Maurizio Lattanzio
«Il mondo si divide in
tre categorie di persone:
un piccolissimo numero che produce gli
avvenimenti;
un gruppo un poco più numeroso che vigila alla loro esecuzione
e
ne segue il compimento, e, infine,
una stragrande maggioranza che non conosce
mai
ciò che si è prodotto in realtà»
Il termine mondialismo si riferisce ad una concezione
politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi
tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, defilati, non esposti
alle luci dei riflettori -cioè dei mass-media sapientemente
manovrati- che illuminano la grande ribalta politica internazionale.
Costoro operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce,
semi-pubbliche (Trilateral Commission, Bilderberg Group, Council on Foreign
Relations, Pilgrims Society, sistema bancario internazionale, ecc.), con
l’obiettivo di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede
l’instaurazione di un unico Governo Mondiale, depositario del potere economico,
politico, culturale e religioso. Le articolazioni strutturali di un simile
progetto -già in via di attuazione, si pensi solo all’Unione Europea- sono
fondate sulla integrazione dei grandi insiemi (USA -in posizione
preminente- Europa Occidentale, Giappone, Russia e relativi satelliti,
Cina Popolare, Terzo Mondo), che saranno sottoposti al dominio dei
tecnocrati-funzionari dell’apparato di potere plutocratico installato nei
consigli di amministrazione delle banche e delle multinazionali. Sono le strutture
operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza internazionale
pianifica e concretizza l’asservimento dei popoli mediante i diabolici
meccanismi della Grande Usura. [1]
La manifesta aspirazione a fare dell’ordine di valori di cui
si è portatori il centro di gravità di un processo di unificazione mondiale, è
stata sempre caratteristica costante di ogni forma tradizionale, di ogni
religione e, più ampiamente, di ogni movimento di Idee ispirato ai valori della
tradizione. È la ordinato ad unum, l’universalità -cioè il progetto di
integrazione dei popoli nel quadro di un ordine gerarchico a contenuto
etico-spirituale, modellato sui valori dell’Essere e culminante nella
dimensione metafisica o Unità Principale (chi "sa" mi intende ...).
Ciò avviene all’interno di differenziate e organiche forme tradizionali
conformi alle vocazioni spirituali e alle conformazioni etiche delle diverse
comunità umane.
Il mondialismo, invece, è la scimmia
dell’universalità; è la contraffazione antitradizionale delle idealità
universali che hanno omogeneamente permeato le costruzioni politiche ed hanno
ispirato le vicende storiche delle Civiltà tradizionali. L’universalità è un
sistema di gerarchie ontologiche che configurano un ordine piramidale ascendente
lungo un asse cosmico verticale, mentre il mondialismo, al contrario, è
la materializzazione e la decomposizione internazionalistica in senso orizzontale
dell’idea-forma universalistica. É la reductio ad unum, un processo
dissolutivo discendente, il cui tratto distintivo è il riduzionismo,
cioè la degradazione dell’umanità ad una poltiglia indifferenziata, secondo
i perversi ritmi scanditi da condizionanti e alienanti dinamiche
massificatorie. Punto d’arrivo è la serie degli individui-robot che
ripetono demenzialmente uno stesso tipo dalle bestiali caratteristiche di
tesaurizzatore, trafficante e consumatore di cose materiali. Questo
obiettivo tattico è perseguito dall’oligarchia mondialista in funzione
di una strategia di dominio planetario. Religione e politica, nazione e
razza, cultura e costume, diventeranno puri nomi carenti di qualsivoglia
contenuto; rappresentazioni multicolori da immettere nei mercantili e
cosmopoliti circuiti della società mondiale dello spettacolo;
allucinazioni collettive che surrogano la realtà, estraendo da ogni organico
rapporto di interazione con il mondo interiore dell’uomo, il quale, del resto,
dovrà essere ed è sostituito da una scatola vuota riempita, anzi,
meglio, ingozzata dai falsi bisogni -ci sono anche idioti che li
chiamano aspirazioni (sic!)- indotti dall’alienazione consumistica a
fini di conservazione e di potenziamento del sistema capitalistico
internazionale. Ridotto il valore ad interesse, l’individuo diventa
schiavo della ricchezza e, conseguentemente, di coloro che la creano, la
controllano e se ne servono con diabolica perizia.
