venerdì 28 febbraio 2014

ADELARDO IL PRIMO CARDINALE VERONESE


Sarcofago del cardinale veronese Adelardo, Vescovo di Verona e Legato Pontificio in Terra Santa. Chiostro abazia di San Zeno in  Verona.



VOLUME II – EPOCA III – CAPO   VI

SOMMARIO. - Origine e prima educazione di Adelardo - Promozione alla porpora cardinalizia - Sua nomina a vescovo di Verona - Viaggio in Francia ed in Inghilterra - Prende parte alla terza Crociata - Un giudizio su la sua vita episcopale - Atti del suo episcopato - Sua operosità all'infuori della sua chiesa - Si ritira nel monastero di S. Zeno - Sua morte - Due ricognizioni del suo sepolcro - La mitra di S. Zeno.

Tra i favori largiti ai veronesi dal Pontefice Lucio III  nella sua breve dimora a  Verona  il più distinto fu la elevazione di un nostro cittadino alla dignità cardinalizia. (a)

Secondo l'opinione più comune tra i nostri scrittori, Adelardo  è oriundo della famiglia dei Cattaneo, detti anche i Da Lendinara, (1)  famiglia assai ricca di quella terra allora appartenente al distretto di Verona, e che vantava diritti anche sulla terra di Zevio, ad essa riconosciuti dal vescovo Ognibene, dal podestà Sauro e dai consoli veronesi l'anno 1181. Secondo alcuni però, Adelardo spetterebbe alla famiglia degli Aleardi, nobile famiglia, già da lungo tempo abitante in Verona presso la chiesa di S. Benedetto, dove ancor prima del dominio scaligero era una contrada detta degli Aleardi.  Secondo i primi, Adelardo sarebbe veronese in senso un po' lato; secondo gli altri, sarebbe vero cittadino veronese in senso stretto. A noi poco interessa definire la questione. (b)

Da una iscrizione, che riporteremo in seguito, Adelardo dovrebbe essere nato circa l'anno 1122: della sua educazione poco o nulla sappiamo: fu canonico della cattedrale, anzi capo e direttore della schola cantorum « major praecentor Cathedralis »,(2) ordinato sacerdote dal vescovo Ognibene.

I meriti e la stima goduta da Adelardo fra il clero veronese attirarono su di lui l'attenzione del pontefice Lucio III; il quale nel concistoro tenuto in Verona nel primo giorno di Quaresima l'anno 1185  lo creò cardinale di S. R. Chiesa, del titolo di S. Marcello.  
Costituito in sì alta dignità, Adelardo si adoperò molto nei preparativi del concilio tenuto nello stesso anno a Verona: indi prese parte al conclave, in cui fu eletto Urbano III; e, quando Urbano III, affine di predisporre una crociata in Oriente da Verona passò a Ferrara, ve lo seguì pure Adelardo, e certamente vi stette fino alla morte di lui, che fu il 19 ottobre 1187.


Nell'anno seguente al dì 23 giugno moriva il nostro vescovo Riprando, ed a lui fu dato a successore Adelardo.  Nella serie dei nostri vescovi Adelardo è l'ottantesimo, e porta il nome Adelardo II (3).
 Secondo l'uso di quei tempi, dimise allora il titolo di S. Marcello, chiamandosi semplicemente cardinale vescovo di Verona.  Che la nomina di Adelardo a vescovo di Verona sia avvenuta nell'anno stesso della morte di Riprando, ne è prova una lettera di Clemente III data il dì 7 novembre dell'anno 1188 « Venerabili fratri Adaelardo Veronensi Episcopo ejusque successoribus  canonice  substituendis »(4). 
Nell'anno seguente il dì 25 febbraio Adelardo concesse un'investitura di decime alla Congregazione del clero intrinseco, inscrivendosi « Cardinalis Sedis Apostolicae et episcopus Veronae ».(5) Così pure si dice « Adaelardus sacrosanctae Romanae Ecclesiae cardinalis et veronensis humilis episcopus » in un atto segnato comunemente 7 gennaio 1189, ma che probabilmente fu dato il 7 giugno dello stesso anno.(6)  Notiamo questo, perché un recente scrittore francese vorrebbe differire alla seconda metà dell'anno 1191 la nomina di Adelardo a vescovo di Verona.(7)  Creato adunque vescovo  verso la metà dell'anno 1188, resse la nostra chiesa fin verso il settembre dell'anno 1214.


Nella primavera dell'anno 1189 Adelardo  intraprese un viaggio in  Francia ed in Inghilterra. Comunemente si ritiene che egli vi si andato come Legato Pontificio insieme col cardinale Enrico vescovo di Albano, al quale fu poi sostituito il cardinale vescovo di Anagni. Scopo della legazione sarebbe stata la riconciliazione dei due re, affinché di comune accordo intraprendessero una crociata per la liberazione di Terrasanta.
Alcuni opinano che Adelardo siasi recato in Inghilterra a solo scopo di devozione per visitare il sepolcro di S. Tommaso di Cantorbery caduto martire per la libertà della Chiesa il 29 dicembre dell'anno 1170.  Nel ritorno visitò pure il sepolcro di s. Martino a Tours ed assistette alla consacrazione di Giovanni vescovo di Dol. Di questo suo pellegrinaggio scrive egli stesso « universis Christifidelibus ad quos litterae istae pervenerint »: ma non vi fa cenno alcuno alla Legazione Apostolica (8).

