Dal testo di Francesco Zanotto
"Venne allora
creato, per voto concorde, a vice capitano il Malipiero ... ordinava quindi
alle ciurme di ritornare ai navigli, poneva presidio alla terra, e bandiva:
dovessero i cittadini presentarsi fidenti a ricevere le donne loro. Le quali
tolte dai templi dove eransi riparate, le aveva fatte condurre in due sale del
castello, affinchè ognuno potesse e ricevere la propria donna, e venire
assicurato dalla general testimonianza, che l'onore di lei rimaso era salvo ...
"
ANNO 1484
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Nello scontro tra
Ferrara e Venezia ben
altri interessi si agitano da quelli del Papa a quelli degli Aragonesi
presenti nel sud Italia. Proprio lì Venezia indirizza improvvisamente la sua
flotta di guerra ...
LA SCHEDA STORICA -
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Nel 1467 così si esprime Galeazzo Sforza, duca di Milano
colloquiando con il segretario della Repubblica di Venezia, tal Giovanni
Gonella: "Certo voi veneziani avete
gran torto possedendo il più bello Stato d'Italia a non contentarvi e turbar la
pace e lo Stato altrui. Se sapeste la malavolontà che tutti universalmente
hanno contro di voi, vi si rizzerebbero i capelli e lascereste vivere ognuno
tranquillo nel suo stato".
Le medesime parole, tuttavia, mantenevano tutta la loro
validità anche a distanza di quasi vent'anni quando non solo l'odio contro
Venezia aumentava mano a mano che la repubblica consolidava i suoi rapporti
amichevoli con i turchi che nel frattempo mettevano a ferro e fuoco le coste
della Puglia, ma divenne oltremodo smisurato quando la Serenissima riprese le
armi contro una sua tradizionale e in genere benevola vicina: la città di
Ferrara.
Da molti anni, nel 1481, fra le due città intercorrevano
ottimi rapporti. Il duca Ercole d'Este,
anzi, si era avvalso nel 1476 dell'aiuto veneziano per contrastare le pretese
dinastiche di un suo nipote, affidando anzi la tutela del proprio figlio alla
repubblica.
Poco prima del 1480, tuttavia, Ercole aveva completamente
mutato la sua disposizione nei confronti dei veneziani inaugurando tutta una
serie di provocazioni. Innanzitutto iniziò a far costruire numerose saline
attorno alle bocche del Po. Questa iniziativa andava direttamente a minacciare
il monopolio che ormai da otto secoli Venezia aveva instaurato, e gelosamente
conservato, nella produzione e commercializzazione del prezioso minerale.
Come se non bastasse, iniziò poco dopo a riaprire la
questione dei confini sollevando delle obbiezioni che in realtà avevano ben
poca consistenza e che avevano invece tutto il sapore di una vera e propria
provocazione. Provocazione che divenne aperta sfida quando il console veneziano
fece arrestare per debiti di gioco un prete locale ed Ercole si schierò con il prete malgrado la sconfessione
inflittagli anche dal vescovo della città.
Era chiaro a quel punto dove il duca ferrarese volesse
arrivare. Ma perchè mai cercava a tutti i costi lo scontro con Venezia? Ercole
aveva sposato la figlia del re di Napoli Ferdinando e non è da escludere che il
mutato atteggiamento del signore ferrarese verso la Serenissima fosse in realtà
dovuto alle pressioni del sovrano aragonese.
E così Venezia, pacificata coi turchi, scendeva in campo
contro una lega di stati italiani ciascuno mosso contro la repubblica da
egoistici interessi. Milano, Firenze e Napoli si schierarono infatti contro la
Serenissima ai quali presto si sarebbe unito anche il pontefice Sisto IV, non
prima di aver lanciato un appello affinché Venezia deponesse le armi.
Troppo tardi. Il doge
Giovanni Mocenigo non retrocesse, anche se la sua fermezza venne presto pagata
con l'interdetto papale che colpì il 25 maggio del 1483 la città di Venezia. Il
doge, risoluto, rifiutò d'accettare la condanna pontificia e il Consiglio dei
Dieci, deciso a mantenere segreta la cosa, diede ordine che nella città si
continuassero normalmente a svolgere le funzioni religiose.
Venezia non si fermò qui. Non solo infatti con la sua
decisione stava sfidando apertamente l'autorità del Papa, ma sola contro tutti
gli stati italiani, decise di rivolgersi niente meno che al sovrano francese
Carlo VIII, invitandolo niente meno che a scendere nella penisola per far
valere i suoi diritti sul regno di Napoli. Il re francese per il momento
declinò l'invito, ma Venezia era più che mai risoluta a danneggiare in qualche
modo il re Ferdinando ritenuto il principale artefice della lega
anti-veneziana.
E così, una flotta veneziana guidata da Jacopo Marcello e
Domenico Malipiero, prese a muoversi verso le coste pugliesi. Lungo il viaggio, riunita la flotta a Sasseno,
si propose di attaccare una delle tre città di Monopoli, Manfredonia e
Gallipoli. La scelta finale cadde proprio su quest'ultima.
La flotta ducale era composta complessivamente da 56 navi
fra galee, navi e grippi che trasportavano fino a 9.000 combattenti. Il 17
maggio del 1484 i legni veneziani giungevano così sotto le mura di Gallipoli
con 14 galee e 5 navi. Vennero poi inviati dei messaggeri scortati da 90 militi
con l'offerta d'immunità per gli abitanti e l'esenzione da ogni aggravio per
dieci anni se la città si fosse consegnata immediatamente ai veneziani. La
risposta degli abitanti di Gallipoli non lasciava alcun dubbio sulla loro
scelta: sarebbero rimasti fedeli alloro re Ferdinando. E così Venezia si
preparò all'assalto.
Le galee entrarono nel porto e iniziarono a cannoneggiare le
mura della città difesa accanitamente dai suoi abitanti. Per ben due volte i
veneziani infatti, tentarono l'assalto finale venendo però in entrambi i casi
respinti. Il generale Jacopo Marcello anzi, venne mortalmente colpito da una
bombarda nemica in pieno petto mentre incitava i suoi uomini al combattimento.
Ci vollero ancora due giorni di accaniti e continui combattimenti perchè i
veneziani alla fine riuscissero a piegare la resistenza e ad entrare finalmente
a Gallipoli.
Solo allora, fra l'altro, venne resa nota la notizia della
morte del comandante Jacopo Marcello, tenuta segreta per evitare il panico e la
fuga dei suoi uomini. Venne nominato invece capitano Domenico Malipiero
affiancato da due provveditori e presto si decise di espugnare definitivamente
la rocca. Questa venne infine consegnata ai veneziani dopo l'intimazione di
resa rivolta al castellano.
Conclusa l'operazione gli uomini tornarono alle loro navi
mentre, per ordine del Malipiero, tutte le donne fatte prigioniere nelle due
chiese cittadine dove erano stare raccolte, vennero fatte ricongiungere alle
loro rispettive famiglie e mariti.
Non bastò
certo questo gesto magnanimo e di alta civiltà a placare i risentimenti e
l'odio che una simile sortita aveva incrementato negli animi dei nemici della
Serenissima. Prevalse fortunatamente, per ora, il desiderio di pace dettato più
che altro dalle reciproche diffidenze e paure che iniziavano a serpeggiare nel
fronte anti-veneziano.
Si raggiunse così l'accordo (Bologna, agosto 1484) dal quale
Venezia sorprendentemente usciva favorita accaparrandosi infatti, la città di
Rovigo e altri territori nel delta del Po. La sortita contro Gallipoli aveva
prodotto comunque i suoi frutti!
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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