La lotta “all’evasione fiscale”, ricetta per coprire tutte
le magagne governative, nonché per addossare la colpa a qualche capro
espiatorio del tutto inventato, merita qualche considerazione. Vediamo di
seguito:
1) I crediti
inesigibili Equitalia (organo di riscossione dell’Agenzia Entrate) sono passati
dai 545 miliardi dei primi mesi
2014[1] ai 601,5 degli ultimi
mesi 2015[2]. Da notare che la
stampa (da noi citata in quanto apparentemente – e rispettivamente – contro e
pro il Governo) che ha pubblicato tale (sconvolgente) notizia si è ben
guardata (per i motivi illustrati al successivo punto 6?) dal rivelarne le vere
cause;
2) L’enorme cifra
(poco meno di 1/3 dell’intero debito pubblico!), di cui trattasi, è in gran
parte frutto di liquidazioni e di accertamenti dell’Agenzia Entrate[3]. Questi ultimi vengono notificati
nel 90% dei casi[4] ai piccoli
imprenditori (pilastro dell’economia e dell’occupazione) e alle loro famiglie;
3) Le
mastodontiche cifre non riscosse (e non riscuotibili) derivanti, ogni anno,
dagli accertamenti di cui sopra, costituiscono la prova (comprensibile
anche da parte di uno studente di prima ragioneria) che le imprese in libero
mercato sono impossibilitate a guadagnare (e quindi evadere) più di
tanto a causa della concorrenza. La “lotta all’evasione” è, pertanto, in
evidente contrasto con le più elementari logiche economiche (e
costituzionali);
4) Oltre a
provocare il trasferimento di ingenti risorse dall’economia reale a
quella virtuale (mondo professionale) e la fuga degli imprenditori (e
dei giovani potenzialmente tali!) dall’impresa e dal paese, tale politica
“regala” a una ristretta cerchia di persone il potere di gestire, trattare,
modificare, confermare, annullare, decidere, in modo discrezionale e
spesso arbitrario, decine di miliardi l’anno;
5) Al rischio di
corruzione, di cui sopra, si aggiunge la corruzione, vera e propria, e
il debito pubblico causati dalla “maggiorazione” degli appalti e dei
servizi pubblici per pagare tangenti. Lavori totalmente inutili
verrebbero commissionati solo a tale scopo. I ritardi nelle consegne
deriverebbero spesso dalla difficoltà di accordarsi sulle relative spartizioni.
Gli imprenditori con meno scrupoli ne approfitterebbero per quadruplicare
i prezzi. Per evitare le imposte (del 65%! – Sole 20/11/2015) sul “netto”
di cui trattasi i fornitori di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni e
delle società “pubbliche” devono necessariamente utilizzare fatture
e altri stratagemmi contabili per operazioni inesistenti;
6) I grossi
gruppi proprietari della stampa (non a caso restia a pubblicare queste
clamorose notizie) paiono interessati sia a impadronirsi delle fette di mercato
lasciate libere dai piccoli uccisi dal fisco, sia a favorire il regime nella
riduzione del numero di coloro che, non dipendendo economicamente da nessuno (“Primum
vivere, deinde philosophari”), sono più di ogni altro in grado di pensare
(ed esprimersi) con la propria testa. Non è un caso che la Borsa di Milano (che
rivela le performances dei grossi gruppi) abbia ottenuto risultati
migliori rispetto alle altre[5];
7) L’Agenzia
Entrate e la Guardia di Finanza hanno (volendo) a disposizione oltre centomila
preparatissimi (e integerrimi) funzionari in grado di scoprire i trucchi di cui
sopra;
8) I comuni
traggono benefici dalla lotta all’evasione ai sensi dell’art.44 Dpr 600/73 e
segg.
TANTO PREMESSO allo scopo di ridurre corruzione e debito
pubblico, salvare l’economia, sostenere il proprio comune, SI
SOLLECITA la trasmissione all’Agenzia Entrate o alla Guardia dei nominativi dei
fornitori dell’ente (e/o di coloro che percepiscono denaro o incarichi
pubblici) con la richiesta che vengano controllati i loro costi e le loro
operazioni straordinarie (anziché i ricavi delle imprese in libero mercato).
Nel caso di azienda pubblica si invitano i predetti organi di controllo a
“valutare” la “congruità” e/o l’“inerenza” e/o la maggiore o minore
“economicità” e/o “necessità” dei compensi degli amministratori e/o dei
collaboratori esterni dell’azienda stessa (soprattutto se quest’ultima, come
spesso accade, è in perdita).
