Settembre 26, 2013
Chiara Rizzo
Intervista ai due giornalisti di errorigiudiziari.com, che raccontano
come è nata la loro iniziativa. E ci presentano i dati del ministero
dell’Economia sui risarcimenti: «Nel 2012 i più grossi importi a L’Aquila: 5
milioni e mezzo per due errori
Sono stati 50 mila i
casi di errori giudiziari o ingiuste detenzioni dal 1991 ad oggi, per i
quali l’Italia ha già versato 600 milioni di euro di risarcimento: è il dato
nero su bianco dell’Ufficio IX del ministero dell’Economia e delle finanze. A
rendere pubbliche per la prima volta in assoluto queste cifre è stato il sito errorigiudiziari.com dei due
giornalisti romani Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone: «Un sito che curiamo
per puro interesse personale, gratuitamente, per sensibilizzare verso questo
tema. Lo sentiamo come un dovere civico» spiegano a tempi.it i due giornalisti,
aggiungendo in esclusiva quali siano le corti d’appello più colpite dalla
mannaia dell’errore, nel 2012-’13: «Napoli, Catanzaro, Reggio Calabria».
Maimone, com’è nato errorigiudiziari.com?
Tutto è iniziato nel 1996 quando abbiamo pubblicato il
nostro primo libro, Cento volte ingiustizia, che raccoglieva i 100 casi più
clamorosi di mala giustizia. Da allora ci hanno cominciato a contattare per
centinaia di casi. Ci hanno scritto avvocati, vittime, ma anche magistrati.
Abbiamo iniziato a raccogliere le loro segnalazioni, nell’idea di scrivere un
secondo libro e a un certo punto abbiamo avuto così tanti casi nel nostro
archivio che, per non disperderne nemmeno uno, abbiamo aperto il sito tra il
2005 e il 2007. Il sito è il modo migliore per aggiornare la situazione in
tempo reale, mantenere i contatti con le persone, e dare voce direttamente alle
vittime. Non c’erano tanti altri siti del genere nel mondo quando abbiamo
cominciato: negli Usa, dove c’è molta attenzione al tema giustizia ed errori,
un curato dalle facoltà di legge della University of Michigan e Nortwestern
University è nato solo due anni fa. E raccoglie 1.200 casi.
Lattanzi, chi siete?
Siamo due giornalisti professionisti di Roma, amici di lunga
data e abbiamo iniziato occupandoci di cronaca nera e giudiziaria. Nel tempo, a
livello professionale, siamo passati a scrivere anche di altro, ma per il sito
continuiamo ad occuparci di casi giudiziari per interesse personale e
sensibilità verso questo tema, perché lo sentiamo come dovere civico. Lo
facciamo a titolo puramente gratuito, dedicandovi ogni momento possibile tra i
nostri impegni professionali e personali.
In base a cosa classificate un caso come “errore
giudiziario”?
La discriminante nei casi che trattiamo è che siano stati
chiusi dal punto di vista procedurale. Perciò ci occupiamo di errori giudiziari
in senso stretto solo quando sia stata accolta la richiesta di risarcimento o
dopo che questo sia stato concesso dallo Stato. Questi casi hanno dunque
superato il vaglio di più collegi giudicanti: dopo una condanna definitiva è
stato aperta la revisione di un processo, si è chiusa con una sentenza di
assoluzione, e la domanda di risarcimento è stata accolta dai giudici della
corte d’appello competente. Poi ci sono i casi ingiusta detenzione cautelare,
per i quali si può chiedere un risarcimento solo dopo una sentenza assolutoria
definitiva. Preciso che quello del nostro sito comunque non è un archivio con
una statistica ufficiale. Abbiamo trattato in tutto 600 casi, ma ogni anno in
Italia se ne verificano almeno duemila, tra errori giudiziari e ingiuste
detenzioni. Il sito è solo un modo di capire che tipo di errori si verificano
più frequentemente, e quali meccanismi scorretti si ripetono.
Avete raccolto i dati ufficiali su ogni corte d’appello
italiana. Quali sono allora i distretti più colpiti dall’errore?
