La migliore documentazione dell’improrogabilità di una
riforma della giustizia in Italia, probabilmente, non arriva dai berluscones né
da un Silvio Scaglia qualunque, ma da Leonardo
Domenici, predecessore di Matteo Renzi sulla poltrona di sindaco di Firenze
e oggi eurodeputato di sinistra, alle spalle tutta una carriera di totale
osservanza “rossa”: dal Pci al Pd passando per Pds e Ds.
INCATENATO DAVANTI ALL’ESPRESSO.
Come racconta in una lettera imperdibile inviata al Corriere
della Sera, Domenici nel 2008, quando era appunto sindaco di Firenze, finì
maciullato nel perverso meccanismo mediatico-giudiziario che abbiamo imparato a
conoscere molto bene. Forse a qualcuno sono rimaste impresse nella mente le
foto di lui incatenato per protesta sotto la sede del gruppo editoriale
L’Espresso, gesto disperato che all’epoca – ricorda l’esponente democratico
nella lettera al Corriere – gli fece ottenere «un po’ di attenzione» e «qualche
attestato di stima e un po’ di solidarietà» (per altro «sottotraccia»), ma
nulla più. E infatti quell’inchiesta costerà a Domenici, nemmeno indagato, altri
cinque anni di calvario.
IL CASO.
L’indagine, scrive l’ex sindaco, verteva «sulla
urbanizzazione dell’area di Castello, situata ai confini della periferia nord
della città e proprietà della società assicuratrice Fondiaria, controllata
dalla famiglia Ligresti».
A novembre 2008 scattarono le perquisizioni e i sequestri,
ovviamente con tutto il clamore mediatico possibile: gli inquirenti
sospettavano un giro di favori&corruzione che, finalmente smascherato,
avrebbe dovuto sollevare il coperchio sulla solita nuova Tangentopoli.
Ricostruisce
Domenici: «Il clima si fa subito molto pesante. Dalla Procura fanno sapere che
si sta propagando un “incendio”. Molti giornali (soprattutto alcuni quotidiani
e settimanali) vedono in questa inchiesta una delle prove più significative del
malgoverno che alberga nelle giunte locali di centrosinistra. Il sottoscritto
(allora sindaco di Firenze e presidente nazionale dei Comuni italiani) diventa
oggetto di un attacco mediatico molto violento, pur non essendo indagato né tanto
meno, in seguito, imputato. Intanto, fioccano intercettazioni. Sulla base di
una di queste, in cui vengo registrato anch’io, un autorevole settimanale
giunge a scrivere che le mie parole “testimoniano un male che va oltre la
corruzione addebitata ai due assessori di Palazzo Vecchio in rapporti troppo
intimi con Salvatore Ligresti”».
ASSOLUZIONI.
Ebbene, nel marzo di quest’anno si è concluso il processo,
«con l’assoluzione di tutti gli imputati dalla accusa di corruzione», aggiunge
l’ex sindaco. Qualcuno se n’era accorto? No. Infatti – si legge nella lettera –
adesso che «sono state rese note le motivazioni della sentenza», Domenici ha
deciso di impugnare carta e penna per esprimere pubblicamente il «senso di
profonda amarezza per le sofferenze gratuite cui, in questa lunga vicenda, sono
stati sottoposti imputati e non imputati» e «la sproporzione fra il rilievo
mediatico (molto ampio) dato all’inchiesta e quello (molto più limitato) della
conclusione del processo e, appunto, delle motivazioni della sentenza».
ESISTE UN PROBLEMA.
Ma soprattutto Domenici ha voluto rendere la sua
testimonianza al Corriere per denunciare che «esiste comunque un problema che
va affrontato e riguarda il malfunzionamento del nostro sistema giudiziario, la
snervante lunghezza di processi che si svuotano di contenuto e alterano
l’applicazione del principio di giustizia, l’impatto politico-mediatico delle
inchieste e il ruolo del pubblico ministero». Urge dunque una riforma. Lo
dimostrano assai bene le stesse motivazioni della sentenza del “caso Domenici”,
dove si riconosce – spiega sempre l’ex sindaco – «la correttezza dell’operato
dell’amministrazione comunale» e si svolgono «interessanti considerazioni su
questioni delicate e rilevanti (per esempio, l’uso delle intercettazioni nelle
inchieste e il riconoscimento della autonomia della sfera
politico-amministrativa, sottoposta in ultima istanza al giudizio della
sovranità popolare)».
