Di Eugenio
Cipolla,
Quando giorni fa, nel suo lungo intervento davanti ai
giovani di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha affermato di essere stato una
spina nel fianco di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy molti hanno storto il naso.
“E’ la solita boutade elettorale di un uomo disperato che prova a raccogliere
consensi, gettandosi sulla demagogia antieuropeista”, hanno pensato. Eppure, stavolta, sembra non
essere così. E ci sono diversi elementi che lo confermano.
Molti, infatti, sono i personaggi che negli ultimi mesi,
seppur indirettamente, hanno “aiutato“ Berlusconi, smontando la favola della
mancanza di credibilità internazionale del suo ultimo governo e del presunto rischio
default corso dall’Italia nel novembre 2011.
Primo fra tutti Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del Comitato
esecutivo della Banca centrale europea. Per capire chi è davvero l’economista
fiorentino, è sufficiente ricordare che, nel giugno 2011, il governo Berlusconi
dovette chiedergli pubblicamente le dimissioni dal board della Bce.
Subito dopo la nomina di Mario Draghi a presidente della
Banca centrale europea, al posto di Jean-Claude Trichet, i membri di
nazionalità italiana erano saliti a due (su un totale di sei), mentre la
Francia non aveva più alcun rappresentante. S’innescò così un braccio di ferro
tra il governo e Bini Smaghi, che di dimettersi non voleva saperne. La querelle
durò diversi mesi, fino a quando il 10 novembre 2011, due giorni dopo le
dimissioni del governo Berlusconi IV, Bini Smaghi lasciò il suo incarico per
consentire la nomina di un rappresentante francese.
Nel suo libro “Morire d’austerità”, Bini Smaghi, convinto
sostenitore dell’Euro e dell’Europa (dettaglio che va precisato, affinché
nessuno pensi che si tratti degli improbabili vaneggiamenti di un fanatico
antieuropeista) scrive chiaramente che Berlusconi, così come l’ex presidente
greco George Papandreou, pagò caramente la sua posizione sempre meno favorevole
alla moneta unica. “Non è un caso – scrive Bini Smaghi – che le dimissioni del
primo ministro greco Papandreou siano avvenute pochi giorni dopo il suo
annuncio di tenere un referendum sull’euro, ipotesi rigettata dagli altri
paesi, e che quelle del presidente del Consiglio Italiano Berlusconi siano
anch’esse avvenute dopo che l’ipotesi di uscita dall’euro era stata ventilata
in colloqui privati con i governi degli altri paesi dell’euro“. Un passaggio
piuttosto chiaro, che lascia pochi dubbi all’immaginazione.
E che viene in qualche modo confermato dalle rivelazioni del
giornalista italiano Fabrizio Goria. Nel luglio 2013, in un articolo intitolato
“Italy on the brink: the hidden story of the 2011 near collapse and analogies
with today”, pubblicato sul sito della London School Economy and Political
Science, Goria ha scritto che nell’ottobre 2011, poco prima delle dimissioni
del governo guidato da Silvio Berlusconi, José Manuel Barroso, presidente della
Commissione europea, comunicò all’allora Ministro dell’Interno Roberto Maroni
l’intenzione di “staccare la spina” al suo governo.
Barroso avrebbe detto a Maroni che Berlusconi sarebbe stato
“attaccato da tutti i fronti, da ogni politico europeo” pur di portare a
termine questo obiettivo. “Il delitto perfetto si è consumato al G20 di
Cannes”, ha scritto Goria. “Dapprima con le risatine fra Angela Merkel e
Nicolas Sarkozy sulla credibilità del governo in carica”. Poi con le
dichiarazioni rilasciate da Barroso, dove il presidente della Commissione
Europea affermava che l’Italia aveva deciso “di sua iniziativa di chiedere al
Fondo monetario internazionale di monitorare i suoi impegni”. A chiudere il
cerchio ci pensò Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, che
disse:”L’Italia ha invitato il Fmi a verificare ogni trimestre, in collegamento
con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, l’attuazione delle misure”.
Qualche giorno fa Hans-Werner Sinn, presidente dell’istituto
di ricerca congiunturale tedesco, Ifo-Institut, durante il convegno economico
“Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013″ organizzato a Berlino dal quotidiano
“Sueddeutsche Zeitung”, ha rivelato che Berlusconi aveva avviato in sede
europea le trattative per uscire dalla moneta unica.
“Sappiamo che, nell’autunno 2011, l’allora presidente del
Consiglio, Silvio Berlusconi, ha avviato trattative per far uscire l’Italia
dall’Euro”, ha detto Sinn, la cui figura per importanza e strategicità è
paragonabile a quella del presidente dell’Istat. Ed è proprio in quel periodo
che l’ultimo governo guidato da Berlusconi iniziò a vacillare. Le defezioni
dalla maggioranza si fecero sempre più frequenti e improvvise, lo spread iniziò
a salire sempre di più, i giornali e l’opinione pubblica effettuarono una tale
pressione che il governo fu costretto alle dimissioni, aprendo la strada alle
politiche austere dell’ex commissario europeo, Mario Monti.
Ad arricchire la vicenda, circa la “fastidiosa” presenza di
Berlusconi ai vertici del governo italiano, ci ha pensato anche l’ex premier
spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero, un socialista che con Berlusconi ha poco
a che vedere. Lunedì scorso a Madrid, Zapatero ha presentato il suo libro “Il
dilemma, 600 giorni di vertigini”, dove racconta con dovizia di particolari “la
peggiore crisi economica vissuta dalla Spagna dalla metà del novecento”.
Zapatero ha ripercorso l’ultimo anno e mezzo del suo secondo
mandato per giustificare alcune scelte difficili e ammettere gli errori
commessi, rivelando alcuni retroscena inediti sulle pressioni ricevute nel 2011
dalla Germania al fine di accettare pesanti aiuti da parte del Fondo Monetario
Internazionale in cambio della cessione di una quota di sovranità. “Furono tre
i tentativi di Angela Merkel per indurmi ad accettare gli aiuti”, ha spiegato
Zapatero nella conferenza stampa di presentazione del libro. “Il più pressante
dei tre si verificò nel novembre 2011, al vertice del G20 di Cannes, in piena
crisi del debito sovrano, perchè accettassimo aiuti per 50 miliardi alla Spagna
e per 85 miliardi all’Italia”.
E ha ricordato “tutta la pressione esercitata sull’Italia”
in una storica cena del 3 novembre, alla presenza dei capi di Stato e di
governo di Germania, Francia, Italia e Spagna, del presidente della Commissione
Europea, Jose’ Manuel Barroso, del presidente del Consiglio europeo, Herman Van
Rompuy, della direttrice del Fmi Christine Lagarde e del presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama.
“Ricordo – ha detto Zapatero – un clima molto critico nei
confronti dell’Italia, ma la resistenza esercitata dal governo italiano fu da
autentico catenaccio. Mi è rimasta impressa una frase che il ministro
dell’economia Giulio Tremonti, ripeteva nei corridoi: ‘Conosco migliori forme
di suicidio che chiedere aiuti’”. Alla fine si giunse a un compromesso, con la
supervisione del Fmi sugli impegni di riforme assunte dall’Italia con l’Unione
Europea. “La cosa certa – ha aggiunto – è che da lì a poco, ci sarebbero stati
effetti trascendentali sul governo italiano, con le dimissioni di Silvio
Berlusconi e l’incarico al nuovo esecutivo tecnico presieduto da Mario Monti”.
Un caso?
Fonte: visto su QELSI QUOTIDIANO del 30 novembre 2013
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