Il figlio dell'ex leader socialista afferma che "se mio padre era un criminale lo era anche
Giuliano Amato". E la sorella Stefania è ancora più pragmatica: "Amato estraneo al finanziamento illegale al
partito? Abitava forse sulla luna? Non poteva non essere coinvolto"
di Beatrice Borromeo | 17 aprile 2013
“Parliamoci chiaro:
se mio padre era un criminale lo era anche Giuliano Amato”, dice Bobo Craxi.
“Papà a capo di un partito di ladri? E allora Giuliano era
il vice ladrone”, rincara Stefania, intervistata separatamente dal fratello. E
se il primo continua a negare l’esistenza stessa dei reati (“Prendere soldi per
il partito non fa di un uomo un ladro, i veri delinquenti sono quelli che
infettano il sangue”), Stefania Craxi è più pragmatica: “Amato estraneo
al finanziamento illegale al partito? Abitava forse sulla luna? Non poteva non
essere coinvolto. Il punto è, semmai, che lo facevano tutti”.
Fatto sta che vostro padre è morto latitante, mentre
Giuliano Amato è tra i papabili per il Quirinale.
Bobo: Che devo dire? Il destino è beffardo. Ma
nessuno, tantomeno mio padre, si aspettava che Giuliano si buttasse nel fuoco
per lui. E infatti non lo fece. Ma non si stupì affatto: lo conosceva troppo
bene.
Stefania: Certo, mio padre decise di assumersi le proprie
responsabilità. Amato no.
Sul piano umano cosa pensate di lui?
Bobo: Amato, come politico, ha sempre avuto
manchevolezze. E per natura non è mai stato interamente partecipe della vita
politica del partito, tanto meno della sua fine. Non voleva certo andare a
sbattere contro un muro.
Stefania: Stiamo parlando di un uomo
estremamente intelligente. Come presidente della Repubblica dovrebbe però
trovare quella franchezza che gli è mancata in passato. Perché al Quirinale
serve un uomo risoluto: e infatti avrei preferito D’Alema.
Bettino Craxi non fu così diplomatico quando Amato prese
le distanze dalla stagione di Tangentopoli. Lo ribattezzò “il becchino del
Psi”.
Bobo: Quella fu una fase molto dura per mio padre.
Io, vent’anni dopo, non ho la stessa animosità. Anche perché non fu Amato a
scavargli la fossa: poi, è evidente, le sue fortune cominciarono proprio quando
papà ci finì dentro.
Stefania: Abbiamo avuto vari scontri, anche
pubblici. Ed ero sempre io a incalzarlo, non certo lui. Ma so distinguere tra
il passato – che non posso modificare – e il futuro di questo Paese.
Quando vi siete conosciuti?
Bobo: All’inizio
degli anni Ottanta. Amato era già a Palazzo Chigi, veniva dalla corrente
giolittiana del partito. Era l’ala più accademica. Intellettuali rispettati, ma
senza potere. Poi mio padre gli prospettò la possibilità di entrare nella
stanza dei bottoni, e lui accettò di buon grado. Da quel momento la sua
carriera decollò: divenne sottosegretario, poi andò al Tesoro. E ora che ha
vissuto la sua seconda Repubblica, si prepara per la terza. Gode di longevità.
Come prenderebbero i socialisti la sua elezione a capo
dello Stato?
Bobo: Non sarebbe una tragedia. Certo, non isseremmo le
bandiere, ma non metteremmo nemmeno il lutto al braccio. Amato alla fine è come
il grigio: va bene per tutte le stagioni.
Stefania: Sarebbe il terzo
socialista che sale al Quirinale, dopo Saragat e Pertini. Ne sarei lieta. All’epoca
non ebbe la forza di risollevare il Psi, se oggi diventasse capo dello Stato
non potrebbe più…
Defilarsi?
Stefania: L’ha detto lei, comunque
sì.
E i vostri rapporti come sono?
Stefania: Io
sono cresciuta con una signora che sedeva a tavola con noi ogni sera: la
politica. So apprezzare l’intelligenza di chi lavorava con mio padre. E poi
Amato ha lasciato il testimone a mio marito: la presidenza del tennis club di
Orbetello.
Bobo: L’ultima volta che ci siamo incontrati è stata al
Viminale quando era ministro dell’Interno. Anche se non ci vedevamo da quindici
anni, mi trattava come si ci fossimo parlati mezz’ora prima. Segno che, tra
persone intelligenti, i rapporti umani – nonostante tutto – restano buoni.
