di Mikkelj Tzoroddu
Sirai in una foto di Sardegnacultura
A distanza di poco più di un anno, eccoci tornare
sull’argomento che esacerbò fuori ogni misura, animi sia digiuni della
materia sia poco propensi a prendere in considerazione il nuovo che,
inesorabile, avanza.
Il 4 Giugno 2010, a Sant’Antioco, la libreria Cultura
Popular di Roberto Pintus, organizzò la presentazione del nostro secondo
libro (“I fenici non sono mai esistiti”),
al cospetto di oltre 120 persone. Alla presentazione fu invitato anche il
professore Piero Bartoloni, il
quale declinò l’invito.
Come avemmo a sottolineare nella premessa di tale saggio,
in vari momenti della ricerca, finalizzata alla sua stesura, avemmo la netta
sensazione che quasi tutti i soggetti, i cui testi furono oggetto d’analisi,
lanciassero dei messaggi criptati, provando ad interpretare i quali, era
chiaramente percepibile come essi sapessero benissimo che i Fenici non siano
mai esistiti. Ed, anche, avemmo sentore di come essi si stessero preparando a
dircelo di persona, ma facendo calare dall’alto della loro scranna tale
dichiarazione, quasi fosse la nuova verità rivelata, sulla quale vivacchiare
per molti altri decenni.
Fummo fin troppo facili profeti!
Il 24 Luglio 2010, alle ore 19,30, nell’aula consiliare
della stessa cittadina sulcitana, si tenne il Convegno “Sant'Antioco abbraccia il mare”. Ad esso partecipò il Bartoloni.
Per dimostrare come il concetto espresso nel libro abbia
già superato la fase di incubazione e stia positivamente agendo
nell’esprimersi del sapere locale, il coordinatore del convegno Paolo Balia, introdusse l’argomento
fenicio, proprio in questo modo: «Allora professore, i Fenici non sono
esistiti!». Il Bartoloni, con un sorriso (in apparenza) irridente il concetto
espresso nella domanda, iniziò una dotta elucubrazione sull’argomento. Tre
sono i punti salienti della sua lezione.
Primo - Egli
dice: «Le prime testimonianze
archeologiche che noi abbiamo a Sulky sono testimonianze archeologiche
(intendo dire, ovviamente, di persone che vengono dall’esterno) di età
micenea e di età filistea, quindi siamo intorno al 1400/1300/1200 a.C. I
primi navigatori orientali arrivano nella rada di Sulky, questo porto
meraviglioso [...] (in, ndr) una rada spettacolosa che favorisce giustamente
l’approccio [...] Perché arrivano a Sant’Antioco? Perché Sant’Antioco è
l’unico porto d’imbarco meridionale che si affaccia sul grande bacino
minerario del Sulcis-Iglesiente […] il porto di Sulky è una benedizione degli
dei per i navigatori di allora».
Bene, tutto sarebbe molto bello e pur anche romantico. Ma,
come ben sanno coloro che hanno letto il nostro primo libro (ne si veda il
grafico a pag. 93) e come, soprattutto, insegnano gli scienziati che si
occupano dello studio della morfologia terrestre e delle sue variazioni a
seguito dell’eustatismo, intorno al 1400-1200 a.C. il livello del mare
giaceva a circa m. 5 (diconsi cinque metri) al di sotto di quello odierno. In
tale epoca la linea di costa era posizionata, rispetto all’odierno
porticciolo, a circa km. 2,7 in direzione sud-est nel Golfo di Palmas ed a
circa km. 9 in direzione nord-ovest, distante km 1,5 da Punta sa Guardia de
sa Perda, vicino Matzaccara. Pertanto quella rada spettacolosa, essendo una
terra emersa, non poteva essere altro che una pianura ben coltivata.
Ma se il porto, come dice il Bartoloni, era
l’indispensabile tramite per un incontro fra Orientali e Sulky, venendo esso
a mancare, viene anche meno un qualsiasi arrivo di naviganti Fenici, perché
intorno al 1000 il livello del mare era ancora di circa quattro metri al
disotto di quello odierno (la linea di costa essendo arretrata di circa m.
300). Se ne deduce, a ragione, che almeno per Sulci, sia valido il paradigma:
i fenici non sono mai (arrivati ed) esistiti.
Secondo - Ciò
che preme qui sottolineare, risiede nell’essere ricorso, il docente
turritano, ad una frase (ripetuta tre volte) che getta nello sconforto le
fossili certezze sulla materia fenicia. Il titolare della cattedra di
Archeologia fenicio-punica all’Ateneo turritano, così ci stupisce: «I Fenici
arrivano in Sardegna alla spicciolata, arrivano in pochi, in poche
decine».
Ohibò!
Ma cosa ci viene detto! E da che pulpito! Equivale a dire
che non sono mai venuti! Ma allora le colonizzazioni cosa sono? Un parto di
pensieri corrotti?
