“Posso anche non condividere la tua idea, ma darei la
vita affinché tu la possa esprimere.”
(Voltaire)
Per libertà di parola si intende il più ampio diritto
di parlare, manifestare, scrivere, ed esprimersi come noi riteniamo più
opportuno, nella convinzione che l’atto di pronunciare un pensiero, una
opinione, non sia mai un crimine.
Questo diritto non è
un diritto naturale di per sé ma deriva anch’esso dal diritto di proprietà.
Noi abbiamo il diritto di fare ciò che vogliamo con il
nostro corpo (incluse le corde vocali) dove vogliamo (se è nostra proprietà).
Parlare liberamente non significa quindi dire quello che
vogliamo dove ci pare ma solamente dire quello che vogliamo dove ne abbiamo
diritto (a casa nostra, in un posto affittato per l’occasione, a casa di un
nostro amico compiacente, ecc…).
Allo stesso modo libertà di stampa non significa poter
scrivere sui muri di proprietà di altri, ma sul muro di casa nostra, su
volantini o spazi pubblicitari regolarmente pagati.
Purtroppo nella realtà, questo bel principio presente in tutte le costituzioni occidentali, nella stessa costituzione europea e nella dichiarazione dei diritti universali dell’uomo, viene costantemente violato dagli stessi governi che lo hanno sottoscritto, emendandolo con una serie di leggi volte a limitare fortemente la libertà di espressione.
Oggi in realtà la libertà di parola viene limitata per mille
motivi: il segreto di Stato, la mancata appartenenza all’ordine dei
giornalisti, il ricatto, la diffamazione, il razzismo ed altre discriminazioni,
l’apologia di reato, il procurato allarme, l’ingiuria, ecc…
A tutto questo dobbiamo aggiungere una limitazione della
libertà di parola de facto a causa dell’imposizione mediatica del
linguaggio politically correct (di
cui abbiamo accennato in precedenza).
Di alcune di queste limitazioni, come nel caso delle
opinioni discriminatorie, abbiamo già parlato. Di seguito analizziamo i “reati
di parola”.
Fonte: visto su
FRONTE PAGE del 9 maggio 2012
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