Dal testo di Francesco Zanotto
"Fin da quando moriva il dì 12 luglio
1364 il doge Giovanni Dolfino, rapporta la cronaca Savina, che sendo nominato a
surrogarlo Andrea Contarini, rifiutò; narrando aversi egli stesso opposto alla
sua elezione, a motivo che trovandosi egli ancor giovanetto in levante, un moro
maomettano gli predisse il suo avvenimento al trono, e che sotto il suo
reggimento avrebbe corso pericolo di perdere la città e l'intero stato: per la
qual cosa non volle accettar la ducea, per non incorrere nella profetata
disgrazia ... "
ANNO 1368
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
C'è chi vuole il
potere assoluto e chi
nicchia e proprio non ne vuole
sapere. Anche perchè il compito di doge non era dei più facili e il fardello era pesante assai. Contarini fu uomo molto restìo alle lusinghe
del potere, ma dovette
rassegnarsi alle minacce dei rappresentanti dello Stato che non potevano
accettare defezioni ...
LA SCHEDA STORICA - 53
Alla morte del doge Lorenzo Celsi sotto il cui dogato era scoppiata
la rivolta dei coloni veneziani di Candia successivamente domata, salì al trono
Marco Corner. La sua elezione non fu priva di contrasti e di obiezioni, prima
fra tutte l'avanzata età - aveva più di 80 anni - e la sua condizione
economica, risultando il Corner estremamente povero.
L'aspirante doge tuttavia seppe difendere le sue ragioni e
la sua candidatura davanti al Maggior Consiglio con una tale passione e al
tempo stesso con tanta saggezza da spuntarla e venir eletto quale nuovo doge. Il
tempo si dimostrò tuttavia meno clemente col vecchio doge, che scese infatti
nella tomba da lì a pochi anni il 13 gennaio del 1368 lasciando ancora una
volta Venezia senza doge.
Se il governo del Corner, seppur breve, si caratterizzò come
un periodo di pace e prosperità, non così il governo del suo successore Andrea
Contarini, con il quale infatti la repubblica veneziana si ritrovò nuovamente
in guerra coi genovesi e non solo.
Contarini, al contrario era un uomo di indole estremamente
pacifica, assolutamente privo di ambizioni personali pur essendo l'esponente di
una ricca ed illustre famiglia che darà a Venezia ben otto dogi. Del resto, le
circostanze e le modalità che accompagnarono la sua ascesa al trono ducale
sembrano confermare una natura del tutto scevra da aspirazioni di potere.
Il Contarini infatti, rifiutò per ben due volte l'alta
carica. La prima volta sembra sia stata ancora nel 1261, dopo la morte di
Giovanni Dolfin. Le ragioni di questo primo rifiuto restano del tutto
sconosciute, ma si narra che egli addusse una strana profezia fattagli da un
moro quando, ancor giovinetto, si trovava in Levante. Questi gli predisse la
sua possibile ascesa al trono ducale aggiungendo però che sotto il suo governo
avrebbe rischiato di perdere la città e l'intero Stato. Per non incorrere nella
funesta profezia, dunque, Andrea Contarini avrebbe rifiutato di salire sul
trono ducale.
Ma le leggende, circa la riluttanza da parte del Contarini
di assumere l'alta carica, non si fermano certo qui. In un'altra occasione, si
narra infatti, gli venne predetta la sua elezione a doge. Innamoratosi di una
monaca che, dicono le fonti, pare lo ricambiasse, Contarini nel momento in cui
stava per farla sua, si accorse di un anello nuziale che la monaca portava al
dito. Alla domanda che cosa fosse quell'anello, la donna rispose che era
l'anello, il simbolo delle nozze mistiche con Cristo. Di fronte a questa
risposta il Contarini si pentì improvvisamente e fuggì dal monastero. Un
crocefisso nel chiostro del convento durante la sua fuga, gli fece un cenno di
approvazione col capo. Quel medesimo crocefisso gli sarebbe poi apparso in
sogno una notte e gli avrebbe appunto predetto la sua elezione a doge di
Venezia, ma che avrebbe anche affrontato in quella veste una delle prove più
dure per la sua città.
Perchè alla fine abbia accettato, comunque, appare fin
troppo evidente. Ritiratosi in uno dei suoi possedimenti nel padovano, alla
notizia di essere stato eletto quale nuovo doge Contarini rispose inizialmente
all'ambasciatore che gli portava la notizia con un categorico rifiuto, ma a
quel punto la risposta del Consiglio fu ancora più categorica. O il Contarini
infatti, avrebbe accettato la nomina assumendosene tutte le responsabilità o
sarebbe stato condannato all'esilio e alla confisca del suo patrimonio.
Doge sotto
minaccia
Solo dietro queste
pesanti minacce, pare, il Contarini si rassegnò a diventare il nuovo doge di
Venezia. In una cosa tuttavia, la leggenda del crocefisso apparso in sogno si
dimostrò invece veritiera e cioè che sarebbe stato doge in un momento in cui la
sua città si vide costretta ad affrontare una delle prove più terribili che mai
avesse dovuto affrontare nell'ormai secolare sua storia. Nei suoi 14 anni di
ducea, al Contarini infatti non dovettero certo mancare i momenti durante i
quali rimpiangere la pace della sua tenuta padovana.
Iniziò la città di Trieste all'indomani, praticamente, della
sua elezione con una improvvisa rivolta. Una città molto più piccola
dell'attuale alla quale Venezia non aveva mai prestato particolare attenzione,
ma che riuscì a tenere impegnata la flotta veneziana in una lunga ed estenuante
guerra che si concluse solo con la capitolazione della città presa per fame.
Dopo Trieste, fu il turno di Padova dove Francesco da
Carrara proseguiva nella sua opera di provocazione con la fortificazione degli
argini del Brenta che segnava allora il confine fra il comune di Padova ed il
territorio veneziano mentre per via diplomatica continuava a tessere sinistre
alleanze anti-veneziane. Una congiura organizzata e finanziata dallo stesso
Francesco da Carrara arrivò anzi a minacciare il cuore di Venezia, tanto che il
Consiglio dei Dieci si vide costretto a decretare lo stato di emergenza. Le
calli e i canali dovevano essere sorvegliati da pattuglie e gli stranieri
perquisiti prima di entrare in città, mentre i sospetti potevano essere
torturati.
Come se non
bastassero i guai in casa propria, anche nel Levante le cose sembravano
mettersi veramente male. Nel 1373 a Cipro scoppiarono violenti disordini fra la
comunità veneziana e quella genovese anche se fu un'altra, ben più grave
circostanza a riaccendere le ostilità tra le due repubbliche nemiche.
Intanto anche Genova tesseva le sue reti di alleanze tanto
che alla fine venne formandosi un formidabile ed imprevisto fronte anti-veneziano,
dove ciascuno dei suoi membri portava o accampava i suoi interessi: Padova con
le sue mire espansionistiche, Genova con i suoi interessi commerciali, il
duca d'Austria che aspirava ad
annettersi il trevigiano, il re d'Ungheria che sperava di recuperare la
Dalmazia fino al Patriarca di Aquileia che sperava invece di recuperare Trieste, ampliando ulteriormente il suo già
potente feudo.
Venezia si trovava così, improvvisamente e quasi
inaspettatamente circondata.. I Carraresi ed i Genovesi erano riusciti a
chiudere la Serenissima in una trappola mortale.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 2, SCRIPTA EDIZIONI