Ma il pensiero che preoccupava tutti gli animi, massime dopo la caduta di Gerusalemme, era quello di una crociata universale per liberare Terrasanta e particolarmente il santo Sepolcro dalla mano dei Turchi.  
Questo pensiero agitava pure l'animo di Adelardo, sia durante il suo viaggio in Francia ed in Inghilterra, sia dopo il suo ritorno in Verona. Qui si dié tosto ad eccitare i veronesi ad una impresa così santa; i veronesi corrisposero agli eccitamenti del loro vescovo; ed uno scrittore coevo tra coloro, che in parti colar modo promossero la terza crociata, pone il card. Adelardo: « Cardinalis presbyter Pontifex Veronae »(9).  
Agli eccitamenti aggiunse l'esempio: nell'agosto del medesimo anno Adelardo più che sessagenario con buona schiera di crociati veronesi su navi veneziane salpò da Venezia e mosse verso Tiro, dove lo attendeva Corrado marchese di Monferrato.
Nella Palestina dimorò circa due anni: quale Legato Pontificio molto si adoperò per rappacificare i due re di Francia e d'Inghilterra; ed insieme coi suoi veronesi prese parte all'assalto di Accon (l'antica Tolemaide, ora S. Giovanni d'Acri), che fu nei giorni 3 (festa dell' Ascensione) e 5 maggio del 1190. Del merito dei Veronesi in questo assalto ci attesta lo stesso scrittore contemporaneo e presente al fatto:


Idem nobis fecerunt in Ascensione
nec non in sabbato, et tunc in agone
pugnarunt viriliter homines Veronae
memores Ferrariae tali die pronae (10).


Il vessillo della croce poté finalmente sventolare sulle torri di Accon il 12 luglio del 1191: allora Adelardo nel giorno 16 dello stesso mese riconciliò solennemente le chiese profanate dai Turchi, assistito dagli arcivescovi di Tiro, di Pisa, e di Auch, e dai vescovi di Salisbury, di Evreux, di Bajona, di Tripoli, di Chartres e di Beaveais (11).

Dopo la presa di Accon Adelardo pensò bene ritornare alla sua Verona, ed ivi tutto dedicarsi al bene spirituale della sua chiesa.  Pare che in tale circostanza al piccolo altipiano situato dietro il castello di S. Pietro egli abbia dato il nome di Nazaret e vi abbia eretta una chiesa ad onore dell' Annunziazione di Maria: forse fu allora che quella località pervenne in potere dei nostri vescovi(12).

Tutte le memorie antiche si accordano nel presentarci Adelardo quale vescovo santissimo e zelantissimo, benché pochi fatti particolari ci diano. In un'opera abbastanza recente leggiamo di lui questo elogio: « In eo omnes fuere virtutes, quae ab ecclesiastico principe optimo et sapientissimo sperari aut optari possunt, quibus apud principes et summos pontifices eximia valuit gratia et benevolentia ».(13)

Nell'anno 1189 « die septimo intrante Januario (forse « Junio » ... ) pro amore Dei et sancti Lucae » avea investito suor Elisabetta monaca di S. Pancrazio« de tota decima totius curtis Septimi, quae nunc sunt vel erunt vice et nomine beati Lucae Evangelistae ».(14)

Nel 1194 il dì 20 marzo consacrò la chiesa dei SS. Apostoli e tre altari della stessa. Il rito ci è brevemente descritto in un istromento notarile redatto nel medesimo giorno: « Dominus Adaelardus ... consecravit supradictam ecclesiam de foris et de intus, et consecravit tria altaria, et fecit duodecim Cruces in circuitu de intus cum chrismate et unam Crucem supra solarium januae ecclesiae de antea, et collocavit Reliquias in supradictis altaribus, et exivit de illa ecclesia et ascendit super pergulum et praedicavit populo ... ».(15 )
Concesse alcune indulgenze confermate ed ampliate dal card. Fidanzio Legato Apostolico, che era presente e si trovava a Verona fin dall'anno precedente.
Nel giorno 13 aprile del 1197 consacrò un altare nella chiesa di S. Martino in Corneto, « ad honorem Dei et sanctae Catharinae, et cantavit Missam ... et exivit de ecclesia et ascendit super pergulum et praedicavit populo ».(16)
Nella domenica 2 novembre del 1207 consacrò la chiesa di S. Felicita, che dovea spettare al monastero di S. Nazaro: nella sera precedente l'abate « ordinavit et posuit cassettam cum reliquiis in craticula », le fece porre fuori della chiesa ed ivi « cum suis monachis et clericis cantavit vesperum, et ordinavit vigilari usque mane ».
La mattina seguente il vescovo consacrò quella chiesa « de foris et intus et consecravit unum altare ... in quo locavit reliquias suprascriptas ... et praedicavit populo », concedendo indulgenze a quanti visitassero
quella chiesa.(17)

Con atto del 7 giugno 1197 decretò l'unione della chiesa di Ss. Vito e Modesto di Brenzone (finora soggetta al monastero di S. Zeno) a quella di Malcesine; imponendo però a questa che ogni anno « in festo beatae Mariae semper virginis cerealis de mense Februario » dovesse dar come censo al monastero di S.Zeno « quottuor galetas boni olei ad galetam Malesilicis ».(18)
Con atto del 22 giugno del medesimo anno esortò i veronesi a concorrere con elemosine alla fabbrica della chiesa dei SS. Fermo e Rustico, « in qua eorum corpora preciosa in pace requiescunt »; la quale era stata cominciata dai Benedettini nel 1065: concesse anche molte indulgenze a quanti concorressero a quest'opera.(19)
Nel 1200 confermò ai canonici della cattedrale le loro giurisdizioni e possedimenti. Nello stesso anno determinò le decime che la chiesa di Ronco Levato avesse a pagare al monastero di S. Zeno.
Nel 1212 con atto 17 luglio autorizzò Forzano e gli altri canonici di S. Marco di Mantova ad edificare il monastero e la chiesa di S. Maria Maddalena in Campo Marzo.(20)

Verso la primavera del 1202 insieme con alcuni chierici veronesi andò a Roma per una controversia sorta per la nomina dell'arcidiacono della cattedrale. Dal pontefice Innocenzo III ottenne che in seguito detta nomina non si possa fare senza l'unanime consenso del vescovo e del capitolo.(21)

