L’idea di Arpitania nacque nei primi anni del ‘70. Non mi
ero mai occupato di politica, o meglio di partitica nella mia
adolescenza. Nel 1969 andai ad insegnare in Svizzera, nel Giura
bernese. In quel periodo il Giura lottava per distaccarsi da Berna,
Cantone tedesco, e formare un nuovo Cantone indipendente per poter meglio
difendere l’appartenenza alla francofonia. Paragonai il comportamento dei
nostri politici con quello dei giurassiani; i nostri si
proclamavano anti-italiani, ma anti-italiani lo erano solo a
parole. In pratica, accettando e rispettando la giurisdizione italiana,
si comportavano come dei collaborazionisti con il nemico che dicevano di
voler combattere. Con tale strategia, non sarebbero mai giunti a
difendere il nostro particolarismo e col tempo saremmo stati
completamente italianizzati. Maturai l’idea che anche in Valle d’Aosta, se si
voleva veramente ed efficacemente difendere la propria identità, si
sarebbe dovuto intraprendere una politica secessionista, di
distacco da Roma.
Tornato dunque dalla Svizzera, radunai alcuni amici
ed esposi loro le mie idee, il mio nascente progetto politico.
In quegli anni, i baschi e gli irlandesi del Nord erano
molto attivi nelle loro rispettive lotte di liberazione. I Baschi dell’ETA
soprattutto fecero una spettacolare azione di guerriglia. A Madrid, la
macchina blindata del primo ministro spagnolo Carrero Blanco, passando su
una bomba piazzata sotto il manto stradale dai patrioti baschi , saltò per aria
e dopo un volo di parecchi metri, cadde nel cortile del
vicino convento dove il primo ministro avrebbe dovuto andare a messa…
L’attentato, per l’audacia dimostrata dai guerriglieri e la sua
spettacolarità, fece immediatamente il giro del mondo e molti
furono coloro che vollero meglio conoscere le ragioni della lotta di
liberazione del popolo basco.
Ad Aosta, il Comité des Traditions Valdotaines,
organizzò una conferenza con lo studioso e patriota basco Federico Krutwig
Sagredo, allora fuggiasco in Algeria e di passaggio a Roma. Partecipai
alla conferenza e rimasi colpito dalla sua passione politica e dalla sua vasta
cultura. Al termine dell’incontro, volli conoscerlo per esporgli le
mie idee. Mi incoraggiò e mi comunicò, tra l’altro, che aveva
l’intenzione di lasciare l’Algeria e che gli sarebbe molto piaciuto
trascorrere un periodo di soggiorno sulle nostre montagne. Gli organizzai
immediatamente il trasferimento da Algeri trovandogli casa a Gignod vicino
al villaggio dove abito.
E’ con Federico che il progetto mio iniziale, progetto
abbastanza indefinito, prese maggiore consistenza. Parlando con lui,
capii che, contrariamente a quanto sostenuto dai nostri intellettuali e dai
nostri politici, noi valdostani non apparteniamo all’etnia francese. Né
che il francese è la nostra lingua materna come stupidamente si
strombazza. Essendo la lingua il più evidente indice di etnicità,
basandomi sull’esistenza del francoprovenzale, scoprii l’etnia a cui
apparteniamo noi valdostani e voi canavesani alpini, etnia diversa
dall’italiana o dalla francese. Etnia che chiamai “ etnia arpitana”.
Nacque così il Progetto Arpitania.
Arpitania, sogno o possibile realtà, è il tema dell’odierno
intrattenimento. Mi piace credere che sia un sogno che si può
realizzare. Che anzi, si deve realizzare. E’ necessario costituire
l’Arpitania per molte ragioni, alcune delle quali cercherò oggi di
illustrare.
Non vi è nulla di
eterno. Si nasce, si vive e si muore. Nemmeno gli stati sono eterni.
Nel passato, tanti potenti imperi, dopo secoli di
dominazione e di splendore, caddero più o meno violentemente, più o meno
miseramente. E ciò accadde nel lontano passato come in tempi molto
più vicini a noi. Pensiamo al grande Impero di Alessandro Magno.
