Dal testo di Francesco Zanotto
"Acconsentitta adunque da Maometto la partenza
del Bellino, fattolo a sè chiamare, lo commendò altamente della virtù sua,
dimostrandosi ben servito in tutte cose da lui operate, e per testimonio di
grato animo e di suo soddisfacimento lo creò cavaliere ponendogli al collo una
catena d'oro di molto prezzo, ed accompagnandolo con lettere regie; dal Bellino
poscia al suo rimpatrio recate al Senato, dal quale ottenne onorevole stipendio
sua vita durante ... "
ANNO 1480
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Siglata la pace
con Maometto Il Venezia può far conoscere anche al Sultano i suoi migliori
talenti in campo artistico come Gentile Bellini che presso la corte turca
sembra trovare un congeniale ambiente ...
LA SCHEDA STORICA - 86
Malgrado l'eroica resistenza di Scutari, Venezia non poteva
non rendersi conto di quanto l'avanzata turca avesse progressivamente corroso i
suoi domini d'oltremare. Negroponte e Croja erano ormai perdute e per la città
chiave di Scutari sarebbe stato solo questione di tempo. A Venezia non restava
che attuare una saggia politica di consolidamento delle sue posizioni senza
sperare, ormai, di poter conquistare ancora qualcosa di nuovo. Anzi, era già
tanto se la Serenissima fosse riuscita a conservare le posizioni che aveva
attorno al 1480.
Nel 1478 era poi morto per peste il doge Andrea Vendramin e
il trono ducale venne allora occupato da Giovanni Mocenigo, fratello di Pietro,
anche quest'ultimo in precedenza assurto all'alta carica. Giovanni Mocenigo si
rese ben presto conto che Venezia non poteva più sostenere da sola il confronto
scontro con le armate ottomane e che in quel momento alla Serenissima sarebbe
tornata molto più vantaggiosa la pace.
E così, il 24 gennaio del 1479 Venezia concludeva un
trattato di pace con Maometto II, anche se le condizioni si rivelarono per la
repubblica veneta ben poco favorevoli se non addirittura umilianti, specie
rispetto a quelle proposte tre anni prima. Purtroppo Venezia non era nelle
condizioni migliori o di vantaggio e non poteva certo accampare delle pretese.
Ora, poteva e doveva limitarsi ad accettare quello che il Sultano aveva deciso.
E così la Serenissima fu costretta a rinunciare
ufficialmente e una volte per tutte a ogni diritto su Negroponte e Lemno, a
quasi tutti i possedimenti greci, compresi ovviamente quelli sulla terraferma e
a tutta l'Albania, ad eccezione di Durazzo che sarebbe rimasta dei veneziani
ancora per qualche anno.
Al governo veneziano venne anche concesso di poter nominare nuovamente
un balio
a Costantinopoli con il compito di gestire la giurisdizione
veneziana sui cittadini della repubblica là residenti, ma questa volta il
permesso non era un diritto, ma doveva essere generosamente pagato con 10.000
ducati annui; così anche la possibilità di commerciare in acque turche.
Le condizioni evidentemente, dovettero risultare alquanto
dure per una potenza come quella veneziana abituata da secoli a farla da
padrona, a volte l'unica padrona, nei mari orientali.
All'umiliazione si aggiunsero ben presto anche le furiose
proteste degli altri stati europei e italiani che interpretarono il trattato di
Venezia con Maometto II come un vero e proprio tradimento. Un tradimento che
agli occhi dell'Europa cristiana produsse da lì a poco i suoi primi, tragici
frutti.
Malgrado il trattato di pace, infatti, Maometto II
proseguiva imperterrito nelle sue conquiste, sentendosi ora, anzi, molto meno
minacciato e più sicuro d'agire. E così, nel 1480 i Turchi occuparono le isole
di Itaca, Cefalonia, Zante e Leucade nel
Mar Ionio senza che Venezia potesse muovere un dito.
Ma non si fermarono
ancora. Nella loro baldanza e forti
della loro potenza, i turchi ebbero anche la forza di sbarcare sulle coste
pugliesi e occupare la città di Otranto dove gli abitanti vennero trattati con
l'ormai tristemente famosa brutalità, mentre le donne vennero vendute come
schiave in Oriente. Neppure in quella terribile circostanza Venezia intervenne
attirandosi le ire di tutta Europa e del re di Napoli Ferdinando in
particolare, dal momento che la Puglia rientrava nei suoi domìni.
Questa inerzia del governo ducale venne allora imputata al
trattato firmato pochi mesi prima con Maometto II, ignorando invece quanto
Venezia da sola avesse fino ad allora militarmente e finanziariamente sostenuto
nella sua solitaria guerra contro i Turchi.
Di fatto, comunque, i rapporti tra Venezia e Maometto nei
primi mesi successivi la firma del trattato si caratterizzarono per un insolito
clima amichevole. L'atmosfera tra le due parti si era distesa a tal punto che
Maometto non esitò a richiedere proprio alla repubblica veneziana un valente
pittore da inviare presso la sua corte. L'invito a recarsi alla sua corte di
Costantinopoli, anzi, si estendeva anche al doge in persona dal momento che da
lì a pochi mesi si sarebbe celebrato il matrimonio di sua figlia.
Il senato rispose alle richieste del Sultano con la massima
celerità inviando a Costantinopoli uno dei suoi massimi pittori: Gentile
Bellini. Figlio dell'altro famoso pittore veneziano Jacopo e fratello di
Giovanni, sicuramente il più grande pittore veneziano tra XV e XVI secolo,
Gentile nel 1479 era già stato nominato pittore ufficiale della Serenissima e
aveva già decorato le pareti della Scuola Grande di S. Marco, ricevendo in
virtù di questa nomina una ricca pensione.
Inviare da parte di Venezia a Maometto II uno dei suoi più
illustri pittori, dimostra quanto Venezia ci tenesse a dimostrare il livello
raggiunto nel campo artistico e in particolare dai suoi pittori, fama che non
doveva essere certamente del tutto sconosciuta allo stesso sultano turco dal
momento che si rivolse proprio alla Serenissima per avere la certezza della
qualità del dipinto che voleva farsi fare .. In fondo si trattava della sua
persona dal momento che la commissione riguardava proprio un suo ritratto. Come
ritrattista, non a caso, il Bellini
non aveva a Venezia effettivamente alcun rivale. Suoi, per esempio,
sono anche i personalissimi ritratti dei dogi
Vendramin e Mocenigo e suo, per l'appunto, il ritratto di Maometto II
oggi a Londra.
Il pesante turbante bianco, il volto affilato con una barba
a punta molto curata, il naso sottile leggermente adunco e lo sguardo che si
perde in lontananza, testimoniano di come il Bellini (o il Sultano?) abbia
scelto di immortalare il famoso conquistatore più che nelle sue vesti
guerresche in quelle di raffinato uomo di cultura.
Maometto II infatti, era noto non solo per le sue atrocità e
le sue straordinarie doti militari, ma anche per la sua vasta e raffinata
cultura. Conosceva perfettamente l'arabo, il greco e l'italiano e amava
circondarsi di uomini di cultura, letterati ed artisti anche di origine ebrea o
cristiana. Fra questi dunque, la presenza del Bellini alla sua corte, non
rappresentò certamente un'eccezione, tant'è che il pittore veneziano accettò più
che volentieri la commissione trattenendosi a Costantinopoli e meritando anche
il titolo onorifico di cavaliere.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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