Dal testo di Francesco Zanotto
"Quindi fu
spettacolo commoventissimo l'osservare non appena eletto il Veniero, recarsi
alla presenza di lui dieci Turchi, i quali, a nome di tutti i loro nazionali
allor dimoranti in Venezia, presentarongli omaggio prostrandosi ai di lui piedi
al modo orientale, e questi baciandogli ossequiosamente prorompere nelle
seguenti formali parole: Non poter la corona ducale esser collocata meglio che
sul capo di chi avea debellato l'ottomana potenza. Il quale atto e le quali
espressioni affatto singolari, riempì di giustissima maraviglia tutti gli
astanti, ma vieppiù il Doge, il quale rispose a que' generosi con molto affetto
... "
ANNO 1577
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nel 1577 Sebastiano Venier viene scelto quale
nuovo doge. Il vecchio comandante riceve anche gli onori dei mercanti turchi di
Venezia, gli antichi nemici ...
LA SCHEDA STORICA - 110
L'epidemia di peste che sconvolse l'atmosfera fiabesca di
Venezia nel 1576, si esaurì finalmente verso la fine dell'estate. I Veneziani
stavano erigendo la loro chiesa - il Redentore - a ringraziamento della fine
della pestilenza e la vita stava recuperando, seppur lentamente, i ritmi e le
abitudini di sempre.
Il doge Alvise
Mocenigo che si era salvato dalla peste, non fece comunque in tempo a vedere la
chiesa finita, dal momento che il 4 gennaio del 1577 moriva e veniva poco dopo
sepolto nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo.
Mocenigo, prima di salire sul trono ducale era stato anche
ambasciatore presso l'imperatore Carlo V, che aveva profondamente apprezzato la
sua abilità diplomatica, ma il suo dogato, complessivamente, fu estremamente
sfortunato o comunque segnato da alcuni fra i più tragici eventi della storia
veneziana. Si era infatti aperto con la vergognosa, fallita spedizione di
Venezia, Spagna e papato per soccorrere l'isola di Cipro assediata dai turchi e
si era concluso praticamente con una città devastata dalla peste.
Tuttavia Alvise Mocenigo ebbe anche il merito, o la fortuna,
di legare il suo nome e il suo governo anche alla insperata vittoria di
Lepanto. Per quest'ultimo episodio l'anziano doge poteva morire soddisfatto.
E proprio fra gli uomini che contribuirono in maniera determinante a
quella vittoria, ora il Senato rinnovava la sua scelta con l'elezione del nuovo
doge. In realtà, uno era il personaggio sul quale inevitabilmente e sin da
principio si concentrarono, unanimi, le preferenze: Sebastiano Venier.
Sulla fama di Lepanto vola il Venier
Il comandante veneziano, l'eroe di Lepanto, colui che aveva
saputo condurre la propria flotta in modo eccelso contro i turchi, era
rientrato a Venezia solo nel 1573, giusto il tempo per attraversare, indenne,
la terribile pestilenza del 1576.
Pochi mesi, dopo alla morte di Alvise Mocenigo, Sebastiano
Venier poteva così salire sul trono ducale. Era la naturale ma anche la massima
ricompensa che il Venier poteva sperare. Probabilmente l'ormai anzianissimo
comandante la vide più come una cosa dovutagli, l'ovvia chiusura di una vita
spesa al servizio della repubblica.
Il carattere del Venier infatti era notoriamente irascibile,
pieno di sè e orgogliosissimo, in particolare della sua eroica impresa. Non fu
certo un caso, quindi, che tra i primi provvedimenti che prese, non appena
sedette sul trono ducale, uno fosse relativo proprio alla memorabile battaglia.
Tutti i nobili, infatti, che vi avevano preso parte, dovevano indossare degli
abiti rossi per un'intera settimana quale alto segno distintivo e malgrado
fossero passati ormai già più di sei anni dall'evento.
Pure i mercanti turchi gli fanno omaggio ...
Una circostanza curiosa si verificò il giorno del suo
insediamento. Dopo aver ricevuto l'omaggio dei nobili e degli elettori, al vecchio doge si
presentarono davanti dieci rappresentanti dei mercanti turchi residenti a
Venezia.
L'omaggio, non certo privo di interesse e di secondi fini,
primo fra tutti quello di garantirsi comunque la benevolenza del doge e della
città, non mancò certo di colpire, dal momento che proprio l'uomo che pochi
anni prima aveva contribuito ad infliggere ai turchi una sonora sconfitta, ora
li accoglieva e li riceveva con la massima cortesia e gentilezza. Sei anni,
almeno in questo caso, erano passati per qualcosa! Lepanto comunque era
veramente ormai lontana, un bel ricordo nel quale il doge non trascurava certo
d'indugiare.
Ma un evento drammatico pensò a richiamare il Venier
all'attualità. Il 20 dicembre del 1577, per la seconda volta nel giro di pochi
anni, un incendio si propagò nel Palazzo Ducale. Questa volta, tuttavia, a
differenza delle precedenti, le fiamme produssero danni' inestimabili e
purtroppo per certi versi irreversibili al palazzo e alle opere in esso
contenute.
La Sala del Maggior Consiglio e quella dello Scrutinio
vennero infatti inghiottite completamente dalle fiamme e con esse i preziosi
affreschi dei massimi maestri del Quattro-Cinquecento veneziano, dal Gurianto,
al Bellini, da Tiziano a Tintoretto e Veronese. Tutti infatti, avevano lasciato
nello storico Palazzo la loro firma.
I danni poi alla struttura stessa del palazzo fecero per un
momento temere il peggio, ovvero una sua totale distruzione per far posto ad
una costruzione ex novo. La richiesta in tal senso era appoggiata anche da
alcuni fra i massimi architetti dell'epoca, Palladio in prima fila.
Fortunatamente questa drastica soluzione, alla fine, venne
accantonata procedendo invece ad una accurata ristrutturazione che mantenne
sostanzialmente inalterata la struttura antica del palazzo. Non è dato sapere
se e come il Venier sia intervenuto nella questione.
Resta il fatto che, al momento dell'incendio, il vecchio
doge si rifiutò di abbandonare il palazzo. Lo spirito del comandante, che
affonda con la sua nave, riemerse in quell'occasione che per Sebastiano Venier
sarebbe stata anche l'ultima. Appena tre mesi dopo, infatti, la morte lo
costrinse a lasciare per sempre il "suo" palazzo.
Con la morte di Venier si chiudeva un'epoca per Venezia, un
burrascoso periodo che l'aveva vista in prima fila e finalmente vittoriosa
nella lotta contro i turchi. Venier era stato l'uomo del momento, ma con il
nuovo secolo arrivavano anche per Venezia nuovi e delicati problemi che nemmeno
il turco "infedele" le aveva mai procurato.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 4, SCRIPTA EDIZIONI