giovedì 26 novembre 2009
Salomone era il faraone Amenofi III ? Calunnie antisioniste
Parigi 1993. In occasione della mostra al Grand Palais di Parigi, Ahmed Osman, archeologo di origine egiziana, rilancia una tesi che non piace a Israele: il re Salomone descritto dalla Bibbia altri non e' che il faraone Amenofi III
GERUSALEMME Chi fu veramente il mitico re Salomone? Non il monarca simbolo della giustizia che regno' sulla Gerusalemme ebraica nel decimo secolo avanti Cristo, bensi' il "faraone sole" Amenofi III, che guido' per quarant' anni il regno egiziano quattro secoli prima.
Questa la tesi sostenuta dall' archeologo inglese di origine egiziana, Ahmed Osman, in occasione dell' apertura dell' esposizione al Grand Palais di Parigi sull' arte durante la diciottesima dinastia, al tempo di Amenofi III.
"Le mie ricerche storiche si fondano sulle scoperte archeologiche piu' recenti e tendono a provare che quello stesso re Salomone descritto nella Bibbia altro non e' che questo fastoso faraone", ha dichiarato, sollevando scetticismo e sufficienza tra gli archeologi israeliani. Ma Osman non demorde.
Il suo terzo libro sull' "identita' perduta" di Salomone e' appena stato pubblicato dalla casa editrice inglese Harper Collins.
"Il regno di Salomone, come quello del faraone, duro' 38 anni", scrive. "I confini dei due imperi vengono descritti nella stessa area, compresa tra il Nilo e l' Eufrate. Entrambi inoltre sono celebrati per i loro harem con centinaia di ragazze bellissime.
Ma le similitudini non finiscono qui. Per tutta la vita, entrambi esaltarono il dio unico ma in vecchiaia venerarono la dea fenicia Astarte".
Tra i ricercatori israeliani, queste tesi hanno provocato qualche alzata di spalle, specie dove mettono in dubbio le interpretazioni della Bibbia e le scoperte archeologiche fatte a Gerusalemme dal 1967 a oggi. In Israele non dimenticano le vecchie polemiche con gli studiosi arabi, che hanno sempre cercato di contraddire i risultati delle ricerche sulla storia nella regione per delegittimare l' esistenza di Israele.
Gia' sei anni fa del resto Osman suscito' scalpore tra gli archeologi, quando annuncio' di essere riuscito a identificare le fattezze del patriarca ebreo Giuseppe nella mummia di "Yuya' ", gran visir del faraone Tuthmosi IV.
"Non e' mai stato trovato il nome di Salomone sui palazzi di Gerusalemme del decimo secolo", sostiene. "Inoltre non abbiamo alcuna testimonianza concreta che in quel periodo sia esistito un regno esteso dal Tigri all' Eufrate". Lo stesso nome di Salomone, dall' ebraico "pace", confermerebbe il lungo periodo di armonia e crescita economica che caratterizzo' il regno di Amenofi III.
All' Istituto di archeologia dell' Universita' ebraica di Gerusalemme la versione ufficiale resta quella per cui Salomone venne nominato re dallo stesso Davide. Per due anni, dal 967 al 965, padre e figlio avrebbero governato congiuntamente. E alla morte del primo, l' altro avrebbe guidato le sorti del Paese sino al 928.
L' unico disposto ad accogliere come "possibili" le tesi di Osman e' stato Yehoshua Ezion, violinista di professione e controverso cultore d' archeologia residente a Tel Aviv, che gia' aveva sostenuto questa tesi.
A metterlo su tale pista sarebbe stata la scoperta di un gigantesco scarabeo di pietra ritrovato a Lakish, non lontano dai quartieri meridionali di Gerusalemme, e attribuito al periodo di Amenofi III. Sui fianchi della scultura si troverebbe infatti una iscrizione in caratteri geroglifici che potrebbe collegare il re ebreo alla persona del faraone egizio. Ezion non esita tuttavia a criticare il metodo utilizzato da Osman nella determinazione cronologica delle dinastie egiziane, che a suo dire lascia un "vuoto" di 400 anni. A loro volta ben pochi nel mondo accademico israeliano sono disposti a prestare attenzione allo stesso Ezion. "E un fondamentalista laico, che vorrebbe dimostrare la validita' della Bibbia come documento storico e allo stesso tempo stabilire i fatti del passato sulla base di coincidenze", ha scritto lo storico Yaakov Shavit.
Fonte: srs di Cremonesi Lorenzo - Corriere della Sera, del (9 marzo 1993) pag. 29
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