di Gianfredo Ruggiero
L’America è comunemente conosciuta come la patria della
libertà, come la nazione che più di ogni altra ha contribuito all’affermazione
della democrazia nel mondo.
Il suo modello di società è considerato dai suoi estimatori
come l’unico in grado di assicurare a tutti pace e benessere e di stabilire un
nuovo ordine mondiale basato sugli ideali di concordia e fratellanza.
Ma è proprio così? Siamo proprio sicuri che questa immagine
sia reale e non un quadro dipinto ad arte?
Partiamo dalle origini. Nel nuovo mondo venivano
spediti direttamente dalle carceri europee i delinquenti di ogni risma, gli
ergastolani, gli emarginati e gli avventurieri pronti a tutto. Puritani fanatici
e vogliosi di rinverdire i fasti della Santa Inquisizione, cattolici
perseguitati dai protestanti, ebrei vittime dei pogrom, affamati, asociali e
spostati di ogni sorta. Da tutto ciò nasce la “civiltà” americana.
Ha mosso i primi passi massacrando i pellerossa per
sottrarre loro la terra, lasciandoli morire di fame, di inedia e di alcolismo
dopo averli ristretti in riserve sempre più piccole e prive di pascoli, la loro
unica fonte di nutrimento.
E’ diventata potente con il lavoro degli schiavi africani
strappati con la forza alla loro terra e trattati alla stregua di animali
domestici su cui esercitare diritto di vita e di morte. Si sono dovuti
attendere gli anni ’60 per porre fine alla vergognosa segregazione razziale in
vigore in molti Stati USA.
Durante il secondo conflitto mondiale l’America ha
massacrato milioni di civili inermi nei bombardamenti a tappeto delle
città tedesche e italiane. Ad Amburgo come a Dresda perirono, bruciati vivi
dagli ordigni incendiari o mitragliati dal volo radente dei caccia, oltre
duecentomila civili, per poi completare l’opera con le bombe atomiche gettate
su due delle più popolose città del Giappone.
I prigionieri tedeschi della Wehrmacht, ragazzi di 15 e 16
anni, rinchiusi nei campi di concentramento americani e inglesi venivano
volutamente lasciati morire di fame, di malattie e di stenti. Costretti a
scavarsi con le mani delle buche dove ripararsi dal freddo o dal sole cocente,
sotto lo sguardo indifferente degli aguzzini alleati pronti ad uccidere al
primo segno di insofferenza.
A guerra finita i “liberatori” si girarono dall’altra parte
quando i partigiani massacravano i fascisti o presunti tali, familiari
compresi. Quando riempivano le fosse comuni con i corpi straziati dei giovani
soldati e delle ausiliarie, spesso violentate prima di essere barbaramente
uccise, arresisi dopo il 25 aprile.
Nel dopoguerra, dopo averci distrutto le città con i
bombardamenti terroristici del ’44, l’America, con il piano Marshall, ha
investito in Italia grandi capitali per farci diventare una sua docile e
redditizia colonia. Al riguardo si parla tanto degli aiuti americani, ma si
dimenticano gli enormi contributi, veramente disinteressati, provenienti
dall’Argentina. Ogni giorno navi stracolme di ogni cosa hanno fatto la spola tra
il Paese di Evita Peron e l’Italia, ma di questo nessuno ne parla.
In Vietnam per stanare i Vietcong gli americani non
esitarono a bruciare con le bombe al napalm interi villaggi con le
persone dentro. Tali operazioni venivano cinicamente chiamate “disinfestazioni”.
Negli anni settanta e ottanta l’America ha sostenuto le più
sanguinose dittature militari sia in sud America, dove la CIA ha organizzato e
finanziato i più cruenti colpi di stato, sia in Grecia e in Turchia con
i regimi dei colonnelli. Salvo poi disconoscerli dopo che ebbero fatto il
lavoro sporco o essere diventati poco utili ai suoi disegni geopolitici.
L’Iraq, per giungere ai giorni nostri, era uno Stato
sovrano, retto da una dittatura non tanto diversa da quella che possiamo
trovare nei Paesi islamici amici dell’America come l’Arabia Saudita e gli
Emirati arabi, e sicuramente meno feroce di quella cinese con la quale
l’amministrazione americana (e l’Italia) intrattengono ottimi rapporti
d’affari. Le varie etnie e religioni coesistevano pacificamente (l’ex vice di
Saddam Aziz era cristiano) anche grazie al pugno di ferro del Rais. Con gli
americani non c’è più un edificio in piedi, neppure i luoghi di culto sono
risparmiati e lo spettro della guerra civile è sempre alle porte. Per non parlare
dell’economia divenuta totalmente dipendente dall’America dopo che questa si è
impadronita del suo petrolio.