Sollecito del bene spirituale del suo gregge, « nel 3 marzo dell' anno 1189, in choro sanctae Mariae Majoris Veronae, nel sinodo della chiesa di Verona fece leggere alcuni decreti e capitoli sulle elezioni, sui vestiti, ed uno per eccitare i sacerdoti a togliere fra il popolo i matrimoni clandestini ».(22)

Riguardo ai diritti giurisdizionali su alcune terre soggette al vescovo di Verona  Adelardo dovette adattarsi alle mutate condizioni politiche.  All'autorità imperiale, che spesso gli imperatori esercitavano per mezzo dei vescovi, era sottentrata l'autorità del comune, che per di più era locale.  Così nel 1201 acconsentì ad una restrizione della sua giurisdizione sulla terra di Bovolone fino allora soggetta quasi esclusivamente al vescovo: più tardi, nel 1214, acconsentì che il suo gastaldo davanti al console giudice di Verona prestasse giuramento circa il modo, con cui eserciterebbe la sua giurisdizione, e questa solo per somme non superiori a soldi quaranta (23).  
Più ancora dovette cedere a riguardo della terra di Legnago: dapprima nel 1207 concesse ad Azzo d'Este podestà di Verona l'esercizio della sua giurisdizione in Legnago; più tardi acconsentì che della giurisdizione in Legnago disponesse esclusivamente il podestà di Verona. Così Legnago fu sottratta del tutto al vescovo di Verona: a Legnago venne sostituito in qualche modo Monteforte(24). Nell'anno 1207 cedette pure al comune di Verona alcuni diritti sul castello di Montorio(25). (c)

Adelardo fu onorato di parecchie lettere e di uffici importanti dal pontefice Innocenzo. Di quelli riguardanti la diocesi di Verona diremo  nel capo seguente: qui accenneremo brevemente alcuni spettanti ad altre diocesi.


Un enorme delitto avean commesso ancora al tempo di Celestino III  i trevigiani: aveano ucciso il vescovo di Belluno Gerardo, ed usurpati i diritti di quel vescovado e di altri (26).  Celestino III avea assoggettata all'interdetto la città di Treviso e scomunicati gli autori principali di quel delitto: ma non era ombra di resipiscenza.  Perciò Innocenzo III  affidò l'incarico di ridurli all'ubbidienza e di assolverli dalle censure al nostro card. Adelardo ed al vescovo di Ferrara: la lettera deve esser data il giorno 13 novembre del 1200(27).

Ad Adelardo commise pure il pontefice Innocenzo l'ufficio di investigare ed a Lui poi riferire intorno ad una controversia assai complessa che si agitava tra il vescovo di Vicenza Uberto III (o Gilberto) ed un certo conte Uguizio(28): la lettera non ha data.

Come era ben naturale, Adelardo si adoperò talvolta anche per gli interessi politici dei suoi veronesi.
Così il 2 luglio del 1198 lo troviamo presente con Enrico vescovo di Mantova ad un atto di pacificazione tra Mantova e Verona.(29)
 Nel 1210 il dì 8 aprile lo troviamo a Parma presente ad una investitura fatta dall'imperatore Ottone V a favore di un certo « Jacobus de Vicoageris ».(30)

Dopo aver lavorato per la chiesa veronese e per altre per circa cinque lustri, Adelardo, forse per l'età avanzata di oltre ottant'anni, si decise a rinunziare alle sede vescovile, e si ritirò nel monastero dei Benedettini a S. Zeno.  Questa rinunzia dovette essere verso il settembre dell'anno 1214; giacché un documento del 13 ottobre ci dà come « Episcopus electus » Norandino della famiglia dei Sordi già canonico della cattedrale.(31) In quel ritiro certamente Adelardo intendeva dedicarsi tutto al pensiero dell'anima sua: tuttavia troviamo anche in seguito due atti pubblici nella sua vita.

Dal pontefice Onorio III con breve del 4 maggio 1223 ebbe una commissione per il monastero di S. Vito di Calavena. Siccome l'abate ed i monaci si lamentavano che i delegati del Papa in una visita avessero introdotto delle novità improvvide e non conformi alla regola di S. Benedetto, così Onorio delegò Adelardo insieme con l'abate dei Vallombrosani della SS. Trinità ed il priore di S. Giorgio in Brayda di recarsi sul luogo, verificare la cosa e provvedervi definitivamente.(32)

Nell'anno seguente troviamo che, forse per malattia od assenza del vescovo Norandino, Adelardo tenne una sacra ordinazione nel 21 settembre, sabbato delle quattro tempora, e tra gli altri ordinò sacerdote un certo Bonafede, che fu priore della chiesa di Ognissanti.(33)

Morì Adelardo presso i monaci di S. Benedetto il 18 agosto dell'anno 1225, in età, a quanto dice un'antica pergamena, di 103 anni; la quale però erra quanto al giorno: « In die primo Januarii ind. XIII. 1225 obiit D. Adaelardus S. R. E. cardinalis et episcopus Veronae qui cum maxima castitate vixit 103 annos ».(34)

Il giorno della morte 18 agosto ci viene accertato da una iscrizione rozzamente incisa in tavola rossa trovata entro la sepoltura nelle due ricognizioni, che se ne fecero più tardi. La prima fu fatta nell'anno 1642; e se ne può leggere il documento presso Ughelli(35): la seconda nell'anno 1873, quando il sarcofago del card. Adelardo dall'abside a destra dell'altar maggiore fu trasferito nell'antico chiostro del monastero; se ne ha il documento nell'opuscolo su Adelardo stampato in Verona l'anno 1878(36): nella prima si rimise l'iscrizione al suo posto; nella seconda fu trasportata nel civico Museo. La diamo sciogliendo le abbreviature(37):


ANNO  DOMINI  MCC
XXV  DIE  XIV
EXEUNTE  AUGUSTO
DOMINUS  ADELARDUS
QUONDAM  EPISCOPUS  VERONENSIS
ET CARDINALIS


La forma « die XIIII exeunte augusto» significa « die XIII ante exitum augusti »: perciò essa dà come giorno emortuale il 18 agosto dell'anno 1225.

