sabato 26 ottobre 2013

TUTTI UGUALI QUELLI DEL PD? SU 107 CE N'È STATO UNO CHE HA SCELTO DI ESSERE DIVERSO. E' ACCADUTO IERI AL SENATO.



di Sergio Di Cori Modigliani

Il PD è il padre bonario del Gran Regno d'Ipocritania.

La sua caratteristica principale consiste, infatti, nel doppiogiochismo, nella mancanza di coerenza e di rispetto del proprio elettorato, e di un esercizio della ipocrisia elevata a sistema strutturale di vita. 

Ieri, in Senato, si votava il ddl sulla Costituzione per dare il via alla commissione dei 42 saggi scelti da Napolitano per iniziare le manovre necessarie per le modifiche della Carta.

I senatori del PD erano 107, ma Grasso non vota perchè Presidente.

101 senatori del PD hanno votato a favore. (deve essere un numero magico).

In teoria non ci sarebbe niente di male nè alcuna sorpresa. Il fatto è che gran parte di questi senatori hanno -in diverse e svariate occasioni- partecipato a manifestazioni, convegni, seminari, interviste, comizi, nel corso dei quali si schieravano apertamente contro ogni tentativo di revisione della Costituzione ed è stata la loro piattaforma di base elettorale.  
Alcuni, approfittando della narcolessia degli italiani, dopo aver votato a favore in aula, hanno rilasciato interviste in radio e siti locali nei loro rispettivi territori, spiegando perchè sono contrari alla scelta imposta da Napolitano, facendo credere ai propri lettori e ascoltatori di aver votato a favore.

Qui di seguito c'è l'elenco dei 101 senatori del PD che hanno votato a favore, in modo tale da consentire a chiunque, la possibilità di sbugiardarli quando si verificherà un'occasione.

Donatella Albano;
Ignazio Angioni;
Bruno Astorre;
Maria Teresa Bertuzzi;
Amedeo Bianco;
Daniele Gaetano Borioli;
Claudio Broglia;
Filippo Bubbico;
Massimo Caleo;
Laura Cantini;
Rosaria Capacchione;
Valeria Cardinali;
Vannino Chiti;
Monica Cirinnà;
Roberto G. G. Cociancich;
Stefano Collina;
Paolo Corsini;
Giuseppe Cucca;
Vincenzo Cuomo;
Erica D’Adda;
Emilia Grazia De Biasi;
Mauro Del Barba;
Isabella De Monte;
Rosa Maria Di Giorgi;
Nerina Dirindin;
Stefano Esposito;
Camilla Fabbri;
Emma Fattorini;
Nicoletta Favero;
Valeria Fedeli;
Elena Ferrara;
Rosanna Filippin;
Anna Finocchiaro;
Elena Fissore;
Federico Fornaro;
Maria Grazia Gatti;
Rita Ghedini ;
Francesco Giacobbe;
Nadia Ginetti;
Miguel Gotor;
Manuela Granaiola;
Maria Cecilia Guerra;
Paolo Guerrieri Paleotti;
Josefa Idem;
Nicola Latorre;
Stefano Lepri;
Bachisio Lai;
Sergio Lo Giudice;
Doris Lo Moro;
Carlo Lucherini;
Giuseppe Lumia;
Patrizia Manassero;
Luigi Manconi;
Andrea Marcucci;
Salvatore Margiotta;
Mauro Maria Marino;
Claudio Martini;
Donella Mattesini;
Giuseppina Maturani;
Claudio Micheloni;
Maurizio Migliavacca;
Marco Minniti;
Franco Mirabelli;
Mario Morgoni;
Claudio Moscardelli;
Massimo Mucchetti;
Pamela Orrù;
Venera Padua;
Giorgio Pagliari;
Annamaria Parente;
Carlo Pegorer;
Stefania Pezzopane;
Leana Pignedoli;
Roberta Pinotti;
Luciano Pizzetti;
Francesca Puglisi;
Laura Puppato;
Raffaele Ranucci;
Lucrezia Ricchiuti:
Gianluca Rossi;
Francesco Russo;
 Roberto Ruta;
Angelica Saggese;
Gian Carlo Sangalli;
Giorgio Santini;
Francesco Scalia;
Annalisa Silvestro;
Pasquale Sollo;
Lodovico Sonego;
Maria Spilabotte;
Ugo Sposetti;
Salvatore Tomaselli;
Giorgio Tonini ;
Mario Tronti;
Stefano Vaccari;
Daniela Valentini;
Vito Vattuone;
Francesco Verducci;
Luigi Zanda;
Magda Zanoni;
Sergio Zavoli.

