La tendopoli di San Carlo
In settemila senza casa. «Da soli non possiamo farcela,
questa terra deve ripartire». Capannoni crollati, 20 indagati
SAN CARLO DI
SANT'AGOSTINO (Ferrara) - Sotto gli aceri del campo sportivo giocano a
briscola in quattro, un bambino avvolto in una coperta di pile sta per essere
svegliato da un labrador che ha voglia di giocare, l'agente scelto Giuseppe
Panda aiuta uno studente a fare i compiti e la signora Antonella Guerra parla
per tutti, pragmatica e asciutta. «Siamo qui da domenica: una decina tende, tre
camper, sette macchine; la notte sono di più, non si fidano a dormire a casa.
Martedì ho festeggiato 50 anni con una pizza alla nutella, pioveva a dirotto,
ci siamo messi sotto quella tettoia e nella casupola di legno di fronte agli
spogliatoi. La Sancarlese Calcio ci fa usare anche la cucina, sono stati bravi,
tanta solidarietà da chi è vicino. Ma diciamo la verità: siamo terremotati di
serie B. È venuto il signor Monti con otto auto blu e qui non si è fermato».
IL CAMPO - Suo marito, Donato Testoni, «il Don» del
gruppo partito con ventidue persone che ora sono cinquantasette, è a casa.
Cerca di trasferire quante più cose nel garage, prima che sia firmata
l'ordinanza di evacuazione. Da fuori la villetta sembra non aver subito danni,
saltano all'occhio soltanto i mucchi di sabbia e melma usciti dal suolo dopo il
terremoto. Dentro, però, sembra sia esplosa una bomba. In cucina il pendolo è
per terra, di traverso, la cameretta si è «staccata» dal resto dei locali, i
solai sono spaccati, il bagno è pieno di crepe, in salotto le ante della
credenza sono spalancate e per terra ci sono cocci di bicchieri e piatti.
«Passiamo la notte in tende da campeggio, ma abbiamo bisogno di dormire in
sicurezza. Non vogliamo andare via da San Carlo, i nostri vecchi non prendono
medicinali perché la comunità è solida, siamo uniti e questo va salvaguardato.
Però chiediamo di essere aiutati. Il nostro campo è nato spontaneamente, tutti
sapevano che eravamo lì, eppure siamo stati censiti solo ieri. Non chiediamo
soldi adesso. Ma ci sono bambini che ancora dormono in macchina».
«TRATTATI MALE» - I numeri sono freddi: cinquemila
senza lavoro, quasi settemila sfollati in 12 campi di accoglienza, 46 palestre
e affini, quattordici hotel. Ma basta andare in uno qualunque dei comuni
colpiti dal sisma domenica scorsa per rendersi conto di cosa è successo in
Pianura padana. Cristina Silvagni è dovuta andare in albergo con il marito e i
due figli. In piedi nella piazza di Stellata non è diplomatica: «Il governo
vuole darci un contributo di cento euro a persona. Bene, lo scriva: è una
schifezza. Io ne pago seicento di mutuo. Siamo stati trattati un po' male, mi
pare. Pure i telegiornali hanno quasi smesso di parlare di noi. Con l'Abruzzo
fu diverso: forse ci volevano più morti». Vicino a lei c'è Paolo Menghini, è agricoltore.
Lui dorme nella Golf con la moglie e il figlio, in un'altra auto la figlia
ventiquattrenne. «La sera ci spostiamo in campagna, di giorno resto in piazza,
temo gli sciacalli». La sua casa è vicinissima all'Oratorio di San Domenico,
dove il campanile è pericolante. «Il mio appartamento non aveva subito danni,
ma siccome la chiesa è transennata io non posso tornarci. Il bello, anzi il
brutto di questa storia, è che non sono ancora venuti a mettere in sicurezza il
campanile». Ed è qui che interviene Marino Poggioli, 80 anni, gli occhi azzurri
che si infiammano quando dice: «Gli do tre giorni di tempo: al quarto ci salgo
io lassù e butto giù le pietre una per una».
«SIAMO IMPOTENTI» - Dieci chilometri più in là, a
Scortichino. Paolo e Michele Anderlini ci aspettano fuori dal capannone bianco
dove finora hanno prodotto serramenti in alluminio. Seicento metri quadrati
distrutti dal tetto che ha ceduto. Se ci si affaccia dentro per un secondo non
è possibile individuare i due furgoni schiacciati, figuriamoci i macchinari da
lavoro e gli attrezzi. È Paolo a parlare: «I vigili del fuoco ci hanno detto
che la struttura è inagibile: grazie, ce ne eravamo accorti. Nessuno ti dice
cosa devi fare, qual è la procedura. Ogni giorno facciamo avanti e indietro in
Comune. E siamo fermi, impotenti». Altri dieci chilometri, Casumaro, frazione
di Cento. Il sindaco Piero Lodi aggiorna i dati. «Stanno per arrivare altre 100
persone da San Carlo, adesso il campo raggiungerà il limite di 280 ospiti. Ce
ne sono altri due da cinquanta posti, più i piazzali assistiti dove dorme chi
ha paura di nuove scosse. Il nostro rischia di essere il terremoto dimenticato.
L'attenzione mediatica sta svanendo. Non siamo gente che ama fare notizia. I
centesi sono abituati a rimboccarsi le maniche. Io stesso ho avuto difficoltà a
censire quelli che avevano bisogno di aiuto perché molti hanno fatto da soli,
senza aspettare. Ho sgridato un gruppo ad Alberone perché si è costruito il
campo autonomamente. Ma da soli non ce la possiamo fare, questo è un distretto
produttivo vero, non si può aspettare troppo per farlo ripartire».
VENTI INDAGATI - Nel Campo 3 di Finale Emilia, Lucio
Vincenzi, artigiano di 54 anni, prende il fresco seduto fuori dalla tenda. Ha
lavorato tutto il giorno a Ferrara per rimettere in sesto l'appartamento di un
amico. La sua famiglia è composta da sette persone. «Casa nostra è intatta, ma
non metto in pericolo la vita dei miei. Ci sono ancora troppe scosse, meglio
dormire qui». Daniele Monari, il vicesindaco, scongiura: «Siamo preoccupati per
i troppi drammi familiari e per lo stop alla produttività. Non potete smettere
di aiutarci». In serata arriva la notizia che sono venti gli indagati per il
crollo dei capannoni di Tecopress, Sant'Agostino Ceramiche e Ursa di Bondeno,
che ha causato quattro delle sei vittime del sisma (non più sette: la donna
tedesca che si pensava avesse avuto un infarto è stata stroncata da un edema
polmonare). Il sindaco di Sant'Agostino Fabrizio Toselli non ha molto da
aggiungere: «La nostra zona ha sempre dato allo Stato una parte importante del
Prodotto interno lordo. Ora è giusto che il governo dia a noi. Non possiamo
essere dimenticati».
Dimenticati no, infatti. Ieri mattina nel bar del Palareno, dove dormono gli sfollati, è
arrivata la Guardia di Finanza a controllare gli scontrini.
Fonte: srs di Elvira
Serra; da IL CORRIERE DELLA SERA.it del 26
maggio 2012
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