Attilio Befera
Le scrivo, gentile Dott. Befera, dopo aver letto la sua lettera al personale dell’Agenzia delle Entrate del 5 Maggio scorso
Le scrivo, gentile Dott. Befera, dopo aver letto la sua lettera al personale dell’Agenzia delle Entrate del 5 Maggio scorso
Le scrivo perché lei manifesta sconcerto per alcune prassi
dei suoi funzionari che si discosterebbero dalle regole di rispetto e di lealtà
che si impongono nel rapporto tra contribuenti ed “autorità impositiva”. Le
scrivo perché il mio caso ben si adatta a quanto lei dichiara e allo sconcerto
che afferma di provare:
…. dobbiamo perciò
operare in modo da guadagnare sempre più, nell’esercizio di quella funzione, il
rispetto e la fiducia che i cittadini devono all’Istituzione di cui siamo
rappresentanti. Continuo però a ricevere segnalazioni nelle quali si denunciano
modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per
richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che
la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta.
E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non
ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti.
…. Rimango poi sconcertato quando mi viene riferito che
qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare
in quel modo per necessità di raggiungere l’obiettivo assegnato.
Non so se in questi
casi sia più la mediocrità della competenza professionale o la carenza di
consapevolezza del proprio ruolo istituzionale che impedisce di comprendere
immediatamente quale devastante danno di immagine venga in questo modo inferto
all’Agenzia, al proprio ufficio e ai colleghi, finendo quasi per apparentarne
l’azione a quella di estorsori.
Le scrivo per scusarmi di aver creduto ai suoi funzionari
che attribuivano i loro comportamenti a disposizioni ricevute dal sommo della
gerarchia dell’Agenzia delle Entrate: “Noi siamo solo esecutori”, mi spiegavano
in tono di rassegnazione.
Forse l’hanno fraintesa, Dott. Befera, anzi evidentemente i
suoi funzionari l’hanno fraintesa, come nel mio caso quando nel corso del
contraddittorio hanno preteso di attenersi ad espresse disposizioni per
rifiutare ogni ascolto alle mie giustificazioni, spiegando di essere
autorizzati a discutere esclusivamente della “chiusura semplificata della
controversia fiscale”.
Che poi i modi diciamo sbrigativi dei suoi funzionari, per
quanto inaccettabili, sarebbero il meno, Dott.Befera; la informo che i suoi
funzionari sfoggiano disinvoltamente prassi a dir poco inconsuete per dei
funzionari della Pubblica Amministrazione di un paese civile. Come nel mio caso
quando i suoi funzionari mi hanno proposto la “transazione” mettendomi sotto
gli occhi un foglietto volante che indicava l’importo, astenendosi dal nominare
la pretesa economica. Infatti quando ho
chiesto copia del foglietto la sua funzionaria se ne è pure risentita: “Quello
è un documento interno dell’Agenzia delle Entrate!”
Mi dica lei, Dott. Befera, se è così che si possono
comportare i funzionari della Pubblica Amministrazione di un paese civile…
Che poi le cadute di stile dei suoi funzionari, per quanto
inammissibili, sarebbero il meno, Dott.Befera; il fatto è che i suoi funzionari
si sentono autorizzati, nell’obiettivo di concludere comunque la “transazione”,
ad affermazioni contrarie a verità, come
si è verificato appunto nel mio caso. Ripetutamente nel corso del
contraddittorio i suoi funzionari hanno sostenuto che lo studio di settore che
mi applicavano fosse stato discusso e concordato con l’associazione di
categoria che rappresentava la mia attività di contribuente e quindi non fosse
ulteriormente discutibile. Tutto falso, Dott. Befera, come ho potuto accertare,
anzi lo studio di settore che mi hanno applicato (SG41U – 2006 Studi di Mercato
e Sondaggi di Opinione) all’unica e sola associazione di categoria del mio
settore di attività (ASSIRM) non l’hanno neanche fatto vedere.
Non che poi l’opinione dell’associazione di categoria abbia
per i suoi funzionari un qualche peso perché
quando all’associazione di
categoria lo studio di settore l’hanno finalmente fatto vedere (Studi di
Settore TG41U – 2008 e UG41U 2010) e l’associazione di categoria ha spiegato
che non rappresentava
assolutamente la realtà del settore (oltre 2000
contribuenti quando esistono in Italia meno di 100 istituti di ricerca di
mercato) rifiutandosi di approvarlo, l’Agenzia delle Entrate l’ha ugualmente e
tranquillamente validato.
sA lei, Dott. Befera, risulta che ci siano altri studi di
settore che non siano stati concordati con l’associazione di categoria? O che
non siano neanche mai stati presentati all’associazione di categoria? Perché
questo sembrerebbe proprio il caso per quello che riguarda lo Studio di Settore
SG41U – 2006 Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione, come mi ha attestato in
una documento ufficiale l’associazione di categoria ASSIRM.
