Gaetano Armao
La proposta rivoluzionaria del professore Gaetano Armao
Il docente di diritto amministrativo, ex assessore
regionale al Bilancio e leader del comitato promotore di “Sicilia Nazione”, ha
illustrato in una conferenza stampa i contenuti di una proposta che farà
discutere a livello nazionale ed europeo sul ruolo politico e strategico della
Sicilia che gode di uno Statuto autonomistico che dovrebbe garantire
determinate specialità e che invece per colpa di una classe politica inadeguata
non è riuscita soprattutto negli ultimi anni a rintuzzare gli “attacchi” del Governo
centrale, tendente a ridurre l’Autonomia.
La Sicilia è una Nazione. Una Nazione con un popolo, un
territorio, una lingua, una cultura, un’identità e antiche tradizioni. Una
Nazione senza un proprio Stato che vive oggi una crisi drammatica e che da oltre
150 anni viene ripetutamente depredata delle proprie risorse e costretta a un
pesante divario di opportunità e di sviluppo rispetto alle aree del
Nord-Italia. Una Nazione dentro lo Stato italiano che solo formalmente ne
ha riconosciuto le peculiarità attraverso lo Statuto dell’Autonomia, ma che, in
effetti, ne ha sempre disconosciuto i contenuti.
La Sicilia non ha ottenuto alcun reale vantaggio nei 150
anni di unità con l’Italia. Fin dai primi giorni dell’annessione, la
Sicilia ha ricevuto un trattamento da colonia. La repressione e l’occupazione
militare dei primi anni e la decisione di “normalizzare” il popolo siciliano
procedendo a un’unificazione forzata hanno determinato un rapporto di
subalternità che non è mai più stato superato. La spoliazione delle risorse ha
poi condannato la Sicilia a una situazione di perenne arretratezza rispetto al
Centro-Nord. E’ da quel periodo che si è creato quel profondo divario
economico, sociale e infrastrutturale dell’isola che cresce oggi in termini
esponenziali.
Quello che è più grave è che nel secolo successivo la
questione siciliana non è stata neppure affrontata e il gap si è sempre più
allargato. La Sicilia ha così pagato un prezzo altissimo sull’altare della
cosiddetta unità nazionale, con un pesante drenaggio di risorse umane,
finanziarie e produttive.
Anche l’Italia repubblicana porta responsabilità gravissime
con la decisione di mantenere il divario e lo spostamento di risorse dalla
Sicilia in cambio della nascita di un’economia di assistenza e di elemosina,
con l’incentivazione di forme di precariato assistito divenuto adesso
insostenibile sul piano economico e con l’insediamento di alcune grandi
industrie, vere e proprie cattedrali nel deserto, gravemente inquinanti che
hanno devastato larga parte del territorio.
La Sicilia non è più nei fatti una Regione a Statuto
speciale. Lo Statuto è stato il frutto delle lotte autonomiste e
indipendentiste e del ruolo di alcuni dirigenti politici siciliani che furono
capaci di determinare le scelte dello Stato; non fu quindi una concessione. E’
stato una conquista del popolo siciliano basata su un accordo tra la Sicilia e
lo Stato italiano che negoziava autonomia speciale e autogoverno in cambio
della rinuncia alle richiesta d’indipendenza. Va da sé che ogni riduzione delle
competenze statutarie, rappresenta una violazione della natura pattizia di
quell’accordo e legittima la volontà di autodeterminazione dei siciliani.
Lo Stato italiano ha sempre cercato di ridurre la portata
dello Statuto, com’è dimostrato dall’abolizione dell’Alta Corte. In questi
ultimi anni poi gli attacchi all’Autonomia hanno fortemente ridotto i poteri di
autogoverno della Sicilia e si spingono, oggi, sino alla minaccia di
soppressione della specialità, purtroppo condivisa anche da alcuni ascari politici
siciliani che, dopo averla utilizzata in termini clientelari e di privilegio,
cercano di scaricare le proprie responsabilità attribuendone le colpe
all’Autonomia.
La Sicilia possiede le risorse e le energie umane e
materiali per vivere in autonomia. Ciò non si è verificato soltanto perché
è stata continuamente depredata delle sue ricchezze, determinandone persino la
sudditanza psicologica. Gli stessi siciliani si sono spesso fatti
convincere dalle menzogne propinate da quei politici italiani che sostengono
che lo Stato versa alla Sicilia più di quanto riceve.