Sotto le macerie delle loro abitazioni, distrutte dalle
bombe a stelle e strisce, sono morte 160 mila persone e almeno 30 mila bambini
(1); un’intera città, Falluja, è
stata bombardata giorno e notte con ordigni al fosforo che hanno bruciato vivi
e corroso migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini; ai posti di blocco i
soldatini di Bush e Obama dal grilletto facile uccidono decine di persone al
giorno (come è successo al nostro povero Calipari). Nelle carceri americane dei
paesi occupati (vedi Guantanamo) la tortura non è una novità.
In Afghanistan, per rimanere nel campo delle guerre
preventive, con l’occupazione è ripresa con vigore la produzione di oppio che
serve, beffardamente, a finanziare la resistenza talebana e a drogare la
gioventù americana.
L’America conserva un poco invidiabile primato, quello di
essere la prima produttrice, esportatrice e utilizzatrice al mondo di armi
di distruzione di massa, una vera e propria democrazia a mano armata: dalle
bombe atomiche gettate sul Giappone, che ancora oggi mietono vittime a causa
delle radiazioni, alle armi chimiche utilizzate in Vietnam e Iraq e per finire
agli ordigni all’uranio utilizzati nei Balcani, causa primaria delle morti per
cancro tra la popolazione e tra gli stessi soldati, molti dei quali italiani.
Il business degli armamenti rappresenta una voce primaria
del bilancio USA: le armi americane sono esportate in tutto il mondo,
ovunque vi siano focolai di guerra. Nei paesi poveri scarseggiano il cibo e le
medicine, ma non le pallottole made in Usa. Non è un caso che negli ultimi
vent’anni la fame del mondo invece di diminuire è aumentata ed è tutt’ora in
costante crescita, come la diffusione delle armi. “le guerre si fanno per
vendere armi” afferma il Santo Padre riferendosi alla smania
d’intervento in Siria del presidente americano Obama (premio Nobel per…la
pace).
Venuta meno la minaccia sovietica ci saremmo aspettati un
progressivo disimpegno militare americano in Europa, invece la Nato (leggi
America) ha mantenuto sul nostro suolo il suo enorme apparato bellico (113
basi, di cui alcune nucleari, oltretutto mantenute con i nostri soldi). A quale
scopo? Per difenderci dalla Svizzera o per rimarcare, anche militarmente, il
nostro stato di impotenza e di dipendenza dagli USA?
La cultura e lo stile di vita americani sono intrisi di
violenza: un’arma non si nega a nessuno, neppure agli adolescenti (vedi le
ricorrenti stragi nelle scuole e nei campus universitari).
Nei sobborghi delle città americane, all’ombra degli
sfavillanti grattacieli, l’emarginazione, la violenza e l’alcolismo sono di
casa. La stessa cinematografia è imperniata sui gangsters, sui cow boys che
uccidono gli indiani e sulla forza bruta del potere.
Non è un caso che l’America è oggi l’unico paese del mondo
occidentale a praticare la pena di morte. Come nei tanto osteggiati
Paesi islamici e nelle peggiore dittature comuniste e militari.
L’America è sicuramente un grande Paese sotto il profilo
economico e, soprattutto, militare, ma dal punto di vista umano e civile non ha
proprio nulla da insegnarci. E rattrista vedere i nostri politici e
intellettuali di destra, ma anche di sinistra, guardare con simpatia e
ammirazione all’America, come se noi europei, maestri di cultura e civiltà, noi
europei, che abbiamo insegnato al mondo a camminare, non fossimo in grado di
sviluppare un nostro modello di società, ancorato ai nostri valori di umanità e
di giustizia sociale.
EUROPA RISORGI!
Gianfredo Ruggiero
Note
(1) Complessivamente, secondo una ricerca di Michael
Schwartz professore di sociologia all’Università Broock di New York, in Iraq
160.000 civili di cui 32.000 bambini sono morti sotto le macerie delle loro
abitazioni distrutte dalle migliaia di bombe dirompenti e missili sganciati dai
bombardieri anglo americani e durante le incursioni e rastrellamenti
delle forze speciali alleate.
Fonte: visto su Excalibur
del 15 settembre 2013
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