Il Presidente siriano Bashar Al Assad (Credits: ALEXANDER JOE/AFP/Getty Images)
Intervistato da Der Spiegel, il Presidente
siriano racconta la “sua” guerra
7 ottobre 2013
Il settimanale tedesco Der
Spiegel ha pubblicato un’interessantissima intervista rilasciata dal
Presidente sirianoBashar Al Assad in
persona, di cui Panorama.it ripropone i punti più
interessanti.
L’intervista è molto lunga, e aiuta a capire quale
sia il vero punto di vista del leader dittatore sulla guerra civile, sul suo futuro come guida del paese, sugli Stati Uniti, al-Qaeda e il terrorismo, e le armi chimiche.
Spiegel: Signor
Presidente, lei ama il suo paese?
Assad: E’ una domanda semplice e scontata. Certo che
lo amo. E’ umano amare la terra in cui si è nati. […] Quando si
ricopre un incarico importante, bisogna anche riflettere su ciò che si può fare
per il proprio paese. Lo si vede nei momenti di crisi. Oggi, in una
fase in cui devo proteggere la nazione, mi rendo conto di quanto la ami.
S: Se fosse un vero patriota, farebbe forse un passo
indietro per permettere a un governo ad interim di negoziare
il cessate il fuoco con
l’opposizione armata.
A: Sarà il popolo siriano a decidere il mio
destino. Nessun partito può decidere su questo punto […]
S: Pensa di essere
pronto per affrontare una consultazione
elettorale?
A: Il mio secondo
mandato si chiude ad agosto. Due mesi prima ci saranno le elezioni
presidenziali. Non posso decidere adesso se mi candiderò oppure no. […] Se mi
renderò conto che il popolo non è più dalla mia parte, non lo farò.
S: Davvero sta
considerando l’ipotesi di ritirarsi?
A: Indipendentemente
dal fatto che io sia o non sia un leader di larghe vedute, ogni decisione è in mano al popolo.
Questo è il loro paese, non solo il mio.
S: Ma il popolo si
sta ribellando contro
di lei, contro la corruzione e il dispotismo. Chiede una vera democrazia, e l’opposizione ritiene
sarà possibile averla solo quado lei se ne sarà andato.
A: […] Quando parla di
opposizione dovrebbe soffermarsi a valutare chi rappresentano questi gruppi, loro stessi o il paese? […]
Parliamoci chiaro, questo
conflitto è stato portato in Siria dall’estero. Queste persone vivono
all’estero, in alberghi a cinque stelle, ci sono paesi (Stati Uniti, Inghilterra,
Francia, Arabia Saudita e Qatar, ndt)
che indicano loro come comportarsi, ma non hanno nessun legame con la Siria.
[…]
A: Il Presidente degli Stati Uniti dovrebbe
limitarsi a parlare del suo paese, non ha alcun diritto di giudicare la
Siria, ne’ dovrebbe permettersi di indicare ai siriani come dovrebbe essere il
loro presidente. […] In più le sue
parole non valgono niente. Ripete ormai da un anno e mezzo che il
presidente se ne deve andare, e non è ancora cambiato nulla.
S: Dal nostro punto
di vista sembra che sia lei a ignorare
la realtà. Se facesse un passo indietro risparmierebbe moltissime
sofferenze al suo popolo.
A: Il nostro problema
non è il presidente, ma la
strage di innocenti, le esplosioni e gli atti di terrorismo che al-Qaeda sta
mettendo a segno nel paese.
S: Presidente ma il
suo esercito e i suoi servizi segreti sono tra i responsabili di questa
tragedia, quindi la responsabilità è sua.
A: […] Sono stati commessi degli errori, ma
abbiamo cambiato la costituzione per andare incontro alle esigenze del popolo.
Allo stesso tempo non possiamo permetterci di non affrontare le minacce di
terrorismo.
Il giornalista di Der Spiegel continua a
fare riferimento ai dettagli più drammatici della Guerra civile siriana, che il
Presidente continua a giustificare come “errori umani” commessi per difendere la nazione dal
terrorismo. Aggiungendo, poi, che le
notizie riportate dall’estero spesso sono false perché “solo i siriani
possono raccontare quello che sta veramente succedendo all’interno del paese, i
reporter stranieri non sono in grado di capirlo”.
S: La legittimità di un presidente non
dipende dalle sue dichiarazioni ma dai suoi atti. Usando armi chimiche contro
il suo stesso popolo ha perso ogni legittimità di mantenere il suo incarico.
A: Non abbiamo usato armi chimiche. [...]
Mi dipingete come un uomo che uccide la propria gente. Ho contro di me Stati
Uniti, l’Occidente, i paesi arabi ricchi, la Turchia, e cosa faccio? Uccido la
mia gente che ancora mi sostiene? Vi sembro forse Superman? No, non lo sono.
Secondo voi come faccio ad essere ancora al potere dopo due anni e
mezzo? Perché i siriani sostengono me, il governo e lo stato. [...]
S: E’ irritante
rendersi conto che l’Occidente abbia un’opinione completamente diversa su quello che sta succedendo
in Siria?
