Vi siete chiesti, amici miei, qual’è il motivo della fortuna politica di Renzi?
Ebbene, è unicamente nel fatto che è ‘portato’ dalla
massoneria.
Ora, anche Bersani o Epifani, pur non essendo tesserati
della massoneria, ne sono o silenti simpatizzanti o comunque aderenti di fatto,
ma eleggere Renzi è come aggiungere un’altra espressione diretta del bilderberg
e del potere bancario alle innumerevoli che, da Letta in Italia a Obama in
America eccetera, stanno distruggendo il mondo in nome di un progetto economico
ormai fallito, ovvero il progetto consumistico delle dinastie bancarie che, dai
Rothschild e Rockefeller, usano da trecento anni la massoneria per governare il
pianeta.
Un progetto scellerato, ma anche demenziale, che è stato
messo in crisi dall’involuzione clinatica e dall’inquinamento, e che sarà ora
stroncato dagli eventi terribili come il disastro di Fukushima, del quale tutti
continueranno sì a tacere, ma solo fino a quando – in breve – l’oceano lungo la
costa degli Stati Uniti e poi nel mondo sarà così carico di radiazioni da
generare problemi che non è dato sapere come potranno essere affrontati, tipo
l’incommestibilità dei pesci o forse la non navigabiltà dei mari, benché se
accadrà questo verrà poi inquinata automaticamente anche l’atmosfera. E dico se
accadrà perché i modi per fermare Fukushima ci sono, e non vengono utilizzati
per i motivi che descriverò nel prossimo articolo.
So che molti di voi sanno di che parlo e mi conoscono dal
1975\1985, anni in cui ero avvocato della componente comunista della CGIL di
Napoli.
Avete mai sentito i massoni e\o bilderberghini, aspenini,
trilaterini, Renzi, Napolitano, Letta, Annunziata eccetera dire una parola in
tema di banche?
Ebbene non la possono dire perché dirla equivarrebbe a
tagliare il ramo sul quale sono seduti.
Essi cioè sanno che le banche e il signoraggio sono il vero
problema, ma non parlano perché lavorano al loro servizio, come tutta la massoneria,
il bilderberg, l’aspen e la trilatere, a cui sono iscritti, non so se con
qualche eccezione, tutti quelli che vedete in televisione.
Vi rinnovo insomma l’invito che vi feci nel 1985, quando vi
scrissi: «..meccanizzatevi con più computer, attaccate nello specifico il
potere straripante delle banche..».
Anzi, siccome questi 28 anni sembrano quasi essere passati
invano, vi trascrivo di seguito il documento dal quale quella frase è
tratta.
3 settembre 2013
Alfonso Luigi Marra
LETTERA DI
DIMISSIONI
DI UN AVVOCATO DELLA CGIL
DAL PCI E DAL SINDACATO
4.4.1985
Cari amici, anzi, compagni, perché, sia pure dall’esterno di
una logica strettamente di partito, mi sento comunque uomo di sinistra, nel
senso di uomo che ha scelto la via della razionalità in contrapposizione a
quella dogmatico / strumentale, del resto ormai abbandonata anche dalla stessa
destra, cari compagni vi dicevo, con questa lettera vi comunico le mie
dimissioni dal PCI, e conseguentemente dall’incarico di avvocato della CGIL.
Nell’andarmene vi muovo due accuse.
La prima è di non contare nulla e di non avere alcun
potere.
La seconda è di celebrare da almeno quindici anni la
finzione di credere nell’ideologia comunista e in un mondo di valori che non
esiste più.
Le due cose peraltro sono interrelate. Infatti, se non
contate nulla, è proprio perché avete finto di credere nell’ideologia comunista
e avete accettato per viltà di rimanere estranei a coloro che detengono la
proprietà dei beni e controllano da padroni i processi produttivi e la finanza.
Lo so perché ne ho fatto esperienza.
Ricordo a Chiasso, quando mi occupavo di importazioni, del
senso di pienezza e di soddisfazione di quegli uomini, fra i quali ero io
stesso, nel mentre commerciavamo le nostre merci.
