di Sergio Di Cori Modigliani
Il PD è il padre
bonario del Gran Regno d'Ipocritania.
La sua caratteristica principale consiste, infatti, nel
doppiogiochismo, nella mancanza di coerenza e di rispetto del proprio
elettorato, e di un esercizio della ipocrisia elevata a sistema strutturale di
vita.
Ieri, in Senato, si votava il ddl sulla Costituzione per
dare il via alla commissione dei 42 saggi scelti da Napolitano per iniziare le
manovre necessarie per le modifiche della Carta.
I senatori del PD erano 107, ma Grasso non vota perchè
Presidente.
101 senatori del PD hanno votato a favore. (deve essere un
numero magico).
In teoria non ci sarebbe niente di male nè alcuna sorpresa.
Il fatto è che gran parte di questi senatori hanno -in diverse e svariate
occasioni- partecipato a manifestazioni, convegni, seminari, interviste,
comizi, nel corso dei quali si schieravano apertamente contro ogni tentativo di
revisione della Costituzione ed è stata la loro piattaforma di base elettorale.
Alcuni, approfittando della narcolessia degli italiani, dopo
aver votato a favore in aula, hanno rilasciato interviste in radio e siti
locali nei loro rispettivi territori, spiegando perchè sono contrari alla
scelta imposta da Napolitano, facendo credere ai propri lettori e ascoltatori
di aver votato a favore.
Qui di seguito c'è l'elenco dei 101 senatori del PD che
hanno votato a favore, in modo tale da consentire a chiunque, la possibilità di
sbugiardarli quando si verificherà un'occasione.
Donatella Albano;
Ignazio Angioni;
Bruno Astorre;
Maria Teresa Bertuzzi;
Amedeo Bianco;
Daniele Gaetano Borioli;
Claudio Broglia;
Filippo Bubbico;
Massimo Caleo;
Laura Cantini;
Rosaria Capacchione;
Valeria Cardinali;
Vannino Chiti;
Monica Cirinnà;
Roberto G. G. Cociancich;
Stefano Collina;
Paolo Corsini;
Giuseppe Cucca;
Vincenzo Cuomo;
Erica D’Adda;
Emilia Grazia De Biasi;
Mauro Del Barba;
Isabella De Monte;
Rosa Maria Di Giorgi;
Nerina Dirindin;
Stefano Esposito;
Camilla Fabbri;
Emma Fattorini;
Nicoletta Favero;
Valeria Fedeli;
Elena Ferrara;
Rosanna Filippin;
Anna Finocchiaro;
Elena Fissore;
Federico Fornaro;
Maria Grazia Gatti;
Rita Ghedini ;
Francesco Giacobbe;
Nadia Ginetti;
Miguel Gotor;
Manuela Granaiola;
Maria Cecilia Guerra;
Paolo Guerrieri Paleotti;
Josefa Idem;
Nicola Latorre;
Stefano Lepri;
Bachisio Lai;
Sergio Lo Giudice;
Doris Lo Moro;
Carlo Lucherini;
Giuseppe Lumia;
Patrizia Manassero;
Luigi Manconi;
Andrea Marcucci;
Salvatore Margiotta;
Mauro Maria Marino;
Claudio Martini;
Donella Mattesini;
Giuseppina Maturani;
Claudio Micheloni;
Maurizio Migliavacca;
Marco Minniti;
Franco Mirabelli;
Mario Morgoni;
Claudio Moscardelli;
Massimo Mucchetti;
Pamela Orrù;
Venera Padua;
Giorgio Pagliari;
Annamaria Parente;
Carlo Pegorer;
Stefania Pezzopane;
Leana Pignedoli;
Roberta Pinotti;
Luciano Pizzetti;
Francesca Puglisi;
Laura Puppato;
Raffaele Ranucci;
Lucrezia Ricchiuti:
Gianluca Rossi;
Francesco Russo;
Roberto Ruta;
Angelica Saggese;
Gian Carlo Sangalli;
Giorgio Santini;
Francesco Scalia;
Annalisa Silvestro;
Pasquale Sollo;
Lodovico Sonego;
Maria Spilabotte;
Ugo Sposetti;
Salvatore Tomaselli;
Giorgio Tonini ;
Mario Tronti;
Stefano Vaccari;
Daniela Valentini;
Vito Vattuone;
Francesco Verducci;
Luigi Zanda;
Magda Zanoni;
Sergio Zavoli.