Umani?
Bobo: Diciamo politici.
Twitter @BorromeoBea
Fonte: visto su Il Fatto Quotidiano del 17 aprile 2013
Il Fatto Quotidiano, con un articolo di Vincenzo
Iurillo, ha già, a fine agosto, dato la notizia dell’importantissima richiesta,
da parte del PM Alfredo Greco, di rinvio a giudizio per usura, su una mia
denunzia del 2009, del Monte Paschi, e della fissazione, al 27.11.2013,
dell’udienza preliminare dinanzi al GUP del Tribunale Penale di Vallo della
Lucania.
Questione giudiziaria di cui però devo ora illustrare sia
l’aspetto cruciale che il modo in cui in essa (che rappresenta un passaggio
importantissimo della lotta alle banche) si inserisce la vergognosa,
sfrontatissima nomina alla Corte Costituzionale del super-massone, aspenino
eccetera, Giuliano Amato, da parte del super-massone Napolitano (mi rifiuto di
chiamarlo Presidente).
La magistratura, cioè, è sempre stata al servizio delle
banche, ed è piena di massoni deviati e persino pedofilo satanici. E questo lo
sapevamo.
E sappiamo che anche la Corte Costituzionale – oltre ad
avere vari giudici variamente chiacchierati in quanto in odore di massonicità –
è globalmente anch’essa filo-massonica non fosse altro che perché finge di non
capire che la massoneria è illecita, dato che la sua essenza è nella
segretezza (che è vietata), così come finge di non capire che il bilderberg è
un’organizzazione criminale.
Sennonché, non tutti i magistrati sono massoni di fatto o in
pectore e, ora che lo sfascio creato dal potere bancario è divenuto
insopportabile, ecco che, qui e là, qualche giudice coraggioso e dignitoso sta
trovando lo spazio per aprire quelle indagini e quei processi che probabilmente
avrebbe voluto fare da anni, ma che fin qui non c’erano le condizioni per fare,
come il PM Alfredo Greco che, già dal 15.11.2011, in seguito alla mia denunzia
del 2009, iscrisse nel registro degli indagati Giuseppe Mussari e Antonio
Vigna, quali presidenti e direttore pro tempore del Monte Paschi.
Provvedimento al quale sono poi seguiti altri, sicché il
potere bancario – avendo fiutato il pericolo di ‘epidemia’ – corre ai ripari.
Corre ai ripari cercando di rafforzare i ranghi massonici nell’ambito della
magistratura mediante nomine come quella di Giuliano Amato, personaggio
orrendo, ‘residente’ in quella land of darkness (terra dell’oscurità) in
cui si decide e si organizza il condizionamento e la rovina morale e materiale
della società mondiale.
Nomina contro la quale presenterò una denunzia alla Procura
di Roma, alla quale già presentai la denunzia per la nomina di Mario Monti a
Presidente del Consiglio da parte del circolo criminale occulto bilderberg,
perché non ritengo che la magistratura possa rimanere all’infinito in silenzio
di fronte a simili crimini, ora anche al suo stesso interno.
Perché – va bene che la magistratura è piena di PM e giudici
massoni deviati, alcuni dei quali pure pedofilo satanici, ma almeno non lo si
sapeva, e i nomi, per il momento, salvo alcuni, non sono venuti fuori con
chiarezza – ma che Amato è espressione della peggiore massoneria e della
finanza più criminale lo sanno tutti, sicché per nominarlo giudice della Corte
Costituzionale ci voleva solo una faccia di bronzo come Napolitano.
Napolitano che del resto ha nominato poco fa senatori a vita
quattro personaggi due dei quali massoni conclamati (Claudio D’Abbado e Renzo
Piano), uno (Elena Cattaneo) che con la politica c’entra come i cavoli a
merenda, ma che c’è da giurare farà sempre quello che le diranno gli
stessi ambienti che guidano Napolitano, e un altro che è intimo alle
logiche massoniche, cioè lo pseudo-scienziato Rubbia, ovvero quell’asino
secondo il quale si può andare indietro ma non avanti (o viceversa, non
ricordo) nel tempo; laddove il tempo non è che un numero di codice per
‘etichettare’ le forme della realtà che si succedono, sicché non si può né
riandare alle forme che essa ha avuto né anticipare quelle che avrà
(approfondisci da La definizione del concetto di tempo, in La storia
di Giovanni e Margherita). Nomine eseguite per incarico del potere
massonico\bancario allo scopo di alterare la maggioranza al Senato, dove c’è
già Mario Monti (quindi 5 voti sicuri per le banche).