Che poi le affermazioni contrarie a verità da parte dei suoi
funzionari, per quanto inconcepibili, sarebbero il meno, Dott. Befera; il fatto
è che ho dovuto constatare che i suoi funzionari ai rilievi della mia
associazione di categoria sulla non rappresentatività del campione utilizzato
per lo studio di settore (UG41U – 2010) spiritosamente hanno replicato che si
trattava comunque di un problema comune a molti studi di settore!
Come si trattasse di un errore di ortografia che non inficia
la bontà del risultato! Inficia, Dott. Befera, inficia completamente, come
saprebbe spiegargli anche uno studente di liceo!
E come si potrebbe definire il comportamento della
Commissione degli Esperti (!) quando nel verbale sullo studio di settore ha
modificato il rilievo critico della mia associazione di categoria che parlava
di “dietro un apparente miglioramento” in un “l’associazione ha constatato un
miglioramento (rimovendo l’ininfluente aggettivo)!”.
Che poi la scarsa competenza professionale dei funzionari
con i quali mi sono interfacciato, Dott. Befera, per quando inaudita in
qualsiasi paese civile trattandosi appunto del Ministero delle Finanze, non è
nemmeno l’aspetto più grave; il fatto è, Dott. Befera, che l’Agenzia delle
Entrate pretende che il contribuente si assuma l’onere della prova di
dimostrare l’eventuale errore dello Studio di Settore.
Ora non è che questo sia un compito troppo difficile quando
ci si trova davanti ad uno Studio di Settore.
(SG41U – 2006) sviluppato su un universo di oltre 1700 contribuenti a
fronte di meno di 100 istituti di
ricerca di mercato. Il problema è che i suoi funzionari non concepiscono
nemmeno l’esigenza fondamentale per ogni inferenza statistica della
rappresentatività del campione rispetto all’universo di riferimento, anzi
ritengono che unica fonte di verità sia il Decreto Ministeriale che ha validato
lo Studio di Settore.
Comunque, mi hanno assicurato i suoi funzionari, di
conoscere la statistica ed i suoi strumenti, loro non avvertono alcun bisogno.
E me l’hanno pure documentato per iscritto come illustra il seguente estratto
delle “Controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate” (Prot. n. 2011/69690)
avverse al mio ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.
Premesso che “la contribuente non ha fornito argomentazioni
in grado di dimostrare l’inadeguatezza dello studio di settore rispetto alla
propria realtà economica” il capo-team della Stanza 314 al terzo piano
dell’Agenzia delle Entrate di Firenze in via Panciatichi si produce in una
serrata requisitoria contro la pretesa del contribuente di conoscere la
procedura di classificazione con la quale è stato inquadrato come sospetto
evasore: “ricordando la già evidenziata legittimità degli studi di settore
quale strumento accertativo del reddito, si rileva che le modalità di
elaborazione statistico-matematiche degli stessi ed il calcolo matematico –
basato sui logaritmi non riproducibili dal funzionario né in sede di
contraddittorio né in sede di accertamento – con il quale l’apposito programma
di GE.RI.CO. individua i ricavi puntuali di riferimento sono elementi dello
studio di settore approvato, concordati tra Amministrazione Finanziaria e
organizzazioni di categoria del contribuente.”
Come si fa, Dott. Befera, a argomentare con funzionari come
questi, come fa il contribuente a dimostrare l’inadeguatezza dello studio di
settore a funzionari sprovvisti delle nozioni più elementari?
E soprattutto, come è possibile diventare capo-team
dell’Ufficio Controlli quando non si capisce nemmeno la differenza tra un
algoritmo ed un logaritmo, anzi quando non si ha nozione di cosa sia un
logaritmo e tanto meno di cosa sia un algoritmo?!
Questo documento è firmato e controfirmato su delega del
Direttore Provinciale.
Qui, Dott. Befera, devo dirle che sono rimasto perplesso:
forse i funzionari di livello superiore non leggono nemmeno le produzioni dei
loro sottoposti; oppure leggono ma non si rendono conto degli spropositi che
firmano. Oppure, ma questa è solo un’ipotesi maliziosa, risultano autentiche
entrambe le interpretazioni… Mi rimetto in materia alla sua autorevole
opinione.
