Revital Hovel – Ha’aretz
Il tribunale distrettuale di Haifa ha respinto martedì
l’azione intentata dal professore Uzzi Ornan contro il ministero dell’interno
israeliano, diretta ad ottenere che la propria nazionalità gli fosse
riconosciuta per il fatto di essere nato in Israele, e non perché ebreo.
Ornan, linguista e membro dell’Accademia della lingua
ebraica, ed anche fondatore della Lega contro la costrizione religiosa in
Israele, ha proposto un ricorso contro il ministero dell’interno nel 2010
perché la nazionalità gli venisse riconosciuta in quanto nato in Israele, e non
perché ebreo.
Nella sentenza di lunedì, il giudice Daniel Fish ha detto
che non v’è alcun dubbio che il ricorrente, il professore Uzzi Ornan, è nato da
una madre ebrea e che, di conseguenza, egli è ebreo, condizione che la Legge
del Ritorno stabilisce essere la fonte della nazionalità.
“Anche se la definizione di ebreo è stata aggiunta dal
legislatore alla Legge del Ritorno solo nel 1970 – scrive Fish – il riferimento
alla legge ebraica halakha approvata non costituisce una novità, e una rassegna
giurisprudenziale di decisioni precedenti l’approvazione dell’emendamento
dimostra che ogni volta che si è dovuto decidere dell’ebraismo di qualcuno
quella fonte non è stata mai ignorata”.
Il giudice ricorda due precedenti del 1962 e del 1968,
anteriori dunque all’emendamento del 1970, che stabiliscono che è “ebreo
chiunque sia nato sa una madre ebraica o che si sia convertito e che non
appartenga ad un’altra religione”.
Intervistato da Ha’aretz, Ornan ha dichiarato che, deluso
dalla decisione, ha intenzione di ricorrere alla Corte Suprema.
Commentando la propria requisitoria, l’ufficio del
Procuratore di Stato, intervenendo a nome del ministro dell’interno, ha
dichiarato: “Ornan ha il diritto di pensare che le leggi in questione siano
razziste, ma non può imporre la sua opinione personale all’Autorità né
costringerla ad agire contro la lettera della legge”.
L’Ufficio del Procuratore di Stato ha respinto l’argomento
di Ornan, secondo il quale egli “appartiene ad un’altra religione” e che dunque
non può essere considerato ebreo, alla stregua della Legge del Ritorno. “Il
fatto che il ricorrente sia iscritto nel Registro della popolazione, per sua dichiarazione,
come ateo non cambia il fatto che egli sia ebreo secondo la legge halakhique,
cui fa riferimento la Legge del Ritorno”, risponde lo Stato.
“Accettare l’interpretazione del ricorrente comporterebbe
la conseguenza rilevante ed inaccettabile che i figli di madre ebrea che vivono
all’estero e che dichiarino ai registri della popolazione o in altro modo di
essere atei si vedrebbero rifiutare il diritto di fare Alyah (ritorno) in
Israele”.
Ornan, 89 anni, è nato e cresciuto a Gerusalemme, e vive
oggi a Nofit, un villaggio della Galilea. Durante il Mandato Inglese, ha
combattuto nell’Etzel (organizzazione armata sionista, ndt) e nel 1944 è stato
esiliato in Eritrea dopo essere stato denunciato agli Inglesi.
Quando è tornato in Israele nel 1948, è stato registrato
nel corso del primo censimento del paese ed ha insistito perché non lo
registrassero come ebreo. Nella casella “Religione”, ha scritto “nessuna”, e
nella casella “Nazionalità” ha scritto “Ebreo”. A quell’epoca il ministero
dell’interno tendeva ad accettare qualsiasi dichiarazione senza sollevare
problemi.
Nel ’48 non era un problema- dice Ornan – L’atmosfera
generale era quella di un paese libero e democratico. Anche allora c’era la
forza, ma nessuno ha tentato di cambiare la mia nazionalità in “ebreo”.
Fonte:
www.info-palestine.net, 19 maggio 2012 (trad.Ossin)
|
Fonte: visto su http://www.ossin.org/
PERCHÉ NON C’È NESSUN
“ISRAELIANO” NELLO STATO EBRAICO?
Jonathan Cook (Dissident Voice)
L’indicazione della
nazionalità (ebraica, araba, buddista….) sulla carta di identità degli
israeliani facilita la discriminazione nei confronti dei cittadini arabi
Cittadini
classificati come di nazionalità ebraica o di nazionalità araba
Un gruppo di ebrei ed arabi si batte dinanzi ai tribunali
israeliani perché si possa essere riconosciuti come “israeliani”, una
nazionalità che viene oggi negata nell’ambito di un procedimento che i
dirigenti del paese considerano come una minaccia per lo statuto autoproclamato
di Stato ebraico.