Documento redatto Gennaio 2016 (Vi)
ESPOSTO AL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (RACCOMANDATA N. 145734371684),
AL GOVERNO
(R.145734370876), ALLA CORTE DEI CONTI (R.145734370888)
E
ALL’AUTORITÀ ANTICORRUZIONE (R.145734370899)
Premesso che una rondine non fa primavera, che l’eccezione
conferma la regola e che l’evasione fiscale, come qualsiasi altro problema
economico e sociale va affrontato non in base al caso particolare ma ai grandi
numeri, siamo in grado di dimostrare (con dati ufficiali) che, purtroppo[1] in buona fede, l’Agenzia delle
Entrate perseguita le piccole e medie imprese in violazione di numerose
disposizioni costituzionali e ordinarie.
E la Storia (vedasi le conseguenze, nel secolo scorso, delle
leggi razziali) insegna che quando lo Stato viola i principi le conseguenze
possono essere devastanti.
Di più. Considerato che l’Agenzia non è né meglio né peggio
di altre amministrazioni e che il problema è dato essenzialmente dal fatto che,
gestendo gran parte delle imposte che assorbono quasi tutta l’economia
(“pressione fiscale”) è diventata potentissima (forse ancora di più della
Magistratura che, per fortuna autonoma, non ha lo stesso potere
“centralistico”) le presenti vicende possono far capire quanti danni sia in
grado di arrecare un’amministrazione, soprattutto se potente, al paese. “Oportet
ut scandala eveniant” (è necessario che gli scandali accadano): le
drammatiche circostanze di seguito esposte potrebbero aiutare a risvegliare le
coscienze.
1) PERSECUZIONE PMI – VIOLAZIONE
PRINCIPIO UGUAGLIANZA
Quasi tutta l’attività di accertamento dell’Agenzia (90%[2] di centinaia di migliaia di
avvisi pari, ogni anno, a circa 50 miliardi tra maggiori imposte, sanzioni,
interessi e aggi)[3]
raggiunge, molto spesso (come nel caso dei meccanici emiliani e dei baristi
bolognesi) “a tappeto”[4], i
piccoli imprenditori e i loro familiari nonostante categorie, come i medici
specialisti, incassino in un’ora, spesso in nero, quello che un
artigiano guadagna in una settimana. E non si dica che ciò dipende
dal “numero” dei (tantissimi) piccoli imprenditori!
Il paese pullula di dipendenti privati e pubblici
percipienti fuori-busta o “doppio-lavoristi”, ovviamente in nero (La
Repubblica 12/7/2014) senza che nessuno si sogni (giustamente!) di
controllarli. Alla stregua dei piccoli imprenditori la loro capacità
contributiva (art. 53 Cost.) non è certamente tale da giustificare massicci
accertamenti nei loro confronti. Non bisogna dimenticare, infatti (art. 36
Cost.), che il “lavoratore” (dipendente o autonomo) ha “diritto” a una
“retribuzione” (bianca e/o nera) proporzionata alla quantità e qualità
(comprensiva dei rischi) del suo lavoro.
Non bisogna dimenticare, neppure, che i piccoli e medi
imprenditori lavorano molto di più e si assentano (per ferie, malattia,
maternità, assistenza familiari ecc. ecc.) molto di meno rispetto alle altre
categorie.
In realtà il fisco accerta le imprese perché facilmente
controllabili in base ai costi (quando gli accertamenti devono essere non più
“facili” ma più giusti). Con la conseguenza che le imprese vengono
doppiamente colpite: dai costi (orami insopportabili, a fronte di ricavi aleatori
e schiacciati dalla concorrenza) e dagli accertamenti fiscali.
L’Agenzia si guarda bene, invece, dall’accertare “a tappeto”
imprese e professionisti aggiudicatarie (chissà come) di gare e lavori pubblici
interessate a registrare fatture per operazioni inesistenti, facilissime (lo
ricordiamo ai verificatori!) da controllare per pagare tangenti. O dal
recuperare gli “anti-economici” (e non inerenti), faraonici, compensi erogati,
dalle “aziende” pubbliche (costantemente in perdita),[5] all’esercito di amministratori, dirigenti e consulenti
raccomandati e/o imposti dalla politica. Se lo avesse fatto avrebbe
contribuito a ridurre sensibilmente corruzione e debito pubblico, mali endemici
del nostro Paese; ma tant’è.
2) VIOLAZIONE PRINCIPIO CAPACITÀ
CONTRIBUTIVA (ART. 53 COST.)