A votare contro sono stati soltanto in 5, astenendosi, che in Senato equivale a un voto no.

Essi sono:
Felice Casson,
Silvana Amati,
Walter Tocci,
Renato Turrino.
Il quinto è stato il senatore Corradino Mineo, una persona che ha lavorato per 40 anni come giornalista svolgendo con etica, competenza e serietà, la propria professione. Ha diretto per molti anni RaiNews24, fino al 12 dicembre del 2012, quando si è dimesso per candidarsi alle elezioni.

Non è un caso che, dopo di lui, l'emittente è crollata negli indici di ascolti, ma soprattutto -è ciò che più conta- ha azzerato la qualità dell'informazione, diventando l'ombra di ciò che era stata negli anni precedenti. La nuova direzione è chiaramente in bilico tra il dilettantismo e il narcisismo berlusconiano.

Non credo che sia un caso il fatto che il senatore Mineo è l'unico che si comporta sempre, nei riguardi dei suoi colleghi eletti nelle fila del M5s, con educazione -diciamo "normale"-trattandoli  come soggetti politici alla pari che appartengono a uno schieramento elettorale diverso dal suo. Sul suo blog personale, quotidianamente, frusta il suo partito e ne denuncia le sconcezze di cui ben sappiamo.

E' stato l'unico che ha inteso manifestare in maniera attiva e visibile la propria posizione facendo un discorso in aula per motivare la sua scelta. 

Nonostante sia stranoto a tutti i professionisti che lavorano in Rai, nessuna delle reti pubbliche ha neppure dato l'informazione relativa al suo voto, e questa era una notizia politica che è stata censurata.

Qui di seguito trovate per intero il suo intervento.

Nonostante il senatore Mineo appartenga a una formazione politica contraria alla mia personale scelta, penso che meriti -perchè se lo è guadagnato negli anni- il diritto di cronaca nel nome del rispetto dell'informazione. Il suo è stato un intervento contro l'ipocrisia. E' diventato un pentastellato a sua insaputa. 

In un paese normale, sarebbe stato ovvio avere notizie in merito da parte di Rainews24, Raiuno, Raidue, Raitre per dare vita a un succoso e nutriente dibattito.

Dichiarazione di voto in Senato di Corradino Mineo sulle riforme costituzionali
Dichiarazione di voto in dissenso pronunciata dal sen. Corradino Mineo

"Non considero la Costituzione un feticcio intoccabile, anzi credo che la nostra Carta fondamentale abbia bisogno di un buon lavoro di manutenzione. Superamento del bicameralismo paritario, riduzione del numero di parlamentari, ma anche ripensamento della forma del governo e dello stato.

Anche perché da venti anni il nostro assetto costituzionale subisce l’insulto di leggi elettorali incoerenti e di un progressivo svuotamento dei poteri del Parlamento per l’abuso dei decreti e dei voti di fiducia. Sarebbe, dunque, auspicabile un lavoro paziente di ripensamento e revisione delle regole.

Ma per cambiare la Costituzione, modificare l’articolo 138, istituire un comitato di 21 senatori e 21 deputati che lavori a un progetto organico, sarebbero necessari un’ispirazione comune in Parlamento e un vasto consenso nel paese. Purtroppo mi sembra che oggi manchi sia l’uno (il consenso), che l’altra (la comune ispirazione).

Al no alla riforma da parte del Movimento 5 Stelle, cioè della forza politica che ha fatto registrare il successo più rilevante nelle elezioni di febbraio, si è aggiunta, in questi mesi, l’opposizione radicale da parte di un vasto movimento di opinione, formato da costituzionalisti, sindacalisti e associazioni del volontariato. Un movimento che vede nel processo riformatore un pericolo per la libertà e la democrazia e chiama i cittadini a mobilitarsi in difesa della Costituzione. Nè va ignorata l’esistenza di un dissenso anche di destra, sia pure motivato da scelte opposte e che investono le questioni, delicatissime, della divisione dei poteri e dell’autonomia della magistratura.  

