Dedico questo brano Il
Discorso di Agrippa, tratto da
Guerre Giudaiche di Giuseppe Flavio, alle genti dell'Italia e ai popoli dell’Europa che stanno perdendo
senza difenderle tutte le loro liberta e
come ci ricorda Giuseppe Flavio nella sua “teologia romanofia” : la LIBERTA’
va difesa e che è bello combattere per essa, ma soltanto finché si riesce a conservarla:
una volta perduta, bisogna rassegnarsi a chinare il capo senza più tentarla di
recuperarla.
DISCORSO DI AGRIPPA
Libro II:
345 - “Se io vedessi che voi siete tutti decisi a far guerra
ai romani, e non invece che i più onesti e i più semplici preferiscono vivere
in pace, né mi presenterei dinanzi a voi, né ardirei darvi consigli; vano è
infatti ogni discorso su ciò che convenga fare, quando l'uditorio è tutto
concordemente incline al peggio.
346 Ma poiché alcuni sono spinti dalla giovanile
inesperienza dei mali della guerra, altri da un'infondata speranza di libertà,
altri da una certa avidità di guadagno e dal calcolo di sfruttare i più
deboli se la situazione dovesse precipitare, nell'intento di richiamare tutti
questi alla ragione e d'impedire che le persone dabbene paghino le conseguenze
degli errori di pochi, ho ritenuto mio dovere raccogliervi tutti insieme e
dirvi quello che mi sembra sia per il vostro bene.
347 Nessuno mi disturbi, se sente cose che non gli
piacciono; chi è incrollabilmente deciso a ribellarsi potrà continuare ad
esserlo anche dopo il mio discorso, mentre, se non faranno tutti silenzio, le
mie parole non potranno arrivare a chi desidera ascoltarle.
348 Dunque, io so bene che molti con accenti da tragedia
bollano le soperchieria dei governatori romani ed esaltano la libertà;
perciò, prima di esaminare chi siete voi e chi sono i nemici contro cui vi
apprestate a combattere, anzitutto eliminerò la confusione che si fa tra quei
due motivi di guerra.
349 Se volete vendicarvi di chi vi ha fatto offesa, perché
esaltate la libertà? Se poi ritenete insopportabile l'essere asserviti, non è
il caso di criticare il comportamento dei dominatori, giacché, anche se questi
agiscono con moderazione, la servitù resta ugualmente un'orribile cosa.
350 Esaminate allora singolarmente quei motivi per vedere
quanto sono inconsistenti le ragioni di scendere in guerra, cominciando dalle
accuse contro i governatori romani.
351 Si deve agire con deferenza verso le autorità, non
irritarle; quando voi per piccoli torti levate grandi proteste, è peggio per
voi se denunciate i colpevoli, i quali cessano di approfittare di voi con
cautela e circospezione e commettono palesemente i loro abusi. Nulla mette fine
alle violenze quanto il sopportarle, e la mansuetudine degli offesi fa
ravvedere chi li offende.
352 Ammettiamo che i funzionari del governo romano siano
assolutamente insopportabili; ciò non vuol dire che tutti i romani vi facciano
offesa, e nemmeno Cesare, contro cui vi apprestate a far guerra. Non è che per
partito preso essi mandino un governatore malvagio; e poi, stando in occidente,
non possono vedere ciò che succede in oriente, e laggiù non è nemmeno facile
essere rapidamente informati di quanto accade da noi.
353 Perciò sarebbe anche una cosa assurda muovere in guerra
contro molti a causa di uno solo, e per motivi insignificanti contro un popolo
così potente e per di più all'oscuro circa le ragioni della nostra protesta.
354 Dei torti da noi subiti potremmo presto ottenere la
riparazione; infatti non resterà per sempre in carica il medesimo governatore,
ed è da aspettarsi che i successori saranno persone più moderate; invece la
guerra, una volta avviata, non sarà facile troncarla o combatterla senza
sofferenze.
355 Quanto poi al
desiderio di libertà, esso è ora intempestivo, perché era prima che
bisognava battersi per non perderla. Orribile è l'esperienza della soggezione,
ed è giusto lottare per non cadervi;
356 ma chi, una volta assoggettato, poi si ribella è uno
schiavo disubbidiente, non un amante della libertà. Il tempo di fare ogni
sforzo per non sottostare ai romani era quando Pompeo invase il paese.
357 Ma i nostri antenati e i loro re, sebbene fossero di
gran lunga superiori a noi per ricchezze, per forza e per coraggio, non fecero
resistenza a una parte - che era piccola - della potenza romana; voi, che avete
ricevuto in retaggio la soggezione, che siete in una situazione di tanta
inferiorità rispetto ai primi che si assoggettarono, volete sfidare tutto
l'impero romano?
