situazione à precedenti per regolare le tue lettere ai Sovrani tutti, quelli cioè del Conte di Chambers e del Duca di Cumberland. Non seguire lo esempio del Conte di Parigi, che comunicò con telegrammi. Tu sei giudice del come farle: ma a mio avviso, non farei, che annunziare semplicemente il mio decesso, e che mi succedi, riserbando nelle mani di Dio lo esercizio dei tuoi doveri, che sono congiunti ai tuoi diritti.
Se tu crederai ritenere pel momento il tuo presente titolo, fa che il tuo primogenito prendesse subito quello, che gli appartiene di Duca di Calabria, e quando questi avrà un figlio quello di Duca di Noto dal nascere. Ricordati che quello di Duca di Castro è nostro familiare di primogenito in primogenito.  Una proposta ad un tempo sembrami necessaria.  Sullo spoglio della nostra fortuna privata, e come la nostra famiglia e la sola al bando del dritto pubblico e privato in Europa.  Non credo punto necessario di doverti raccomandare la Regina mia amatissima Moglie e compagna di sventure, perché, tu solo superstite di noi tre fratelli di Gaeta, ti ricorderai quanto a lei dobbiamo per aver essa illustrato quella nostra epoca. Tu sai come ti ò amato in vita,  puoi quindi credere quali voti  fò al Signore per la felicità tua e dei figli tuoi. Che Iddio vi benedica tutti.  Ricevi un ultimo abbraccio, dal tuo affezionatissimo fratello, Francesco».


domenica 21 marzo 2010

Pier Ferdinando Casini: un cognome, un programma



Il politico italiano che ha nel cognome il suo programma 

POSTCARD PER PIER FERDINANDO CASINI




"Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare."
Lucio Anneo Seneca.

L’Italia è una Repubblica fondata sulla truffa sul furto sulla rapina e sul lavoro degli altri


Felice Crosta


Se potessi avere mille euro al giorno 
(Ma qualcuno ne ha di più)

di EMANUELE LAURIA

L’ultimo grand commis dell’ente più generoso d’Italia, alla fine, si è portato a casa una pensione da favola: mezzo milione di euro l’anno. Ha lottato un paio d’anni, l’avvocato Felice Crosta, per un diritto che alla fine gli è stato riconosciuto dalla Corte dei Conti. Quei soldi gli spettano.

Perché così ha stabilito una legge della Regione siciliana, approvata nella stagione d’oro del governatore  Salvatore Cuffaro. (senatore e vicepresidente dell’UDC, n.di gio) 


Cuffaro Salvatore

E l’amministrazione, proprio in questi giorni, si sta adeguando, aprendo la cassa. Mezzo milione. Cioè 41.600 euro al mese, 1.369 euro al giorno. Cifra lorda, sia chiaro. Ma destinata a fare impallidire persino capi di Stato, governatori di Bankitalia e giudici della Corte costituzionale: Giorgio Napolitano, per dire, ha un’indennità annua di circa 220 mila euro. Carlo Azeglio Ciampi, prima di insediarsi al Quirinale, si vide riconoscere da Palazzo Koch una pensione da 34 mila euro al mese. Mentre Romano Vaccarella e Gustavo Zagrebelsky, ex presidenti della Consulta, percepiscono rispettivamente assegni di quiescenza pari a 25.097 e 21.332 euro mensili, secondo i dati rivelati da L’Espresso nel 2008.

Il superburocrate siciliano, insomma, non si limita a doppiare i colleghi della Regione, tutti beneficiati dal vecchio sistema di calcolo retributivo, ma si candida a tutti gli effetti per la palma del dipendente pubblico più pagato d’Italia. Fra quelli in servizio e a riposo. Sfondando con decisione pure il tetto ai trattamenti previdenziali “obbligatori” posto nell’ormai lontano ottobre del 2003 dal consiglio dei ministri: 516 euro al giorno, il vecchio milione di lire. Crosta quasi triplica quella somma.