Dotata dal legislatore di formidabili strumenti
(banche-dati, indagini finanziarie, misure cautelari ecc.) per recuperare fino
all’ultimo euro, grazie alla giurisprudenza della Cassazione l’Agenzia delle
Entrate si è “auto-dotata” della possibilità di recuperare dai soci le somme
accertate a carico delle società a “ristretta base” (quasi tutte le società del
nostro paese).
Nessuno si è finora accorto che in Italia è stata abolita
di fatto la responsabilità limitata[6], uno dei pilastri dell’economia
mondiale! Pazienza. “Mal che si vuole non duole”.
Nonostante tali mezzi, l’Agenzia incassa (tra l’altro, come
si vedrà più oltre, in modo a dir poco discutibile) a malapena 7-8 miliardi[7]; infatti Equitalia, suo organo
di riscossione, ha oltre 600 miliardi di insoluti [8]: “prova provata” che la “capacità contributiva” emersa dai
maggiori imponibili accertati non esiste!
Diversamente, infatti, si sarebbe trasformata in beni mobili
e immobili venendo facilmente individuata e bloccata grazie ai potenti mezzi di
cui si è detto. Poche persone (tra l’altro con gli attuali, demenziali,
limiti al contante) possono, infatti, permettersi il lusso di portare i soldi
all’estero o di nasconderli sotto il materasso!
È, in altre parole, la prova che l’Agenzia delle
Entrate viola sistematicamente lo stesso principio di “capacità
contributiva” (che dovrebbe costituire principale fondamento del suo
operato [Cass. 17576/2002]).
Non ci voleva molto a capire che, a differenza di altri
soggetti, gli imprenditori evadono soprattutto per far quadrare i conti,
retribuire i dipendenti, acquistare macchinari ecc. E che è impossibile rubare
utili o ricchezze inesistenti.
L’Agenzia non può fingere di non sapere che gran
parte dei maggiori imponibili, come nel caso da noi denunciato al Sole 24
Ore[9] del reddito
professionale di oltre 20 milioni in due anni accertato a carico di un anziano
e malato commercialista[10],
sono falsi. Oltreché violazione del principio di “indisponibilità
dell’obbligazione tributaria” ciò costituisce falso in atto pubblico.
3) DANNI DEL CONTEZIOSO FISCALE
Quasi tutti gli accertamenti (eminentemente presuntivi)
vengono ovviamente contestati[11]
davanti ai giudici tributari competenti che ne annullano circa la metà[12] pur avendo interesse morale,
come servitori dello Stato, e materiale, come beneficiari delle
pubbliche entrate, a confermarli.
L’Agenzia delle Entrate punta invece al 60% di vittorie[13] (come se un’azienda, cui si
vanta di assomigliare[14],
puntasse a sbagliare “solo” il 40% dei propri prodotti!) senza rendersi conto
che il 50% di vittorie o di sconfitte è un’inevitabile conseguenza statistica
del fatto che gli accertamenti (discutibili, opinabili e presuntivi) sono
troppi.
Per difendersi, i contribuenti incontrano costi pari al 20%
del valore delle cause[15];
nell’interessato silenzio del mondo accademico su quanto sta accadendo. Tra
parcelle, giornate di lavoro “buttate”, stress, malattie, perfino suicidi, il
costo, per la collettività, degli accertamenti (e delle migliaia di legali
dell’Agenzia addetti al contenzioso!) è di gran lunga superiore ai
risultati della lotta all’evasione!
È in corso il trasferimento di gigantesche risorse
dall’economia reale (impresa) a quella virtuale (mondo professionale); dai beni
strumentali e dall’occupazione ai “Rolex d’oro”!
4) AFFOSSAMENTO DELLA GIUSTIZIA
In Cassazione, dal paese tra i più litigiosi d’Europa[16], con più avvocati al mondo e
con intere regioni in mano alla criminalità, arriva una valanga di ricorsi
sulle questioni più varie: rapine, violenze, omicidi (più o meno colposi o
tentati), minacce, lesioni, incidenti stradali e non, furti, truffe,
corruzioni, ingiurie, diffamazioni, razzismo, inquinamento, liti tra imprese,
vicini e condomini, contro le pubbliche amministrazioni, cause di lavoro (ben
25% del totale!) ecc.
Verrebbe da pensare che le liti fiscali, almeno quelle su
iniziativa di un’amministrazione tenuta, a differenza dei cittadini, al
principio di “Buon andamento” arrivino, a malapena, al 2-3%.
Orbene, i ricorsi fiscali in Cassazione (prevalentemente a
cura dell’Agenzia delle Entrate che si vanta, infatti, di vincere di più in
tale sede[17]) arrivano a ben
il 40% del totale[18]!