Israele ha negato il riconoscimento di una nazionalità
israeliana al momento della creazione del paese, nel 1948, introducendo anche
una insolita distinzione tra “cittadinanza” e “nazionalità”. Anche se tutti gli
israeliani sono qualificati come cittadini di Israele”, lo Stato è invece considerato come espressione
della “nazione ebraica”, vale a dire non solo dei 5,6 milioni di ebrei
israeliani ma anche degli oltre sette milioni di ebrei della diaspora.
Secondo alcuni critici, lo statuto speciale di nazionalità
ebraica costituisce un mezzo per indebolire i diritti di cittadinanza dei
non ebrei in Israele, specialmente per il quinto della popolazione che è araba.
Una trentina di leggi in Israele privilegiano specificamente gli ebrei,
specialmente nel campo dei diritti relativi all’immigrazione, alla
naturalizzazione, alla concessione di terre, al lavoro.
I rappresentanti degli arabi denunciano da tempo il fatto
che l’indicazione della nazionalità ”araba” sulle carte di identità ne faciliti
l’individuazione da parte della polizia e dei funzionari, per imporre loro un
trattamento discriminatorio.
Il ministero dell’interno ha adottato più di 130
nazionalità per i cittadini israeliani, la maggior parte delle quali definite
in termini religiosi ed etnici, prime tra tutte “ebreo” ed “arabo”.
La causa intentata dal gruppo è approdata alla Corte
Suprema, dopo essere stata respinta due anni fa da un giudice distrettuale, che
ha invece accolto la posizione dello Stato secondo cui non esiste la nazione
israeliana.
Secondo il dirigente della campagna per la nazionalità
israeliana, Uzi Ornan, professore di linguistica in pensione, “è assurdo che
Israele, pur riconoscendo decine di diverse nazionalità, rifiuti di riconoscere
proprio quella che il paese dovrebbe rappresentare”.
Il governo si è opposto alle richieste del gruppo,
sostenendo che il vero obiettivo della campagna sarebbe quello di “minare
l’infrastruttura dello Stato” (riferendosi evidentemente alle leggi e alle
istituzioni ufficiali che assicurano ai cittadini ebrei uno statuto
privilegiato).
Secondo Ornan, 86 anni, il non riconoscimento di una comune
nazionalità israeliana è il fondamento della discriminazione autorizzata dallo
Stato verso la popolazione araba.
“Vi sono addirittura due leggi, la legge dei Ritorno per gli
ebrei e quella della Cittadinanza per gli arabi, che stabiliscono il diverso
modo di far parte dello Stato – dice - Che razza di democrazia è quella che
distingue i suoi cittadini in due categorie?”
Yoel Harshefi, l’avvocato che assiste Ornan, dice che il
ministero dell’interno è ricorso alla creazione di gruppi nazionali non
riconosciuti giuridicamente fuori da Israele, come “Arabo” o ”Sconosciuto”, per
evitare di dover riconoscere una nazionalità israeliana.
Nei documenti ufficiali, la maggior parte degli Israeliani
sono repertati come “ebrei” o “arabi”, ma gli immigrati il cui ebraismo è posto
in dubbio dai rabbini israeliani, che sono i circa 300.000 provenienti
dall’Unione Sovietica, sono abitualmente registrati con l’indicazione del loro
paese di origine.
“Immaginate le proteste delle comunità ebraiche negli Stati
Uniti, in Gran Bretagna o in Francia, se le autorità tentassero di classificare
i cittadini come ‘ebrei’ o ‘cristiani’”, dice Ornan.
Il professore, che vive vicino Haifa, ha agito in giudizio
quando il ministero dell’interno ha respinto la sua richiesta di modificare la
propria nazionalità qualificandola come “israeliana” nel 2000. Una petizione su
Internet che dichiara “Io sono israeliano” ha raccolto diverse migliaia di
firme.
Ad Ornan si sono associate altre 20 personalità pubbliche,
tra cui l’ex ministro Shulamit Aloni. Diversi membri del gruppo sono stati
registrati con nazionalità inconsuete, come “Russo”,
“Buddista”, “Georgiano e
“Birmano”.
Tra i ricorrenti figurano due arabi, uno dei quali è Adel
Kadaan, che era già ricorso in giudizio nel 1990 per ottenere l’autorizzazione
a vivere in qualcuna delle centinaia di comunità in Israele aperte solo agli
ebrei.
Uri Avnery, attivista per la pace ed ex membro del
parlamento, dice che l’attuale sistema di nazionalità offre agli ebrei che
vivono all’etero maggiori diritti di quelli riservati al milione e trecentomila
arabi che vivono in Israele.