358 Pensate agli ateniesi, che per la libertà della Grecia
arrivarono anche a distruggere col fuoco la loro città, che sconfissero il
superbo Serse che navigava sulla terra e marciava sull'acqua, e non poteva
essere contenuto dai mari e guidava un esercito più grande dell'Europa, e come
un servo fuggitivo lo inseguirono mentre cercava scampo con una sola nave, e
presso la piccola Salamina abbatterono l'Asia sì grande: quegli ateniesi ora
sono soggetti ai romani, e la città signora della Grecia si governa con le
disposizioni inviate dall'Italia.
359 Identici sono i padroni cui amano sottostare gli
spartani, pur dopo le Termopile e Platea e le campagne d'Asia di Agesilao;
360 e i macedoni, che ancora sognano Filippo e hanno dinanzi
agli occhi la visione di colei che insieme con Alessandro gettò i semi del
loro dominio universale, sopportano un tale cambiamento di sorte e s'inchinano
a quelli cui la Fortuna trasferì i suoi favori.
361 Così mille e mille altri popoli, pur animati da un
amore per la libertà maggiore del vostro, si piegano all'obbedienza. Sarete
voi i soli a non voler sottostare a coloro cui tutti sono sottomessi? Su quale
esercito, su quali armi fate affidamento? Dov'è la vostra flotta per prendere
possesso dei mari dei romani?
362 Dove i tesori necessari alle spedizioni? Credete di far
guerra contro gli egiziani o gli arabi? Non considererete la grandezza
dell'impero romano? Non confronterete la vostra debolezza? Non è vero che
spesso noi siamo stati battuti dai popoli confinanti, mentre la loro potenza è
invitta in tutto il mondo?
363 Essi, anzi, cercarono qualcosa di ancora più grande.
Infatti non bastò a loro di confinare in oriente con l'Eufrate, a settentrione
col Danubio, a mezzogiorno con l'Africa esplorata fino ai deserti e ad
occidente con Cadice, ma al di là dell'Oceano cercarono un altro mondo e
portarono le armi fino ai Britanni, sconosciuti prima di allora.
364 E allora? Siete voi più ricchi dei Galli, più forti
dei Germani, più intelligenti dei greci, più numerosi di tutti quanti gli
altri popoli del mondo? In che confidate per insorgere contro i romani?
365 “Dura cosa è l'esser soggetti” dirà qualcuno. Quanto
più per i greci, che pur superando per nobiltà tutti quelli che vivono sotto
il sole ed occupando un territorio così vasto ubbidiscono a sei fasci dei
romani, e ad altrettanti i macedoni, che ancor più a buon diritto di voi
dovrebbero anelare alla libertà! E le cinquecento città dell'Asia?
366 Non prestano ossequio, senza un presidio, a un solo
governatore e ai suoi fasci consolari? A che parlare degli Eniochi e dei Colchi
e della stirpe dei Tauri e dei Bosforani e dei popoli rivieraschi del Ponto e
del lago Meotide?
367 Presso di loro prima non esisteva nemmeno un principe
nazionale, mentre ora sono soggetti a tremila soldati romani, e quaranta navi
da guerra mantengono la pace su un mare prima non navigato e selvaggio.
368 Quali pretese alla libertà potrebbero accampare la
Bitinia, la Cappadocia, la Panfilia e i Lici e i Cilici, mentre invece senza
essere presidiati pagano il tributo? E poi? I Traci, che occupano una regione
larga cinque giornate di viaggio e lunga sette, più aspra e assai più forte
della vostra, e tale da respingere con l'intenso gelo chi intendesse invaderla,
non prestano ubbidienza a una guarnigione di duemila romani?
369 E i vicini Illiri, che abitano la regione delimitata dal
Danubio fino alla Dalmazia, non sono soggetti a due sole legioni, a cui essi si
uniscono nel respingere le incursioni dei Daci?
370 E i Dalmati, che tante volte hanno levato il capo verso
la libertà e che, sempre vinti, tornavano a raccogliere le forze per
ribellarsi, non se ne stanno ora tranquilli sotto una sola legione romana?
371 Se c'è un popolo che avrebbe valide ragioni per
ribellarsi, questo sono specialmente i Galli, che dalla natura sono così ben
protetti, ad oriente dalle Alpi, a settentrione dal fiume Reno, a mezzogiorno
dai monti Pirenei e dall'oceano ad occidente.
372 Ma, sebbene siano difesi da tali baluardi, sebbene
assommino a trecentocinque popoli ed abbiano in casa le sorgenti, per così
dire, della prosperità e con i loro prodotti inondino quasi tutto il mondo,
sopportano di essere tributari dei romani e da loro lasciano amministrare i
propri beni.