Poco meno della metà di un organo teoricamente impegnato a
dirimere i mali e le ingiustizie del Paese…perderebbe dunque il proprio tempo a
“correre dietro” a piccoli e medi imprenditori che stentano ad arrivare a fine
mese e pagare i dipendenti!
Ferme restando, sul punto, le responsabilità della stessa
Cassazione[19], oltre
all’economia, l’Agenzia delle Entrate starebbe quindi contribuendo ad affossare
anche la giustizia.
5) GIGANTESCA (ANCORCHÉ
INVOLONTARIA) ESTORSIONE IN CORSO
Ben ¾ degli incassi di 7-8 miliardi[20] (secondo Dirpubblica molto gonfiati[21]) della lotta all’evasione sono
frutto di pagamenti a fronte di richieste a volte molto più alte.
Come i 5 milioni (forse non dovuti), a fronte dei 30
(sicuramente non dovuti) richiesti a una ditta di Treviso; oppure i 6
contro i 65 richiesti a una di Belluno (delle quali ci riserviamo di fare i
nomi).
A parte la tangente variabile dal 5 al 10% sul “risparmiato”[22] che i professionisti sono
soliti pretendere dai malcapitati contribuenti e a parte la buona fede dei
funzionari (dei quali, invece, non dubitiamo) si tratta di una vera e propria,
gigantesca (ancorché involontaria) estorsione![23]
Tra l’altro le “definizioni” vengono effettuate, molto
spesso, a cura…degli stessi funzionari che hanno eseguito l’accertamento[24]! Senza contare gli
“avvertimenti” (di cui abbiamo prova) che, “non aderendo”, i contribuenti
rischiano “altri controlli” (anche sui familiari); o le “promesse” che, in caso
contrario, potrebbero stare “tranquilli per qualche anno” …[25].
A conferma della gravità della situazione, secondo la
stessa Agenzia tali comportamenti rientrano… nella “normale dialettica
fisco-contribuente”![26]
Solo recentemente, del resto, ha raccomandato ai dipendenti[27] di evitare “atteggiamenti
intimidatori” (cioè estorsivi) nei confronti dei contribuenti.
Come se si trattasse, appunto, di un comportamento normale.
6) INCENTIVO ALLA CORRUZIONE
Totalmente incurante del fatto che “l’occasione fa l’uomo
ladro”, l’Agenzia Entrate regalerebbe, quindi, ogni anno, a migliaia di
pubblici ufficiali, il potere di iniziare, gestire, ridurre, annullare,
decidere accertamenti per decine di miliardi in gran parte discrezionali
e spesso arbitrari!
Vorremmo ricordare, a tal proposito, che il personale
dell’Agenzia è diviso in dipendenti di “serie A” (controllo) e di “serie B”
(servizi al contribuente) nonostante, tra l’altro, lo stesso Statuto dell’ente
metta in primo piano quest’ultima “missione”.
7) TENTATIVI (INUTILI) DI
CAMBIARE
La situazione non è certo migliorata con l’introduzione, nel
2004-2005, dei famigerati “obiettivi monetari”[28] in violazione dell’obbligo di astensione previsto dal
Codice di comportamento dei dipendenti pubblici[29] (oltreché dell’art. 97 della Costituzione) contro
cui ci siamo battuti, prima da soli nel 2007[30], poi con il sostegno indiretto dei Commercialisti di Milano
nel 2010[31] e infine con
quello del sottosegretario Zanetti.
È come se i giudici venissero retribuiti in base agli anni
inflitti; o i Carabinieri premiati in base ai proiettili sparati o ai
“malviventi” feriti: le aziende vengono pur ferite e spesso uccise da
accertamenti infondati!
Per limitare i danni basterebbe che l’Agenzia applicasse il
principio “In dubio pro reo”
rettificando gli imponibili solo con la sicurezza al 100% delle proprie ragioni[32].
Lo abbiamo proposto, per anni (inutilmente), in base al
D.Lgs 80/98[33] che prevede, quale compito principale dei dirigenti
pubblici non l’organizzazione degli uffici (che, ridotti come sono, vanno
avanti da soli) ma “la formulazione di proposte” in favore dell’ente.
Il paese si sta impoverendo; la fame (di giustizia) aguzza
l’ingegno; i cambiamenti partono dal basso (principio democratico); tale
disposizione avrebbe rivoluzionato una pubblica amministrazione notoriamente
ostile ai cambiamenti (vedasi altro articolo interessante in calce)[34].
Come volevasi dimostrare non è mai stata applicata; men che
meno dall’Agenzia che, presa da “obiettivi” di ogni genere[35] (alcuni, come quello di indurre
i contribuenti a versare denaro a enti di beneficenza[36], perfino illegali), non ha mai assegnato ai dirigenti
il principale compito previsto dalla legge! Peggio, lo ha relegato in
secondo piano nel proprio Statuto[37]!