La salma di Adelardo, come risultò dalle due ricognizioni, nella sua tumulazione era stata rivestita con gli ornamenti pontificali: tra questi, il piviale, la stola ed i guanti erano lavorati assai finemente ornati di seta, argento ed oro, con abbondanti ricami in disegno latino(38): una buona parte di essi si conserva nel nostro Museo.

Due recenti scrittori nostri trattarono anche della così detta mitra di S. Zeno; che ritengono spettare al secolo XIII e potersi attribuire al card. Adelardo(39). È una mitra di tela bianca, preziosa sotto l'aspetto artistico. Da una parte porta su una tenia il Redentore con le sigle IC XC, fra i due simboli di S. Giovani Evangelista e di S. Matteo indicati dalle leggende: dall'altra ha l'imagine di Maria con ai lati S. Giovanni e San Giuseppe.(40) Sull'orlo della mitra si veggono le mezze figure dei dodici Apostoli: alcuni sotto il Redentore, altri sotto la Madonna: le infule son decorate da tre figure di santi senza iscrizioni. È chiaro per sé quanto sia importante questo monumento sotto l'aspetto storico-liturgico.



NOTE


1 - Così Biancolini, Cipolla, P. Gianfrancesco, ecc. Vedi anche MIGNE, Patrol. lat., Tom. CCXLV, col. 924 Nota 121.

2 - Presso UGHELLI, Italia sacra, Tom. V. col. 810.

3 - Di lui scrisse P. GIANFRANCESCO M. R. (GHEDINA) sotto l'anonimo: Adelardo II dei Cattanei primo Cardinale Veronese (Verona 1877). - Fu pubblicato in occasione della promozione alla porpora cardinalizia del nostro vescovo Luigi Di Canossa.

4 - JAFFÈ, Regesta RR. Pontificum, Num. 16347.

5 - Antichi archivi Veron. - Clero intrinseco. Registro II. Fol. 15 (internato).

6 - BIANCOLINI, Chiese di Verona V. P. II, pag. 230; CIPOLLA, Riprando ... , pag. 8.

7 - RIANT nella edizione di HAYMARUS Monachus, Lib. tetrast. Proef., pag.  LXI  (Lugduni 1866).

8 - Presso BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi di Verona, pag. 48.

9 - HAYMARUS Monachus, De expugnata Accone. Liber tetrest., pag. 7.

10 - HAYMARUS, Op. cit., pag. 7 - L'allusione alla caduta di Ferrara ricorda che i veronesi due anni prima (1188) nel giorno dell'Ascensione aveano riportato vittoria sui ferraresi; CIPOLLA, L'Apografo Veronese- Vatic; presso ILGEN, Corrado March. di Monferrato, pag. 139 (Casale 1890). « Cum selecta multorum nobilium veronensium crucesignatorum ala, expugnationi civitatis Acconae interfuit Adaelardus ».  Presso UGHELLI, Italia sacra, V, 811.

11 - ROHRBACHER, Storia della Chiesa. Lib. LXX. VoI. VID. Pag. 758 (Torino 1876)-

12 -BIANCOLINI, Chiese. I, pag. 384 - Li presso, un po' in alto, v'era pure una chiesetta dedicata all' Arcangelo S. Gabriele.

13 - Presso MIGNE, Patrol. lat., Tom. CCXIV. col. 924 Nota 121.

14 - BIANCOLINI, Chiese. V. P. I, pag. 230.

15 - BIANCO LINI, Chiese. IV, pag. 521, seg.

16 - BIANCOLINI, Chiese V. P. II, pag. 16. - E la chiesa di S. Catterina di Tomba.

17 - BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi. Docum. XVII, pag. 142, sego.

18 - BIANCO LINI, Chiese. III, 288. - I vari paesi del lago aveano la propria galeta: così v' era la galeta Bardulini, la galeta Lecesii, ecc.  Pare che la galeta in media corrispondesse a due bacede e mezzo: anche le bacede eran varie. CIPOLLA, Documenti per la storia ... di S. Colombano in Bardolino, pag. 29  (Verona 1904).

19 - UGHELLI, Italia sacra V, 881; BIANCOLINI, Chiese VID, 151. Doc. X.

20 - BIANCOLINI, Chiese. IV, 658; ARRIGHI, Cenno storico intorno al monastero di S. Maria delle Vergini, pag. 13, 17.

21 - INNOC. III. Reg. Lib. II. Ep. 32, presso MIGNE, Patrol. lat. CCXIV. COL. 985.

22 - Così una scheda nei nostri Archivi comunali: ma il relativo documento si trova tuttora internato. Se tornerà dall'esiglio, lo pubblicheremo, perché troppo importante ed inedito.

23 -CIPOLLA, Statuti rurali Veronesi, pag. 12-14 (Venezia 1890).

24 - Documenti presso UGHELLI, Italia sacra. V, 812-834 - Vedi anche Sac. G. TRECCA, Legnago pag. 30, seg.

25 - BIANCOLINI,  Chiese. III. Pag. 91.

26 - Alla lotta dei Trevisani contro i Bellunesi non furono estranei i Veronesi. Vedi MIGNE, Patrol. lat., CCXIV. col. 557.

27 - Presso MIGNE, Patr. Lat. CCXIV. col. 555-558, 922-926 - Vedi VERCI, Codice diplom. Ezzeliniano. Doc. 65, pag. 130-133.

28 - Presso MIGNE, Op. cit; col. 1128.