373 E questo lo tollerano non per viltà d'animo o per una
loro inferiorità, che anzi per ottant'anni essi durarono la guerra in difesa
della libertà, ma perché oltre che dall'esercito dei romani furono battuti
anche dalla fortuna, che a quelli
concede successi maggiori delle armi. E così sono tenuti in soggezione da
milleduecento soldati, un numero quasi inferiore a quello delle loro città.
374 Neppure agli Iberi bastò per combattere in difesa della
libertà l'oro che si ricava dal loro suolo, né l'essere a tanta distanza di
terra e di mare dai romani, né le tribù bellicose dei Lusitani e dei
Cantabri, né il vicino oceano che solleva un flusso pauroso per gli stessi
indigeni;
375 ma portando le loro armi oltre le colonne d'Ercole e
valicando i Pirenei attraverso le nuvole, anch'essi i romani soggiogarono, e
bastò una sola legione per vigilare su popoli così agguerriti e remoti.
376 Chi di voi non ha sentito parlare dei popolo dei
Germani? Spesso ne avete ammirato la forza e la prestanza fisica, perché i
romani hanno dappertutto schiavi catturati in mezzo a loro.
377 Ebbene anche questi, nonostante abitino un territorio
sconfinato, nonostante siano forniti di un coraggio più forte del corpo e di
sprezzo per la morte e di una natura più aspra delle belve più feroci, hanno
il Reno per confine ai loro assalti e, tenuti a freno da otto legioni dei
romani, quelli presi in guerra sono ridotti in schiavitù mentre l'insieme
della nazione si è posto in salvo con la fuga.
378 Vogliate considerare anche le difese dei Britanni, voi
che riponete la vostra fiducia nelle fortificazioni di Gerusalemme. Quelli
erano circondati dall'oceano e abitavano in un'isola non più piccola del paese
in cui viviamo, eppure i romani vi arrivarono con le loro navi e li
assoggettarono, e ora quattro legioni stanno a presidio di un'isola così
grande.
379 Non è il caso di continuare, dal momento che anche i
Parti, che sono il popolo più bellicoso e dominano su tante nazioni e sono
forniti di sì grandi forze, mandano ostaggi ai romani, e in Italia si può
vedere la nobiltà d'oriente che viene tenuta in schiavitù col pretesto di
salvaguardare la pace.
380 Mentre quasi tutti quelli che sono sotto il sole
s'inchinano alle armi dei romani, voi soltanto scenderete in guerra, senza
badare alla fine dei Cartaginesi, i quali, sebbene potessero vantare un uomo
della grandezza di Annibale e la discendenza dai Fenici, caddero sotto la
destra di Scipione?
381 Nemmeno quelli di Cirene, di stirpe spartana, né i
Marmaridi, il popolo che si stende fino al deserto, né le Sirti, che fanno
paura solo a sentirle nominare, né i Nasamoni o i Mauri o l'innumerevole turba
dei Numidi infransero il valore dei romani.
382 La terza parte del mondo abitato, di cui non è nemmeno
facile enumerare le popolazioni, che è delimitata dall'oceano Atlantico e
dalle colonne d'Ercole e che alleva fino al mar Rosso gli innumerevoli Etiopi,
i romani l'assoggettarono interamente,
383 e a parte i raccolti annui, con cui nutriscono per otto
mesi la plebe di Roma, essi pagano tributi di ogni genere e sono pronti a
versare quanto serve ai bisogni dell'impero, senza considerare un'offesa
nessuna delle imposizioni, come voi fate, e tutto ciò sebbene presso di loro
stia accampata una sola legione.
384 Ma perché cercare in terre lontane le prove della
potenza dei romani quando si possono trovare nel vicino Egitto?
385 Questo, che si estende fino agli Etiopi e all'Arabia
Felice, che è il porto dell'India, che conta settemilioni e mezzo di abitanti
oltre a quelli che vivono in Alessandria, come si può ricavare dal tributo
individuale, non disdegna la dominazione romana, sebbene abbia in Alessandria
un tale stimolo alla rivolta per il gran numero degli abitanti e per la sua
ricchezza, oltre che per la sua grandezza:
386 infatti la sua lunghezza è di trenta stadi e la
larghezza non inferiore a dieci; in un solo mese fornisce ai romani un tributo
superiore a quello che voi versate in un anno e, oltre ai denari, grano per
quattro mesi di distribuzione alla plebe. Per di più è difesa da ogni parte o
da deserti impraticabili o da mari senza porti o da fiumi o da paludi.
387 Ma nessuno di questi ostacoli è risultato più forte
della fortuna dei romani, e due legioni accasermate nella città tengono in
soggezione l'ampio Egitto e l'orgoglio dei Macedoni.