Si stanno in pratica organizzando in modo che il Governo fa
i decreti legislativi anticostituzionali, il Parlamento (che è già sotto il
controllo della massoneria) immancabilmente li converte in legge, e la Corte
Costituzionale, quando le arrivano i ricorsi per la loro anticostituzionalità,
li boccia.
Nonostante, cioè, siamo già in un regime di assoggettamento
quasi totale della magistratura alla potere bancario tramite il potere
massonico, si stanno organizzando perché questo controllo divenga più serrato,
perché il rischio è che, anche un solo PM come Alfredo Greco, che non obbedisce
agli ordini, può mettere in crisi il regime, specie poi se trova un GUP che la
pensa come lui.
Una situazione molto grave, perché che i politici, da
Napolitano a Renzi a quello squallido di Pannella ecc, sono tutti massoni, bilderberghini
e così via lo sapevamo, ma se comincia una colonizzazione massonica esplicita
anche della Corte Costituzionale si potrà solo aspettare che il regime sia
travolto dai conflitti interni o dalla tragedia climatica e ambientale.
Pannella che definisco squallido perché i finti
rivoluzionari come lui o Grillo o Bonino (quest’ultima è bilderberghina) mi
disgustano peggio ancora di quelli conclamati.
Perché quanto Grillo e i grillini siano fasulli lo si
capisce ad esempio anche dal fatto che hanno sì protestato contro Amato, ma
adducendo che così guadagnerà ancora di più, ovvero guardandosi bene dal dire
che il vero problema è che è un pericoloso massone.
Argomenti che non possono prendere perché Casaleggio è
intimo al peggiore potere bancario, che equivale a dire massonico, e lo stesso Grillo non ha ancora spiegato
cosa ci faceva a bordo del Britannia, la nave della marina inglese, nel 1992,
in occasione di quella gravissima riunione massonico\bilderberghina, e
soprattutto continua a non spiegare perché di banche si limita a parlare il
minimo indispensabile (qualcosa la deve pur dire o far dire, visto quanto ne
parlava prima che lo arruolassero).
E veniamo ora alla questione Monte Paschi. Ebbene, sono una
trentina d’anni che la magistratura mi fa crepare sulla questione della
responsabilità penale, per l’usura, del presidente e del direttore della banca,
in questo caso del Monte dei Paschi, e non invece del funzionario dell’agenzia
dov’era il conto corrente o il mutuo usuraio.
In sostanza, quando presento queste denunzie per usura,
denunzio la banca in persona del presidente e del direttore. E lo faccio nella
logica che se una banca pratica l’usura nei confronti ad esempio di Paolo Rosi,
non è perché ha in antipatia Paolo Rossi, ma perché pratica l’usura con
tutti.
I PM, invece, quando proprio l’usura non la si può negare,
la richiesta di rinvio a giudizio magari (raramente) la fanno, ma la fanno nei
confronti del malcapitato funzionario dell’agenzia, che non c’entra nulla,
perché i criteri secondo i quali vengono concessi i mutui o i fidi vengono
stabiliti in sostanza dalla proprietà della banca attraverso gli organi che la
rappresentano, per cui la responsabilità non può che essere della banca in
persona del suo legale rappresentante.
Cose ovvie, ma che PM e giudici hanno sempre finto di non
capire allo scopo palese di circoscrivere i processi al singolo caso per
consentire così alle banche di poter continuare a praticare l’usura verso tutto
il resto della collettività.
Una questione sulla quale ho avuto negli anni scontri
violentissimi con la magistratura o con singoli magistrati, sperando che il
principio passasse sia pure magari non in una mia causa per non dare a vedere
che davano ragione a me, come spesso accade.
Ed ecco invece che, sorprendendomi piacevolmente, il PM
Alfredo Greco, il 15 novembre 2011, iscrisse Giuseppe Mussari e Antonio Vigna,
rispettivamente, all’epoca, presidente e direttore del Monte Paschi, nel
registro degli indagati, per cui, alla fine, il GUP ha fissato l’udienza
preliminare per il 27 novembre 2013.