29 - CIPOLLA, Documenti per le relazioni tra Mantova e Verona, pag. VII, seg.

30 - BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi di Verona, pag. 23.

31 - Presso BIANCOLINI, Serie cronol.  dei Vescovi di Verona, pag. 8.

32 - BIANCOLINI, Chiese V. P. II, pag. 124.

33 - BIANCOLINI, Chiese. IV, 762 -: Quindi resta escluso quell'Adelardo II, che alcuni scrittori nostri qui intrudevano, forse abbreviando la vita a Norandino. Vedi BIANCOLINI, Serie ... , pag. 8.

34 - BIANCOLINI, Dissertazione sui Vescovi di Verona, pag. 45. 35 UGHELLI, Italia Sacra V. Col. 819, seg.

36 - P. GIANFRANCESCO, Adelardo II. Annot. 38, pag. 33, segg.

37 – Il  fac-simile presso CIPOLLA, Note di storia veronese. XI, in N Arch. Veneto. Tom. V. P. II. (Venezia 1903).

38 - CIPOLLA, Gli incunabuli dell'arte della seta in Verona, pag. 10 (Venezia 1886).

39 - CIPOLLA, Una mitra del secolo XII, in l'Arte IV. pag. 151 (Firenze 1901); SIMEONI, La Basilica di S. Zeno in Verona, pago 83.

40 - Se non il più antico, è certo fra i più antichi monumenti, che ci attestino il culto di S. Giuseppe.


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. VI (a cura di Angelo Orlandi)


a) Per l'epoca del card. Adelardo valgono parecchi degli studi citati al cap. IV. Si può aggiungere qualche altra indicazione. W. HOLTZAMAN, Anecdota veronensia, in Papsttum und Kaisertum. Forschungen P. Kehr dargebracht, Muenchen, 1926, pp. 369-375; L. SIMEONI, Il Comune, in  Verona e il suo territorio vol. II. Verona, 1964, pp. 243-347;  P. ZERBI, Papato, impero e "res publica christisne"  dal 1187 al 1198, Milano, 1980, pp. XII-XV-197.

b) Secondo recenti studi Adelardo apparteneva ad una famiglia «De Bissis »,

c) Sulle vicende delle giurisdizioni vescovili e della Mensa vescovile si può vedere: R. SCOLA GAGLIARDI, La Mensa vescovile di Verona con particolare riferimento al territorio di Bovolone dal XV al  XVIII secolo,  Verona 1987, pp. 222. (Studi e documenti di storia e liturgia, V).



Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II



mercoledì 26 febbraio 2014

CHIESE ROMANICHE


Chiesa romanica inferiore di S. Fermo e Rustico, cominciata nel secolo XI, e precisamente nell'anno 1065 per opera dei monaci Benedettini, ai quali già il vescovo sant'Annone sulla fine del secolo VIII  avea  affidato la custodia delle reliquie dei santi martiri.  La chiesa attuale fu terminata, quanto sembra  nell'anno 1143



VOLUME II – EPOCA III – CAPO  V


SOMMARIO. - Caratteristiche dello stile romanico - Artisti romanici - Cattedrale -  S. Giovanni in Fonte - Basilica di S. Zeno - S. Lorenzo - S. Stefano -  SS. Fermo e Rustico - S. Maria in Organo - San Giovanni in Valle - Chiese romaniche della diocesi. (a)

È incredibile lo slancio, con cui i buoni veronesi si diedero a fabbricare nuove chiese ed a restaurare ed abbellire le già esistenti, tostoché il concordato di Worms restituì alla chiesa la sua libertà: ché anzi ne abbiamo alcune fabbricate od incominciate nel secolo XI, durante la lotta funesta delle investiture.  
Causa di tale slancio dovette essere l'aumento delle popolazioni, il miglioramento delle condizioni economiche, e, nella diocesi, la costituzione delle plebanie e dei parrochi ai quali era commessa la cura delle parrochie: si aggiunga che molte chiese erano rovinate od assai deperite per il terremoto del 7 gennaio 1117(1).  Ma questo fatto prova altresì che era tra noi ben viva la fede cristiana ed ardente l'amore al culto religioso.

Stile comune alle chiese di quest'epoca è quello detto romanico, a noi venuto nella sua sostanza dalla Francia meridionale e rabbellito nella forma delle condizioni proprie delle nostre regioni. Principali caratteristiche di questo stile in Verona e nella diocesi sono le seguenti: esso in massima ritorna al piano dell'antica basilica cristiana: una navata di mezzo con altre due laterali più basse e più strette: le navate  son divise mediante colonne di color rosso, spesso delle cave di Sant'Ambrogio; talvolta son divise da pilastri croceiformi  imitanti la muratura delle pareti;  talvolta da colonne e pilastri alternati.  La chiesa è chiusa ad oriente da un abside, prima del quale si ha la cuba, divisa dalla parte anteriore della chiesa mediante un transept.

La muratura è fatta a corsi alternati di tufo e di laterizii, che danno alle pareti una decorazione policroma: a questa specie di muratura si prestavano assai bene le non lontane cave di tufo. La porta maggiore è rivolta ad occidente: essa, (come anche le porte laterali, se vi sono) è formata da un semplice rettangolo di marmo rosso senza alcuna ornamentazione; è sormontata da un protiro ordinariamente pensile, talvolta sorretto da pilastrini basati sul pavimento esterno: sotto il protiro in una lunetta da esso difesa sta sovente una pittura a fresco.  Nell'interno la luce viene assai parca da finestrelle praticate in alto delle pareti, che spesso sono bifore o trifore: l'altare sta sotto la cuba, ed è rivolto ad oriente.  Nell'esterno delle chiese, presso le quali i chierici tenevano vita comune, generalmente sta un chiostro, almeno con due lati od uno, forato con colonnine abbinate in marmo, quali vediamo nel cortile del canonicato e presso le chiese di S. Zeno, SS. Apostoli, S. Giovanni in Valle in città, e presso quella di S. Giorgio di Valpolicella in diocesi.