All’impero romano. Agli Aztechi. Ai Maya. Al grande impero Khmer
dell’Asia del sud. E più recentemente, pensiamo alla Grande Unione Sovietica e
alla vicina Unione Iugoslava.
E’ utile anche sapere, che su 25 Stati europei
attuali, 21 (84%) si sono formati il secolo scorso e sono nati
tutti da secessioni consensuali, in modo pacifico, all’infuori di tre. La prima
divisione consensuale nel 1905 tra Svezia e Norvegia. La teoria dell’intangibilità
degli stati e della loro eternità è assolutamente insostenibile. Nascita e
morte degli stati sono un fenomeno normale e fisiologico.
Gli Stati dell’Europa occidentale, formatisi a partire
dal Medioevo ad opera delle famiglie barbariche dominanti, praticando la
violenza militare per annettere porzioni sempre più
grandi di territorio contiguo, non faranno eccezione. Avranno presto
fine perché sono oramai edifici inadeguati per viverci dentro. Sono
strutture mangiasoldi, dove prolifera la cleptocrazia. Sono fatiscenti
condomini, non ristrutturabili, che devono essere abbattuti e sostituiti con
singole abitazioni più moderne e vivibili.
Sono sempre più inadeguati e ingestibili. E’ sotto gli occhi
di tutti la grande fatica che si fa, ad esempio in Italia, per praticare
qualunque riforma, vitale o meno importante.
Gli stati europei sono oggigiorno strumenti
amministrativi in mano a stupide, avide e penose oligarchie adoranti il dio
DENARO. Permettono e favoriscono il diffondersi di un disastroso sistema bancario
speculativo dettate dal Liberismo economico- finanziario globalizzante
che, a detta di molti liberi economisti, non potrà reggere a lungo.
Crollerà, e crollando, porterà a distruzione gli stati stessi che l’hanno
favorita, fra cui i nostri, Francia e Italia.
Segnali di insofferenza a questo stato di cose sono
sempre più evidenti. Sempre più numerosi sorgono in Europa i Movimenti
indipendentisti. Irlandesi, Bretoni, Baschi, e Catalani si dimostrano
sempre più determinati.
A parte la secessione del Nord perseguita per un periodo
dalla Lega, in Italia, il Veneto si accinge a chiedere un referendum per
l’indipendenza. Lo stesso stanno facendo Lombardia e Trieste. In Sud Tirolo,
Eva Klotz e il suo partito sono da sempre per la secessione. La Sardegna è
irrequieta e vuole staccarsi finanziariamente più di quello che lo è adesso
chiedendo la Zona Franca. La Sicilia degli onesti mette in discussione
l’appartenenza allo Stato italiano, connivente con la mafia locale.
Qui, in Arpitania del Sud, è vero che si
stenta a mettere in discussione l’appartenenza a Roma. Il fatto si spiega
perché Roma gratifica i valdostani con copiose elemosine che per
Essa sono briciole ma che per noi sono assoluta ricchezza. I nostri politici
amministratori, senza nessun senso di vergogna e senza nessuna
lungimiranza, se ne servono spudoratamente quasi solo per acquisire consensi
elettorali. Cercano di mettere a tacere le intelligenze praticando
la politica di romana memoria: panem et circenses. Pane e giochi. Si organizzano
nell’arco dell’anno infinite feste e sagre, dovunque, dove si mangia, si
beve, si balla e si gioca. Vengono così drogate le intelligenze e spenti i
naturali aneliti alla libertà. Si tacitano le coscienze facendo, al
nostro posto, combattere mucche, capre e galli. Ma il tempo
delle vacche grasse sta per finire. Roma sta chiudendo i generosi
rubinetti e allora le cose dovranno cambiare. Forse il valdostano dovrà
combattere in prima persona e lasciare a riposo gli animali…
Il diritto all’indipendenza, all’autodeterminazione dei
Popoli e delle Comunità, è un diritto naturale. La scienza politica
se ne è da sempre occupata. Già i Sovietici, alla caduta dell’Impero zarista,
riconobbero a numerose etnie il diritto all’indipendenza. In Italia uno dei
maggiori assertori del diritto all’autodeterminazione fu l’ideologo della Lega,
Miglio. Ma è molto più significativo che recentemente il professore
di economia all’Università di Manheim, in Germania, Roland Vaubel, che
non appartiene a nessuna etnia oppressa e non può quindi essere tacciato di
partigianeria, dice apertamente che bisogna ristrutturare l’Europa
riconoscendo il diritto all’ autodeterminazione, alla secessione o alla
scissione.