Ci sovviene (perché calzante in modo chirurgico) giusto a
proposito della locuzione “alla spicciolata”, il modo in cui abbiamo definito
quei tali, nel paragrafo 3.2: «sconosciuti,
sporadici, impauriti, inadeguati, impreparati gruppi di “vu cumprà” raminghi
pel Mediterraneo».
Ma ben altro v’è da dire! Pur tuttavia ci limitiamo a
quanto segue.
Ora, se noi ricordassimo che le località spacciate per fenicie
sono proprio poche decine, ci troveremmo nella paradossale situazione di
dover annoverare un solo fondatore fenicio per ciascuna località.
Quindi un solo, unico protocolonizzatore, che vesta i
panni del fondatore e pur’anche quelli del colonizzatore fenicio, per
ciascuna località supposta essere fenicia, come Sulci, Monte Sirai, S.
Giorgio, Paniloriga, Bitia, Nora, ecc., ecc., ecc.
Ma, siccome accreditiamo il Bartoloni almeno della nostra
stessa lucidità e crediamo ch’egli non reputi i suoi Fenici degli
extraterrestri con dei portentosi poteri, reputiamo che il docente abbia
semplicemente inviato un messaggio per accelerare i tempi della nuova
verità. Quale infatti, il significato intimo della sua dichiarazione se non
che in Sardegna “i fenici non sono mai esistiti”? Il passo da “pochi” a zero
è relativamente breve (sia in termini di conteggio, che in termini di tempo)
e lo stesso Bartoloni od altri, fra non molto, lo dichiarerà. Questa volta in
modo esplicito.
Terzo - Udite e
deliziate il Vostro intelligere, amanti del magnificamente Nuovo, ma
soprattutto, ristrutturate il vostro rapporto adattivo in vista del ricreato
ambiente culturale.
L’esimio - e qui certo encomiabile - ricercatore non vuole
frapporre tempi di mezzo ad una sua ulteriore cattedratica, dissacrante
dichiarazione: infatti, noi vediamo come egli, nello stesso convegno, metta
in evidenza la correttezza del titolo del libro “I fenici non sono mai
esistiti”, stavolta per l’istallazione di Monte Sirai.
Infatti, per tale
insediamento, in relazione alle analisi sui resti umani rinvenuti nelle
tombe, egli dichiara:
« […] per
quanto riguarda le sepolture di Monte Sirai i risultati sono eclatanti,
perché naturalmente (si noti il contenuto significativo del vocabolo,
ndr), in tombe, che come correnti sono
fenicie, in realtà vi sono persone che dal DNA risultano probabilmente locali!».
La quale affermazione non è altro che il sigillo assoluto
di quanto riportammo su Sirai nel nostro libro (pp. 111-115). Come appurammo
in quella sede argomentando deduttivamente, a Sirai la modalità di
preparazione del sito per la edificazione della città, non poté essere opera
di una professionalità fenicia. D’altro canto, ivi si rammenta come il
Bartoloni sostenesse, da anni, che lo stesso centro abitato «ben poco ha di
fenicio».
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I FENICI NON SONO MAI
ESISTITI
Mikkelj Tzoroddu
Zoroddu , 2010
ISBN 978-88-903561-1-7
Formato cm 15.00 x 21.00
Pagine 128
€ 15.00
Disponibile presso:
Libreria Cultura Popular, Via Nazionale 157, Sant’Antioco
(CI)
Messaggerie Sarde, Piazza Castello 11, Sassari
Cartomedia Cartolibreria, Via Enrico Matteri 32-34,
Oristano
Gialus, S.S. 129 km 61,100, Orotelli (NU)
Cartolibreria Lythos, Via Alessandro Manzoni 63/a, Alghero
(SS)
presso l’editore
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La quasi sempre tediosa congerie di concetti, espressi negli
scritti che riguardano l’argomento “fenicio”, uniti alla inammissibile pretesa
di dichiarare una presenza di “fenici” in Sardegna, ha indirizzato i nostri
studi ad analizzare con crudezza le fossili opinioni dei più.
Nell’ambito più generale della contemplazione, di cui sono
stati oggetto “i fenici”, abbiamo trovato delle macroscopiche falle sulla
pretesa di fare di essi un popolo, unita ad una cronica incapacità
nell’individuarli quali soggetti storici, oltre una dichiarata impotenza a
trovare una loro regione di appartenenza. Certo anche con l’ausilio d’una
decina di autori che gridano solitari nel deserto.
In relazione allo specifico ambito riguardante la Sardegna,
coloro che se ne occupano, nulla conoscono delle sue vicende preistoriche,
nelle quali i suoi Abitatori espressero una dominanza culturale, tecnologica ed
imprenditoriale sul Mediterraneo: tali impreparati pensatori, solo concentrati
sui loro piccoli cocci, pretenderebbero fare schiavi quei dominatori, di
impreparati, impauriti e sparuti gruppi di “vu cumprà” raminghi per il
Mediterraneo. Ossessionati dalla lettura feniciomane dei dati, mentre ne
percepiscono una sola parte, forniscono erronee interpretazioni che sono anche
costretti a rimangiarsi.
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