I dati complessivi provengono dall’Ufficio IX del ministero
dell’Economia e una parte, suddivisa per corti d’appello, riguarda i soli anni
2012 e al 2013. Questo è già un primo dato su cui soffermarsi, perché la
normativa prevede il risarcimento dal 1991, ma il ministero della Giustizia non
ha mai informatizzato e rilasciato questi dati prima dell’anno scorso. Nel
2012, dunque, il distretto di corte d’appello con la situazione più drammatica
in assoluto è stato Napoli, con 192 ingiuste detenzioni (4 milioni e 425 mila
euro di risarcimenti) e 2 errori giudiziari (800 mila euro di risarcimenti). Al
secondo posto, Catanzaro con 82 ingiuste detenzioni (3 milioni di euro) e un solo
errore giudiziario. Al terzo posto, Reggio Calabria con risarcimenti per 2
milioni 119 mila euro per 67 ingiuste detenzioni. Nei primi sei mesi del 2013
questi dati sono stati confermati. Aggiungiamo che il record, negativo, per i
risarcimenti per errori giudiziari veri e propri, è quello della corte
d’appello dell’Aquila: 5 milioni e mezzo di euro per due casi.
Cosa succede invece nelle due più grandi città italiane,
Roma e Milano?
Nella corte d’appello di Roma sono stati concessi 1 milione
e 137 mila euro per ingiuste detenzioni (meno per esempio di Palermo con 1
milione e mezzo di euro), ed è stato riconosciuto un solo errore giudiziario
nel 2012, con 49 mila euro di risarcimento. A Milano sono state riconosciute 53
ingiuste detenzioni, per 1 milione e 400 mila euro di risarcimento, e un solo
caso di errore (42 mila euro).
Che spiegazioni vi date, leggendo i record negativi delle
prime corti d’appello?
Si tratta di città del Sud, dove c’è maggiore incidenza
della criminalità organizzata ma anche un secondo fattore comune che riguarda
le serie difficoltà di quegli uffici giudiziari, con scarse risorse finanziarie
e di personale, e con ritardi cronici accumulati negli anni. Ciò che ci
stupisce è che grandissime città come Milano e Roma hanno sicuramente un numero
di errori minore che a Napoli, Catanzaro e Reggio. Un dato per noi interessante
è che c’è una differenza tra un risarcimento e l’altro, dovuta al fatto che è
un dato discrezionale del giudice. Per le ingiuste detenzioni l’importo varia
perché, ad esempio, il giudice valuta oltre ai giorni di carcerazione, anche
altri fattori, come eventuali danni psicologici o la perdita del lavoro. Posso
aggiungere un elemento?
Prego.
Dal 2010 ad oggi c’è un numero inferiore di
richieste di risarcimento, ed è clamorosamente diminuita anche l’entità degli
importi. La giustizia funziona meglio? No, semplicemente le spese dello Stato
per questo capitolo di bilancio sono stati drasticamente tagliate. E ci appare
molto grave che la spending review possa incidere anche sui risarcimenti degli
errori giudiziari. Al ministero dell’Economia ci hanno semplicemente spiegato
che non dipende da una loro valutazione, ma che non ci sono risorse finanziarie
per pagare. Va anche aggiunto che il numero delle richieste è probabilmente
diminuito anche perché negli ultimi anni c’è stata anche una interpretazione
molto più restrittiva nelle corti d’appello, competenti a decidere se accettare
o respingere le domande. In media oggi viene accolta solo una domanda ogni tre.
Tra i casi di errori giudiziari che avete seguito in
questi anni, quale vi ha più colpito?
Quello di Lanfranco Schillaci: era un tranquillo professore
di matematica, di origine siciliane, che lavorava a Milano. Nell’aprile ’89
portò la piccola figlia di due anni, Miriam, in ospedale per delle lesioni. I
medici sospettarono che l’avesse violentata, il tribunale dei minori allontanò
la bimba dal padre, accusato sulle prime pagine di essere un sodomizzatore, e
aprirono la procedura di adottabilità. La procura di Milano ordinò una perizia
sulla bambina: e da lì si è scoperto che la piccola aveva un tumore che la
porterà alla morte poco tempo dopo. È questo toccante caso il motore che ci ha
spinti a scrivere il libro, perché non si ripetessero altre storie del genere.
Fonte: visto su TEMPI di sabato 26 settembre 2013
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