Il sultano dei servitori della pubblica amministrazione è un dirigente di lungo corso che negli ultimi due lustri ha
gestito l’emergenza rifiuti in Sicilia. Un’emergenza che non è finita: gli Ato, gli organismi che dovevano assicurare il servizio di raccolta e smaltimento, hanno accumulato oltre un miliardo di debiti, la gara per i termovalorizzatori è stata annullata dall’Unione europea e i cassonetti stracolmi autorizzano ormai i paragoni con la Campania. Ma Crosta, prima da vicecommissario per l’emergenza poi da capo dell’agenzia siciliana per i rifiuti, in questi anni ha visto accrescere i propri compensi fino a 460 mila euro. Una cifra che il suo mentore, l’ex governatore Salvatore Cuffaro, gli accordò nel marzo 2006. Un’indennità che a Crosta è valsa come base pensionabile, in forza di un emendamento approvato dall’Assemblea regionale siciliana a fine 2005, cioè proprio alla vigilia della sua nomina: un caso? Chissà. Di certo, nella Regione dove oggi impera Raffaele Lombardo – che ha rotto con l’ex amico Cuffaro – oggi non si fanno salti di gioia. Anche perché, oltre all’assegno mensile, l’ente dovrà riconoscere a Crosta circa un milione di arretrati e la somma relativa alla rideterminazione del Tfr. In un primo momento, l’amministrazione si era opposta alla liquidazione della maxi-pensione, riconoscendo “solo” 219 mila euro all’ex dirigente. Crosta si è però rivolto alla Corte dei Conti che ha attestato il suo diritto. La legge si può discutere. Ma va applicata. “Non si tratta certo di un regalo, io ho lavorato per 45 anni”, si difende l’interessato. La Regione siciliana dai conti in rosso – due miliardi di deficit – non ha potuto che fare appello alla sentenza della magistratura contabile.

L’ultimo beneficio, peraltro, va a pesare su una spesa previdenziale già ragguardevole: oltre 560 milioni per pagare le pensioni di un esercito di ex dipendenti (14.917) più folto del personale in servizio. Tutti a carico del bilancio, perché la Regione siciliana è fra i pochi enti in Italia a non avere ancora attivato un fondo quiescenza, pur avendolo istituito per legge. E continua a erogare baby-pensioni a tutti coloro che dimostrano di avere un parente infermo da accudire. Un’estensione tutta siciliana della legge 104 – anch’essa figlia di una norma varata dall’Ars – che ha premiato negli ultimi anni 700 impiegati andati a riposo con 25 anni di anzianità (ne bastano 20 per le donne). Ne ha approfittato anche l’ex segretario generale Pier Carmelo Russo. Che a dicembre, dopo il pensionamento, è stato promosso assessore regionale dal governatore Lombardo.

Fote: srs di EMANUELE LAURIA

Fonte: Livesicilia del  19 marzo 2010

sabato 20 marzo 2010

Egitto: La polizia egiziana arresta 13 copti, vittime dell’assalto di estremisti islamici



Tra i fermati anche quattro minorenni, fra i 13 e i 17 anni, poi rilasciati. Per i cristiani e i musulmani emesso un provvedimento di custodia cautelare di 15 giorni. A loro carico le accuse di danneggiamento di proprietà pubbliche, incendio doloso e aggressione. Associazione per i diritti umani promuove una conferenza internazionale.

Il Cairo (AsiaNews/Agenzie) – Le forze di sicurezza egiziane hanno arrestato 13 cristiani copti – tra cui quattro minorenni, poi rilasciati – vittime dell’attacco del 12 marzo scorso. A loro carico l’accusa di assemblea religiosa illegale, danneggiamento di proprietà pubbliche, incendio doloso e aggressione. Fermati anche una dozzina di musulmani, su un totale di 2000, autori dell’assalto contro 400 fedeli copti della chiesa di san Michele a Mersa Matrouh, nel nord-ovest dell’Egitto.

A scatenare le violenze degli estremisti l’intervento dell’imam locale, Khamis Mohamad Khamis, durante la preghiera del venerdì. Dai microfoni della moschea di Al-Ansar, situata nelle vicinanze della chiesa di San Michele, adiacente l’edificio che ospitava i copti, il leader islamico ha incitato i fedeli alla “guerra santa” contro il luogo di culto cristiano, orinandone la distruzione, e invocando la cacciata degli “infedeli”.

La folla ha intrappolato i copti all’interno della chiesa e li ha assaliti, razziando le abitazioni prima di dar loro fuoco. Il raid ha causato il ferimento di 23 cristiani, di cui due in modo grave, tanto che è stato disposto il ricovero al Victoria Hospital di Alessandria, distante 200 km. Fonti della chiesa locale denunciano la devastazione completa di 18 case, quattro negozi e 18 auto (nella foto). “Questa gente è completamente rovinata” afferma l’attivista Wagih Yacoub.