A: Voi arrivate sempre tardi quando si
tratta di capire la realtà dei fatti. Quando noi parlavamo di proteste
violente, voi raccontavate di manifestazioni pacifiche. Quando abbiamo iniziato
a parlare di estremismo, avete sottolineato la presenza si “qualche”
militante. [...]. In più, le dico con franchezza che negli ultimi dieci
anni l’Occidente non ha fatto altro che sostenere al-Qaeda. Magari non era questa la vostra intenzione, ma
è quello che è successo. E’ per questo che oggi ci ritroviamo al-Quaeda
nel nostro paese, con combattenti che arrivano da decine di paesi diversi.
[...]
S: Pensa di avere
ancora qualche opportunità di
vincere questa guerra?
A: Anche se non
ne avessi, non potrei far altro che continuare a combattere per difendere il
paese. [...]
S: Pensa di non aver
bisogno dell’Occidente?
A: Certo che ne ho
bisogno, ma non in alternativa ai siriani o ai nostri veri alleati, come i russi. La Russia ha capito molto
bene quello che sta succedendo qui. [...] Ed è molto più indipendente
dell’Europa, che è troppo influenzata dalle dinamiche americane.
S: I
russi prendono in considerazione soltanto i loro interessi strategici.
A: Ne può discutere
con Vladimir Putin. Ma mi lasci aggiungere che molti europei, attraverso canali alternativi,
sono venuti qui per farci sapere che condividevano la nostra posizione e il
nostro punto di vista, ma che non potevano dirlo ad alta voce. [...]
S: Visto il caos in
cui si trova il paese oggi, ritiene che gli arsenali di armi chimiche siano al sicuro?
A: Certo,
completamente sotto controllo. [...]
S: Lo stesso
vale per i depositi di armi
biologiche? [...]
A: Sono informazioni
riservate, di cui non si parla mai. E guardi che questa non una conferma
sul fatto che le possediamo.
S: Non si rende
conto che la comunità internazionale teme che queste armi di distruzione di massapossano
finire nelle mani dei terroristi?
A: La situazione
non è così brutta come scrivono i giornali e come dice l’Occidente. Non c’è
motivo di preoccuparsi.
S: In base alle
informazioni di cui disponiamo, l’opposizione armata controlla almeno il 40 per
cento del paese, e altre stime ritengono sia riuscita ad estendersi sui due
terzi del territorio.
A: Si tratta di esagerazioni. Il 60 per
cento della Siria è deserto, e chi vive nel deserto? Nessuno. nel resto del
paese non sono riusciti a ottenere il controllo assoluto di nessuna area.
[...]
S: La brutalità di
questo conflitto ha trasformato un quarto della popolazione, circa sei milioni di persone, in
rifugiati.
A: Non abbiamo numeri
precisi. Anche parlare di 4 milioni potrebbe essere esagerato perché molti
siriani si sono trasferiti all’interno del paese senza notificare il loro
spostamento.
S: Sembra quasi stia
parlando di tasse più che di una catastrofe
umanitaria. [...] La fuga dei rifugiati dipende soltanto da lei e dal
suo regime.
A: Mi
scusi, la sua è una domanda o
un’affermazione? Se è un’affermazione, è sbagliata. Se è una
domanda, si è chiesto perché queste persone stanno scappando? Le ragioni sono
più di una. E una di queste è legata alla forte minaccia terroristica. [...]
Quando si verificano crisi come questa, [...] bisogna essere realisti e
rendersi conto ci vorrà del tempo per risolvere tutti i problemi. Ecco perché
non ci resta che credere nella
vittoria. [...] Vittoria
significa stabilità. Anzitutto dobbiamo liberarci dei terroristi. Poi, cosa ancora più pericolosa,
dovremo liberarci della loro
ideologia, che si è già infiltrata in molte parti della Siria. E’
inammissibile che un ragazzino di
otto anni provi a decapitare qualcuno, come è successo al nord. O che i
bambini guardino le immagini relativa alle decapitazioni con gioia, come se
stessero seguendo un incontro di calcio. Se non risolveremo questo problema,
che è molto più grave della minaccia terroristica in sé, ci attenderà
presto futuro ancora più nero.
S: Pensa sia ancora
possibile riportare la Siria alla situazione precedente alla guerra
civile?
A: Dal punto di vista
della stabilità sicuramente
sì. Se fermiamo tutti quei miliardi che Arabia Saudita e Qatar inviano regolarmente ai
terroristi ed eliminiamo il supporto logistico garantito loro dalla Turchia, torneremo alla normalità in
un paio di mesi.
S: Pensa sia
possibile trovare una soluzione attraverso un
negoziato?
A: Con i
militanti? No. L’opposizione politica non può avere il suo esercito. Negozieremo con chiunque si
mostrerà disponibile ad abbassare le armi per tornare alla normalità.
[...] Il problema non sono io ma
la Siria. La situazione del paese mi preoccupa e mi rende triste.
[...] Non sono preoccupato per me.
S: Non pensa
potrebbe fare la stessa fine del Presidente
rumeno Ceausescu, che dopo un processo lampo venne ucciso dai suoi
stessi soldati?
A: Se avessi
paura di questo, avrei lasciato la Siria molto tempo fa.
S: Presidente, grazie
per averci concesso questa intervista.
Fonte: visto su STAMPA LIBERA del 7 ottobre 2013
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