“Lo Stato di Israele non può riconoscere una nazione
israeliana perché è lo Stato della nazione ebraica… esso appartiene agli ebrei
di Brooklyn, di Budapest e di Buenos Aires, anche se questi sono cittadini
statunitensi, ungheresi o argentini”.
Alcune organizzazioni sioniste internazionali che
rappresentano la diaspora, come il Fondo nazionale ebraico e l’Agenzia ebraica,
si vedono riconosciuto dalla legislazione israeliana un ruolo particolare,
quasi governativo, specialmente in materia di immigrazione e di controllo, su
vasti territori israeliani, al solo scopo di favorire gli ebrei.
Ornan ritiene che il non riconoscimento di una comune
nazionalità costituisce una violazione della Dichiarazione di indipendenza di
Israele, che stabilisce che “lo Stato osserverà una totale eguaglianza sociale
e politica per tutti i suoi cittadini, senza distinzione di religione, di razza
o di sesso”.
L’indicazione della nazionalità sulla carta di identità
degli Israeliani facilita la discriminazione nei confronti dei cittadini arabi,
aggiunge.
Il governo obietta che l’indicazione della nazionalità
nelle carte di identità è stata
progressivamente soppressa a partire dal 2000
– dopo che il ministero dell’interno, all’epoca retto da un partito religioso,
si era opposto a una decisione del tribunale che chiedeva che gli ebrei non
ortodossi fossero identificati come “ebrei” sulle carte.
Tuttavia, secondo Ornan, chiunque può immediatamente capire
se ha nelle mani la carta di un ebreo o di un arabo, perché la data di nascita
sulle carte di identità degli ebrei è indicata secondo il calendario ebraico.
Inoltre la carta di identità di un arabo, al contrario di quello di un ebreo,
riporta anche il nome del nonno.
“Una sola occhiata alla vostra carta di identità e
qualsiasi funzionario vi troviate dinanzi capisce a quale clan appartenete e
può dirottarvi verso qualcuno più preparato a ‘gestire la vostra categoria’”,
dice Ornan.
La distinzione tra nazionalità ebraica e nazionalità araba
è anche riconoscibile sui documenti che il ministero dell’interno consulta ai
fini di importanti decisioni sullo status delle persone, come un matrimonio, un
divorzio o un decesso, che sono trattati in termini di assoluto settarismo.
Solo gli israeliani della stessa comunità religiosa sono
per esempio autorizzati a sposarsi in Israele, altrimenti devono sposarsi
all’estero, e i cimiteri sono separati a seconda dell’appartenenza religiosa.
Alcuni dei ricorrenti lamentano di essere stati penalizzati
nei loro interessi professionali. Un Druso, Carmel Wahaba, dice per esempio di
avere perso l’occasione di creare una società import-export in Francia perché i
funzionari francesi hanno rifiutato di accettare i documenti che lo
dichiaravano di nazionalità “drusa” e non “israeliana”.
Il gruppo sostiene si possa ricorrere ad uno stratagemma
verbale, traducendo in modo deliberatamente sbagliato l’espressione ebraica
“cittadinanza israeliana” sui passaporti del paese con “nazionalità israeliana”
in inglese, per evitare problemi coi servizi di frontiera stranieri.
B. Michael, giornalista del Yedioth Aharonoth, il più
popolare dei giornali israeliani, fa osservare: “Noi siamo tutti di nazionalità
israeliana, ma solo all’estero”.
La campagna tuttavia apre un’accanita controversia davanti
ai tribunali.
Una procedura giudiziaria simile, avviata da uno psicologo
di Tel Aviv, George Tamrin, è stata respinta nel 1970. Shimon Agranat,
all’epoca presidente della Corte Suprema, aveva tuttavia rilevato nella
sentenza: “Non esiste nazione israeliana distinta dal popolo ebraico… Il popolo
ebraico non è composto solo dagli ebrei che risiedono in Israele ma anche dalla
comunità ebraica della diaspora”.
Questa opinione è stata ripresa dal tribunale
distrettuale nel 2008, dopo avere ascoltato Ornan.
I giudici della Corte Suprema che hanno svolto la prima
udienza in appello il mese scorso hanno fatto intendere che nemmeno loro si
faranno convincere dagli argomenti dei ricorrenti. Il giudice della Corte
Suprema, Uzi Fogelman, ha detto: “La questione è di sapere se la Corte è
davvero l’istanza giusta per risolvere il problema “.
Jonathan Cook è scrittore e giornalista che vive a
Nazareth, Israele. E’ componente del comitato di patrocinio del Tribunale
Russel per la Palestina, i cui lavori sono stati presentati il 4 marzo 2009
Fonte: www.info-palestine.net, 10 aprile 2010 (trad.Ossin)
Fonte: visto su http://www.ossin.org/
Link: http://www.ossin.org/israele/israele-razzista-nazionalita-israeliana-discriminazioni-israele.html
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