Giugno 2004: Matteo
Renzi presidente della Provincia di Firenze
Firenze, 17 dicembre 2013 - Com'era Matteo
Renzi da piccolo? Se mai vi siete posti questa domanda
il settimanale "Oggi" ha raccolto alcune testimonianze che vi
aiuteranno a farvi un'idea. A raccontare il piccolo Renzi Federica Morandi,
compagna di banco delle elementari e oggi presidente del Consiglio comunale di
Rignano, il suo ex capo scout, Roberto Cociancich, poi presidente nazionale
dell'Agesci e oggi senatore del Pd, e monsignor Giovanni Sassolini, ex parroco
di Rignano sull'Arno.
"Era il più sveglio già da bambino", racconta
Federica Morandi. "Matteo ha doti da leader. Lo vedremo crescere",
scriveva negli Anni '90 Cociancich nella sua relazione sul giovane
scout. "Era molto devoto. Fin da piccolo era abituato a coordinare i
suoi coetanei: era lui che spiegava a tutti come e cosa dovevano fare. E se
c'era lui, io ero tranquillo che tutto sarebbe stato a posto. Insomma, era già
un piccolo manager", racconta il parroco di allora di Rignano sull'Arno,
dove Renzi è cresciuto con babbo Tiziano, mamma Laura e i tre fratelli.
A svelare i retroscena dell'infanzia di Renzi
l'articolo pubblicato sul settimanale Oggi racconta un ragazzino così sveglio
da saltare la prima elementare per finire direttamente in seconda,
appassionato di calcio e chierichetto affidabile e stimato. Fin da
ragazzino non amava perdere, tanto che quando scendeva sul campo di calcio
capitava che si portasse via il pallone perché non gli andava bene come
erano state fatte le squadre. Unico neo del brillante futuro segretario, il
fatto che pare avesse più voglia di dirigere che di fare: i suoi compagni scout
l'avevano soprannominato "MatTeoria" riferendosi alla
spigliatezza di Renzi nell'organizzare e nel dare disposizioni, salvo poi
scansare la faticosa messa in pratica.
Fonte: visto su LA NAZIONE del 17 dicembre 2013
MATTEO STORY: RENZI, IL
CHIERICHETTO GIÀ LEADER, SOGNÒ DI AVERE
I PIEDI DI BAGGIO
Matteo Renzi, sindaco di Firenze (Infophoto)
Chi è Matteo Renzi, l’uomo del momento? Vi raccontiamo
i suoi primi 37 anni, attraverso la testimonianza di compagni di scuola, amici,
ex insegnanti e di chi lo conosce bene.
Firenze, 19 settembre
2012 - Nato per vincere. Sempre. "Se le partite non si mettevano per
il verso giusto, addio. Si andava avanti finché la sua squadra non vinceva",
racconta l’ex compagno di giochi Riccardo.
Nel Renzi di ‘Adesso’ c’è la traccia incancellabile di
un’infanzia da Renzino la peste, un bambino che "da grande voglio fare
il giornalista", sognando però di avere i piedi di Antognoni o
Baggio. Il calcio, una monomania. Con tutti quegli Almanacchi zeppi di
informazioni da mandare a memoria. E poi il tifo per la Fiorentina:
cuore viola forever.
Ci ha anche provato, sulla via del pallone, ma non era cosa:
dopo una lunga trafila in tutti i settori giovanili della Rignanese, ha
deciso di fare l’arbitro. Da piccolo, giocava con gli amici sotto casa:
alla pista (da pattinaggio) della chiesa.
"Quando nella conta per la scelta dei giocatori gli
capitava di discutere o di non trovarsi d’accordo con qualcuno, lui, che
quasi sempre portava il pallone, lo prendeva e si smetteva di giocare.
Fine". Paolo Nannoni descrive Matteo bambino, come vederlo: praticamente un
riassunto del candidato senza paura alle primarie del centrosinistra per
correre da premier.
Nannoni è il braccio destro di babbo Renzi, Tiziano,
che, a dispetto del nome, è sempre stato democristiano: un gran signore della
Dc, poi trasmigrato nel Pd (di cui ora è segretario di circolo), in un paese
arcirosso della rossa Toscana, a 30 chilometri a Sud di Firenze, puntando verso
Roma: Rignano sull’Arno.