Perché, e qui il cerchio si chiude, il problema più grave
non sono nemmeno i fraintendimenti, i
comportamenti discutibili, le
affermazioni contrarie a verità, la professionalità dei suoi funzionari;
il
problema fondamentale è che è venuto meno il presupposto dell’imparzialità
della Pubblica
Amministrazione, il principio per cui il funzionario non ha, o
non dovrebbe avere, alcun motivo a perseguire un contribuente che si comporta
correttamente.
Come attesta anche la sua lettera, Dott. Befera, la concreta
realtà della situazione è ben altra; ai suoi
funzionari vengono assegnati
precisi obiettivi di fatturato.
In vista di questo fine superiore il contrasto all’evasione
per alcuni, come lei stesso ha constatato nella sua lettera, conta poco, è
molto più semplice, comodo e pratico per il funzionario “spremere” un
contribuente che si è comportato correttamente, dichiarando a verbale, come nel
mio caso, che non è stato in grado, all’occhio perspicace del funzionario ligio
al dovere, di giustificare lo scarto tra la sua dichiarazione dei redditi e
l’importo previsto dall’accertamento induttivo!
Ed eccomi qua, alla vigilia del ricorso in appello davanti
alla Commissione Tributaria Regionale. Non mi faccio più illusioni, ho già
fatto esperienza del funzionamento della giustizia tributaria. E me lo avevano
spiegato, lo riconosco, i suoi funzionari che se non avessi accettato la
“transazione” sarei stato comunque costretto a spendere molto di più, lo
riconosco, almeno per una volta avevano detto la verità.
Sono già esecutive cartelle di Equitalia per oltre 140mila
Euro, e decine di migliaia di Euro ho già speso per il ricorso. Se ne sono
andate tutte le risorse finanziarie di cui disponeva la mia impresa e rischio i
risparmi di una vita di lavoro. Ma non basta perché se mi venisse applicato un
nuovo accertamento induttivo rischierei di farmi pignorare anche l’abitazione…
Se dunque la Commissione Tributaria non riconoscesse le mie
ragioni dovrei rassegnarmi a chiudere l’attività e licenziare i miei dipendenti
che potranno comunque facilmente trovare una nuova occupazione dato il
favorevole contesto economico.
Però, gentile Dott. Befera, glielo posso anticipare, finché
avrò vita e ragione, e questo non dipende solo dall’Agenzia delle Entrate, non
resterò in silenzio, glielo prometto, io racconterò tutto, punto per punto,
sorpruso su sorpruso, falsità su falsità!
Vincenzo Freni
Egregio Direttore,
quando entrai all'Agenzia non avrei mai pensato di dover
scrivere questa lettera, ma ciò che è accaduto negli ultimi anni ha
seriamente mutato in me la percezione del nostro operato. I giovani
che entrano da noi lo fanno per il desiderio di dare una mano alla
macchina dello Stato e, pur attraverso la pioggia di critiche che ci
bersagliano, tutti ancora riteniamo che tale desiderio non sia da meno di
quello di fare il medico o l'ingegnere.
Troppo spesso abbiamo confuso ultimamente la patente di
esattori con una irrevocabile licenza di uccidere che ci viene rinnovata
anno per anno se portiamo il bottino di caccia ai nostri padroni; padroni
che prima ci
incentivano alla caccia e poi pubblicamente ci
criticano davanti al pubblico che ci odia.
Nella ridda di bugie, capovolgimenti, abusi ed errori
materiali, gran parte del marcio risiede da noi e tu non hai fatto nulla
per eradicarlo. Dalle delittuose pratiche dell'era Magistro, infarcite di
veri e propri falsi
documentali, passando per i fascicoli dimenticati sui
politici di rilievo, sino alle disastrose impreparazioni dell'epoca
Zammarchi, abbiamo solo cumulato una serie di pessime figure. E tu lo
sai.
In meno di dieci anni abbiamo dato vita ad una crescita
ipertrofica dell'organico che tu sapevi benissimo non poter essere
accompagnata da altrettanta formazione dei dipendenti. Il risultato è
che la maggior parte dei nostri funzionari sono profondamente ignoranti
del diritto tributario e agiscono perciò in maniera spavalda ed estorsiva.
Tu hai continuato ad incentivare una politica di esazione patrimoniale,
invece che di reale accertamento, promuovendo quei funzionari che più
intimidivano i contribuenti per indurli a negoziare. Tu hai sostenuto
con i premi di produzione una sistematica estorsione che sai
benissimo essere non solo al di fuori del diritto tributario ma ben oltre
il confine penale.
