2 settembre 2013 NOTIZIE
DAL MONDO EVANGELICO
Ritorniamo sulla situazione del nord Kivu attraverso la testimonianza di Pietro Gavioli che alla fine del maggio scorso aveva delineato una
realtà difficilissima segnata dalla violenza dei gruppi para militari. In
luglio e agosto la regione è ancora squassata da gravi episodi a cui il
contingente ONU non riesce a fare fronte. Rimangono segni di speranza
nella presenza di ONG e di missioni ma pure nella forza di un popolo che non
vuole darsi per vinto. Il rapporto di
Human Rights Watch, pubblicato il 22 luglio 2013 parla soprattutto degli atti
criminali dei ribelli dell’M23: da marzo 2013 hanno ucciso con esecuzione
sommaria almeno 44 persone, hanno stuprato almeno 61 donne e ragazze (il loro
numero è probabilmente molto più alto, dice il rapporto di HRW, ma molte
vittime preferiscono non parlarne), hanno continuato a reclutare in maniera
forzata uomini e ragazzi anche minorenni, hanno praticato varie forme di
tortura (soprattutto bastonate che qualche volta hanno provocato la morte delle
vittime).
Nel Nord-Kivu ci sono una trentina di gruppi armati, quasi
tutti agiscono nella stessa maniera. Il calvario della popolazione, soprattutto
nelle zone rurali dell’interno, è orribile. Ce ne rendiamo conto dal numero
degli sfollati che continuano ad arrivare in città. Ce ne rendiamo conto,
perché il Comitato Internazionale della Croce Rossa ci porta ragazzine
stuprate, piccoli orfani di cui hanno ucciso la madre o entrambi i genitori,
ragazzi e ragazze non accompagnati (che hanno perso contatto con la loro
famiglia nella fuga da villaggi attaccati). Ce ne rendiamo conto anche perché
tra il migliaio di bambini che sono venuti al centro estivo molti hanno segni
evidenti di povertà, di fame, di malattia. Questa guerra “dimenticata e
invisibile” (dall’Europa) avrà conseguenze lunghissime: ci vorranno anni e anni
prima che tutte le ferite fisiche e morali siano rimarginate.
A Goma, la tregua
in vigore dal dicembre dell’anno scorso è stata rotta prima tra il 20 e il 22
maggio, con violenti scontri attorno a Mutaho,
a 8 km a nord ovest della città (e a 4 km da Ngangi): si parla di 200 morti,
tra i militari e i civili. Due bombe sono cadute vicino al campo profughi di
Mugunga, e hanno ucciso almeno 6 persone.
Ultimamente, dal 14 luglio, i combattimenti tra ribelli
dell’M23 e l’esercito congolese sono ripresi, sempre a nord della città.
Quattro bombe sono cadute in quartieri vicino a Ngangi, senza far vittime. L’esercito regolare è riuscito a
spingere un po’ più a nord le forze ribelli. La Monusco (i soldati dell’Onu)
sta a guardare, come al solito. La Brigata africana di intervento – 3000
uomini di Malawi, Tanzania e Sudafrica – dovrebbe presto iniziare l’offensiva
contro tutti i gruppi armati che infieriscono nella nostra regione. Stiamo a
vedere se saranno efficaci.
Agosto 2011 – Dopo un mese e mezzo di riposo e di
visite in Italia, sono di ritorno a Goma. Ho trovato più o meno la situazione
che avevo lasciato. Le forze dell’Onu, dicono, hanno reso sicura la città. Ma
le testimonianze dirette che riceviamo dal nord della regione parlano di
violenza, distruzioni, assassinii, estorsioni… da parte dei ribelli dell’M23 o
di altri gruppi armati. L’Onu sostiene una soluzione pacifica, attraverso il
dialogo che dovrebbe continuare a Kampala, oppure attraverso una concertazione
nazionale, a cui participerebbero tutte le forze attive in Congo. Queste forme
di dialogo richiedono tempi lunghissimi. La gente che vive nei territori
occupati da ribelli o infestati da varie bande armate non può aspettare. I
120.000 sfollati accampati in condizioni inumane nei campi profughi
attorno a Goma non possono aspettare. I Congolesi dell’Est chiedono
un’accelerazione del processo di pace.
Ora, da quattro giorni, la guerra ha ripreso, con violenza,
a una ventina di km da casa nostra: sentiamo gli spari e le cannonate che si
scambiano i ribelli dell’M23 e l’esercito congolese. Difficile, per il momento,
sapere quanti morti ci sono tra i militari e i civili. Varie bombe hanno
colpito la città, facendo almeno quattro morti e vari feriti. Dicono che è una
ritorsione del Ruanda: dato che un obice sparato dal Congo sarebbe caduto in
territorio ruandese, la risposta dei nostri vicini – che sostengono i ribelli
dell’M23 – è stata immediata. Stamattina un’altra bomba è caduta in un quartiere
della città e ha ucciso una donna: la gente arrabbiata – contro tutti quelli
che hanno detto che la città era sicura – ha improvvisato una marcia con il
cadavere verso la frontiera con il Ruanda, da cui sarebbe stata lanciata la
bomba. Anche alla messa di stamattina abbiamo pregato per la pace: ci sarà
qualcuno che prende su serio il grido che sale dal popolo degli umili di questa
regione?