Gravi sono poi le responsabilità della classe politica
siciliana che è rimasta in gran parte subordinata ai partiti italiani e ne ha
condiviso vizi e atteggiamenti da casta. La Sicilia doveva diventare per loro,
com’è purtroppo progressivamente avvenuto, un bacino elettorale a basso costo,
dipendente dalla politica e da intermediari sindacali e pseudo-imprenditoriali.
La Sicilia deve prendere in mano il proprio destino. La
disoccupazione a livelli ormai altissimi, quella giovanile in particolare,
l’emigrazione che riprende, le piccole e medie imprese schiacciate da una
tassazione altissima e da crediti non compensati nei confronti dello Stato, un
sistema produttivo pesantemente penalizzato dal profondo gap infrastrutturale,
le grandi multinazionali che inquinano e pagano le tasse altrove, le immense
risorse ambientali e artistiche assolutamente non valorizzate, la mancata
previsione di una fiscalità di vantaggio che possa rendere conveniente investire
in Sicilia e il rifiuto di qualsiasi altra forma di riequilibrio territoriale,
lo storno verso il Centro–Nord di risorse economiche destinate dalle norme
europee alla nostra Isola; sono la prova che lo Stato italiano ha deciso ancora
una volta che la Sicilia è solo territorio di conquista e di saccheggio.
Le ultime umilianti vicende, che vedono il Governo nazionale
chiedere in modo ricattatorio alla Sicilia di rinunciare a circa quattro
miliardi di crediti in cambio di appena 500 milioni di liquidità e una politica
siciliana imbelle che accetta il ricatto e che è incapace di reagire alla
successiva ulteriore sottrazione di un miliardo di investimenti, testimoniano
della necessità di cambiare rapidamente rotta. Tocca quindi ai siciliani
porre fine alle umiliazioni e decidere di rompere la spirale di rassegnazione e
costruire un progetto capace di andare oltre l’autonomia speciale.
La Sicilia ha interesse
all’autodeterminazione. Impegnarsi per garantire concrete forme di
autogoverno alla Nazione Siciliana non è più soltanto una questione identitaria
o ideologica. Gli interessi economici e di sviluppo dell’isola hanno bisogno
dell’autodeterminazione.
L’applicazione dei parametri europei di rigore economico,
dietro i quali spesso si maschera la volontà dello Stato italiano di non
riconoscere alla Sicilia la piena autonomia finanziaria e una fiscalità di
vantaggio, impedisce di creare per un’unica regione un sistema differenziato a
livello economico, fiscale e legislativo tale da consentirgli di ridurre il
divario con altre parti dello Stato e di rendere competitivi cittadini e
imprese.
Vincoli regolamentari e di finanza pubblica non consentono
inoltre, almeno per i prossimi trent’anni, di stanziare l’enorme mole
d’investimenti finanziari e infrastrutturali necessari per determinare minime
condizioni di riequilibrio. Solo una nazione sovrana può essere in grado
di utilizzare leva fiscale e meccanismi legislativi per creare sviluppo senza
entrare in conflitto con gli standard europei, come avviene già per altre Isole
nel mediterraneo che hanno una loro dimensione statale. Appare quindi evidente
che l’assenza di autodeterminazione e di autogoverno rappresenta un danno per
la Sicilia e la conduce alla desertificazione e alla povertà.
La Sicilia deve diventare una Nazione federata o uno Stato
indipendente. L’Autonomia speciale che ha rappresentato un accordo
fortemente innovativo e che poteva trasformarsi, se attuato, in una leva per lo
sviluppo è stata indebolita dalla pervicace volontà dei governanti italiani di
proseguire sulla strada della subalternità della Sicilia.
Una straordinaria opportunità si è trasformata, a causa
dell’opportunismo di pochi, in un feticcio dietro il quale alcuni tentano di
coprire ridicoli privilegi e un distorto uso clientelare delle istituzioni
autonomistiche. E’ necessario a questo punto andare oltre l’Autonomia speciale
e lo Statuto regionale, recuperandone lo spirito originario e traendo le
conseguenze dalla loro mancata attuazione.
E questa prospettiva è coerente peraltro con la dimensione
europea dell’insularità. Non vi è in Europa una grande isola, o un arcipelago,
che non sia uno Stato o una Regione con forti elementi di autonomia politica,
finanziaria e fiscale.