L’istituzione mondialista è occulta, o, se si preferisce,
per dirla con Bordiot, «discreta». È quindi necessario l’uso di una metodologia
interpretativa storico-politica e sociologico-giuridica che miri alla
individuazione di due oggetti o, meglio, di due aree di indagine situate
in dimensioni diverse: quella dell’istituzionalità pubblica e quella
dell’istituzionalità occulta. Queste due nozioni sono meri rilievi
descrittivi; per quanto riguarda l’aspetto sostanziale, è più appropriato
parlare, rispettivamente, di società «strumentalizzate» e di società
«strumentalizzanti».
Il complesso istituzionale pubblico è il quadro di
riferimento giuridico-costituzionale nel cui ambito si snoda la vita
politica ufficiale delle nazioni (governi e parlamenti, partiti e
sindacati, dichiarazioni politiche e prese di posizione diplomatiche, ecc).
L’istituzionalità pubblica presenta dei profili e delle
dinamiche esterne, apparenti, palesi, a volte addirittura appariscenti,
che si articolano in una serie di atti e di fatti, i quali, ripresi, rilanciati
e, soprattutto, gonfiati dai mass-media, servono alla fabbricazione
delle opinioni che saranno poi propinate come materia di dibattito,
nel libero confronto democratico, alle turbe di imbecilli che infestano
l’epoca contemporanea.
L’istituzionalità occulta o, per usare un eufemismo, ufficiosa,
è il complesso degli organismi privati (consorterie ebraico-massoniche, Banca,
Multinazionale, CFR) privi di qualsiasi rilievo giuridico-costituzionale,
mediante i quali l’oligarchia matura le scelte funzionali alla realizzazione
dell’obiettivo strategico ultimo: il raggiungimento del potere mondiale.
La corte degli stracci che cela l’esistenza e l’operatività
della dimensione istituzionale occulta, è rappresentata dall’istituzionalità
pubblica. Essa provvede all’esecuzione di decisioni e progetti adottati
dall’oligarchia mondialista in ambienti esclusivi, ristretti, sottratti a
qualunque forma di controllo popolare e in regime di assoluta irresponsabilità.
Il complesso istituzionale occulto decide felpatamente al riparo da occhi
indiscreti; il complesso istituzionale pubblico esegue tra i grandi clamori e
le scintillanti coreografie approntati dagli squallidi giullari dell’informazione
del Sistema.
La dimensione occulta è il luogo politico, l’ambito di
ricezione e lo spazio di aggregazione delle risultanti del processo di distillazione
e condensazione verso l’alto sociale dei soggetti, delle tendenze
etiche e delle connotazioni psicologiche che caratterizzano in senso mercantile
e materialistico la borghesia e il proletariato. Siamo di fronte a
categorie economiche che, nel corso dell’esercizio della loro prassi di potere,
non possono esimersi dal subire un processo di decantazione che proietti
ai vertici delle loro società -rispettivamente, all’ovest come all’est-
l’oligarchia tecno-plutocratica e l’oligarchia tecno-burocratica. Esse -data
l’identità del materiale umano da cui sono formate, delle premesse ideologiche
illuministiche da cui muovono e dall’azione di collegamento omogeneizzante
sviluppata dalle componenti tecnocratiche, comune ai due sistemi- sono quindi
destinate alla fatale convergenza mondialista.
Dunque da non sottovalutare gli impulsi alla interazione
-l’istituzionalità pubblica li definisce «pacifica cooperazione
internazionale»- indotti nei due «massimi sistemi» contemporanei dalle
tecnocrazie operanti al loro interno, allo scopo di pervenire a una gestione
unitaria, su scala mondiale, dei meccanismi di produzione, al di sopra delle
distinzioni politiche e al di fuori dei vincoli di sovranità degli stati
nazionali.
MA QUALI SONO LE
ORIGINI STORICO-CULTURALI DEL MONDIALISMO? A QUALI REFERENTI CULTURALI DI FONDO
VA RICONDOTTO QUESTO FENOMENO SOVVERSIVO OPERANTE ORMAI DA SECOLI?
Universo religioso-culturale dell’ebraismo e massoneria
-le cui vicende storiche si intrecciano inscindibilmente con quelle
dell’ebraismo, il quale, alla fine, ne farà un suo prezioso strumento- sono
la cornice teorica nella quale inquadrare il fenomeno mondialista.