La nostra è una guerra dimenticata, diventata “invisibile” a
livello della comunità internazionale. I giornali occidentali parlano spesso
dei morti nei conflitti del Medio Oriente – ed è giusto. Ma penso che il numero di uomini, donne e
bambini che continuano a morire all’Est del Congo a causa della guerra e delle
sue conseguenze (fame, stenti, malattie, marce forzate…) sia terribilmente
superiore. Hanno detto, con ragione, che questa guerra lunghissima, iniziata
circa 20 anni fa, è stata la più micidiale (si parla di 5 o 6 milioni di morti)
dopo la seconda guerra mondiale.
Segni di speranza – La gente qui non ha più fiducia
nelle forze dell’Onu, né nelle dichiarazioni del governo: si chiede se il
Signore stesso non l’ha dimenticata. Ma non è così. Da quando si è fatto uomo,
il Signore Gesù ha scelto di abitare tra i più poveri. Nonostante la nostra
poca fede, ci capita di vederlo, negli avvenimenti ordinari della vita
quotidiana. Lo vediamo nella gioia di bambini che hanno frequentato il centro
estivo, e che hanno potuto ricevere qualche bicchiere de latte. Lo vediamo nel
coraggio delle mamme che non si stancano di cercare cibo e una scuola per i
propri figli. Lo vediamo nella fede del popolo che ci circonda: è una fede un
po’ fatalista, ma generosa. Lo vediamo nei numerosi giovani che consacrano la
loro vita a servizio del loro popolo. Quest’anno ci sono state a Goma una
decina di ordinazioni sacerdotali, tra cui due di salesiani. La missione
cristiana è un punto di riferimento a cui guarda la gente per avere un aiuto e
un sostegno, non solo materiale.
I bisogni attuali – Malgrado le promesse e le
speranze di pace, la situazione a Goma e nel Nord Kivu resta instabile.
All’interno, l’insicurezza è spesso quasi totale. Le persone abbandonano i
villaggi e le coltivazioni per salvare la loro vita. Nei villaggi protetti, gli
sfollati occupano scuole che così non possono funzionare più. La povertà e la
miseria aumentano. Lo stesso in città, se la situazione durante la giornata
sembra normale, di notte si sentono spesso tiri di armi da fuoco, c’è molto
banditismo, il costo della vita aumenta e gli strati popolari fanno molta
fatica a sopravvivere.
Al Centro Don Bosco Ngangi, [la missione dove opera
Gavioli] i gruppi dei piccoli orfani e dei bambini malnutriti sono
aumentati. Alcune mamme vengono a chiederci di aiutarle a nutrire i loro
bambini. Abbiamo provato, per ragioni di equilibrio finanziario, di regolare
l’accesso alle cure mediche nel dispensario del Centro, ma è difficile restare
insensibili ai numerosissimi casi sociali che si presentano per le cure
ordinarie, e talvolta anche per operazioni costose. Nella misura delle nostre
possibilità, aiutiamo tutti quelli che non possono trovare aiuto altrove. In
particolare, cerchiamo di
- accogliere, nutrire e curare i bambini orfani: sono oggi
35 da 0 a 6 mesi e più di 50 da 6 mesi a 2 anni;
- curare i bambini malnutriti: sono un centinaio che
frequentano il Centro ogni giorno; dopo tre mesi di complemento nutritivo,
ritrovano il loro peso normale e lasciano il Centro, ma sono sostituiti
immediatamente da altri bambini che soffrono di carenze alimentari;
- curare nel nostro dispensario le persone vulnerabili (casi
sociali), soprattutto i bambini che non hanno mezzi per farsi curare altrove;
- permettere a tutti i bambini di frequentare la scuola
elementare: nell’anno scolastico 2012-13, avevamo più di 3000 bambini alle
elementari, con classi impossibili di 70-80 scolari. Ma ci sono ancora
moltissimi bambini che non vanno a scuola…
Al Centro il Don Bosco, cerchiamo di lavorare perché i
diritti di tutti i bambini siano rispettati. Il primo di questi diritti è il
diritto alla vita (al cibo, alla salute, al gioco). Poi cerchiamo di offrire ai
bambini un’educazione di qualità, perché diventino attori di una società più
umana. Con la grazia del Signore, e con l’aiuto di tante persone buone,
pensiamo che vale la pena di continuare a fare tutto quello che possiamo.
Ultime notizie – Dal 20 agosto la guerra è ripresa e
la situazione rischia di precipitare. I ribelli e l’esercito congolese si sono
scambiati colpi di mortaio che sono finiti pure sui villaggi causando numerose
vittime. Così è avvenuto anche il 28 con bombe cadute sui quartieri di Mabanga
e di Katoy. Fino ad oggi i combattimenti a nord di Goma non sono cessati:
notizie certe parlano di cambio di carichi di soldati che dal Ruanda si stanno
muovendo verso la frontiera con il Congo. Sembra siano pronti per una guerra su
larga scala. Speriamo non sia così.
Fonte: visto su NOTIZIE EVALGELICHE.COM del 2 settembre 2013
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