Ora, cosa farà il GUP, se cioè li rinvierà a giudizio o no,
proprio non lo so, e se dicessi che conto nel rinvio a giudizio mi comporterei
come colui che spera troppo, perché sono decenni che assisto con disgusto allo
svilupparsi di una giurisprudenza assurda e mostruosamente in favore delle
banche e contro la società, sicché se il GUP, che non so chi sia, li rinvia a
giudizio, fa una cosa assolutamente nuova, inattesa e straordinaria, nonostante
sia una cosa logica, e che la magistratura avrebbe dovuto fare da sempre.
Il guaio è, però, che ora il nostro Governo a guida
bilderberg sa di avere il super-massone Amato alla Corte Costituzionale, per
cui ha pochi timori a riprendere il varo dei suoi decreti legge filo-bancari da
far poi approvare a questo parlamento per la quasi totalità di
invertebrati.
Un controllo della Corte Costituzionale indispensabile anche
per altri motivi, perché la Corte, qui e là, negli ultimi tempi qualche legge
gliel’ha bocciata.
Insomma è un disastro: siamo proprio in mano ai
criminali..
12.9.2013
Alfonso Luigi Marra
Fonte: Visto su Signoraggio.it
SCANDALO MPS, ANCHE IL NEO ELETTO AMATO “CONQUISTA” UN POSTO
NEGLI INDAGATI.
Anche il nuovo giudice della Corte Costituzionale
Giuliano Amato entra a pieno titolo nelle indagini sull’affaire Monte dei
Paschi di Siena. In alcune telefonate pubblicate dal Corriere della Sera e
dalla Stampa emerge un nuovo dialogo tra l’ex premier e il numero uno del Monte
dei Paschi di Siena Giuseppe Mussari. Nella quale si dice: “Io ti aiuto a
diventare il presidente dei banchieri italiani. Tu finanzi il mio torneo di
tennis”.
Le conversazioni risalgono al 2010 e sono all’interno
dell’inchiesta della Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta e su
altre operazioni finanziarie del gruppo.
Eccone uno stralcio tratto da Il Fatto Quotidiano:
Amato: “Mi vergogno a chiedertelo, ma per il
nostro torneo a Orbetello è importante perché noi siano ormai sull’osso, che
rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione. Ciullini ha fatto sapere che
il Monte vorrebbe scendere da 150 a 125“
Mussari: “Va bene, ma la compensiamo in un altro
modo“.
Amato: “Guarda un po’ se riesci, sennò io non
saprei come fare… Trova, ce l’hai un gruppo? La trovi?
Mussari: “La trovo, contaci“.
Toccherà ora i pm Antonio Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe
Grosso approfondire i rapporti tra la banca e i partiti, per verificare se ci
siano stati passaggi di fondi fuori dalle regole. Accade però tutto nel
febbraio 2010 quando si apre la corsa per il nuovo presidente dell’Abi,
l’Associazione bancaria italiana. Il 14 Giuliano Amato chiama Mussari per
chiedergli “se è vera la voce circa la sua candidatura all’Abi, in modo tale
di fare qualcosa per sostenerlo” come annota la Guardia di Finanza nel
brogliaccio riportato dal Corriere. Il numero uno di Mps glielo conferma e
diventa presidente dell’Abi il 23 giugno. Non è dato sapere quanto abbia pesato
l’appoggio dell’ex premier in merito.
Amato chiama nuovamente Mussari il primo d’aprile. E
l’oggetto della conversazione è naturalmente il torneo organizzato dal Circolo
tennis Orbetello, di cui Amato è presidente onorario. L’ex premier tiene molto
a questo evento visto che è stato il presidente effettivo dal 1996 al 2003
dello stesso centro sportivo. Amato tiene tanto a questo titolo tanto che quando
si è fatto il suo nome come possibile successore di Napolitano al Quirinale,
lui ha ironizzato: “Tutti mi chiamano presidente? Preferisco pensare che sia
per il Tennis club di Orbetello”.
Dalle intercettazioni a disposizione degli investigatori
emerge anche la consuetudine di rapporti di Mussari con il Gotha della
politica, da Gianni Letta che gli chiede finanziamenti per il teatro
Biondo di Palermo, Silvio Berlusconi, Daniela Santanchè, Piero
Fassino e Romano Prodi.