In origine la Massoneria è un’organizzazione
iniziatico-spirituale, espressione, relativa al piano delle forme storiche,
procedente dalla dimensione informale nella quale si situa la Tradizione
Primordiale.
Rispetto ad essa, la Massoneria rappresenta una Via di
partecipazione basata sull’analogia simbolica esistente tra i gradi
ontologici della realizzazione spirituale e l’arte della costruzione degli
edifici, cioè la «muratoria». Si tratta della «massoneria operativa», formata
da adepti: i massoni, i quali svolgono un’attività materiale inerente alla
costruzione di edifici e, forse, di templi e cattedrali le cui linee
architettoniche esprimono una simbologia metafisico-tradizionale. Di qui
l’intima connessione tra massoneria operativa e corporazioni medioevali.
«La costruzione materiale -scrive Julius Evola [2]- divenne
cioè una semplice allegoria per un’opera creativa interna e segreta; il tempio
esteriore fu simbolo per quello interno; la pietra grezza da squadrare era la
comune individualità umana, da rettificare affinchè fosse qualificata per l’opus
transformationis, cioè per un superamento della caducità umana e per
l’acquisizione di un sapere e di una libertà superiore, i gradi di tale
realizzazione corrispondendo a quelli originari della vera gerarchia della massoneria
operativa e non ancora speculativa».
Però, tra i secc. XVII e XVIII, la Massoneria subirà gli
effetti di un processo degenerativo che la ridurrà ad organizzazione profana,
ispirata a principi laici ed umanitari, che ne faranno la protagonista del
secolo dell’illuminismo e la promotrice delle rivoluzioni borghesi dei secoli
successivi. «Effettivamente nel quadro del processo controiniziatico che vide
organizzazioni regolari e tradizionali, o i loro residui, cadere in preda di
influenze di segno opposto, anche molte logge massoniche subirono un’inversione
di polarità e tradussero in termini individualistici, laici e democratici
aspetti del diritto iniziatico, quali, ad esempio, i concetti di libertà,
parità, fraternità». [3]
Nell’ambito di questa vicenda che, prima di essere storica,
è metastorica, si inserisce la nascita della «massoneria speculativa», cioè
della massoneria moderna di Rito Scozzese Antico e Accettato, importante
espressione e supporto storico della Sovversione. Essa nasce a Londra il 24
giugno del 1717, giorno della festa di S. Giovanni Battista, patrono dei
costruttori delle città. In quel giorno, infatti, quattro logge: "Crown
Alehouse", "Apple the Taverne", "Rummer and
Grape", e "Goose and Gridirion Alehouse", decidono di
unificarsi nella "Grande Loggia" di Londra, dalla quale si
irradierà un vasto e rapido movimento di espansione che, nel giro di 10-15
anni, vedrà l’Europa punteggiata di logge massoniche.
La Massoneria speculativa ad indirizzo illuministico ed
aconfessionale, diventerà il punto di aggregazione di filoni di pensiero ad
orientamento umanitario e cosmopolita sparsi nell’Europa; essa ne farà i
coefficienti di organizzazione, secondo i moduli di un abile sincretismo,
di una ideologia laico-democratica ed egualitaria, il cui internazionalismo
di fondo, negatore delle specificità etnico-culturali dei popoli e delle
civiltà, sarà la solida piattaforma su cui poggiare la
«Repubblica Universale» ispirata ai valori del deismo razionalista e
vagheggiata -tra gli altri- anche dal massone Giuseppe Mazzini.
Nel corso della storia, l’ebraismo si infiltrerà
massicciamente nelle logge massoniche, fino a farne sostanzialmente un suo
strumento -per altro conforme- di cui servirsi per l’attuazione dell’aspirazione
ebraica all’egemonia mondiale.
Nel 1773 [4], a Francoforte di Baviera, l’ebreo Mayer
Amschel Rothschild -fondatore della casa bancaria omonima- riunisce nella sua
casa d’affari 12 alti esponenti del mondo bancario, finanziario e industriale
per presentare loro lo schema di fondo di un piano di dominio mondiale.
Rothschild affiderà al consanguineo Adam Weishaupt il compito di fornire un
decisivo contributo al raggiungimento di questo obiettivo.
