giovedì 31 maggio 2012

VERONA - SAN MICHELE: SAGRA DELLA MADONNA DI CAMPAGNA


Santuario della Madonna di  campagna,  secolo XVI;   (1909)

Madonna della Campagna, con le giostre e i banchetti, cara sagra veronese, chi si ricorda più di te?
Una volta… c’erano le corriere di Salvetti, cariche  come bastimenti  e i cavalli magri tutti occhi e sonagliere a far la spola  da Porta Vescovo a San Michele.   Che  bei tempi! Solo di marzo e viole per le siepi. Dieci soldi in tasca  e una piccola a fianco, che rosicchiava le galete amaricane, comperate  fuori porta dalla mora dell’ombrellone. Che bei tempi! Tutta la strada era un polverone:  a camminare  rasente il muro, passo passo bel bello, s’arrivava, noi, senza quattrini al sobborgo.
Musiche e tavolini gremiti. Cantastori e mendicanti.  «El mato Venessia»  sulla chitarra cantava canzonette e riempiva il piattino. Ova sode e vin di San Briccio. Che bei tempi!
Sul piazzale  del tempio, baracconi e baracchini. La donna fenomeno; il serraglio senza  fiere; la fotografia a un franco; che gli amanti ci capitavano tutti per fissare la felicità di un’ora, strette le destre per il patto d’eterno amore. Anche il soldato,  l’artigliere, il fantaccino, ci cascava: posa di cinque secondi ecco fatto.
 E le «stroleghe»  di sulla sedie di paglia, come da un pulpito, predicevano  l’avvenire: «Giovanotto tu vivrai fino a ottant’anni. Avrai dieci figli e ti aspetta un’eredità». « Bella ragazza, tu sposerai  il tuo amore ardente e virai felice per cinquant’anni. Gioca 13, 27, 41! »  bei tempi! Che  bei tempi!  L’organetto delle  «barchette»  straziava la Traviata, ma si volova sulle barchette, la  più bella regata. Scoppi di mortaretti. Il bersaglio faceva affari d’oro, per via delle bionde che adescavano i passanti con un sorriso ladro. Tiro al piccione: 50centesimi.
Da una cassetta blindata sporgeva la testa la vittima, e gli occhi imploravano: « Risparmiami». Tum! Tum! Tum! Sbagliato.  Palloncini su tutta la folla  di signore, di signori,  di villici piovuti da tutte le vallate. E teretè,  teretè  di trombette!  E grida di venditori di amarene, proprio  come in un tema di Massinelli.  Sulle tavole improvvisate i litri scorrevano a rvi  dentro le gole accaldate. Quanti idilli, quanti matrimoni combinati alla Madonna della Campagna: E si entrava nel tempio, più per vedere  il coccodrillo,  che per devozione. Oggi, Dal Nero, ha rimesso a nuovo la carcassa, che penderà  dall’alto, con tutti i suoi secoli addosso, ad ammonire: « Vogliatevi bene! Fate presto! Se no, domani anche voi diventerete, inutili come me, anche se riverniciato a nuovo! » .

Il coccodrillo di Madonna di campagna

Ma la Sagra  ha perduto la sua grazia.  È  diventata una
povera sagra  di campagna,  anche se il tram scampanelli, stracarico,  e metta una nota di modernità. Giusto, l’ha uccisa la modernità.
Che ha soppresso le corriere, i carretti infiorati, le carrozze sbilenche.
Per arrivare a una sagra bisogna venirci adagio, bel bello, rosicchiando gallette americane  lungo la via. E avere il cuore colmo di viole e di poesia. Se no,  a che serve?
Non serve di certo al poeta, forse forse perché è vecchio, a trovare il motivo di una canzonetta. E  semmai è una canzonetta di nostalgia:


Fonte: da L’Arena di Verona  di Domenica  18 Marzo 1928  (Telefono direzione e redazione n° 1404)


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