Manca dunque il consenso, ma ancora di più manca l’ispirazione comune. Dal primo agosto -tutti lo possiamo constatare- la condanna di Silvio Berlusconi per frode fiscale ha innescato una polemica politica molto aspra. Ha mosso la richiesta, irricevibile ma tenacemente riproposta, di annullare con atto politico una sentenza definitiva della magistratura. Si è proposta l’obiettivo, ancora più destabilizzante, di sancire una sorta di immunità giuridica per l’eletto del popolo, o per chi possa contare su di un vasto consenso popolare. Si tratta di un attacco allo stato di diritto e allo stesso carattere liberale della nostra democrazia. Non può, infatti, dirsi liberale il regime che vieti al magistrato di esercitare, con autonomia, il fondamentale controllo di legalità anzitutto su chi rappresenta il potere politico.

Viviamo - inutile negarlo-  uno stato di tensione permanente che ha portato il Governo fin sull’orlo della crisi. Né la tensione è scemata dopo il secondo voto di fiducia al Governo. Tant’è che lo stesso Letta ha auspicato una diversa “maggioranza politica” e il Presidente della Repubblica ha chiesto che finissero “i giochi al massacro”. Giochi che non sono finiti, se appena ieri il PDL ha scelto l’Aventino, disertando la Commissione Antimafia che aveva osato eleggere presidente una donna politica coraggiosa e integerrima come  Rosy Bindi. Persino il messaggio del Presidente Napolitano sul sovraffollamento delle carceri e sulle condizioni vergognose in cui versano i detenuti, è stato piegato a convenienze di parte, invocando l’amnistia e l’indulto come soluzione ai problemi di uno solo, sempre lo stesso, di Silvio Berlusconi.

Mi chiedo con quale serenità, e con quale spirito costituente, si possa lavorare alla riforma della Costituzione insieme a forze che contestano la separazione dei poteri, rivendicano l’immunità giudiziaria per l’eletto, addebitano all’impianto costituzionale responsabilità, errori e incapacità di governo che sono, sono invece propri della politica e dei partiti. Oltretutto sulla questione della forma del governo, la sola modifica tra quelle proposte che giustificherebbe la procedura d’eccezione, i saggi incaricati dall’esecutivo non hanno trovato alcuna intesa e si sono limitati a elencare 3 ipotesi di lavoro molto diverse: forma parlamentare, semi presidenziale, governo del Premier.  Una maggioranza parlamentare, non proprio unita, saprebbe fare meglio?

È, dunque, fortissimo il rischio che l’iter riformatore si concluda con un insuccesso. Ma ancora più forte è la probabilità che l’approvazione della legge, l’istituzione della Commissione dei 42,  diventino un alibi, vengano usati per giustificare una navigazione governativa e parlamentare incerta, basata sul non detto, sulle riserve mentali, sulla continua e travagliata mediazione in camere di compensazione ristrette. Da 6 mesi il Senato non fa che trasformare in legge i decreti presentati dal governo. Possiamo continuare così?

Possiamo lasciare che il Parlamento rinunci al suo ruolo?

Possiamo tirare a campare nell’attesa che lo Spirito Santo scenda su noi renitenti per ispirarci un grande e salvifico progetto di Grande Riforma?

Meglio affrontare le questioni politiche, cambiare la legge elettorale, definire il ruolo dell’Italia nella crisi dell’Europa, cercare un’intesa di governo per adottare qualche misura anti recessiva, che nasconderci dietro l’alibi della Costituzione, delle sue (presunte) colpe e della nostra (velleitaria) intenzione di riformarla.

Sono ragioni squisitamente politiche quelle che mi inducono a non confermare il voto favorevole al disegno di riforma costituzionale. Per rispetto delle scelte del mio gruppo e del buon lavoro fatto dal ministro Quagliarello e dalla Commissione Affari Costituzionali, il mio dissenso non si esprimerà con un voto contrario, ma con la non partecipazione al voto che in Senato equivale a un no". 

Fonte: visto su LIBERO PENSIERO del 24 ottobre 2013



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