Il paese della Renzi’s family conta 3.500 abitanti nel
centro abitato, 8mila e tot su tutto il territorio comunale. Non è cresciuto in
una metropoli il giovane Obama italiano. Sempre Nannoni, ai tempi di Renzino
arbitro che non aveva ancora la patente, lo accompagnava alle partite e restava
allo stadio per riportarlo a casa: "Gli arbitri rischiano di beccarsi
parecchie offese alla mamma. Non mi pareva il caso".
Siamo nel 1993, in Italia qualcosa si muove, anzi
molto si è già mosso. Tra l’anno di Mani pulite e l’anno della più famosa
discesa in campo della storia politica contemporanea: comincia l’era
Berlusconi. Matteo Renzi ha diciott’anni, li ha compiuti l’11
gennaio: a giugno ha ottenuto la maturità al liceo classico Dante, a
Firenze, in piazza della Vittoria. Un anno prima rispetto ai compagni. Perché
Renzino la peste ha fatto tutto prima. "Ha imparato a leggere il
giornale a cinque anni e lo leggeva a voce alta, per tutti - dice Nannoni
-. Quando ha fatto la primina, e allora non era una moda, sapeva già leggere e
scrivere e tenere di conto".
A scuola, all’elementare De Amicis, era il pupillo
della maestra Eda Caldini Buonamici: ora lei non c’è più, ma Matteo è stato
il suo orgoglio. Lo ha sempre detto. "Prendeva voti altissimi, era bravo, il
primo della classe", racconta Riccardo. Ci tiene però a dire che
Matteo non era un secchione. "Studiava il giusto, gli piaceva molto
leggere, e sapeva già difendersi molto bene a parole: usava un linguaggio
appropriato, forbito, insomma sapeva parlare. Una caratteristica che gli è
rimasta. Ma a quel tempo soprattutto ci piaceva giocare e giocavamo a tutto. E
lui voleva sempre e solo vincere".
Già, vincere. "Giocavamo a calcio, anche in casa, con
il pallone di gommapiuma. A casa di Tiziano, che aveva un corridoio lungo
lungo - dice Riccardo -. Poi giocavamo a subbuteo, a tappini, facevamo
interminabili tornei di ping pong, gare in bicicletta".
Non solo la scuola, i giochi, il calcio e l’amore per la
Fiorentina. Nell’infanzia di Renzino la peste c’è la parrocchia e la
formazione da boy scout.
"Era un leader, un leader per natura",
racconta don Giovanni Sassolini, il parroco che ha preso per mano
Renzino la peste. Serviva messa, Matteo. "Un bravo chierichetto",
dice don Giovanni che ora è vicario generale della Curia di Fiesole.
"Approfittavo della sua disponibilità anche perché abitava
di fronte alla chiesa e a me non piaceva fare il don Camillo da solo, a
portare la croce ai funerali". Poi uno sketch da morire dal ridere: "Aveva
dieci anni e il ciuffo, si divertiva a buttare i capelli indietro con la
mano: nello spettacolo parrocchiale fece l’imitazione di Vittorio Sgarbi.
Quanto ci siamo divertiti".
(1)
MATTEO STORY: RENZI STUDENTE
ROTTAMAVA I PROFESSORI,
Il sindaco di Firenze Matteo Renzi alla Festa
Democratica a Firenze (Ansa)
GLI AMICI SVELANO: "VOLEVA SEMPRE VINCERE".
Firenze, 20 settembre 2012 - Questa è bella. Ai tempi
del liceo, a Matteo Renzi davano del comunista. Del cattocomunista, per
la precisione. Chissà se qualcuno lo ha detto a quella parte del Pd che lo
immagina un po’ un Berlusconi in salsa pop contemporanea. Studiava al classico
Dante, a Firenze. Era uno dei migliori della classe, sezione A. Il testimone è
Giuseppe Cancemi, professore di storia e filosofia: «Chi, quel fascistone?», ci
scherzava su Renzi. Posizioni diverse, andava così. Era già un rottamatore (di
professori) quando si è diplomato, nel ’93: Berlusconi si scaldava per scendere
in campo e il Pci aveva già svoltato nel Pds. «Anche se io non votavo da tempo,
e non si poteva dire che fossi fascista, Matteo mi era congeniale:
contrastandomi con la sua forza dialettica, creava l’atmosfera migliore per
fare bene il mio lavoro — racconta il prof —. Per parlare due o tre ore con
trenta ragazzi di storia e filosofia, ci vuole animazione, e lui sì che sapeva
farla». «Senza dubbio era già un leader — sentenzia il prof —. Un leader
comunista, anzi, catto-comunista. Il maggiore esponente della lista della
sinistra studentesca». La faccenda del leader è una costante della Renzi story.