Fonte: Visto su TEMPI del
6 novembre 2013
Link: http://www.tempi.it/se-non-credete-a-berlusconi-sulla-giustizia-credete-almeno-a-domenici-ex-sindaco-rosso-di-firenze-maciullato-ingiustamente-da-pm-e-giornali#.Un6gP5E4-uW
L’EX SINDACO (PD) DI FIRENZE CI RACCONTA COSA SIGNIFICHI
ESSERE «SCHIACCIATI» DAL CIRCO MEDIATICO GIUDIZIARIO. PER CINQUE ANNI
Intervista a Leonardo Domenici che fu vittima dell’uso
«”disinvolto” del materiale d’inchiesta da parte di magistrati e giornalisti» e
fu additato dall’Espresso come esempio di connubio tra affari e politica
«Il circo mediatico-giudiziario è un meccanismo che ti
schiaccia», spiega Leonardo
Domenici a tempi.it: «Quando mi sono trovato dentro, ho avuto la
consapevolezza di non avere i mezzi per uscirne». Per dieci anni Domenici è
stato sindaco di Firenze. Nel 2008, un anno prima di passare il testimone a
Matteo Renzi, alcuni componenti della sua giunta di centrosinistra furono
accusati dai magistrati di aver elargito favori alla famiglia Ligresti. Benché
il sindaco non fosse stato imputato di nulla, alcune sue conversazioni finirono
sull’Espresso. A quelle accuse mediatiche, Domenici rispose con un «gesto di
protesta clamoroso», incatenandosi all’entrata della sede del settimanale della
famiglia De Benedetti, «per difendermi e per difendere chi si è trovato nella
mia condizione, e attirare l’attenzione sull’uso “disinvolto” del materiale
d’inchiesta da parte di magistrati e giornalisti».
Il processo di primo grado ha portato all’assoluzione di
tutti gli imputati. A cosa sono servite le sue conversazioni intercettate?
A niente. Le intercettazioni che mi riguardano non avevano a
che fare con i capi d’accusa. Erano materiale che faceva da corollario all’inchiesta.
Tuttavia alcune di quelle conversazioni furono utilizzate dall’Espresso come
esempio negativo del connubio tra affari e politica.
Quindi servirono soltanto ad orchestrare una campagna
mediatica. Qual è l’effetto più deleterio di questi comportamenti
mediatico-giudiziari?
L’alterazione del principio di giustizia. I tempi dei
processi in Italia sono lunghissimi. Si è dovuto aspettare cinque anni per una
sentenza di assoluzione. Purtroppo quando arriva la sentenza non ha lo stesso
risalto del putiferio mediatico scatenatosi all’inzio dell’inchiesta. È come
quando consegnano un avviso di garanzia: se le parole hanno un senso, vorrebbe
garantire l’indagato, eppure, nei fatti, è propagandato dai media come se si
trattasse di una condanna.
Il rapporto fra magistrati e giornalisti come dovrebbe
essere regolato?
Bisogna porre fina a ogni rapporto distorto fra magistratura
e sistema mediatico. Credo che a questo fenomeno debba rispondere non soltanto
la politica ma anche il mondo della cultura, delle università, che dovrebbe
riflettere sulle soluzioni. Io mi auguro che si parta dal principio di
giustizia. Per quanto riguarda i media, l’obiettivo non dovrebbe essere
soltanto quello di tutelare il soggetto che produce informazione, il
giornalista, le cui garanzie non possono soverchiare quelle degli oggetti delle
loro inchieste.
Il malfunzionamento della giustizia e le relazioni
inappropriate fra media e magistrati sono frutto dell’inadeguatezza delle leggi
o del comportamento di singoli pm, giudici e giornalisti?
Entrambe le cose. C’è un problema che riguarda la
responsabilità e la deontologia, alle quali alcuni giornalisti e alcuni
magistrati vengono meno. Per quanto riguarda la magistratura in generale – il
pm, che secondo la Costituzione è un giudice e non l’avvocato dell’accusa – ha
assunto in questi anni un ruolo pubblico che va ben al di là delle proprie
funzioni. E ciò è andato a discapito delle garanzie della difesa.
Come si dovrebbero tutelare il diritto a un equo processo
e le garanzie della difesa?
Occorrerebbe almeno una forma di separazione delle carriere
fra magistratura giudicante e requirente, tutelando, con specifiche norme, i
togati dalle intereferenze dell’esecutivo. Non penso che sia un problema. Poi,
bisognerebbe attuare l’uguaglianza fra difesa e pm, equilibrando il ruolo del
magistrato requirente con quello della controparte difensiva. Da ultimo
bisognerebbe risolvere una volta per tutte il problema della nota debolezza del
Giudice per le indagini preliminari nei confronti del Pm.
Fonte: visto su TEMPI del 9 novembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento