sabato 30 novembre 2013

ECCO COME NEL 2011 UE E FMI FECERO FUORI BERLUSCONI







Quando giorni fa, nel suo lungo intervento davanti ai giovani di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha affermato di essere stato una spina nel fianco di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy molti hanno storto il naso. “E’ la solita boutade elettorale di un uomo disperato che prova a raccogliere consensi, gettandosi sulla demagogia antieuropeista”,  hanno pensato. Eppure, stavolta, sembra non essere così. E ci sono diversi elementi che lo confermano.

Molti, infatti, sono i personaggi che negli ultimi mesi, seppur indirettamente, hanno “aiutato“ Berlusconi, smontando la favola della mancanza di credibilità internazionale  del suo ultimo governo e del presunto rischio default corso dall’Italia nel novembre 2011.

Primo fra tutti Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea. Per capire chi è davvero l’economista fiorentino, è sufficiente ricordare che, nel giugno 2011, il governo Berlusconi dovette chiedergli pubblicamente le dimissioni dal board della Bce.

Subito dopo la nomina di Mario Draghi a presidente della Banca centrale europea, al posto di Jean-Claude Trichet, i membri di nazionalità italiana erano saliti a due (su un totale di sei), mentre la Francia non aveva più alcun rappresentante. S’innescò così un braccio di ferro tra il governo e Bini Smaghi, che di dimettersi non voleva saperne. La querelle durò diversi mesi, fino a quando il 10 novembre 2011, due giorni dopo le dimissioni del governo Berlusconi IV, Bini Smaghi lasciò il suo incarico per consentire la nomina di un rappresentante francese.

Nel suo libro “Morire d’austerità”, Bini Smaghi, convinto sostenitore dell’Euro e dell’Europa (dettaglio che va precisato, affinché nessuno pensi che si tratti degli improbabili vaneggiamenti di un fanatico antieuropeista) scrive chiaramente che Berlusconi, così come l’ex presidente greco George Papandreou, pagò caramente la sua posizione sempre meno favorevole alla moneta unica. “Non è un caso – scrive Bini Smaghi – che le dimissioni del primo ministro greco Papandreou siano avvenute pochi giorni dopo il suo annuncio di tenere un referendum sull’euro, ipotesi rigettata dagli altri paesi, e che quelle del presidente del Consiglio Italiano Berlusconi siano anch’esse avvenute dopo che l’ipotesi di uscita dall’euro era stata ventilata in colloqui privati con i governi degli altri paesi dell’euro“. Un passaggio piuttosto chiaro, che lascia pochi dubbi all’immaginazione.

E che viene in qualche modo confermato dalle rivelazioni del giornalista italiano Fabrizio Goria. Nel luglio 2013, in un articolo intitolato “Italy on the brink: the hidden story of the 2011 near collapse and analogies with today”, pubblicato sul sito della London School Economy and Political Science, Goria ha scritto che nell’ottobre 2011, poco prima delle dimissioni del governo guidato da Silvio Berlusconi, José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, comunicò all’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni l’intenzione di “staccare la spina” al suo governo.

Barroso avrebbe detto a Maroni che Berlusconi sarebbe stato “attaccato da tutti i fronti, da ogni politico europeo” pur di portare a termine questo obiettivo. “Il delitto perfetto si è consumato al G20 di Cannes”, ha scritto Goria. “Dapprima con le risatine fra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy sulla credibilità del governo in carica”. Poi con le dichiarazioni rilasciate da Barroso, dove il presidente della Commissione Europea affermava che l’Italia aveva deciso “di sua iniziativa di chiedere al Fondo monetario internazionale di monitorare i suoi impegni”. A chiudere il cerchio ci pensò Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, che disse:”L’Italia ha invitato il Fmi a verificare ogni trimestre, in collegamento con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, l’attuazione delle misure”.

Qualche giorno fa Hans-Werner Sinn, presidente dell’istituto di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico “Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013″ organizzato a Berlino dal quotidiano “Sueddeutsche Zeitung”, ha rivelato che Berlusconi aveva avviato in sede europea le trattative per uscire dalla moneta unica.

“Sappiamo che, nell’autunno 2011, l’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avviato trattative per far uscire l’Italia dall’Euro”, ha detto Sinn, la cui figura per importanza e strategicità è paragonabile a quella del presidente dell’Istat. Ed è proprio in quel periodo che l’ultimo governo guidato da Berlusconi iniziò a vacillare. Le defezioni dalla maggioranza si fecero sempre più frequenti e improvvise, lo spread iniziò a salire sempre di più, i giornali e l’opinione pubblica effettuarono una tale pressione che il governo fu costretto alle dimissioni, aprendo la strada alle politiche austere dell’ex commissario europeo, Mario Monti.

Ad arricchire la vicenda, circa la “fastidiosa” presenza di Berlusconi ai vertici del governo italiano, ci ha pensato anche l’ex premier spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero, un socialista che con Berlusconi ha poco a che vedere. Lunedì scorso a Madrid, Zapatero ha presentato il suo libro “Il dilemma, 600 giorni di vertigini”, dove racconta con dovizia di particolari “la peggiore crisi economica vissuta dalla Spagna dalla metà del novecento”.

Zapatero ha ripercorso l’ultimo anno e mezzo del suo secondo mandato per giustificare alcune scelte difficili e ammettere gli errori commessi, rivelando alcuni retroscena inediti sulle pressioni ricevute nel 2011 dalla Germania al fine di accettare pesanti aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale in cambio della cessione di una quota di sovranità. “Furono tre i tentativi di Angela Merkel per indurmi ad accettare gli aiuti”, ha spiegato Zapatero nella conferenza stampa di presentazione del libro. “Il più pressante dei tre si verificò nel novembre 2011, al vertice del G20 di Cannes, in piena crisi del debito sovrano, perchè accettassimo aiuti per 50 miliardi alla Spagna e per 85 miliardi all’Italia”.

E ha ricordato “tutta la pressione esercitata sull’Italia” in una storica cena del 3 novembre, alla presenza dei capi di Stato e di governo di Germania, Francia, Italia e Spagna, del presidente della Commissione Europea, Jose’ Manuel Barroso, del presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, della direttrice del Fmi Christine Lagarde e del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

“Ricordo – ha detto Zapatero – un clima molto critico nei confronti dell’Italia, ma la resistenza esercitata dal governo italiano fu da autentico catenaccio. Mi è rimasta impressa una frase che il ministro dell’economia Giulio Tremonti, ripeteva nei corridoi: ‘Conosco migliori forme di suicidio che chiedere aiuti’”. Alla fine si giunse a un compromesso, con la supervisione del Fmi sugli impegni di riforme assunte dall’Italia con l’Unione Europea. “La cosa certa – ha aggiunto – è che da lì a poco, ci sarebbero stati effetti trascendentali sul governo italiano, con le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’incarico al nuovo esecutivo tecnico presieduto da Mario Monti”. Un caso?

Fonte: visto su QELSI QUOTIDIANO del 30 novembre 2013

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