Fonte: visto su Infiltrato.it
del 14 settembre 2013
LO SCHELETRO DI GIULIANO "NON DIRE NULLA AI GIUDICI
ALTRIMENTI È UN CASINO"
Viareggio
Uno scheletro nell'armadio di Giuliano Amato l'ha
trovato il Fatto quotidiano,
anzi glielo ho portato registrato su un nastro la moglie di Paolo Barsacchi,
un senatore socialista accusato dai vecchi compagni di partito di essere l'uomo
a cui finì la tangente di 270 milioni di euro per la costruzione della nuova
pretura di Viareggio. Era il 1990 e il Psi è nel panico per quell’inchiesta e
vertici scaricarono tutto sul dirigente defunto quattro anni prima. La vedova
provò a difendere il suo onore minacciando di svelare i veri colpevoli, ma
l’allora vicesegretario del partito, ora giudice costituzionale, le consigliò
il silenzio.
La registrazione della telefonata che inchioda Amato è anche
agli atti del processo che finì con la condanna tra gli altri di Walter De
Ninno, due anni e mezzo di ricettazione nei confronti di un imprenditore di
Pisa. Era l'inizio di Tangentopoli e la fine del partito socialista.
La telefonata tra Amato e la vedova Barsacchi, scrive Emiliano
Liuzzi, è del 21 settembre 1990 è in possesso anche dei magistrati che la
acquisirono come prova nel fascicolo processuale. “Amato, con voce imbarazzata
come lo sarà per il resto della telefonata, va dritto al problema: “La mia
impressione è che qui rischiamo di andare incontro a una frittata generale per
avventatezze, per linee difensive che lasciano aperti un sacco di problemi dal
tuo punto di vista”. La frittata alla quale Amato fa riferimento è appunto un
coinvolgimento – come dirà esplicitamente – di altre persone nel processo.
“Troverei giusto che tu direttamente o indirettamente entrassi in quel
maledetto processo e dicessi che quello che dicono di tuo marito non è vero.
Punto. Non è vero. Ma senza andare a fare un’operazione che va al di là di
quello… Dire quello non è lui, ma è Caio, quello non è lui ma è Sempronio. Tu
stessa ti vai a cacciare i una storia della quale che elementi hai? Hai capito
che intendo dire? Tu dici che tuo marito in questa storia non c’entra. Questo è
legittimo. Ma a… a… a… a… siccome lì a Viareggio hanno creato questo clima
vergognoso, è una reciproca caccia alle streghe, io troverei molto bello che tu
da questa storia ti tirassi fuori”.
Insomma Amato, puntualizza il Fatto, non dice vai e racconta la verità. Ma vai e non fare
nomi. Tirati fuori. Non dire quello che sai, poi accerteranno i giudici.
Diciamo che sarebbe stato poco, e il tribunale non si sarebbe accontentato,
ovvio. Ancora più interessante il
passaggio in cui – e ci arriviamo tra poco – Amato ammette di sapere più o meno
chi sono i responsabili di un’azione illegale, ma invita a chiamarsi fuori. E
quando verrà lui stesso trascinato a testimoniare non aggiungerà niente.
La moglie di Barsacchi al telefono dice una cosa sola
all’onorevole Amato, e lo fa tirando un grosso respiro per non sfogarsi
ulteriormente: “Giuliano, io voglio soltanto che chi sa la verità la dica”. E
Amato replica: “Ma vattelo a pesca chi la sa e qual è. Tu hai capito chi ha
fatto qualcosa?”. “Io”, risponde lei all’illustre interlocutore, “penso che tu
l’abbia capito anche te”. E Amato: “Ma per qualcuno forse dei locali sì, ma io
non lo so, non lo so. Ma vedi, noi ci muoviamo su cose diverse. Questo non è un
processo contro Paolo, ma contro altri”. La telefonata, che ha il sapore del
confronto, a questo punto assume altri toni. “Non ti andare a preoccupare di
chi c’entra e chi non c’entra”, le dice Amato. “Dicendo che non è vero hai
detto tutto quello che è giusto che tu dica”. E qui arriva il cambio di tono,
più sommesso quello di Amato, più rigido quello della vedova del senatore: “Una
cosa che non so: tu non sei nel processo, giusto?”, chiede Amato. E dall’altra
parte: “No, sono testimone”. “Ah, ti hanno citato come testimone… Quindi hai la
tua voce nel processo. Beh, vai a dire cercate da un’altra parte”. “Certo, sì.
Ma Giuliano, io chiedo solo la verità”.
Fonte: visto su Libero.it del 15 settembre 2013
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