Bruxelles - Doppia mossa del cavallo europeo. Prima si
colpisce la Germania invocando un articolo dei trattati ultra-nascosto e
dimenticato - eccesso di surplus commerciale, pensate un po’- e in tal modo ci
si accoda obbedienti al diktat Usa che ha attaccato Berlino con una violenza
inaudita mai resa manifesta da dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Poi
si attacca l’Italia, tutta protesa a dar buon esempio di sé, e la si critica;
non la si colpisce a morte, la si ferisce per la legge di stabilità,
soprattutto per l’enormità degli emendamenti. È un imprevisto.
Vuol dire che gli Usa contano sino a un certo punto e un
contentino alla Germania bisogna pur darlo. Del resto è Berlino che controlla e
dirige la macchina tecno-burocratica. In primo luogo, per capacità e
patriottismo nazionalistico dei suoi funzionari, che hanno via via egemonizzato
attorno a sé i rappresentati dei paesi ex comunisti e quelli nordici
dell’Europa scandinava che tutto è meno che europea, ossia è una formazione
economico-sociale a sé stante come ricorda del resto la storia dei trattati
economici post-bellici, Efta in testa. Ma lasciamo perdere, queste cose nel
tempo dei reset non le ricorda più nessuno, anche se contano.
Questo attacco dell’Ue è ingiustificato, formalmente e
politicamente. Ma esso è il frutto di un’enormità politica che ha offerto al
dominio teutonico la testa dell’Italia su un piatto d’argento: un governo di
pacificazione coalizionista che non riesce a presentare al Parlamento una
finanziaria bloccata e su di essa chiedere la fiducia. Così si litiga mesi e
mesi su qualche punto di Iva e sull’Imu sì o no, con un ministro del Tesoro
incapace di trovare un miliardo nel bilancio dello Stato e che ci rappresenta
in Europa con un’incapacità che non si è mai vista… Ma certo il problema è
grande: se inviassero la troika cosa dovrebbe fare Letta? Dovrebbe in ogni caso
farle fare un passo indietro e mandarla a casa a Bruxelles.
Se cediamo ora su questo punto siamo finiti: ossia, il
sistema industriale ed economico è finito. Chiunque parli con le cuspidi del
potere economico tedesco sa che la battaglia d’Italia sono ora decisi a
vincerla loro, i tedeschi, comprando a prezzi di svendita tutto ciò che è
possibile. Ai francesi danno qualche spaziale consolazione e agli Usa non
possono opporsi rispetto ai grandi gruppi, ma le medie imprese tascabili e co.
- tra parentesi, ne abbiamo perse il 20% in questi ultimi due anni, ossia circa
mille! - debbono finire in mano tedesca secondo una logica di complementarietà
nella maggioranza dei casi e non di distruzione tipo quella operata da Prodi e
compagni quando fecero le privatizzazioni.
È quindi nella distruzione generale un passo avanti per
occupazione e reddito e conservazione del patrimonio cognitivo. Ma vuol dire la
subalternità economica assoluta. Questo non piace agli Usa, lo ripeto da sempre
e da sempre ripeto che la via di uscita non è economica ma diplomatica e
strategica: è geostrategica sino a nuovi rapporti con la Russia. Se non fanno
questo Letta e Alfano, se non si opporranno direttamente, come dovrebbero
patriotticamente fare, alle misure ingiuste che si profilano venire
dall’Europa, faranno entrambi la fine di Papandreu: chiese un referendum prima
dell’arrivo della troika, ora è sparito, non se ne parla più, non si sa neppure
dove sia finito.
Scritto dal Prof. Giulio Sapelli, professore ordinario
di Storia Economica presso l'Università degli Studi di Milano, dove insegna
anche Analisi Culturale dei Processi Organizzativi.
Fonte: cisto su IL NORD del 19 novembre 2013
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