Il pentito Mutolo parla della trattativa, di Napolitano,
di Paolo Borsellino e dei contatti che Silvio Berlusconi ebbe con Cosa Nostra.
La trattativa tra Stato e mafia è innegabile. Questa
l’opinione di Gaspare Mutolo, il pentito che fu braccio destro di
Totò Riina.
Intervistato da “La Zanzara”, su radio 24, l’uomo offre la
sua ricostruzione di quegli anni, soffermandosi anche sulla citazione come
teste del presidente Napolitano, nell’ambito del processo
palermitano che dovrebbe far luce sui patti che intercorsero tra istituzioni e
criminalità organizzata. “La trattativa fra Stato e mafia esiste da sempre, c’è
stata di sicuro”, ha spiegato Mutolo. “Il presidente Napolitano, detto con grande
rispetto, si è voluto immischiare nei processi,vuole coprire qualcosa che
non era giusto e nascondere la verità“. Poi conferma le ipotesi che in
molti hanno tentato di abbattere, sulla strage di via D’Amelio, ovvero che “Paolo
Borsellino fu ucciso perché era contrario alla trattativa, al cento
per cento.” Di fatto, Mutolo ammette che vi fu un’accelerazione, con l’eccidio
del giudice, dopo la strage di Capaci: bisognava fermare chi ostacolava gli
interessi istituzionali e mafiosi, quelli dei criminali e dei politici collusi.
Proprio sui politici collusi, il collaboratore
di giustizia, non appare affatto clemente: secondo lui dovrebbero “subire le
stesse sorti del mafiosi, anzi peggio. Peggio del 41 bis, dovrebbero
essere castrati”. “La vera mafia è a Roma”, aggiunge, “Invece i
trattamenti sono diversi”.
Mutolo si concentra persino sulla figura dell’ex premier: ““Ho
avuto delle esperienze personali con il personaggio Berlusconi“, ricorda.
Specifica che non era legato “in senso stretto” alla mafia, “ma aveva
contatti con qualche mafioso, come attestano delle sentenze.” D’altra
parte, prosegue, “è difficile per certe persone non avere rapporti con la
mafia”.
“Nel ‘74″, ricostruisce, “mi trovavo a Milano con altri personaggi
perché dovevo fare un sequestro di persona. Dopo ci fu un richiamo per tutti e
non si parlò più di sequestrare Berlusconi. Poi arrivò ad Arcore lo stalliere
siciliano Vittorio Mangano…”. E anche Dell’Utri “aveva molti
contatti coi mafiosi”: “E’ una cosa risaputa, un dato di fatto”, chiosa Mutolo,
che fornisce anche la propria opinione in merito il ritorno di Forza Italia,
rivelandosi scettico: “I tempi non sono quelli del ‘93 e del ‘94″, osserva. A
quel tempo Berlusconi “fece il pieno perché c’era la mafia, che ha aiutato
Forza Italia.”
“Questo è sicuro”, ribadisce, “ho sentito a riguardo molte
intercettazioni del ‘93.Tutta la Sicilia mafiosa era per Forza Italia, tutte
le organizzazioni mafiose hanno votato Berlusconi, perché i mafiosi si
sentivano traditi dalla Dc mentre i comunisti erano contro”.
“Oggi la mafia non è più quella di vent’anni fa”,
spiega ancora Mutolo. “Sono quasi tutti in galera, anche se di amici
dei mafiosi oggi in Parlamento ce ne sono ancora tanti. Meno di prima ma
ancora tanti. Lo posso dire al cento per cento.” E dove sono? “Più a destra
che a sinistra”. D’altra parte, “se ogni tanto si sente l’urlo di Riina,
come quello di un coniglio in gabbia, è perché si è sentito tradito dalle
promesse che gli hanno fatto allora”.
L’intervista si sposta poi sulla sua persona: “Vivo ancora
sotto protezione e lo Stato mi dà 1200 euro al mese”, ammette. “Non
dico che sono pochi, ma per quello che ho fatto merito questo ed altro. Sono
uno dei pochissimi collaboratori che ha detto tutto e a cui lo Stato non ha mai
rimproverato nulla. Però mi ha confiscato tutto. Devo pagare tutto dalla a alla
zeta, non ho parenti. Dipingo e vendo qualche quadro, non mi posso lamentare”.
Riguardo alle proprie preferenze politiche, spiega che gli
“piacerebbe tornare a votare”. Un tempo si ritrovava nei Radicali, perché
Pannella “aiutava i disagiati ed era contro alcune leggi”. Ora, però, voterebbe
per un partito di sinistra: “Mi piace particolarmente Matteo Renzi”,
conclude.
Fonte: Articolotre.com
Fonte: visto su SIAMO LA GENTE del 27 novembre 2013
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