Occorre una nuova fase con obiettivi definiti e nettamente
innovativi. Esiste una sola alternativa all’indipendenza della Nazione
siciliana e questa stessa alternativa ha tempi molto ristretti.
Si tratta di stabilire un nuovo accordo pattizio tra la
Sicilia, non più regione, e lo Stato italiano: un patto tra due Nazioni a pari
titolo che si federano fra loro attribuendo a ognuna di esse pieni poteri di
autogoverno e attribuendo alla federazione esclusivamente i poteri riguardanti
Esteri, Difesa e poche altre competenze definite con assoluta
precisione. In alternativa a questo nuovo accordo pattizio non resta che
la richiesta di una piena indipendenza da negoziare in tempi relativamente
brevi e che deve essere decisa dai siciliani attraverso un referendum popolare.
Si decida serenamente con le regole della democrazia – come
già sperimentato da altri popoli europei. Siano i siciliani a scegliere se il
loro destino debba continuare a essere affidato all’Italia o se debba essere
invece ripreso nelle loro mani.
La Sicilia può diventare il cuore del Mediterraneo e di una
diversa Europa. La posizione strategica della Sicilia al centro del
Mediterraneo e crocevia naturale tra l’Europa, l’Africa e l’Asia ci consegna
responsabilità e opportunità straordinarie. Una Nazione di pace,
d’incontro, di scambi culturali ed economici. Una Nazione che può diventare
piattaforma logistica del Mediterraneo e al contempo ambasciatrice di una
diversa Europa dei popoli.
Un’Europa dei diritti e non delle burocrazie, tantomeno
finanziarie, un’Europa che sappia contrastare mafie e corruzioni, un’Europa dei
cittadini europei e non delle banche. Un’Europa che torni alle ispirazioni
e alle ambizioni di Sturzo e Spinelli, che abbia il coraggio di eliminare
vincoli rigidi e patti di stabilità e che consenta la circolazione di strumenti
finanziari complementari per consentire sviluppo attraverso forti iniezioni di
liquidità.
Un’Europa che, ritrovando la propria dimensione
mediterranea, difenda l’agricoltura isolana, stracciando ogni accordo a scapito
dei nostri prodotti. Sono queste le opportunità di una Nazione siciliana,
federata o indipendente, in un’Europa confederale e democratica, ricondotta ai
valori di solidarietà che ne ispirarono la fondazione.
La Sicilia ha bisogno di un Movimento Nazionale
Siciliano. Vogliamo costruire un Movimento Nazionale che unisca i
siciliani nell’impegno per forme più avanzate di autogoverno. Un movimento che
metta insieme cittadini dei più diversi orientamenti politici e ideali, con
l’obiettivo di restituire alla nostra terra l’orgoglio e la responsabilità di
essere Nazione e le opportunità garantite dalla sua storia, dalle sue
tradizioni culturali, dalla sua posizione geografica e dalle sue risorse.
Un movimento di indipendenza e riscatto nazionale che abbia
al centro del suo programma la Sicilia, il suo sviluppo e il benessere dei
siciliani. Un movimento che abbia un’unica pregiudiziale indiscutibile: la
lotta alla mafia che ha sfruttato, traendone enormi profitti illeciti, il peso
del sottosviluppo e il bisogno di lavoro, schiacciando le speranze dei
siciliani onesti. Non può e non dev’esserci spazio alcuno per la mafia,
nemica della Sicilia, infamia per la nostra storia e macchia sul nostro onore.
Tutti devono sapere che la lotta per l’autodeterminazione della Nazione
Siciliana è alternativa alla criminalità mafiosa.
Il nuovo movimento deve nascere in un tempo breve e deve
coinvolgere la maggioranza dei cittadini siciliani. Deve essere profondamente
diverso dai partiti italiani e basato su criteri amplissimi di democrazia
diretta. E’ con questo spirito e con l’obiettivo di costruire un movimento
che rappresenti la maggior parte del popolo siciliano che rivolgiamo un appello
a tutte le energie, le passioni e le culture della nostra Terra. La nostra
storia e il futuro dei nostri figli ci chiedono di sentirci cittadini della
Nazione Siciliana. Per questo rivolgiamo il nostro appello a tutti i
siciliani liberi.
Fonte: SI24.it del 16 gennaio
2015
1 commento:
Non solo la Sicilia ma tutto a tutto il Meridione va dato quello che è stato tolto nel 1860, l’IDIPENDENZA.
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