MASSIMO FINI:”L’EUROPA E’ UN SISTEMA TOTALITARIO DESTINATO A COLLASSARE. ALL’ITALIA ED ALL’EUROPA SERVIREBBE MAGGIORMENTE UN ALLEANZA CON LA RUSSIA, PER CONTROBATTERE L’EGEMONIA USA”
Intervista allo scrittore e giornalista Massimo Fini, che
spara a zero contro Bruxelles e “promuove” l’alleanza con la Russia: «Sono loro
i nostri partner naturali, non gli Usa»
«Se io fossi un abitante di un Paese ancora fuori dalla
“zona euro” e mi chiedessero di votare sì o no per entrarvi, voterei
sicuramente no». Massimo Fini, giornalista e scrittore da sempre
controcorrente, assiste al dibattito che ormai sta diventando centrale negli
stati europei sulla continuazione dell’attuale sistema monetario continentale o
sulla sua rivisitazione (o addirittura abolizione) e ne ha già chiaro l’esito
finale: «Il sistema occidentale è diventato un totalitarismo – dichiara Fini a
la Padania – e come tutti i totalitarismi è destinato a collassare su se
stesso». In questa intervista il giornalista parla anche dell’importante visita
di Vladimir Putin in Italia, vedendo la Russia come «alleato naturale» non solo
per noi, ma per tutta l’Europa.
Dopo sette anni il Presidente russo Vladimir Putin è
tornato in Italia in veste ufficiale. Che importanza dare alle relazioni con la
Russia?
«Il ritorno di Putin nel nostro Paese riveste un’importanza
che va oltre i nostri confini. È evidente che oggi per l’Europa l’alleato più
naturale è proprio la Russia e non più gli Stati Uniti d’America. Avrebbe
dovuto essere così fin dal 1989, dal crollo del Muro di Berlino e la fine del
comunismo nell’Est. Oggi i nostri interessi, non solo economici, ma anche
culturali, ci avvicinano a Mosca più che a Washington. Anche perché
economicamente parlando gli Usa sono i nostri principali “competitor” e
peraltro in maniera sleale: a differenza di noi europei, in America stampano
moneta come gli pare, mentre noi siamo soffocati da una crisi senza precedenti.
Sul versante culturale basta nominare personaggi come Dostoevsky, Gogol,
Tolstoj, ovvero sommi esponenti della letteratura russa che da noi sono sempre
stati amati e letti, e ricordare che, prima dell’avvento dell’Unione sovietica,
ai tempi degli Zar, l’aristocrazia russa parlava il francese. E potrei fare
tanti altri esempi in altri campi, per dimostrare la vicinanza culturale tra
noi e loro».
Nonostante la Russia non sia più comunista e a Mosca non
ci sia più alcun sistema dittatoriale, in Europa e negli Usa si guarda con
sospetto e in alcuni casi anche con avversione alla politica intrapresa negli
ultimi anni dal governo russo. Si sprecano, anche da noi, articoli e servizi in
cui si denunciano le prese di posizione di Putin sui dissidenti interni, sulla
propaganda di comportamenti omosessuali (vietati per legge se rivolti ai
minorenni), sulla volontà russa di ricostruire un’unione geopolitica con i
Paesi un tempo facenti parte della vecchia Urss, in primis l’Ucraina. Si tratta
solo di una azione di propaganda da parte di chi vede l’avanzata della Russia
in campo economico, militare e energetico come un pericolo per gli equilibri
sedimentatisi da decenni, oppure qualcosa che non va in Russia esiste davvero,
secondo lei?
«Per me l’alleanza con la Russia è sicuramente necessaria,
anche perché a Mosca hanno forte relazioni con Paesi che interessano
anche a noi. Penso all’Iran, ad esempio, un Paese per cui l’Italia è il secondo
partner commerciale europeo. Avanti con le relazioni con la Russia, quindi,
anche se dovremo ingoiare il rospo del genocidio ceceno. Questo della Cecenia è
a mio avviso la vera questione che esiste e che pesa veramente in questo
rapporto con i russi».
Ma la Cecenia per la Russia non equivale al Kosovo per la
Serbia?
«No, sono due cose molto diverse. A differenza del Kosovo,
regione storicamente serba e diventato in pochissimo tempo a maggioranza
albanese e musulmana grazie ad una immigrazione di massa spaventosa e favorita
da ben determinati interessi internazionali, la Cecenia una sua identità
storica ce l’ha. E si può a ragione parlare di genocidio ceceno se pensiamo che
sono stati sterminati 250mila abitanti su un milione del totale».
