Dal testo di Francesco Zanotto
" ... un cotal Marco Pellicciaio
cremonese (e non calzolaio come altri dicono), uomo, secondo scrive il
Bonifacio, di molto seguito e di grande autorità presso alla plebe; salito
tosto a cavallo e preso uno stendardo in mano, seguito da Antonio dal Tempio,
detto dal Legname, da Giovanni suo figliuolo e da molti suoi aderenti, si mise
a correre per la città tutta quanta, gridando: Viva S. Marco! Ciò valse perchè
unanimemente fermassero di difendersi ... "
ANNO 1509
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La Repubblica
nello scontro con i Francesi perde molte città lombarde mentre da nord arrivano
anche le truppe imperiali. A quel punto molte città venete si consegnano
all'imperatore mentre solo a
Treviso si resiste ...
LA SCHEDA STORICA - 93
La battaglia e la
conseguente sconfitta dei Veneziani ad Agnadello per opera dell'esercito
francese infatti, segnò solo l'inizio della fine dei domìni veneziani sulla
terraferma. Nel giro di pochi giorni
infatti, la Serenissima perdeva anche Caravaggio, Bergamo e Brescia in
Lombardia e molte altre città, mentre da nord-est prendeva a muoversi anche
l'esercito dell'imperatore Massimiliano.
Alla notizia che anche l'esercito imperiale stava scendendo
nella penisola, molte città per evitare il peggio si consegnarono
spontaneamente all'imperatore. Fra queste anche Verona, Padova e Vicenza oltre
a Cittadella e Rovereto e Riva sul Lago di Garda.
Con la Lombardia occupata dai francesi e gran parte del
Veneto e del Friuli in mano imperiale, a Venezia non restava che la laguna. Ma
se un tempo ormai remoto per la verità, questa poteva bastare, ora la città non
avrebbe mai potuto sopravvivere senza l'aggancio con la terraferma da dove le
giungevano le principali derrate alimentari. Venezia si ritrovava
improvvisamente in trappola, una trappola che si chiudeva pericolosamente alle
porte di Mestre.
Di questa situazione disperata - la peggiore che Venezia
avesse mai vissuto dopo la guerra di Chioggia con i genovesi praticamente in
casa -, ne approfittarono ovviamente, anche alcuni principi italiani.
Il duca di Ferrara si era infatti già ripreso Rovigo, Este e
il Polesine oltre che Monselice, mentre il re di Napoli aveva recuperato i
porti della Puglia. Non solo. Il marchese di Mantova aveva occupato Asolo
mentre anche il Papa Giulio II aveva finalmente recuperato le tanto sospirate
terre di Romagna.
C'era anche chi restavafedele
Dalla dissoluzione
dell'impero veneziano di terraferma furono in molti a guadagnarci, piccoli e
grandi principi, italiani e stranieri,
ma non mancava invece chi aveva scelto di restare fedele alla Repubblica
malgrado tutto.
Fra questi il Friuli, dove ad Udine l'indomani
dell'occupazione imperiale, venne issato il gonfalone di S. Marco. Accanto al
Friuli anche la città di Treviso restava fedele alla Serenissima. I trevigiani
mandarono a Venezia due loro rappresentanti, Bernardino Pola e Giannantonio
Apornio, affinchè raccogliessero le istruzioni del senato veneziano che si
dimostrò grato per la fedeltà mantenuta dalla loro città.
Il 6 giugno del 1509
intanto, un araldo del capitano imperiale Leonardo Trissino, vicentino, venne
spedito a Treviso con l'intimazione di resa. La risposta dei trevigiani fu che
non si poteva decidere alcunchè se prima non si fosse raccolto il Consiglio
cittadino per deliberare in merito. Si voleva ovviamente guadagnare del tempo.
E così l'Assemblea venne finalmente riunita, ma inevitabilmente
si spaccò subito in due opposti schieramenti: quello di coloro che volevano
restare fedeli alla Serenissima e l'altro di quelli che invece si sarebbero più
o meno volentieri consegnati all'imperatore. Sorprendentemente alla fine
prevalse l'ultima opzione.
Tuttavia uno degli ambasciatori scelti per recarsi dal
Trissino per giurare obbedienza all'imperatore, tal Francesco Rinaldi, persuase
anche i suoi compagni a non adempiere a quel mandato. Anzi, si doveva fingere
che la città si sarebbe sì consegnata all'imperatore, ma solo a patto che
l'esercito di Massimiliano si fosse portato più sotto le mura di Treviso poichè
poco lontano i veneziani mantenevano ancora una forte guarnigione che poteva
intervenire alla notizia della resa della città all'Impero. I trevigiani,
dunque, si sarebbero arresi solo ai ministri imperiali in persona. Ancora un
espediente per guadagnare tempo e organizzarsi!
Rientrato a Treviso il Rinaldi si presentò al Podestà e ai
Provveditori cittadini riferendo loro l'accaduto e ricevendo piena
approvazione. Il Provveditore di Venezia Andrea Gritti, aveva nel frattempo
ricevuto chiare istruzioni di resistere e di aiutare in tutti i modi i
cittadini trevigiani.
Un leader popolano incita alla resistenza
Si narra intanto, che in quelle convulse ore arrivasse a
Treviso un ambasciatore del re d'Ungheria, sovrano che guardava con una certa
preoccupazione alla vicina potenza asburgica. Questi, avuta notizia che la
città si stava per consegnare a Massimiliano, iniziò a predicare ad alta voce
con l'intento di persuadere invece i cittadini a non fare quel passo di cui si
sarebbero presto pentiti.
Fra i trevigiani raccolti ad ascoltare le accorate parole
dello straniero, si trovava anche un tal Marco pellicciaio (o calzolaio),
cremonese, ma con un largo seguito fra il popolo di Treviso.
Salito
improvvisamente su di un cavallo e impugnato uno stendardo si mise a correre
per le strade della città gridando: "Viva
S. Marco, viva S. Marco!" A
seguirlo c'erano anche Antonio dal Tempio, detto anche dal Legname con il
figlio Giovanni.
Avuta la certezza che Treviso alla fine avrebbe dunque
resistito all'esercito imperiale, il senato veneziano preventivamente inviò in
aiuto della città un esercito guidato da Cristoforo Moro che dal castello di Mestre
si portò a Treviso con ben 3000 cavalli e cavalieri.
Dall'esempio di Treviso avrebbero tratto forza anche molte
altre città e cittadine innescando una reazione a catena contro le truppe
straniere. A Treviso che resisteva, rispondeva infatti da lì a poco anche
Padova occupata che si ribellò infatti alle truppe imperiali e dopo Padova
anche Verona e Vicenza. Qualcosa faceva: ben sperare.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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