388 Quali alleati per la guerra troverete nel mondo
disabitato? Infatti quelli che vivono nel mondo abitato sono tutti romani, a
meno che uno non spinga le sue speranze al di là dell'Eufrate e creda che i
connazionali dell'Adiabene accorreranno in aiuto.
389 Ma costoro né si lasceranno coinvolgere in una guerra
così pericolosa per un motivo insignificante né, se si decidessero a una tale
sciocchezza, glielo permetterebbero i Parti: questi si preoccupano di mantenere
la tregua con Roma, e se qualcuno a loro soggetto marciasse contro i romani
considererebbero la cosa come una violazione dei patti.
390 Non resta che sperare nell'aiuto di Dio. Ma anche questo
punto è a favore dei romani; infatti sarebbe impossibile creare un impero così grande senza l'aiuto di Dio.
391 Considerate, inoltre, come sarebbe difficile l'attenta
osservanza dei vostri riti cultuali, anche se doveste entrate in guerra con
avversari meno formidabili: costretti a trascurare quelle cerimonie per cui
soprattutto confidate di avere l'aiuto di Dio, voi non l'avrete più propizio.
392 Se osserverete il rito di riposare il sabato e vi
asterrete da ogni azione, facilmente sarete vinti, come i nostri antenati lo
furono da Pompeo, che intensificava le operazioni di assedio proprio nei giorni
in cui gli assediati restavano inoperosi; se invece nella guerra non
rispetterete l'uso tradizionale,
393 allora non so a che scopo voi continuerete a battervi;
infatti il vostro unico intento è di conservare inviolate le istituzioni
patrie.
394 Come invocherete l'aiuto di Dio se deliberatamente ne
trascurerete il culto? Chiunque intraprende una guerra confida o nell'aiuto di
Dio o in quello degli uomini; ma quando verosimilmente mancheranno l'uno e
l'altro è evidente che chi scende in campo va incontro alla disfatta.
395 Chi v'impedisce di far strage con le vostre stesse mani
dei figli e delle mogli, e di far perire tra le fiamme questa nostra patria
tanto bella? Con quest'atto di pazzia almeno evitereste l'ignominia della
disfatta.
396 Ottima cosa, amici, è prevedere l'avvicinarsi della
tempesta quando la nave sta ancora nel porto, e non dirigersi in mezzo ai
flutti per poi trovarvi la morte; chi è vittima di un disastro imprevedibile
merita compatimento, ma chi va incontro a evidente rovina viene per di più anche
biasimato.
397 A meno che qualcuno non s'illuda di poter fare la guerra
solo fino a un determinato punto e che i romani, dopo la vittoria, vi
tratteranno con moderazione invece di cogliere l'occasione per dare un esempio
agli altri popoli incendiando la città santa e sterminando tutta la nostra
nazione; se anche scamperete alla morte non troverete un luogo dove rifugiarvi
perché tutti hanno per padroni i romani o temono di averli.
398 Questo pericolo, poi, non incombe soltanto su quelli che
vivono qui, ma anche su quelli che abitano nelle altre città; infatti non c'è
al mondo un popolo con cui non conviva una parte di noi.
399 Se voi scenderete in guerra, gli avversari li
trucideranno tutti, e per la sconsideratezza di pochi ogni città sarà bagnata
dal sangue giudaico. Quelli che lo faranno scorrere sarebbero giustificati;
ché se poi non lo facessero, pensate come sarebbe empio muovere in armi contro
persone così umane!
400 Abbiate dunque pietà, se non dei figli e delle mogli,
almeno di questa città e delle sacre mura. Risparmiate il tempio e conservate
a voi stessi il santuario con i suoi tesori sacri; dopo averci vinti in guerra,
i romani non se ne asterrebbero più visto che, dopo averli prima risparmiati,
sono stati ripagati con l'ingratitudine.
401 Chiamo a testimoni i luoghi sacri e gli angeli santi di
Dio e la patria comune che io non ho tralasciato nulla che potesse indurvi alla
salvezza; ora tocca a voi di deliberare come si conviene, e così godrete la
pace insieme con me, mentre se vi lascerete trasportare dall'odio, dovrete affrontare
la guerra senza di me”.
402 - Finito di parlare, scoppiò in lacrime assieme alla
sorella, e con la sua commozione smorzò buona parte dei loro ardori. E poiché
gridavano che loro la guerra volevano farla non ai romani, ma a Floro per le
ingiurie patite, il re Agrippa riprese:
403 “Ma il vostro agire è di chi già è in guerra con i
romani; infatti non avete pagato il tributo a Cesare, e poi avete abbattuto il
portico dell'Antonia.
404 Potreste liberarvi dall'accusa di ribellione, se lo
ricostruirete e se verserete il tributo; la fortezza non è di Floro, né a
Floro voi darete il vostro denaro”.
LIBRO II
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