Putin si è recato anche dal papa. Tra i due la sintonia è
scoccata sulla questione siriana a settembre, ma altre tematiche sono
state la difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e
l’intervento per salvaguardare la sopravvivenza dei cristiani in altre località
del mondo, oggi perseguitati. Che ne pensa?
«Sulla difesa di certi valori tradizionali, io credo che
l’Europa debba fare da sola, senza dover attendere Putin o chissà chi altro. Va
notato sicuramente che il presidente russo ha più volta rimarcato la necessità
di difendere valori tradizionali come la famiglia, ma certo non è bello che in
Russia si possa finire in galera se si è omosessuali. Sull’adozione dei bambini
alle coppie omosessuali si può invece certamente discutere, in quanto di mezzo
c’è un’altra persona, ovvero il bambino adottato. Sui cristiani perseguitati in
altri Paesi bisogna invece sottolineare l’errore dell’Occidente che si va ad
impicciare degli affari altrui , anche gettando bombe e inviando truppe
militari, e così accade che oggi dall’Egitto all’Irak i cristiani subiscano una
sorta di reazione, non per colpa loro».
Nel nostro continente in grande crisi, stanno
stringendosi i rapporti tra quelle forze politiche che criticano l’euro e
l’autocrazia di Bruxelles. La Lega ha invitato i leader di questi movimenti al
suo congresso di dicembre. Qual è la sua opinione sull’Europa?
«Lo scrivo da tempo nei miei libri: l’Europa dopo la guerra
è rinata male, avrebbe dovuto essere innanzitutto una struttura politica per
poi dopo dotarsi di una politica economica. Gente del calibro di un Adenauer e
di un De Gasperi queste cose naturalmente le avevano ben capite. Ma gli Stati
Uniti hanno impedito la nascita di un’Europa politica, avendo ben altri
interessi. Io vedo l’Europa come unita, neutrale, armata, nucleare e
autarchica, dove la parola chiave è proprio quest’ultima: autarchica. Così
strutturata, l’Europa avrebbe potuto sviluppare l’idea della Lega delle
origini, quella delle “piccole patrie”, delle macroregioni del duo Bossi-Miglio
che avevano visto lontano».
La crisi degli stati nazionali di derivazione
ottocentesca sarebbe quindi stata superata dalla creazione di nuove aree
macroregionali europee?
«Sì, ma, ripeto, ci doveva essere un’Europa politicamente
forte. Oggi invece non abbiamo un’Europa politica, ma solo economica e
monetaria e per difenderci dalla crisi globale servono agglomerati piuttosto
grossi. I piccoli stati da soli non possono sopravvivere. Personalmente io
propenderei per la nascita di “piccole Corsiche” un po’ ovunque sul nostro
continente, ma bisogna essere realisti. Dopo però aver riconosciuto la bontà
delle idee della Lega primigenia, mi lasci fare una critica».
Quale?
«Non capisco l’ostilità leghista verso la Germania, visto
che la Padania è di chi ci vive e di chi ci lavora e i padani sono gente
abituata a “ruscare” (lavorare) duramente, proprio come i tedeschi. I padani
dovrebbero sentirsi affini ai tedeschi, non ostili».
Le critiche non riguardano certo i tedeschi che lavorano,
ma piuttosto le politiche monetarie di una Germania che utilizza la sua forza
influenzando le decisioni della Bce nei confronti degli altri partner europei…
«La colpa di questa situazione non è della Germania che fa i
suoi interessi, ma dell’Unione europea che ha voluto allargare a
dismisura la partecipazione all’unione monetaria anche di paesi che non erano
in grado di confrontarsi con quelli tradizionalmente più ricchi ed operosi. E
anche alcuni Paesi che stavano bene, come la Norvegia, ad esempio, ha preferito
non entrare nell’euro e ha fatto un’ottima scelta».
Dovrebbero informare meglio gli oppositori ucraini che si
stanno scontrando a Kiev con la polizia per le decisione del loro governo di
sospendere gli accordi con l’Ue e guardare invece alla Russia, quindi?
«Certamente. Se io fossi un ucraino sarei contentissimo di
non entrare in una simile Europa e tantomeno di perdere la mia sovranità
monetaria a vantaggio dell’euro. Siamo in un sistema totalitario, quello
economico occidentale, che come tutti i sistemi totalitari alla fine collasserà
su se stesso. Purtroppo questa è una storia che a mio avviso non avrà un lieto
fine, anche se dopo ogni crollo, dall’impero romano in poi, è seguita una
rinascita».
Gianluca Savoini
26 Novembre 2013 – 20:21
Fonte: visto su BASTA CASTA
di mercoledì 27 novembre 2013
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