Nel 1776 [5] nasce l’Ordine degli Illuminati di Baviera
o "Gesellschaft der Perfectibilisten", associazione di indirizzo
gnostico-razionalista alla cui fondazione -oltre a Weishaupt- concorreranno gli
ebrei Wessely, Moses Mondelssohn, unitamente ai tre banchieri, parimenti
giudei, Itzig, Friedlander e Mayer. Il programma [6] degli Illuminati contiene
riferimenti teorici che costituiranno i cardini del pensiero radicaldemocratico
successivo, specie marxista, e dell’ideologia che alimenterà "I
Protocolli dei Savi Anziani di Sion" e il "Patto Sinarchico".
In questo programma si afferma la necessità dell’abolizione della proprietà
privata e del diritto ereditario, del capovolgimento dell’ordine politico
sociale, della lotta contro le religioni, di rivoluzione permanente
internazionale. Inoltre nel punto 20 si descrivono i lineamenti di un Unico
Governo Mondiale, la cui direzione politica, nel punto 23, è riservata ad
una classe dirigente tecnocratica (finanzieri, industriali, scienziati,
economisti).
Nel 1782 [7], al congresso massonico di Wilhelmsbad,
l’Ordine degli Illuminati confluirà nella Massoneria che, di li a pochi anni,
ricoprirà un ruolo centrale nel sussulto sovversivo del 1789, mentre nei secoli
seguenti porterà a termine l’attacco decisivo all’ordine aristocratico europeo.
Infatti l’assalto coordinato all’Europa aristocratica sarà messo a punto nel corso
del Congresso Massonico Internazionale di Strasburgo tenutosi nel 1847.
L’anno seguente -il 1848 delle barricate tanto care
all’oleografia risorgimentale- l’Europa vacillerà sotto i colpi della
sovversione giudaico-massonica: da Parigi a Vienna, da Milano a Berlino, da
Venezia a Madrid, da Roma a Napoli, le pretestuose parole d’ordine
(indipendenza nazionale, costituzione liberale, ecc.) e i metodi insurrezionali
-i cui sincronismi spaziali e temporali lasceranno chiaramente intuire un’unica
regia- non riusciranno a mascherare il vero obiettivo dell’attacco: lo Stato
aristocratico-gerarchico e l’universo politico-ideale che le sorregge.
Il Talmud ha rappresentato il tessuto unificante e
l’elemento di coesione che ha garantito all’ebraismo della Diaspora la
conservazione della sua profonda identità religiosa, spirituale ed
etico-culturale, a dispetto della sua dispersione nel mondo. In esso e nella
cultura dell’ebraismo diasporico sono rintracciabili i più solidi riferimenti
storici e religioso-culturali del fenomeno mondialista.
Originariamente la forma tradizionale ebraica si riconnette
alla tradizione Primordiale, la cui origine metafisica e non-umana opererà
un’indubbia azione disciplinatrice e rettificatrice nei confronti delle
perverse e dissolventi tendenze presenti nel corpus razziale ebraico.
L’ebraismo, comunque, non si sottrarrà ad un processo di decadenza -comune ad
altre forme tradizionali e riferibile ad un periodo compreso tra l’VIII e il VI
secolo a.C.- che affonda le sue radici nel piano della metastoria, e che
propizierà nell’ebraismo un’assunzione profana e materializzata dei princìpi
dell’antica tradizione, soprattutto il tema dell’elezione divina del popolo
ebraico. «Questo tema che nell’ebraismo antico era stato contenuto, bene o male,
entro il quadro organico di una tradizione, subì, col degenerare della
tradizione in un tradizionalismo residuale, un processo di materializzazione,
dando luogo a un razzismo intransigente e ad un risentimento smisurato nei
riguardi dei non ebrei. (...) la fine politica degli ebrei, la loro
dispersione, la loro condanna in quanto popolo deicida fecero scattare, come
un’idea di rivalsa e una speranza di revanche, la teoria di Israele
quale popolo destinato al comando universale. La volontà di dominio mondano,
prodotta e giustificata dalla laicizzazione del tema biblico della scelta di
Israele quale "popolo di Dio", si legò a un desiderio sfrenato
di ricchezza materiale e a una pronunciata propensione per il mercato; e ciò,
in parte, è senza dubbio da mettersi in relazione con la materializzazione di
un altro motivo tradizionale: quello del Regno». [8]
Il Talmud è la raccolta giurisprudenziale
costituita dall’esegesi e dal commento rabbinico del Vecchio Testamento; la
codificazione dei rabbini diventerà quindi la depositaria dell’identità
cultural-razziale dell’ebraismo.