8) FUGA DEGLI IMPRENDITORI DA
IMPRESA E PAESE
Non bastasse, l’Agenzia tratta i piccoli e medi imprenditori
cui capita di non rilasciare qualche ricevuta o scontrino, cioè quasi tutti,
da “vermi intestinali” e “parassiti”[38]
(esattamente come gli ebrei nella seconda guerra mondiale[39]).
I quali si rivelano invece particolari animali in grado di
fiutare il rischio (di essere distrutti da un accertamento sbagliato) a
chilometri di distanza. È normale che siano indotti a lasciare l’impresa o il
paese; e che quest’ultimo vada in rovina. Al Sud l’economia non è
mai esistita a causa della criminalità e dell’estorsione; al Nord potrebbe
succedere la stessa cosa ANCHE a causa dell’Agenzia delle Entrate.
Romano d’Ezzelino (Vi) Agosto-Settembre 2015
Luciano Dissegna
(Autore della proposta di tassare i redditi in
misura inversamente proporzionali al rischio di restarne senza semplicemente
calcolabile in base all’uscita dalle singole di lavoratori o imprese per motivi
diversi dalla morte o la fine del mandato politico amministrativo –
Tributarista – Arbitro Consob – ex dirigente AE – l.dissegna@gmail.com – cell.3476974562).
P.S. per capire la lontananza
dell’Agenzia dalla comprensione di ciò che sta accadendo, vedasi Repubblica
25/10/2015). [40]
NOTE
[1] In
malafede, infatti, eviterebbero di segare di segare il ramo su cui sono essi
stessi seduti.
[4]
Abbiamo documenti che comprovano tale ottica (“a tappeto”, “massiccia”, vera e
propria “campagna” ecc.
[6]
Emblematica, a tale riguardo, la lettera di Rosario (Roy) a
https://www.facebook.com/o.lucianodissegna/?fref=ts:
“G
entile dott. Dissegna, ho letto la sua intervista su “Il Giornale”. Mi ha
messo in allarme la sua frase sulla fine della responsabilità limitata nelle
Srl in caso di evasione fiscale. Vorrei comprare una quota, per 2.000 (duemila)
euro, di una Srl di ormai prossima costituzione che si occupa di produrre e
commercializzare un prodotto brevettato per la conservazione dei cibi. Avevo
chiesto ad alcuni legali e commercialisti di mia conoscenza e mi avevano detto
che sul piano della responsabilità, non essendo io amministratore, ma socio
(molto) marginale (direi simbolico), il mio rischio avrebbe potuto riguardare
al massimo la perdita della sola quota conferita. Adesso, leggendo la sua
intervista, comincio ad aver paura dell’acquisto della quota, orientandomi ad
evitarlo. Io non conosco l’amministratore della futura società o non mi intendo
di bilanci. Sono solo legato da un rapporto di conoscenza all’autore del
brevetto, socio di maggioranza della Srl. Grazie di cuore per avermi aperto
alla riflessione su un rischio di cui non sapevo. Mi dispiacerebbe, però,
privarmi di una opportunità che potrebbe darmi qualche sicurezza in più per il
futuro. Sono confuso. Buona giornata”.
[8]Sole 24
Ore 4 dicembre 2015 (dato aggiornato)
[10]Ciò
accade confondendo, anche con l’avallo della Cassazione, norme strumentali e
sostanziali.
[14]
Controllo gestione amministrazione finanziaria – Esperienza Agenzia Entrate –
Ed. Rubettino
[19]
Riteniamo che la Corte di Cassazione sia troppo indulgente, in materia di
presunzioni (artt. 2727-2729 CC) nel permettere agli uffici di passare dal
“fatto noto” a quello “ignorato”
[20]
Vedasi link Agenzia in nota 3. “Versamenti diretti” (“spontanei”)
[22] A
Cesare De Stefani (“Osteria senz’Oste”) è stato chiesto “solo” il 7% su 2,3
milioni di euro…
[24] A
conferma della sistematica violazione del principio di “Indisponibilità
dell’obbligazione tributaria”.
[28]
Introdotti nel 2004-2005, in base ai quali vengono valutati i dirigenti del
settore controllo dell’Agenzia
[32] O
almeno al 99% (1% dovrebbe essere l’eccezione che conferma la regola). Si
tratta della funzione “giustiziale” degli uffici (Allorio – anni 60 –
www.opentech.it/1/upload/atti2009.pdf).
Fonte: da
Miglioverde del febbraio 2016