Quanto ai primi artefici od architetti romanici, non abbiamo che il nome di tre, a noi tramandato in due iscrizioni di scoperta recente, appartenenti ambedue all'anno 1143.  
Il primo di essi è un Annone murarius, che fece o terminò in detto anno la chiesa inferiore di S. Fermo: « ANNO DOMINI NRI IHV - XPI MC QUADRAGEISO II OC - OPUS FECIT AN- NO MURARIUS ». Questa lapide dovea prima essere nella facciata antica; ora è murata nella base della presente, è capovolta e serve di zoccolo alle lesene della facciata sotto l'urna di Aventino Fracastoro: è visibile solo l'ultima linea NOMURARIUS(2).

Se Annone è ricordato come muratore, vengon ricordati come maestri, ossia capimastri, architetti, Borgo e Malfato in una lapide della chiesa di S. Michele di Porcile illustrata dal nostro Sgulmero, spettante essa pure all'anno 1143;  « ANI DOMINI MILESIMO-CENTESIMO QUADRA-IESIMO TERCIO INDICIO-NE SESTA TEMPORE TEBALDI EPISCOPI-PROPE FESTIVITATEM SANCTI MAR-TINI SACERDOS AMBROSIUS - FUIT AUTOR VIUS OPERIS  BORGO - ET MALFATO QUI TUNC ABITABANT IN VERONENSI CASTRO EXISTENTIBUS - MAGISTRIS » Forse questi erano di origine lombarda ed  abitavano nel castello di Verona: ma nella seconda metà del secolo XII il nome Malfatto ricompare più volte fra gli abitanti di Porcile.(3)

Riguardo alla chiesa di S. Zeno, abbiamo i nomi di due artisti Brioloto de Balneo ed Adamino de sco Georgio: . son però di molto posteriori agli inizi della costruzione, comparendo ancor vivi nei primi decenni del secolo XIII.

Noi non potremo dire partitamente di tutte le chiese di quest' epoca: diremo delle principali, aggiungendo pochi accenni delle altre.

Cominciando dalla chiesa cattedrale, diciamo di essa, non quale essa è al presente (opera del secolo XV),  ma quale essa era nel secolo XII.
Già più volte abbiamo parlato della chiesa di S. Maria Matricolare, che dovea  esser tutta fuori del piano della presente, probabilmente al lato settentrionale della medesima e facente capo alle volte sostenute da pilastri davanti alla  chiesa di S. Giovanni in Fonte. Che sia avvenuto di quella chiesa non lo sappiamo: ma non è improbabile che essa sia rovinata in tutto ed in parte per il terremoto del 1117.  
Alla erezione della nuova cattedrale si dié principio vero l'anno 1139(4):  vi contribuirono il vescovo Tebaldo assai ricco di beni di famiglia ed abbondantemente dotato di beni vescovili, i canonici ed i cittadini: contribuì pure generosamente il vescovo Ognibene, che fabbricò anche la sacrestia ed il nuovo palazzo vescovile: finalmente fu consacrata dal pontefice Urbano III   nel giorno 13 settembre dell'anno 1187.

Questa chiesa teneva precisamente il piano e le dimensioni del Duomo attuale: era a tre navate, la centrale più elevata delle laterali, e da esse divisa mediante due file di colonne sorreggenti con archi la muratura fino ai travi(5):   ma le tre navate erano assai più basse delle attuali;  l'altezza della navata mediana ci viene tuttora indicata da due piccoli tratti di cornici rampanti con archetti, e di alcune orizzontali che stanno sull' esterno della facciata tra la cima dei due finestroni e l'arco superiore del protiro; ci vien pure indicata dal diverso colore della muratura che taglia in obliquo il finestrone a destra (di chi guarda): alcuni tratti di cornici rampanti della facciata ed altre cornici orizzontali sul lato meridionale esterno presso la cappella del SS.  Sacramento ci danno l'altezza delle navate laterali.  
Nella navata mediana la prima campata (l'ultima dalla porta e l'unica oggi non gotica) era elevata, non solo sopra le navate laterali,  ma anche sopra il resto della mediana: essa era la cuba major,  di cui si può vedere la sommità con tre bifore dal vicolo Sabbionara: sotto la cuba stava l'altare volto ad oriente, ed era forse l'unico; al di là del quale fu poi seppellito il Papa Lucio III.  La luce veniva scarsa all'interno da piccole finestrelle: sulla facciata due bifore tenevano il luogo dei due attuali finestroni, come si può vedere nel disegno dell'antica facciata datoci dal Venturi(6):  sul lato esterno a settentrione è tuttora visibile una fenestrella monofora, che fu poi murata nella ricostruzione della chiesa verso la metà del secolo XV.  A questa chiesa del secolo XII appartengono i protiri delle due porte e la parte inferiore dei muri fino alle cornici accennate.
Una porticina romanica, che sta a lato della porta attuale esistente sotto l'organo, ci dà il piano della chiesa assai più basso dell'attuale ed ha sull'architrave il leonino:

HINC  DEUS  INTRANTES  AD  TE BENEDIC  PROPERANTES (b)

È pure romanica la chiesa di S. Giovanni in Fonte, la battesimale della cattedrale, ricostruita dopo il terremoto del 1117 per opera del vescovo Bernardo.  La sua facciata in tufo riquadrato avea un protiro pensile, del quale resta tuttora la nicchia con una Madonna bizantina. Nell'interno la vasca battesimale ottagona spetta al principio del secolo XIII; sa pur di romanico la chiesa di Sant'Elena, massime nelle sue fenestrelle; e prettamente romanico è il chiostro canonicale eretto sul principio del secolo XII.