Superare la logica degli attuali stati. Parlare
di nuove architetture amministrative. Parlare di nuovi Stati tra essi
relazionati. Parlare di Federalismo e di Confederalismo. Ecco il futuro
dell’Europa… Ma non permettiamo che a determinare i nuovi stati siano i miopi e
servili burocrati di Bruxelles che già stanno lavorando a questo scopo. Il
frazionamento dell’Europa non deve venire dall’alto per soli
interessi di facile governabilità amministrativa. Deve venire dal basso. Deve
essere frutto di referendum generalizzati che tengano conto di altri importanti
fattori quali storia, cultura e predisposizioni economiche. E a questo
proposito siamo fortunati perché abbiamo qui accanto a noi un
esempio di grande, vera e lunga democrazia da imitare: la Svizzera.
La Svizzera composta, e questo è orgoglio per noi arpitani, da quattro
repubbliche di etnia arpitana: Vallese, Ginevra, Valdo e Neuchatel. Come ci
sono riusciti questi quattro cantoni a rimanere liberi, possiamo riuscirci
anche noi, arpitani della Graia alpina. La Svizzera deve servirci da esempio.
Superare la logica di accettazione dell’esistenza dei
nostri stati di origine barbarica e meglio definire il progetto di
costruzione dell’Europa dei Popoli e delle Comunità, è un compito storico
sempre più pressante.. Dovremo immaginare i nuovi stati europei, non troppo
estesi, con un sufficiente numero di abitanti, non troppi, ma nemmeno
troppo pochi, dove favorire la formazione e lo sviluppo di una sufficiente
coesione sociale che permetta di fare le riforme sociali, in tutti i campi, di
cui l’uomo moderno abbisogna ( penso ad esempio al grande problema di dare ai
giovani una visione del mondo più naturale e scientifica e meno
religioso-animista, problema che oggi è completamente ignorato). La
nostra è crisi di civiltà, non solo economica; occorre quindi
ripensare sia alle strutture in cui l’uomo opera, sia ai valori di cui si
nutre. E queste riforme profonde e globali non possono avvenire che in
piccoli stati dove si può creare quello spirito di coesione sociale che
permetterà il loro radicamento. Senza lo spirito diffuso e forte di coesione
sociale è impossibile che il ricco si sacrifichi per il povero e che il povero
accetti, se e quando occorre, di mangiare bocconi amari.
Arpitania, sogno o possibile realtà?
Io penso che l’Arpitania si stia già costruendo, poco a
poco. Tutto attorno al Monte Bianco fervono dibattiti su questo tema. I
Savoiesi si sentono sempre meno francesi e lo gridano ad alta voce. Dovete
sapere ad esempio che oggi stesso, come qui a Perinera, al Colle del Piccolo
San Bernardo, si incontrano indipendentisti valdostani e savoiesi per
parlare del futuro, dell’Arpitania. Voi, organizzando questo incontro,
dimostrate che avete voglia di Arpitania. La strada sarà ancora certamente
lunga per arrivare alla Confederazione di Federazioni europee, alla Nuova
Europa. Penso che molto dipenderà dalla presa di coscienza
dell’ineluttabilità di questo percorso da parte di tutti e dalla delega
che daremo agli uomini migliori, i quali sapranno orientare tutta
l’opinione pubblica.
In subordine, se si dovesse constatare che non si
arriverà mai alla costruzione della Nuova Europa Confederale, per noi arpitani
d’Italia non resta che chiedere aiuto ai nostri fratelli arpitani della
Svizzera e operare per entrare a far parte della loro Confederazione
Elvetica come nuovo Cantone: Cantone e Repubblica della Graia.
* intervento che sarà pronunciato domani a Perinera,
Usseglio, Val di Stura, valle arpitana del canevese montana, dove si terrà un
raduno e si parlerà di politica
Fonte: visto su L’Indipendenza del 18
agosto 2013
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