Secondo l’ebreo Graetz, storico del giudaismo, «il Talmud è
stato il simbolo che ha tenuto assieme i Giudei dispersi nei vari paesi,
custodendo l’unità del Giudaismo». Un altro ebreo, I. Epstein, scrive: «... ed
è il Talmud che ha formato le dottrine religiose e morali del giudaismo
odierno». Senz’altro interessante la considerazione di alcuni passi del Talmud:
«Il Messia darà agli
Ebrei il dominio del mondo, al quale serviranno e saranno sottoposti tutti i
popoli» [9]. Oppure:
«Il Santissimo parlò
così agli Israeliti: Voi mi avete riconosciuto come unico dominatore del mondo,
e perciò io vi farò gli unici dominatori del mondo». [10] E, ancora:
«Tutti i popoli
verranno al monte del Signore e al Dio di Giacobbe e saranno soggiogati dagli
Israeliti». [11]
L’etica talmudica, nel corso dei secoli, si sedimenterà
nell’anima razziale del popolo ebraico, facendone il principale supporto
antropologico delle forze dell’Antitradizione e il più efficace propagatore
storico dei processi sovversivi che da essa si esprimono. L’idea-forma
mercantile, concepita come condizione dell’anima, connotazione psicologica e status
interiore, troverà nel giudeo il riflesso storico più omogeneo e conforme. Ben
presto, però, essa esprimerà un’ampia tendenza espansiva che la condurrà
a valicare i confini delimitati dall’unità etnica -la razza ebraica- postasi in
origine quale sua condizione di manifestazione.
Dal punto di vista storico e culturale, questo straripamento
etico si renderà palese attraverso «... quella mercantilizzazione
dell’esistenza che trovò, almeno in sette secoli di storia europea
(effettualmente, data l’europeizzazione del mondo, oggi si può dire, purtroppo,
della storia mondiale), nell’anima ebraica la sua matrice più frenetica e
virulenta, e nell’ebreo il suo tipico, più incisivo e potente, veicolo
d’infezione». [12]
L’affermazione e la diffusione della mentalità
giudeo-mercantile -tramite le ideologie individualistiche e materialistiche-
anche tra i non ebrei, rappresenterà una decisiva vittoria giudaica.
L’ebraismo fornirà un contributo primario alla propagazione delle ideologie
cosmopolite, ma, allo stesso tempo, custodirà gelosamente la propria identità
razziale, culturale e nazionale, conscio del fatto che ciò gli avrebbe
assicurato una fondamentale posizione di preminenza e di vantaggio nei
confronti di popoli sradicati e di civiltà dissolte nella massificazione mondialista.
«Facciamo notare che noi Ebrei siamo una nazione singolare,
della quale ogni ebreo è suddito incondizionatamente, quali che siano la sua
residenza, il suo mestiere e la sua fede». (Luigi Brandeis del Tribunale
Supremo degli Stati Uniti). Joseph Morris, rabbino londinese, autore dell’opera
"Israele una Nazione", sostiene che «... Israele costituisce una
grande nazione (...) Nessuna setta, nè comunità religiosa avrebbe il diritto di
portare tal nome (...) Negare la nazionalità ebraica equivarrebbe a negare
l’esistenza degli Ebrei». O, ancora, Mosè Hess dall’opera "Roma e Gerusalemme":
«Ogni ebreo appartiene alla propria razza e di conseguenza al giudaismo e non
ha importanza alcuna che egli stesso e i suoi antenati abbiano rinnegato la
propria fede religiosa».
L’internazionalismo finanziario, accompagnato e coperto
dagli alibi ideologici e dalle parole d’ordine pacifiste e umanitarie, sarà un
corrosivo fermento cosmopolita che aprirà continuamente varchi alla marcia,
apparentemente inarrestabile, del progetto relativo al "One World",
cioè al livellamento e all’unificazione mondialista degli uomini e dei
popoli ridotti a segatura senza identità, senza rango, senza razza, in una
parola: senza senso.