Davanti a cotanta liceità, l'immagine dell'Agenzia e di noi
tutti sta subendo la più grave crisi dalla sua istituzione. Se la rabbia
popolare si rivolge verso Equitalia ciò accade solo perchè essa è stata
volutamente
creata per essere interposta tra noi ed il
contribuente; perchè servisse da scudo mediatico per il problema che tutti
sapevano si sarebbe verificato. Ma tu sai benissimo che Equitalia è solo
uno servo stupido privo di volontà e privo di indipendenza poichè tu lo manipoli
a tuo piacimento.
E così noi tutti veniamo ogni giorno sommersi di insulti,
minacce, aggressioni, denunce, citazioni, articoli di stampa denigratori.
Ognuno di noi quando torna a casa la sera pensa a quel fascicolo di
quel contribuente che lo ha minacciato e spera che non ci siano
problemi. Ma tutto ciò è colpa tua. Quando i sindacati (ai quali dobbiamo
chiedere la sorveglianza dei nostri parcheggi per paura di aggressioni!)
ci rispondono che, se ci attenessimo alla legge, forse non avremmo
questi problemi, vuol dire che qualcuno sta facendo qualcosa di
tremendamente sbagliato. Quel qualcuno sei tu.
Non è possibile spingere i funzionari verso una guerra
sporca ad ogni costo, e con ogni illecito mezzo, e poi abbandonarli quando
si trovano in difficoltà o in pericolo; perchè la mente sei tu. Ancora
poche settimane
fà sono stati recapitati a Settebagni i dossier
fotografici anonimi di alcuni dei nostri che sarebbero abbastanza per
farli finire al fresco per un pezzo, ma tu non hai fatto nulla per correggere
il tiro. E il giorno dopo era business as usual.
Ogni volta che si fa una riunione programmatica e ti trovi
su posizioni diverse da altri c'è qualcuno che dice di te: "tanto lui
non dura fino alla prossima riunione". Questo è l'esercito di
predatori che hai creato e che ora
è sfuggito persino al tuo eccentrico controllo.
Tu stai deliberatamente continuando a falsificare le stime
dei recuperi solo per essere riconfermato di volta in volta, ma sai
benissimo che stai mentendo al governo ed al ministero. Come tu sei
ostaggio di te stesso, i
tuoi fedelissimi sono ostaggio delle loro
nefandezze. Ormai sono sempre più chiamati a comparire in procura per
rispondere dei loro reati piuttosto che per collaborare alle
inchieste sull'evasione.
La rotazione territoriale dei funzionari e le continue
riassegnazioni di ufficio sembrano sempre più l'equivalente dei cambi di
sede dei preti pedofili all'interno della chiesa. Ma era realmente
questo che volevamo? Dove
finisce l'interesse del paese e dove comincia quello
personale di Attilio Befera e della sua cricca?
A nome dei moltissimi dipendenti che amano questo lavoro, ti
invito a procedere sulle decine di casi a te perfettamente noti di:
abuso, estorsione, concussione, intimidazione, falsificazione, danno
patrimoniale, omessa procedura di accertamento ed altre svariate
tipologie che conosci molto meglio di me.
Mio caro Direttore, quando un pezzo dello Stato fa
dell'illecito la sua regola di vita, sono i dirigenti che devono
assumersene la responsabilità. Perchè le istituzioni, in quanto tali, non
hanno colore e non hanno
passioni.
Ma possono avere gli uomini sbagliati.
Fonte: visto su Il Mango di Treviso del 30 giugno 2013
Egregio Direttore,
quando entrai all'Agenzia non avrei mai pensato di dover
scrivere questa lettera, ma ciò che è accaduto negli ultimi anni ha
seriamente mutato in me la percezione del nostro operato. I giovani
che entrano da noi lo fanno per il desiderio di dare una mano alla
macchina dello Stato e, pur attraverso la pioggia di critiche che ci
bersagliano, tutti ancora riteniamo che tale desiderio non sia da meno di
quello di fare il medico o l'ingegnere.
Troppo spesso abbiamo confuso ultimamente la patente di
esattori con una irrevocabile licenza di uccidere che ci viene rinnovata
anno per anno se portiamo il bottino di caccia ai nostri padroni; padroni
che prima ci
incentivano alla caccia e poi pubblicamente ci
criticano davanti al pubblico che ci odia.
