«Italy is going the
right way», dice l’umorista Obama al fido Enrico Letta. Solo che la “giusta
via” ricorda la macellazione per dissanguamento: morte lenta.
Così funziona la politica economica italiana,
da qualche decennio al servizio di interessi stranieri: il trucco, sostiene
Marco Della Luna, sta nello svuotare il paese di tutta la sua linfa, ma
lentamente, in modo che non “muoia” e che non soffra troppo, perché potrebbe
ribellarsi. All’avvio dell’euro, è bastato qualche anno di bassi tassi per la finanza pubblica, per gonfiare
fabbisogno strutturale e debito. «Poi, di colpo, austerità e tassi alti
(spread), per creare l’emergenza, imporre il presidenzialismo de facto e la
“sospensione della democrazia”
a tempo indeterminato». Ma già con la riforma monetaria del 1981-83 poi col
Trattato di Maastricht, era stata scardinata la Costituzione: sovranità
nazionale e primato del lavoro. «Fatto questo, tutto il resto è stato in
discesa»: svuotare il paese di industrie pregiate, capitali e cervelli, in
favore della finanza
apolide e del suo feudatario-kapò europeo, la Germania.
Si è tutto tragicamente avverato: lo dicono Pil,
occupazione, flussi di capitale, investimenti, quote di mercato internazionale,
qualità della scuola, prospettive per i giovani e per i pensionati. Una manovra
che viene da lontano: blocco dei cambi, divieto di protezioni doganali,
privatizzazione della gestione delle banche centrali, politiche di tagli e nuove tasse. «Queste
mosse hanno prodotto e continuano a produrre esattamente i risultati opposti a
quelli promessi e per cui erano stati imposti», scrive Della Luna nel suo blog.
Ed è un declino “irreversibile”: «Il che dimostra che il vero fine per cui
sono stati concepiti e imposti è molto diverso da quello dichiarato,
probabilmente opposto, ossia di creare disperazione, paura, miseria,
distruzione, la fine delle democrazie parlamentari, della responsabilità dei
governanti verso i governati, della possibilità di un’opposizione e persino di
un dissenso culturale, scientifico, giuridico».
Lo stesso Fmi ha riconosciuto che, su 167 paesi colpiti da
misure di “risanamento” e rigore, nessuno si è risanato né rilanciato, ma tutti
sono peggiorati, soprattutto in quanto a Pil e debito pubblico. «I paesi che crescono sono quelli che non
applicano questa ricetta e che mantengono il dominio della loro propria moneta:
i Brics. La Russia ha superato l’Italia in fatto di Pil e ora l’Italia è nona,
fuori dal G8». Già lo si era visto col primo aumento dell’Iva, quello di
Monti, aumentata dal 20 al 21%: consumi scoraggiati, crollo della domanda,
ulteriore recessione. Con Letta, obbligato a non sforare il tetto europeo del
3% per il deficit, l’Iva è al 22%. Risultato? Scontato: depressione. Che poi,
per Della Luna, è esattamente l’obiettivo voluto, come già per Monti. Tutto a
va a rotoli? Non è certo un caso: «I
vent’anni di stagnazione, declino, delocalizzazioni ed emigrazioni, senza
capacità di recupero, di questo paese, nonostante i diversi cambi di
maggioranze parlamentari e di inquilini del Quirinale, sono un aspetto di questo
processo di lungo termine. Vent’anni inaugurati dal Britannia Party e da Mani
Pulite».
A questo, continua Della Luna, sono serviti l’architettura
dell’Ue, del mercato comune, dei parametri di convergenza, e soprattutto di
quel sistema di blocco dei naturali aggiustamenti dei cambi monetari noto come
“euro”. «A questo piano hanno lavorato
molti governi e gli ultimi capi dello Stato: ne ho parlato ampiamente nei miei
ultimi tre saggi, “Cimit€uro”, “Traditori al governo”, e “I signori della
catastrofe”», pubblicati da Arianna-Macro Edizioni. E chi ha collaborato al
piano di liquidazione dell’Italia «non
ha mai avuto problemi giudiziari e, se ne aveva, gli sono stati risolti».
