Il terremoto che ha colpito domenica 20 Maggio l’Emilia
Romagna e ucciso 7 persone era prevedibile per una serie di anomalie
analizzate. Lo rivela un‘intervista fatta al professore Alessandro Martelli, Direttore del Centro Enea di Bologna. L’ingegnere
sismico, apprezzato esperto di fama nazionale e non solo, rivela un rischio
ulteriore molto più grave che potrebbe adesso colpire il sud
Direttore, era prevedibile il terremoto in Emilia? Ci
sono state analisi precedenti?
Si, era stato previsto. Ci sono dei “cosiddetti” strumenti
di previsione che sono fatti in diversi Paesi, in Italia li fa l’International
Centre for Theoretical Physics (ICTP) e l’Università di Trieste. In base al
verificarsi di possibili anomalie nelle tre zone italiane, nord, centro e sud
vengono emessi degli allarmi. E’ un po’ come misurare la temperatura corporea e
vedere se hai la febbre.
E sono stati emessi allarmi?
Si, in marzo è stato diramato un allarme per la zona nord
perché era stato stimato un movimento del terreno di magnitudo maggiore del
5,4. C’erano notevoli probabilità che a nord sarebbe arrivato un terremoto. La
regione allarmata era questa anche perché c’erano stati terremoti vicini, nel
Garda, nel veronese, poi a Parma. L’algoritmo dell’analisi mostrava che era fortemente
probabile.
E come mai nessuno lo sapeva?
Si tratta di metodologie sperimentali. Gli allarmi non
vengono divulgati ma comunicati a un gruppo di esperti nazionali . Nella
Commissione Grandi Rischi si sapeva, ne abbiamo propria parlato il 4 maggio.
E cosa è stato fatto in proposito per preparare
all’evento?
Se ne discusse anche perché questo tipo di analisi non sono
accettate da tutti i sismologi. Io posso solo dire che la Commissione Nazionale
Grandi Rischi era informata dai primi di marzo.
Sono previste altre scosse in Emilia?
Non si può dire. Ha ragione Gabrielli (Capo del Dipartimento
della Protezione Civile, ndr) che bisogna attendere e stare attenti. Ci
potrebbero essere solo scosse di assestamento come scosse più forti. Non
occorre arrivare a conclusioni senza avere tutti gli elementi.
Ma cosa bisognerebbe fare in questi casi?
Non si possono immediatamente evacuare delle zone per mesi
ma di sicuro si può verificare le strutture strategiche, e organizzare la
protezione civile, informare la popolazione su come si deve comportare.
Ma che sia andata come è andata… non l’allarma?
Certo! Più del nord adesso però mi preoccupa il sud. Per il
nord c’erano stati due studi. Uno allarmava per un eventuale terremoto e
l’altro no. Ed è arrivato il terremoto in Emilia. C’è un allarme per il sud più
grave in arrivo perché lì sono stati applicati tre modelli di studio. Tutti e
tre danno l’allarme rosso. Quindi questo preoccupa oltretutto perché prefigura
un eventuali terremoto molto violento.
Ma lei non aveva denunciato tempo fa che in Italia, al
sud, esistono stabilimenti industriali potenzialmente soggetti a rischio di
incidente rilevante in caso di terremoti?
Si, hanno sostanze potenzialmente pericolose in elevate
quantità. Sono impianti chimici, ci sono stabilimenti che contengono serbatoi
di gas naturale liquefatto (Liquefied Natural Gas o LNG), altri serbatoi di
stoccaggio di grandi dimensioni, rigassificatori…
Ma qual è il problema tecnico di questi impianti?
Il problema è che le scelte progettuali degli impianti sono
state lasciate ai gestori e, generalmente, non è noto, per i diversi
stabilimenti, se e quali criteri antisismici siano stati adottati. Poi c’è il
rischio da maremoto, evento raro, ma non impossibile (vedi l'incidente di
Fukushima, ndr) e che, quando si verifica, è devastante: questo rischio
appare del tutto trascurato negli impianti chimici italiani situati in
prossimità delle coste, e in aree sismiche come ad esempio a Milazzo o se penso
ai serbatoi sferici situati a Priolo-Gargallo, sono alquanto pessimista e
preoccupato. Manca In Italia una specifica normativa per la progettazione
antisismica degli impianti chimici.
Fonte: srs di Antonio
Amoros da Affari italiani.it di lunedì 21 maggio 2012
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