L’assalto alla comunità cristiana copta è durato oltre 14 ore. L’intervento – tardivo – delle forze di sicurezza ha evitato la carneficina. Gli agenti hanno trasportato i parrocchiani dalla chiesa, situata nel sobborgo di Rifiyah, alle loro case, presidiando le abitazioni per evitare nuovi attacchi degli estremisti.

Matta Zakaria, sacerdote locale, denuncia all’agenzia AINA “il sequestro di quattro minori, tra i 13 e i 17 anni, da parte della polizia”. Con un “inganno”, gli agenti hanno condotto i giovani in caserma chiedendo loro di identificare gli assalitori musulmani. Tra i giovani vi era anche un ragazzo che non si trovava in chiesa durante l’assalto. I giovani riferiscono anche di “insulti e percosse” da parte delal polizia, che ne ha disposto la scarcerazione dopo l’intervento di alcuni sacerdoti copti.

Le forze dell’ordine hanno aperto un fascicolo di inchiesta a carico degli arrestati – cristiani e musulmani – con l’accusa di assemblea religiosa illegale, danneggiamento di proprietà pubbliche, incendio doloso e aggressione. Il regime di custodia cautelare durerà 15 giorni.

Intanto la Egyptian Union for Human Rights Organization (EUHRO) ha indetto una conferenza internazionale per 21 marzo prossimo. Durante l’incontro si parlerà degli incidenti di Mersa Matrouh, causati dalla “mancanza di un’autorità statale”, e verrà lanciato un appello al governo perché monitori gli interventi degli imam, fonte di violenze confessionali tra cristiani e musulmani.

Fonte: AsiaNews.it del 18,03,2010

Egitto: Folla di 3mila musulmani, attacca una comunità cristiana copta, 25 i feriti


Al momento dell’assalto i fedeli erano riuniti in preghiera.  Nell’edificio erano presenti quattro sacerdoti, un diacono e 400 parrocchiani, colpiti anche donne e bambini.  A scatenare la rabbia dei fondamentalisti, aizzati dall’imam, la voce secondo cui i cristiani costruiranno una nuova chiesa. In realtà si tratta di un ospizio.

Il Cairo (AsiaNews/Agenzie) – È di 25 feriti, fra i quali donne e bambini, il bilancio dell’assalto a una comunità cristiana copta avvenuto ieri nella provincia nord-occidentale di Mersa Matrouh, in Egitto. Una folla di circa 3mila musulmani ha attaccato i fedeli, riuniti in preghiera in un edificio adiacente la chiesa locale. A scatenare la violenza dei fondamentalisti, aizzati dall’imam locale, la voce secondo cui i cristiani hanno iniziato a costruire un nuovo luogo di culto.

Verso le 5 di ieri pomeriggio i musulmani – un insieme di beduini e fanatici salafiti – hanno iniziato a lanciare pietre contro un cantiere, dietro il quale credono si celi il proposito di edificare una nuova chiesa. Testimoni locali riferiscono che le forze di sicurezza presenti non erano sufficienti a contenere l’attacco. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni e arrestato una ventina di persone, fra musulmani e cristiani. Solo questa mattina sono arrivati i rinforzi da Alessandria, grazie ai quali i fedeli coopti intrappolati nell’edificio hanno potuto rientrare nelle loro case.

Al momento dell’assalto nella casa di preghiera cristiana erano presenti quattro sacerdoti, un diacono e circa 400 parrocchiani. I cristiani affermano che l’edificio in costruzione, in realtà, è un ospizio e si dicono “terrorizzati” per il nuovo attacco subito. A fomentare la rabbia dei musulmani ha contribuito l’intervento dell’imam locale Shaikh Khamees, durante la preghiera del venerdì. Egli ha sottolineato il dovere di combattere contro i “nemici” dell’islam e ha ribadito che “non tolleriamo la presenza cristiana nelle nostre zone”.

Il reverendo Matta Zakarya conferma che questa mattina si è svolto un vertice fra i leader della chiesa locale, le forze di sicurezza dello Stato e alcuni rappresentati dei musulmani. “I coopti sono spaventati – sottolinea – soprattutto donne e bambini che erano presenti all’interno dell’edificio e hanno assistito all’assalto”.

In Egitto la comunità cristiana copta è il 10% circa della popolazione, in un Paese a larghissima maggioranza musulmana, che discrimina la comunità cristiana. Essa è vittima di episodi di violenza, causati da un forte incremento del fondamentalismo islamico. Talvolta alla base di molti attacchi vi sono dispute sulle proprietà terriere e contese per le donne, ma essi divengono presto scontri di carattere confessionale.

Fonte: AsiaNews.it del 13.03.2010