Grande svendita del paese, a bordo del famoso panfilo inglese. Fine
dell’Italia, altro che Ruby o diritti Mediaset. L’attuale governante Letta? Un
continuatore: la sua finanziaria 2014 è pura «policy del dissanguamento lento e pacifico in favore dei paesi e dei
capitali dominanti», e si basa sui due pilastri della politica italiana degli
ultimi decenni: mantenere l’Italia sottomessa alla super-casta mondiale
dell’élite finanziaria e, necessariamente, continuare a foraggiare la
mini-casta nazionale incaricata di portare a termine la missione, agli ordini
dell’euro-regime.
«Una sorta di patto:
tu, casta italiana, aiutaci a estrarre tutto quello che c’è di buono per noi in
Italia, e ad annientare la capacità italiana di competere con noi sui mercati;
in cambio, noi ti lasceremo continuare a mangiare come sei abituata sulle
spalle della cosa pubblica, dei lavoratori, dei risparmiatori – ma non troppo
voracemente, altrimenti il paese collassa o insorge, vanificando l’esecuzione
del piano». Naturalmente l’operazione «deve apparire all’opinione pubblica
come perfettamente legittima e democratica», meglio quindi se al governo ci sono
larghe intese. Parliamoci chiaro: «Che
cosa può mai fare, per rilanciare un paese, un governo che non può permettersi,
nemmeno per fronteggiare una tragedia nazionale, di ridurre gli sprechi e le
mangerie di una partitocrazia-burocrazia ladra e incapace quanto trasversale?».
E’ una casta incompetente ma «selezionata,
da decenni, solo per intercettare le risorse pubbliche». Non ci saranno
svolte, ma solo promesse.
Poi, continua Della Luna, l’Italia è invecchiata,
tecnologicamente arretrata, sorpassata per le infrastrutture e in più
sovra-indebitata, vessata da maxi-interessi. E infine devastata dalla
disoccupazione. Il paese vacilla: «Non vi
sono abbastanza giovani lavoratori per pagare le pensioni e le cure dei vecchi».
Succede tutto questo perché l’Italia «è
sottomessa a potenze straniere che la condizionano e la limitano». Lo
profetizzò quarant’anni fa l’economista Nikolas
Kaldor: bloccando i cambi e introducendo l’unione monetaria europea,
sarebbe ulteriormente aumentato il vantaggio competitivo dei più forti, che
avrebbero assorbito industrie, capitali e lavoratori dai paesi più fragili.
Vent’anni fa ribadivano questa previsione economisti come Paul Krugman e Wynne Godley.
Quindi, «tutti quelli che hanno
architettato l’euro sapevano benissimo su che scogli era diretta la nave: il
loro scopo era appunto quello di farla naufragare».
Le previsioni continuano ad avverarsi in modo sempre più
violento da almeno sette anni, ma non è stato introdotto alcun correttivo; al
contrario, sono state inasprite le misure di squilibrio e sopraffazione. E chi
ha osato anche solo accennare a un referendum sull’euro – Berlusconi, Papandreou – è
stato «sostituito dalla Merkel», che ha imposto governi compiacenti (Monti,
Letta) patrocinati dal Quirinale. Mentre in Gran Bretagna si fa largo l’Ukip di
Nigel Farage e in Francia il Front National di Marine Le Pen, due formazioni
fieramente all’opposizione di Bruxelles, «l’Italia
si trova nella condizione di protettorato», quasi fosse tornata alla
debolezza strutturale pre-unitaria, di entità politica «messa insieme artificialmente, per volontà straniera,
mediante conquiste militari».
Napolitano? «Si
conferma un realista e un saggio disincantato». Inutile opporsi allo
strapotere di forze soverchianti: «Poiché
gli italiani sono in questa condizione, bisogna farli obbedire e agire anche
contro il loro interesse, onde risparmiare loro un male peggiore». La
consapevolezza? «Renderebbe la gente solo
più infelice e inquieta» e anche «più esposta alle violenze repressive» se
osasse ribellarsi. Come dice Obama, fiduciario del Washington Consensus e dei
suoi super-banchieri, quella dell’Italia è proprio la “right way”.
Fonte: visto su LIBRE del
2 novembre 2013
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