A Chiasso, cari compagni, non parlavamo mai di politica,
perché la politica eravamo noi attraverso i vestiti che avete addosso, gli
occhiali che avete sul naso, gli alimentari che consumate nei vostri pasti
frettolosi.
Quanto ai motivi delle dimissioni li leggerete nel mio libro
fra alcuni mesi.
Per il momento tengo solo a precisare che il mio non è un
libro contro il PCI, e nemmeno sul PCI, benché rispetto ad esso sia critico e
suggerisca la necessità di cambiare per poter così insieme agli altri partiti
diventare, perché ora non lo siete, strumenti di rappresentatività delle masse
nell’ambito del nuovo potere che, monolitico e puntiforme nella fase primaria,
ha dapprima avuto la necessità di diventare tentacolare, abbracciando, per
poter continuare ad esistere, un numero di adepti sempre maggiore man mano che
la democrazia cresceva e si affermava, per poi organizzarsi da ultimo come
‘forza in sé’ di cui ciascuno è per certi versi vittima e per certi altri
protagonista; ‘forza in sé’, dunque, che ha avuto la necessità di avere il
consenso di tutti e che tutti appunto ha dovuto coinvolgere per potersi
svolgere, pur rimanendo nel contempo verticistica.
In particolare, quanto a voi, uomini del sindacato e del
PCI, vi ha assegnato, finalizzandolo alle sue logiche, il ruolo del controllo
delle masse e di garanti dell’immobilismo culturale.
Mi inganno? Mento? Ebbene, misurate quanto avete ragione dal
livello di soddisfazione di voi stessi che avete raggiunto!
Mi preme però dirvi che se pensate che le mie siano delle
cattiverie gratuite vi sbagliate, non è così!
Dico infatti queste cose perché so che la prima fase di ogni
processo evolutivo è sempre il prendere coscienza di sé, dei propri limiti.
È necessario dunque che il PCI dichiari il suo fallimento,
magari esagerando, magari dilaniandosi oltre il necessario, per non correre il
rischio più grave di tutti: quello di non capire!
Da questa dichiarazione di fallimento in poi il PCI potrà
rinascere e diventare una grande forza.
Continuare su questa strada è viceversa inutile, perché lo
sapete anche voi: i periodi di cassa integrazione sono ormai abbastanza lunghi,
e la tutela del ‘posto’ più che sufficiente.. ..O no?
Sicché, rivolgete con coraggio l’analisi contro di voi e
scoprirete sì i vostri limiti, la vostra viltà e i vostri tradimenti, ma anche
la foresta incantata del sapere meraviglioso accumulato attraverso i secoli
della lotta iniziata agli albori delle civiltà, e che ha portato oggi, per la
prima volta nella storia del mondo, ad affermare il principio democratico, in
virtù del quale a nessun uomo è dato vantare una maggiore umanità rispetto a un
altro, ma solo un momento di diversa specializzazione.
Badate però, perché proprio in ciò è consistito il vostro
errore, che questa è solo la prima fase della democrazia, e cioè quella in cui
ciascuno, nella propria qualità, ha affermato il suo diritto ad esserci ed
essere riconosciuto, mentre da ora in poi è invece necessario realizzare
l’equilibrio ai fini dello sviluppo fra tutti gli affermati diritti, e ciò
potrà avvenire attraverso una nuova regola comportamentale che io, un attimo
prima di tanti, o forse insieme a tanti altri, ho solo formalizzato, perché il
contesto moderno già la conosce e tenta di viverla, e che, attraverso il
racconto di 110 anni di vita, dal bisnonno Giovanni, «che viveva fra i suoi
vivi e fra i suoi morti tutti dediti alla coltivazione della terra», a oggi, è
il tema di fondo del libro, unitamente al tema ulteriore della necessità di
individuare nuove forme del conoscere rispetto a tutto quanto già si sa.