Altrove abbiamo parlato della basilica di S. Zeno, quanto alla parte storica: ora brevi accenni intorno alle sue caratteristiche sotto l'aspetto dell'arte.
Benché la sua erezione abbia subito parecchie interruzioni e dai suoi primordi al compimento siano scorsi circa due secoli, pure essa è prettamente romanica, e nel suo complesso mantiene una uniformità di stile che, meno qualche eccezione, si può dire perfetta.  Ammirata la facciata, il campanile a destra, il torrione a sinistra, il visitatore appena giunto sulla soglia resta sorpreso alla sacra maestà del tempio: l'occhio si vede avanti uno spettacolo inaspettato: il piano vasto e diviso in tre navate, la cripta dove riposa il corpo di S. Zeno, il pontile sormontato da statue, la volta gotica dell'abside sopra l'altare, il soffitto della navata mediana a forma di carena di nave.
Le navate son  divise con pilastri croceiformi e colonne di forme e capitelli diversi(7): i muri conservano tuttora la semplice primitiva loro struttura romanica; solo nell'ultimo tratto a destra sussiste una muraglia di mattoni romani spettante, a quanto pare, alla chiesa eretta da Pipino, Ratoldo e Pacifico nell'anno 807.  Verona va giustamente orgogliosa della sua basilica di S. Zeno, che forse è l'edifizio più importante ed « il fiore più bello e più intatto sbocciato dall'arte romanica nell'alta Italia ».(8)

Un vero gioiello dell'arte cristiana di quest'epoca è la chiesa di san Lorenzo, che ora possiamo ammirare ripristinata quanto era possibile per le cure indefesse dell'attuale vicario sac. prof. Pietro Scapini.

È opinione oggi comune degli eruditi che la chiesa attuale non sia, se non in piccoli particolari, la chiesa primitiva dedicata ad  onor di san Lorenzo in Verona.  
Già di essa abbiamo parlato altre volte: eretta forse nel secolo V, certamente esisteva nel secolo VIII: almeno dal secolo X era chiesa stazionale, e ad essa si recava il vescovo processionalmente nella feria III dopo Pasqua e vi amministrava il sacramento della Confermazione. La struttura della chiesa, di cui vari tratti passarono alla presente, era la consueta delle chiese antiche: l'abside ad oriente; in essa l'unico altare; sovra di esso la cuba, di cui restano alcuni vestigi; la parte concessa ai fedeli divisa dal presbiterio mediante transenne.  Quando e per qual motivo a questa chiesa antica fu sostituita l'attuale? Pensiamo ciò essere avvenuto nel secolo XII, forse per esser rovinata o molto deperita la precedente per il terremoto del 1117: essa è al tutto romanica; e ad essa appartengono i pilastri crocei formi, i loggiati sovrapposti e le torri con le scale per salirvi  (9).

Altrove abbiamo parlato di una chiesa ad onore dei santi Martiri Fermo e Rustico, che verso la metà del secolo VIII si dicea eretta « a priscis temporibus ».  Ma l'attuale chiesa di S. Fermo, sia la superiore, che l'inferiore, deve esser cominciata nel secolo XI, e precisamente nell'anno 1065 per opera dei monaci Benedettini, ai quali già il vescovo sant'Annone sulla fine del secolo Vlll avea affidato la custodia delle reliquie dei santi martiri e della chiesetta che le conservava.  La chiesa attuale fu terminata, a quanto sembra dall'iscrizione riferita di sopra, nell'anno 1143: alla inferiore sembrano appartenere due tratti di muro  della chiesa antica scoperti l'anno 1908.  Le due nuove chiese, inferiore e superiore, aveano tre navate e cinque absidi, delle quali due nelle braccia della crociera: aveano i due altari ad oriente, e comunicavano tra loro mediante sei scalette formate nello spessore dei muri. Le due chiese, giusta l'epoca della loro costruzione, erano romaniche.  
Sennonché nell'anno 1261 i Benedettini dovettero abbandonarle; e successero loro i Frati Minori, i quali sul principio del secolo XIV trasformarono la chiesa superiore, che forse non era ancor giunta al suo perfetto compimento. Abbandonato lo stile romanico, diedero alla chiesa una forma gotica, e la ridussero ad una sola navata: di questa trasformazione sussistono chiari indizi nell' esterno dell' abside maggiore. (10)


Passando alla sinistra dell'Adige, troviamo la chiesa di S. Stefano, eretta da artisti romanici nella prima metà del secolo XII là, dove era l'antica chiesa del santo Protomartire distrutta da Teodorico, e forse una seconda sostituita alla prima del secolo VIII.  La chiesa attuale è perfettamente romanica nella facciata, ad esclusione delle tre fenestre aperte posteriormente: romanica la muratura, la porta col suo protiro, la croce a traforo, la cornice. Nell'interno ha la forma basilicale a crocera con cripta aperta recentemente: forse nella navata centrale v'erano in origine i matronei: l'abside forse è posteriore. - Delle iscrizioni poste sulla facciata tratteremo in seguito.

Altra chiesa romanica troviamo edificata nel secolo XI alla sinistra dell' Adige ad onore dei santi martiri Nazaro e Celso.  L'erezione o certo il compimento di questa chiesa è dovuto all'opera del vescovo Giovanni verso l'anno 1031: essa teneva il luogo dove ora si trova la cappella di S. Biagio, ed alcuni resti delle sue muraglie furono ritrovati nello scavare i fondamenti della cappella(11).  In essa nell'anno 1174 furono collocati i corpi di S. Biagio e di suoi due discepoli: il barone Bonifacio intimo di Corrado III e del Barbarossa tornando da Terra Santa portava seco queste preziose reliquie, affine di portarle in Germania; ma arrivato a Verona, ivi si ammalò e mori nell' ospitale del santo Sepolcro; prima di morire avea donato quelle reliquie ad Adamo  abate dei Benedettini di San Nazaro.(12)   La chiesa attuale venne innalzata nella seconda metà del secolo XV.  

