Sembra notizia di oggi la proposta di un piano di
privatizzazioni parziali per la generazione di nuove risorse da destinare
all'abbattimento del debito e al contenimento del deficit di bilancio:
si parla di cessioni di quote non rilevanti in aziende strategiche, quel tanto
che basta per non perdere il controllo sulle rispettive società. Abbiamo nomi
eccellenti: Sace, Enav, Fincantieri, Grandi Stazioni e per finire ENI. Il
Governo Letta si appresta a svendere per battere cassa nella speranza di
realizzare almeno 10 miliardi. Ormai ci siamo: si tratta a farla grande di
aspettare ancora 18 mesi, dopo il destino di contribuenti, pensionati, e
risparmiatori italiani sarà presto delineato. Questa volta non ci saranno mezze
misure o mezze interpretazioni, il declino del paese si trasformerà nella
dipartita della nazione. Quelli che sospirano confidando nell'avvento del
Regno di Renzi tra qualche mese sono dei poveri illusi: il Sindaco di Firenze
ha come punti chiave all'interno del suo programma una massiva ed imponente
opere di alienazioni e dismissioni di patrimonio pubblico e partecipazioni
strategiche.
La svendita del paese
ricordate che è sempre stata una prerogative dei governi di sinistra
(Amato, D'Alema e Prodi): si vende come si suol dire l'argenteria per pagare i
debiti contratti per giocare alle slot machine.
Continuo a dirvelo da più di un anno, dopo il fallimento
anche di Monti, fatevi il Piano B o la vostra exit strategy, perchè questa
volta non vi aiuterà o salverà nessuno (pensate non solo ai vostri risparmi
ma anche ai vostri cari). Purtroppo non
ci saranno scialuppe per tutti, molti faranno la fine di tante povere pecore:
scannati vivi.
Non servirà a nulla a quel punto il pianto in diretta presso
il talk show di turno, l'appello di qualche autorità rinsavita o le
esternazioni prosaiche formulate dagli ambienti cattolici, la strada per il
paese e per la popolazione sarà dettata da una lettera, anzi dai punti di
una lettera che già due anni fa ci era stata consegnata con l'indicazione
di attuare quanto prima misure atte a mettere il paese in sicurezza economica e
finanziaria. La lettera ci è pervenuta ancora nell'Agosto nel 2011 a firma di
Jean Claude Trichet e Mario Draghi con l'elenco degli interventi che si dovevano
quanto prima mettere in moto. Quando sentite parlare delle famose riforme
strutturali per l'Italia a che cosa pensate si faccia riferimento? Quella missiva inviata durante quella calda
estate già disegnava le tappe che a breve con il buon senso politico di
chi governa o con il ricatto sovranazionale sarebbero state necessarie.
Andatevela a rileggere e studiare. Nei minimi dettagli. Perchè sarà quanto accadrà nei prossimi mesi
in Italia nel momento in cui dopo aver messo mano a pensioni e risparmi
sarà obbligatorio intervenire su quei gangli vitali che nessuno ha il coraggio
di modificare. Quelli della lettera a quel punto vi sembreranno capisaldi di
buon senso e necessari per sgravare il peso della attuale fiscalità diffusa.
Almeno quanto necessario per provare a rimettere in moto un paese che tra otto
anni sarà scalzato dal Messico e dal Brasile.
Chi per anni mi ha
deriso o insultato sottolineando il mio pessimismo (li correggo: realismo)
allora come è già accaduto farà marcia indietro e verrà a chiedere come e
dove investire o come fare per salvarsi. Solo che sarà ormai tardi anche
per loro, diversamente rinsaviti.
Quelli che pagheranno il conto più amaro saranno proprio tutti quei soggetti
che hanno vissuto per decenni dentro una cupola intoccabile, protetti da tutto
e da tutti. Mi riferisco ai dipendenti pubblici ed ai parastatali,
finalmente capiranno che cosa significa semanticamente il termine di equità
sociale quando calerà la scure del Memorandum of Undestanding affiancato dalle
OMT (Outright Monetary Transactions).
Pur tuttavia, finalmente il paese in qualche modo cambierà:
come ho spesso menzionato, alle volte per fare il bene devi iniziare facendo
del male.
Vi anticipo alcuni dei punti che saranno a breve
oggetto di imposizione sovranazionale,
che arriveranno quando la nazione non avrà più risorse a cui attingere: aumento
della concorrenza nei servizi pubblici (si traduce in fine delle baronie e
feudi di famiglia), nuova fiscalità per rendere le imprese italiane più competitive
(si traduce in fine dell'IRAP e diminuzione dell'IRE), razionalizzazione
dell'assistenza sanitaria (si traduce in assicurazioni private ove non
sussista più l'intervento generico dello stato sociale), mercato del lavoro
dinamico ed efficiente (si traduce in libertà di licenziamento senza obblighi
di reintegro), liberalizzazione dei servizi professionali (si traduce in
fine degli ordini professionali), riforma della contrattazione sindacale (si
traduce nella fine dello strapotere dei sindacati), miglioramento
dell'efficienza amministrativa (si traduce nell'inserimento di indicatori
di performance per i dipendenti pubblici per la valutazione del loro operato), snellimento
dei centri di responsabilità (si traduce in abolizione del senato, delle
province e accorpamento degli enti comunali).
Fonte: da Eugenio
Benetazzo del 21 novembre 2013
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