Lo hanno detto anche gli amici dell’infanzia e dei giochi: «Matteo era un capo
e voleva vincere sempre, sennò portava via il pallone e tutti zitti». E
questo, con la dialettica, checché ne dica il prof Cancemi, magari ha meno a
che fare.
Dalla parrocchia ai lupetti tutti per uno il passo è stato
men che breve per Renzino la peste, un passaggio quasi naturale: in
casa, mamma Laura e babbo Tiziano, erano capi scout. La filosofia di vita era
indicata. «Lui ha seguito con entusiasmo tutto il percorso da lupetto a capo:
lo hanno iniziato i genitori che erano i capizona di Rignano — racconta il
parroco don Giovanni Sassolini con cui Matteo ha fatto comunione e cresima, ora
vicario generale della Curia di Fiesole —. Ci furono delle discussioni nel
gruppo di Rignano, i genitori di Matteo finirono in minoranza e si spostarono
di zona a Pontassieve. Lui era ancora un lupetto e li seguì. Conobbe a
Pontassieve, tra gli scout, Agnese: ora è sua moglie».
Anche se altri biografi renziani raccontano che Agnese,
Matteo l’avesse già conosciuta prima, sicuramente negli anni degli scout, del
noviziato e del clan, il loro rapporto si è solidificato. «Onestà, lealtà,
sincerità ed essenzialità», la filosofia scout insegna a vivere, spiega don
Sassolini: «Ti puoi perdere ma ritroverai sempre la strada, perché c’è
sempre una soluzione, basta cercarla». Mica poco. Tra l’altro, un Renzi poco
più che ventenne, divenuto capo scout, proprio a una riunione dei capi del
Valdarno, rottamò in pubblico le idee del babbo Tiziano. Due volte rottamatore
prima del tempo, di prof e di babbo. «Ai tempi degli scout Matteo era una
persona molto appassionata, faceva tutto con gioia, ma portava sempre spunti di
riflessione utili a tutto il gruppo», racconta Matteo Spanò, presidente
della Banca Credito Cooperativo di Pontassieve e presidente, designato dal
sindaco e amico Matteo Renzi, del Museo dei Ragazzi di Firenze. «Aveva una
grande capacità di mettersi in cammino», dice Spanò. Una caratteristica che ha
portato con sé nell’età adulta.
Non potendo fare una carriera da calciatore al top, come le
mezzale del suo cuore, abbandonata la scena da Renzino la peste e poi anche
quella della pista da pattinaggio della chiesa, e infine la rosa under della
Rignanese, scelse di fare l’arbitro. Un incubo per il babbo Tiziano. Che
temeva per la sua incolumità fisica, insulti a parte. «Le regole erano il
pallino di Matteo, le ha sempre fatte valere», racconta don Giovanni. Con
Renzi, che quattro anni dopo mollò, cominciò anche il fischietto fiorentino
Gianluca Rocchi, arbitro di serie A.
(ha collaborato Antonio Degl’Innocenti)
MATTEO STORY: RENZI, LO SCOUT CHE STUDIAVA DA SINDACO. MA LA
PRIMA VITTORIA FU IN TV CON MIKE.
Benvenuti in casa Renzi: scene
famigliari a Rignano (foto presa da Facebook)
CALCIATORE, ARBITRO, CAMPIONE DI QUIZ, LA TESI DI LAUREA SU LA PIRA.
Firenze, 21
settembre 2012 - Ci siamo quasi. Renzino la peste cresce. Se a undici anni aveva
due convinzioni: scendere in campo da capitan Tsubassa (la serie manga
giapponese Holly e Benji ha forgiato la generazione Ottanta) e da
grande fare
il giornalista; a sedici, il giornalista lo fa sul serio; dopo qualche
intervista sul foglio ‘dissidente’ La Linguaccia di Rignano sull’Arno,
firmato dal padre Tiziano, dirige con la firma ‘Zac’ il mensile nazionale
Camminiamo Insieme della comunità scout che alla fine di tutto il percorso
lo eleggerà capo. Aveva imparato presto a rottamare: identica sorte era toccata
al prof ‘fascista’ del liceo e al babbo capo scout con idee diverse dalle sue.