Dovea pur esser romanica la chiesa di S. Maria in Organo, quale fu rifatta al principio del secolo XII, e consacrata nell'anno 1131. Di essa non rimane che la parte superiore della facciata, mentre nella parte inferiore le fu addossata una seconda facciata di stile composito. La cripta è anteriore; ma il suo altare è romanico.

Finalmente appartiene alle chiese romaniche quella di S. Giovanni in Valle, sostituita all'antica nel principio del secolo XII e consacrata dal vescovo Ognibene l'anno 1164.  Il  suo interno riprodurrebbe quello della basilica zenoniana, se l'aspetto della cripta non fosse impedito dalla scalinata della nave di mezzo: ha tre navate e tre absidi con cripta e battistero.  Il suo romanismo, più volte deturpato con superfetazioni ornamentarie, fu, quanto si potea, ripristinato nell'anno 1909, massime coll'abbattimento della volta, che abbassava la chiesa e nascondeva la parte superiore dei muri, le fenestrelle e la travatura(13). L'elegante chiostrino annesso alla chiesa dimostra l'esistenza di un clero collegiale, che da più documenti sappiamo essere stato soggetto ai canonici.

Anche fuori della città abbiamo non poche chiese romaniche di quest'epoca. Già sul monte Dominico è romanica la chiesa di S. Leonardo eretta verso la metà del secolo XII.  
Tali eran pure nelle valli Veriaca e Pruviniana le chiese di Arbizzano, di Negrar, di S. Floriano; inoltre quelle di S. Giustina di Palazzolo, S. Zeno di Cerea, S. Salvar di Legnago, san Giuliano di Lepia, S. Michel di Porcile, S. Maria di Grezzana; e parecchie altre. Su di esse si possono consultare i moderni illustratori dei monumenti della città e provincia di Verona.(14)


NOTE


1 - Esso ci vien attestato dagli Annales veteres, presso PERTZ, Monum-Germ.  Script. XIX 5, e da altri documenti. - Vedi GOIRAN, Storia sismografica di Verona, pag.  26 Nota II e pag. 39.

2 - SIMEONI,  L'opera dei Benedettini... nella chiesa di S. Fermo, pag. 10 (Verona 1905).

3 - SGULMERO,  Sanmichele di Porcile e gli Architetti Borgo e Malfato, pag.  2, 16 (Venezia 1894); CROSATTI,  Belfiore d'Adige, pag. 67, seg.

4 - CANOBIO, Annali Veron. Lib. VI; presso BIANCOLINI, Dissertazione sui Vescovi pag. 44.

5 - Forse quelle colonne ai tempi del vescovo card.  Michiel passarono nel cortile dell' episcopio a sorreggervi gli attuali uffici curiali

6 - VENTURI, Compendio della storia di Verona I,  di fronte alla pag. 162 - Egli  vorebbe  che quella fosse la facciata della cattedrale ratoldiana; ma ciò non può esser vero.

7 - Al principio della navata sinistra si trova la famosa coppa di San Zeno, della quale B. GIULLARI, La coppa di S. Zenone (Verona 1884).

8 - SIMEONI, Guida ... di Verona, p. 140 - Lo stesso autore tratta più diffusamente di questo capolavoro nell'opera La Basilica di S. Zeno.

9 - CIPOLLA, Recenti restauri di S. Lorenzo ( Verona 1894).

10 - SIMEONI, L'opera dei Benedettini e dei Minori nella chiesa di San Fermo; DA LISCA, Cenni ... sulla chiesa di S. Fermo (Verona 1909).

11 - Delle fasi posteriori di quella cappella tratta BIADEGO, La cappella di S.  Biagio nella chiesa di S. Nazaro e Celso (Venezia 1906).

12 - Si dice dai nostri che portò a Verona anche il corpo di S. Giuliana. Ma il corpo di questa Santa fu trasportato a Napoli da Cuma l'anno 1207: inoltre la chiesa eretta dal vescovo Giovanni era fin dal 1131 dedicata in onore dei Santi Nazaro, Celso e Giuliana; il che prova che il culto di questa santa in Verona era anteriore all'anno 1174: a conferma notiamo che S. Giuliana si trova invocata nel Cod. CVII della nostra Biblioteca Capitolare, il quale spetta al secolo XI-XII, come attesta il sac. Spagnolo in un manoscritto che teniamo presso di noi.

13 - GIRELLI, Brevi cenni storici intorno alla chiesa di S. Giovanni in Valle (Verona 1894).

14 - DA PERSICO, Verona e la sua Provincia (Verona 1821, 1838); SIMEONI, Verona. Guida storico-artistica (Verona 1910);  SORMANI-MORETTI, La Provincia di Verona; ecc., oltre copiose monografie.


ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. V (a cura di Angelo Orlandi)


a) Sull'arte romanica veronese sono usciti parecchi studi dopo mons. G. B. Pighi. Indichiamo qui i principali studi, nei quali poi è facile trovare anche bibliografia di varie monografie su singoli monumenti.
W. ARSLAN, L’ architettura romanica veronese, Verona, 1939;
W. ARSLAN, La pittura e la scultura veronese dal secolo VIII al secolo XIII, Milano, 1943;
A.M. ROMANINI, L’ arte romanica, in Verona e il suo territorio, vol. II, Verona, 1964, pp. 583-777; Maestri della pittura veronese (a cura di Pier Paolo Brugnoli), Verona, 1974.

b) Per le vicende della cattedrale di Verona dalle origini al sec. XVI abbiamo ora una recente monografia pubblicata in occasione dell'VIII centenario della consacrazione: La Cattedrale di Verona nelle sue vicende edilizie dal secolo IV al secolo XVI A cura di P.P. Brugnoli, Verona 1987, pp. 253.


Fonte:  srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II