«Non esiste -scrive Jean Izoulet [13], professore di
filosofia al Collége de France- che un solo problema sulla terra, ed è il
problema di Israele. Problema delle due facce, di cui la faccia interna è il
laicismo (rapporti tra scienza e fede) e la faccia esterna, l’internazionalismo
(rapporti tra patria e umanità). Laicismo e internazionalismo sono le due facce
del giudaismo».
Il denaro diventerà strumento di attualizzazione ed
elemento di mediazione del rapporto di schiavitù che lega gli individui -ormai
sradicati- all’oligarchia giudeo-plutocratica; l’individuo schiavo del
denaro è automaticamente schiavo degli usurai che detengono il monopolio
dell’emissione della moneta e della distribuzione del credito. «Dallo stato
caotico dell’economia il genio ebraico sviluppò il sistema del capitalismo
organizzato, grazie allo strumento più efficace: il sistema bancario
...». [14]
L’egemonia ebraica nelle banche e nelle istituzioni
finanziarie configurerà i coefficienti di organizzazione di una struttura
mercantile internazionale; il pianeta sarà concepito come un immenso mercato
che faccia da premessa per la realizzazione di un progetto di unificazione
mondiale che, partendo dal piano economico, investirà via via il piano sociale,
politico, culturale, religioso.
«Per questa oligarchia il Tempio sarà uno solo, per tutto il
mondo cosmico abitato dall’uomo. E si edificherà, nel segreto dei conciliabili
bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la cabala degli
iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito
dell’inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; ed il
niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinchè il lavoro
produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si trasformi nel
controllo di tutte le ricchezze del mondo».
Questi accenni vogliono essere un’introduzione e un
contributo alla delineazione dello schema culturale di fondo nel quale si
inquadra e dal quale procede la fenomenologia mondialista, che nelle
istituzioni e nelle strutture del capitalismo internazionale trova le sue più
importanti articolazioni organizzative. La comprensione della cultura
del mondialismo è la premessa indispensabile per conferire spessore alla
conseguente concreta azione di smascheramento basata sulla puntuale denuncia di
nomi, atti e fatti che, altrimenti, se non ricondotti alla logica profonda
che li sottende, perderebbero la loro efficacia dimostrativa.
La battaglia culturale del sodalizio-comunità nel
quale radichiamo la nostra identità sovraindividuale, potrà essere
condivisa o respinta, ma, ciò che è certo e che più conta, ad essa non potrà
essere disconosciuta una inoppugnabile qualificazione culturale ed un
indubbio rigore scientifico.
Maurizio Lattanzio
Note:
1] Giacinto Auriti, "L’ordinamento internazionale del
sistema monetario", Marino Solfanelli editore, Chieti 1987;
2] Julius Evola, "Ricognizioni", Ed. Mediterranee,
Roma 1974;
3] Claudio Mutti, "Stalin, Trotzsky e l’Alta
Finanza", Quaderni del Veltro, Ferrara 1974;
4] Nesta H. Webster, "World revolution, the plot
against Civilisation", Britson P. Co. Devon 1971, 6ª ed., p. 32;
5] Olivia Maria O’Grady, "The beasts of the
Apocalypse", O’Grady Publications, Benicia USA 1959, p. 118;
6] Williams Guy Carr, "Pawn in the game", St.
George Press, Glendale USA 1970, 7ª ed., pp. 26-31;
7] Nesta H. Webster, "Secret Societies and subeversive
Mouvements", Britons Publishing Company, 8ª ed., Londra 1964, pp. 233-234;
8] Claudio Mutti, "Ebraicità ed ebraismo - I Protocolli
dei Savi Anziani di Sion", Ed. di Ar, Padova 1976;
9] Tal. Bab. Trat. Schalb., fol.120, c.l. e Shanedrin, fol.
88 c.2; fol. 99 c.l.;
10] Chenga, fol. 3, 3;
11] Commento ad Isaia, fol.4 c.2;
12] F. G. Freda, "I Protocolli", op. cit.;
13] Cit. in Yann Moncomble, "La Trilaterale et les
secrets du mondialisme", Ed. Faits et documents, Parigi 1980;
14] "L’ebreo americano", 10 settembre 1920;
15] "La rivolta del Popolo", citato in Carlo A.
Roncioni, "Il potere occulto", Ed. Sentinella d’Italia, Monfalcone
1974.
Fonte: visto su AVANGUARDIA
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