di MATTEO CORSINI
“Deve essere chiaro che in Italia, chi ha soldi, se li
investe per creare lavoro lo Stato lo aiuta, se li mette nella
rendita finanziaria lo Stato non lo aiuta”. In una sola frase Enrico Letta
è riuscito a condensare concetti tanto oggettivamente falsi quanto non
condivisibili, almeno dal mio punto di vista. Letta sostiene che chi investe
soldi e crea lavoro riceve aiuti dallo Stato, mentre se li mette in una non meglio
definita “rendita finanziaria” no. A parte il linguaggio da socialismo tardo
ottocentesco, ciò non è affatto vero.
Il fisco è notoriamente più rapace nei confronti del
reddito di impresa che in quello da attività finanziarie, ancorché dal 2011
il salasso sia aumentato anche su quest’ultimo. Quanto agli aiuti per chi crea
lavoro, suppongo che a Letta sfugga il metodo di determinazione della base
imponibile dell’Irap (voluta dal suo allora collega di governo Vincenzo Visco),
che include il costo del lavoro. Non mi mare di aver sentito propositi di
cancellazione o anche solo di modifica dell’Irap da parte del presidente del
Consiglio. Ma che un politico per tirare l’acqua al proprio mulino stravolga la
realtà non deve stupire. Il fatto è che, se anche Letta dicesse il vero, penso
ci sarebbero buoni motivi per non condividere quegli aiuti. Chi investe in
un’attività imprenditoriale non lo fa per creare lavoro, lo fa per ottenere un
profitto. In un libero mercato ottiene un profitto chi soddisfa la domanda dei
consumatori meglio dei concorrenti. L’assunzione di personale è una conseguenza
dell’espansione dell’attività aziendale, che dipende dal successo dell’impresa
ed è duratura solo se tale successo si consolida nel tempo.
Un imprenditore, se non vuole essere un parassita, non
necessita di aiuti da parte dello Stato (a spese dei suoi concittadini,
ovviamente), né li chiede. E’ tuttavia evidente che dallo Stato si aspetterebbe
per lo meno di non essere ostacolato e vessato. L’esatto contrario di quanto
accade da ormai molto tempo in Italia. Quanto alla cosiddetta “rendita
finanziaria”, l’idea che lo Stato colpisca i “rentier” è una giustificazione
(patetica) per coprire il fatto che il grosso del gettito viene dalla
tassazione dei risparmi (spesso non cospicui) di persone i cui redditi sono già
stati soggetti a Irpef. Ciò detto, lo Stato usa lo strumento fiscale per
distorcere le scelte di allocazione da parte dei risparmiatori. E’ notorio che
i titoli di Stato e i prodotti postali (azienda statale al 100 per cento) sono
soggetti ad aliquota fiscale pari al 12,5 per cento, mentre gli strumenti
finanziari emessi da emittenti privati sono tassati al 20 per cento. Letta lo
sa?
Fonte: srs di MATTEO CORSINI. Visto su L’Indipendenza del 27
settembre 2013
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