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Si sta
avviando alla carriera politica. E le avvisaglie c’erano dal principio. "E’ un abile oratore che
parla senza fermarsi mai", dice di Matteino chierichetto il parroco don
Sassolini. "L’arte della dialettica l’ha fatta sua da subito,
declinandola nelle varie forme dell’argomentare", racconta il prof di
storia e filosofia ‘rottamato’ Cancemi.
"E’ nato
leader", conferma il pensiero di tanti e tanti, dai compagni di giochi a
quelli di scuola, Paolo Nannoni, politico e amico di famiglia.
Leggeva il
giornale a cinque anni, comandava col pallone, non teneva mai ferma la lingua.
Ma Matteo Renzi è stato anche un bambino come tutti, goloso del gelato (il
duetto: vaniglia e cioccolato tra due biscotti) con un debole per la pizza:
l’avrebbe mangiata a colazione, pranzo e cena. A merenda, non ci stava male un
occhio di bue alla marmellata d’albicocche dal Feroci, il bar in piazza, a
Rignano.
Decide di fare
l’arbitro così, di punto in bianco: aveva sedici anni. Per la disperazione
del babbo: "Temevo a ogni partita per la sua incolumità". I campi di
calcio tra i giovanissimi possono essere teatro di assurde guerre. "L’ho
tenuto a
battesimo, se
non avesse smesso avrebbe fatto una carriera importante, aveva grande
personalità", dice Alberto Lazzerini, al tempo responsabile
tecnico degli arbitri di Firenze. Due episodi sono rimasti nella sua mente
marchiati a fuoco.
Lazzerini,
anche sindacalista Uil, conosceva bene lo zio di Matteo, Mario Renzi.
"Perché sei venuto da solo alla selezione? Perché non ti sei fatto
presentare? ‘Non ne vedevo la necessità’. Mi bruciò con la sua
risposta", racconta. E poi, la sua capacità di zittire tutti: "Con un
coraggio ammirevole, convalidò un gol alla Cattolica Virtus mentre gli
avversari protestavano per un fuorigioco inesistente. La contestazione fu
pesantissima: spedì fuori quattro calciatori col
cartellino rosso".
A quel
tempo Matteo è già all’università. Lascia l’arbitraggio. Folgorato dalla
politica. Senza disdegnare la tv. Nel 1994, per cinque
puntate consecutive, partecipa alla Ruota della fortuna del grande Mike
Bongiorno, vincendo 48 milioni di lire.
La Pira, il sindaco santo di Firenze, è il
suo faro.
Si laurea
nel 1999 in giurisprudenza, con la tesi, manco a dirlo, ‘Amministrazione e cultura politica:
Giorgio La Pira Sindaco del Comune di Firenze 1951-1956’ con relatore il prof
Bernardo Sordi. Voto, ahi, 109. Per un punto Martin perse la cappa e
Renzi la lode. Il ricercatore Giulio Conticelli, docente di storia del
diritto italiano, presidente della commissione ministeriale delle opere di La
Pira, gli consigliò il lavoro da fare e lo seguì lungo il percorso. "E’
stupefacente e singolare, credo che sia il primo caso di sindaco che da
studente è stato a scartabellare nell’archivio storico del palazzo che poi è
andato a governare", dice Conticelli.
"Non
c’erano in ballo le ideologie politiche, c’era da studiare cinque anni di
delibere di un sindaco decisionista che faceva quasi tutto in giunta, portava
in consiglio comunale pochi e grandi temi. Cinque anni di delibere per capire
l’efficacia e l’efficienza dell’azione di governo ispirata dagli ideali
costituzionali".
E qui si
chiude la carriera misconosciuta di Matteo Renzi, l’uomo del momento, anzi
di Adesso. Tutto il resto è cronaca.
(3) - fine
di Ilaria
Ulivelli
Fonte: srs
di Ilaria Ulivelli, visto su LA
NAZIONE del 17 dicembre, 19-20-21 settemrbe 2012,