A votare contro sono stati soltanto in 5, astenendosi, che
in Senato equivale a un voto no.
Essi sono:
Felice Casson,
Silvana Amati,
Walter Tocci,
Renato Turrino.
Il quinto è stato il senatore Corradino Mineo, una persona
che ha lavorato per 40 anni come giornalista svolgendo con etica, competenza e
serietà, la propria professione. Ha diretto per molti anni RaiNews24, fino al
12 dicembre del 2012, quando si è dimesso per candidarsi alle elezioni.
Non è un caso che, dopo di lui, l'emittente è crollata negli
indici di ascolti, ma soprattutto -è ciò che più conta- ha azzerato la qualità
dell'informazione, diventando l'ombra di ciò che era stata negli anni
precedenti. La nuova direzione è chiaramente in bilico tra il dilettantismo e
il narcisismo berlusconiano.
Non credo che sia un caso il fatto che il senatore Mineo è
l'unico che si comporta sempre, nei riguardi dei suoi colleghi eletti nelle
fila del M5s, con educazione -diciamo "normale"-trattandoli come soggetti politici alla pari che
appartengono a uno schieramento elettorale diverso dal suo. Sul suo blog
personale, quotidianamente, frusta il suo partito e ne denuncia le sconcezze di
cui ben sappiamo.
E' stato l'unico che ha inteso manifestare in maniera attiva
e visibile la propria posizione facendo un discorso in aula per motivare la sua
scelta.
Nonostante sia stranoto a tutti i professionisti che
lavorano in Rai, nessuna delle reti pubbliche ha neppure dato l'informazione
relativa al suo voto, e questa era una notizia politica che è stata censurata.
Qui di seguito trovate per intero il suo intervento.
Nonostante il senatore Mineo appartenga a una formazione
politica contraria alla mia personale scelta, penso che meriti -perchè se lo è
guadagnato negli anni- il diritto di cronaca nel nome del rispetto
dell'informazione. Il suo è stato un intervento contro l'ipocrisia. E'
diventato un pentastellato a sua insaputa.
In un paese normale, sarebbe stato ovvio avere notizie in
merito da parte di Rainews24, Raiuno, Raidue, Raitre per dare vita a un succoso
e nutriente dibattito.
Dichiarazione di voto
in Senato di Corradino Mineo sulle riforme costituzionali
Dichiarazione di voto
in dissenso pronunciata dal sen. Corradino Mineo
"Non considero la Costituzione un feticcio intoccabile,
anzi credo che la nostra Carta fondamentale abbia bisogno di un buon lavoro di
manutenzione. Superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero di
parlamentari, ma anche ripensamento della forma del governo e dello stato.
Anche perché da venti anni il nostro assetto costituzionale
subisce l’insulto di leggi elettorali incoerenti e di un progressivo
svuotamento dei poteri del Parlamento per l’abuso dei decreti e dei voti di
fiducia. Sarebbe, dunque, auspicabile un lavoro paziente di ripensamento e
revisione delle regole.
Ma per cambiare la Costituzione, modificare
l’articolo 138, istituire un comitato di 21 senatori e 21 deputati che lavori a
un progetto organico, sarebbero necessari un’ispirazione comune in
Parlamento e un vasto consenso nel paese. Purtroppo mi sembra che oggi
manchi sia l’uno (il consenso), che l’altra (la comune ispirazione).
Al no alla riforma da parte del Movimento 5 Stelle, cioè
della forza politica che ha fatto registrare il successo più rilevante nelle
elezioni di febbraio, si è aggiunta, in questi mesi, l’opposizione radicale da
parte di un vasto movimento di opinione, formato da costituzionalisti,
sindacalisti e associazioni del volontariato. Un movimento che vede nel
processo riformatore un pericolo per la libertà e la democrazia e chiama i
cittadini a mobilitarsi in difesa della Costituzione. Nè va ignorata
l’esistenza di un dissenso anche di destra, sia pure motivato da scelte opposte
e che investono le questioni, delicatissime, della divisione dei poteri e
dell’autonomia della magistratura.
