Francesco II
«Mio carissimo fratello Alfonso
Re in diritto tu sei dal momento della mia morte: ma non ne ài l’esercizio. Tuo debito è di comunicare la mia morte e l’essermi tu successo. La tua situazione à precedenti per regolare le tue lettere ai Sovrani tutti, quelli cioè del Conte di Chambers e del Duca di Cumberland. Non seguire lo esempio del Conte di Parigi, che comunicò con telegrammi. Tu sei giudice del come farle: ma a mio avviso, non farei, che annunziare semplicemente il mio decesso, e che mi succedi, riserbando nelle mani di Dio lo esercizio dei tuoi doveri, che sono congiunti ai tuoi diritti.
Se tu crederai ritenere pel momento il tuo presente titolo, fa che il tuo primogenito prendesse subito quello, che gli appartiene di Duca di Calabria, e quando questi avrà un figlio quello di Duca di Noto dal nascere. Ricordati che quello di Duca di Castro è nostro familiare di primogenito in primogenito. Una proposta ad un tempo sembrami necessaria. Sullo spoglio della nostra fortuna privata, e come la nostra famiglia e la sola al bando del dritto pubblico e privato in Europa. Non credo punto necessario di doverti raccomandare la Regina mia amatissima Moglie e compagna di sventure, perché, tu solo superstite di noi tre fratelli di Gaeta, ti ricorderai quanto a lei dobbiamo per aver essa illustrato quella nostra epoca. Tu sai come ti ò amato in vita, puoi quindi credere quali voti fò al Signore per la felicità tua e dei figli tuoi. Che Iddio vi benedica tutti. Ricevi un ultimo abbraccio, dal tuo affezionatissimo fratello, Francesco».
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