Due sono dunque le regole dell’interrelazione all’interno
del contesto umano civile, e cioè:
1) il diritto ad
esserci ed essere riconosciuti, fermi restando i diritti elementari legati alla
garanzia di un’esistenza libera e dignitosa, si conquista con le opere di
contributo alla vita degli altri;
2) il diritto a
vivere che tutti hanno comporta la necessità, che è amorosa, di negare (previa
disamina analitica della fondatezza delle ragioni di ciascuno, e nei limiti, nelle
forme e con gli obiettivi della morale, del diritto e più in generale
dell’intelligenza) chi ci nega, per potere così salvare se stessi e
contribuire, a mezzo della propria vita salvata, sia alla vita del contesto che
alla vita di chi ci ha negati, indicando inoltre a quest’ultimo la necessità di
cambiare allo scopo di poterlo ritrovare.
Il momento modale e quantitativo delle forme della negazione
– alla quale, instauratosi il rapporto di forza, consegue il riconoscimento
nelle rispettive qualità – sono i temi dell’educazione, della cultura, della
morale, della politica e del diritto.
Da queste due regole fondamentali nasce la ragione di
considerare alcuni comportamenti, vengano essi da persone, organizzazioni,
partiti o Stati, come virtù, e altri come difetti.
L’impotenza di opere genera il rifiuto del contesto e quindi
il malessere dell’individuo che, in crisi per la negazione degli altri, che non
cesserà fino a quando non cesserà l’impotenza (per altri versi egoismo),
assumerà via via forme comportamentali nelle quali è sempre minore il
contributo alla vita degli altri.
Fino a quando, se non comincerà a compiere almeno qualche
opera che gli consenta di attenuare la negazione e vivere in qualche modo,
cadrà, in seguito alla totale negazione del contesto, nel totale malessere,
ovvero pazzia, se si tratta di individui, e di nuovo pazzia se si tratta di
collettività di individui o gruppi.
Questo appunto è accaduto al PCI: avendo negato le masse ne
è stato ora negato, ed è dunque in preda al malessere.
Per poter uscire dal malessere è necessario che il PCI
cominci a compiere opere, o meglio, ne compia di più, e meglio mirate. Nello
specifico è necessario che il PCI cerchi il confronto con le masse e sia
colmata la frattura fra l’organizzazione del PCI e gli elettori.
Dite che non è vero, che non c’è frattura? Mentite! Anche
questo so perché ne ho fatto esperienza.
Alle scorse elezioni io stesso sono stato indicato dai
consigli di fabbrica delle grandi aziende dell’area flegrea, e più fortemente
dall’Olivetti, quale capolista alle comunali.
Venivo praticamente proposto dalla più parte degli elettori
del Comune.
Ebbene, la commissione elettorale, composta da cinque sei
persone prive di qualsiasi rappresentatività, ma padrone delle vostre logiche
di schiacciamento e di controllo della volontà delle masse, è stata capace, con
il vostro implicito consenso, di non discutere mai quella proposta, e sapete
perché? Perché se l’avesse fatto non avrebbe potuto altro che dire di sì,
essendo quella la volontà della collettività dei lavoratori alla quale per
necessità ideologica avrebbe dovuto attenersi.
Vedete a cosa vi siete ridotti? Per poter portare avanti le
vostre povere logiche e rimanere aggrappati alle poltroncine di plastica nera,
ormai logore e luride per gli anni, siete costretti a chiudere gli occhi e a
tapparvi le orecchie.
A Pozzuoli, nella fattispecie, pure essendo il PCI avanzato
alle politiche e nelle circoscrizioni, alle comunali, a causa della frattura,
la nostra lista, composta dagli ‘uomini’ della locale organizzazione, fu
bocciata clamorosamente, tanto che tutti avrebbero dovuto dimettersi, salvo poi
che ‘si salvarono’ infilandosi, nei soliti ruoli di subordinazione,
nell’amministrazione.
Traete un sospiro di sollievo? Avete trovato da che lato
attaccarmi sostenendo che, ora sì, capite il perché della mia polemica? Che
essa è determinata da motivi personali?