Manca dunque il consenso, ma ancora di più manca
l’ispirazione comune. Dal primo agosto -tutti lo possiamo constatare- la
condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale ha innescato una polemica
politica molto aspra. Ha mosso la richiesta, irricevibile ma tenacemente
riproposta, di annullare con atto politico una sentenza definitiva della
magistratura. Si è proposta l’obiettivo, ancora più destabilizzante, di sancire
una sorta di immunità giuridica per l’eletto del popolo, o per chi possa
contare su di un vasto consenso popolare. Si tratta di un attacco allo stato di
diritto e allo stesso carattere liberale della nostra democrazia. Non può,
infatti, dirsi liberale il regime che vieti al magistrato di esercitare, con
autonomia, il fondamentale controllo di legalità anzitutto su chi rappresenta
il potere politico.
Viviamo - inutile negarlo- uno stato di tensione
permanente che ha portato il Governo fin sull’orlo della crisi. Né la tensione
è scemata dopo il secondo voto di fiducia al Governo. Tant’è che lo stesso
Letta ha auspicato una diversa “maggioranza politica” e il Presidente della
Repubblica ha chiesto che finissero “i giochi al massacro”. Giochi che non sono
finiti, se appena ieri il PDL ha scelto l’Aventino, disertando la Commissione
Antimafia che aveva osato eleggere presidente una donna politica coraggiosa e
integerrima come Rosy Bindi. Persino il messaggio del Presidente
Napolitano sul sovraffollamento delle carceri e sulle condizioni vergognose in
cui versano i detenuti, è stato piegato a convenienze di parte, invocando
l’amnistia e l’indulto come soluzione ai problemi di uno solo, sempre lo
stesso, di Silvio Berlusconi.
Mi chiedo con quale serenità, e con quale spirito
costituente, si possa lavorare alla riforma della Costituzione
insieme a forze che contestano la separazione dei poteri, rivendicano
l’immunità giudiziaria per l’eletto, addebitano all’impianto costituzionale
responsabilità, errori e incapacità di governo che sono, sono invece propri
della politica e dei partiti. Oltretutto sulla questione della forma
del governo, la sola modifica tra quelle proposte che giustificherebbe la
procedura d’eccezione, i saggi incaricati dall’esecutivo non hanno trovato
alcuna intesa e si sono limitati a elencare 3 ipotesi di lavoro molto diverse:
forma parlamentare, semi presidenziale, governo del Premier. Una
maggioranza parlamentare, non proprio unita, saprebbe fare meglio?
È, dunque, fortissimo il rischio che l’iter riformatore si
concluda con un insuccesso. Ma ancora più forte è la probabilità che
l’approvazione della legge, l’istituzione della Commissione dei 42,
diventino un alibi, vengano usati per giustificare una navigazione governativa
e parlamentare incerta, basata sul non detto, sulle riserve mentali, sulla
continua e travagliata mediazione in camere di compensazione ristrette. Da
6 mesi il Senato non fa che trasformare in legge i decreti presentati dal
governo. Possiamo continuare così?
Possiamo lasciare che il Parlamento rinunci al suo ruolo?
Possiamo tirare a campare nell’attesa che lo Spirito Santo
scenda su noi renitenti per ispirarci un grande e salvifico progetto di Grande
Riforma?
Meglio affrontare le questioni politiche, cambiare la legge
elettorale, definire il ruolo dell’Italia nella crisi dell’Europa, cercare
un’intesa di governo per adottare qualche misura anti recessiva, che
nasconderci dietro l’alibi della Costituzione, delle sue (presunte) colpe e
della nostra (velleitaria) intenzione di riformarla.
Sono ragioni squisitamente politiche quelle che mi
inducono a non confermare il voto favorevole al disegno di riforma
costituzionale. Per rispetto delle scelte del mio gruppo e del buon lavoro
fatto dal ministro Quagliarello e dalla Commissione Affari Costituzionali, il
mio dissenso non si esprimerà con un voto contrario, ma con la non
partecipazione al voto che in Senato equivale a un no".
Fonte: visto su LIBERO PENSIERO del 24 ottobre 2013
Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/10/tutti-uguali-quelli-del-pd-su-107-ce-ne.html
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