Nella ridda di bugie, capovolgimenti, abusi ed errori
materiali, gran parte del marcio risiede da noi e tu non hai fatto nulla
per eradicarlo. Dalle delittuose pratiche dell'era Magistro, infarcite di
veri e propri falsi
documentali, passando per i fascicoli dimenticati sui
politici di rilievo, sino alle disastrose impreparazioni dell'epoca
Zammarchi, abbiamo solo cumulato una serie di pessime figure. E tu lo
sai.
In meno di dieci anni abbiamo dato vita ad una crescita
ipertrofica dell'organico che tu sapevi benissimo non poter essere
accompagnata da altrettanta formazione dei dipendenti. Il risultato è
che la maggior parte dei nostri funzionari sono profondamente ignoranti
del diritto tributario e agiscono perciò in maniera spavalda ed estorsiva.
Tu hai continuato ad incentivare una politica di esazione patrimoniale,
invece che di reale accertamento, promuovendo quei funzionari che più
intimidivano i contribuenti per indurli a negoziare. Tu hai sostenuto
con i premi di produzione una sistematica estorsione che sai
benissimo essere non solo al di fuori del diritto tributario ma ben oltre
il confine penale.
Davanti a cotanta liceità, l'immagine dell'Agenzia e di noi
tutti sta subendo la più grave crisi dalla sua istituzione. Se la rabbia
popolare si rivolge verso Equitalia ciò accade solo perchè essa è stata
volutamente
creata per essere interposta tra noi ed il
contribuente; perchè servisse da scudo mediatico per il problema che tutti
sapevano si sarebbe verificato. Ma tu sai benissimo che Equitalia è solo
uno servo stupido privo di volontà e privo di indipendenza poichè tu lo manipoli
a tuo piacimento.
E così noi tutti veniamo ogni giorno sommersi di insulti,
minacce, aggressioni, denunce, citazioni, articoli di stampa denigratori.
Ognuno di noi quando torna a casa la sera pensa a quel fascicolo di
quel contribuente che lo ha minacciato e spera che non ci siano
problemi. Ma tutto ciò è colpa tua. Quando i sindacati (ai quali dobbiamo
chiedere la sorveglianza dei nostri parcheggi per paura di aggressioni!)
ci rispondono che, se ci attenessimo alla legge, forse non avremmo
questi problemi, vuol dire che qualcuno sta facendo qualcosa di
tremendamente sbagliato. Quel qualcuno sei tu.
Non è possibile spingere i funzionari verso una guerra
sporca ad ogni costo, e con ogni illecito mezzo, e poi abbandonarli quando
si trovano in difficoltà o in pericolo; perchè la mente sei tu. Ancora
poche settimane
fà sono stati recapitati a Settebagni i dossier
fotografici anonimi di alcuni dei nostri che sarebbero abbastanza per
farli finire al fresco per un pezzo, ma tu non hai fatto nulla per correggere
il tiro. E il giorno dopo era business as usual.
Ogni volta che si fa una riunione programmatica e ti trovi
su posizioni diverse da altri c'è qualcuno che dice di te: "tanto lui
non dura fino alla prossima riunione". Questo è l'esercito di
predatori che hai creato e che ora
è sfuggito persino al tuo eccentrico controllo.
Tu stai deliberatamente continuando a falsificare le stime
dei recuperi solo per essere riconfermato di volta in volta, ma sai
benissimo che stai mentendo al governo ed al ministero. Come tu sei
ostaggio di te stesso, i
tuoi fedelissimi sono ostaggio delle loro
nefandezze. Ormai sono sempre più chiamati a comparire in procura per
rispondere dei loro reati piuttosto che per collaborare alle
inchieste sull'evasione.
La rotazione territoriale dei funzionari e le continue
riassegnazioni di ufficio sembrano sempre più l'equivalente dei cambi di
sede dei preti pedofili all'interno della chiesa. Ma era realmente
questo che volevamo? Dove
finisce l'interesse del paese e dove comincia quello
personale di Attilio Befera e della sua cricca?
A nome dei moltissimi dipendenti che amano questo lavoro, ti
invito a procedere sulle decine di casi a te perfettamente noti di:
abuso, estorsione, concussione, intimidazione, falsificazione, danno
patrimoniale, omessa procedura di accertamento ed altre svariate
tipologie che conosci molto meglio di me.
Mio caro Direttore, quando un pezzo dello Stato fa
dell'illecito la sua regola di vita, sono i dirigenti che devono
assumersene la responsabilità. Perchè le istituzioni, in quanto tali, non
hanno colore e non hanno
passioni.
Ma possono avere gli uomini sbagliati.
Fonte: visto su Il Mango di Treviso del 30 giugno 2013
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