Vi sbagliate, non è così! Ho visto da vicino quanto è
terribile e umiliante il lavoro dei politici comunisti, e come nel PCI il prezzo
degli incarichi sia il rinunciare a vivere e, sinceramente, se pure in qualche
modo mi tentava l’idea di essere sindaco, l’idea di non dovere poi più vivere
non mi piaceva, e sapevo anche bene che, ove fossi stato eletto, e lo sarei
stato, avrei dovuto diventare una nullità, perché questo è appunto il requisito
necessario per essere oggi un uomo del PCI: essere una nullità, non muovere
niente, e fare in modo che nulla sia mosso da nessuno; e in questo senso vi
sono nel partito geni autentici: individui cioè capaci di essere genialmente
nessuno.
Che vi inventerete ora per sconfiggere quello che dico?
Cercherete di farmi passare per terrorista? Forse no, è troppo evidente che i
miei argomenti non hanno nulla a che vedere con il terrorismo! Indurrete allora
i consigli di fabbrica a smentirmi? Fate pure! Vi conosco e mi aspetto di
tutto; mi fate finanche paura, ma non posso per questo rinunciare a parlare, e
non lo farò.
Sicché concludo dicendo che ora, dopo che rivolgendo
l’analisi contro di me ho finalmente capito, vi auguro, e lo faccio veramente
fraternamente, di perdere le elezioni e poter così diventare un vero grande
partito, si badi, di autentica opposizione, e non di ostruzionismo estorsivo
finalizzato a far fallire ogni governo; perché, diversamente, se le vincerete,
sarà la rovina, poiché gli industriali, le banche, le finanziarie, e comunque,
più in generale, tutti coloro che detengono al 90% la proprietà dei beni e il
controllo da padroni della produzione e dei servizi non vi consentiranno mai di
governare su di loro, nemmeno se diventerete trenta milioni, e manderanno a
gambe all’aria i vostri governi e le amministrazioni dei vostri enti
locali.
Lasciate dunque che le elezioni le vincano loro: la DC, il
PSI e i soliti altri e, quanto a voi, meccanizzatevi con più computer, attaccate nello specifico il potere
straripante delle banche, dichiarate a gran voce che lo sapete bene che i
costi spropositati degli armamenti corrispondono in realtà a utili altrettanto
spropositati degli uomini del business atomico, e che è un’idiozia che se uno
stato costruisce 10.000 ordigni un altro ne deve a sua volta costruire 10.000,
e che un ordigno vale 10.000 ordigni, e che 10.000 ordigni valgono nessun
ordigno, e che se si scoprisse che i 10.000 ordigni di una delle due parti sono
di cartone questo non causerebbe nessuno spostamento nella tematica del ‘come
difendersi dall’aggressore atomico’ per il semplice fatto che è una tematica
del tutto inesistente e resa tale proprio dalla strapotenza delle bombe, e che
l’unico problema che sorgerebbe da una tale scoperta è quello relativo alle
trovate ulteriori che escogiterebbero per il lancio di nuovi business, e che
gli equilibri nel mondo della democrazia, sia pure incompiuta, sono affidati a
tutt’altre cose, e che le tematiche della unilateralità o bilateralità del
disarmo sono solo fumosi strumenti pseudoculturali per accecare e non far
capire, e che la sofisticata tematica dell’aumento del valore del dollaro è
solo un modo per rastrellare da tutto il mondo e in cambio di dollari pompati
denaro buono da gettare nel pozzo senza fondo degli armamenti, e che con questo
sistema, benché non ce ne freghi niente, siamo stati costretti anche noi, oltre
agli americani e ai più remoti selvaggi dei più remoti luoghi, a contribuire, con
le nostre bistecche mancate e con i nostri consumi compressi, ai loro ridicoli,
ma pure agghiaccianti programmi di guerre stellari.
Ecco, cominciate dunque a dire, a scrivere e a lavorare per
dimostrare queste cose, e vedrete che, fuori o dentro dal governo, tutti vi
seguiranno e, ve lo garantisco, finirà quella sofferenza atroce che vi conosco,
e che da tanto leggo nei vostri volti di ex militanti.
Fonte: visto su SIGNORAGGIO.it del 3 settembre 2013
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