martedì 17 novembre 2015

STORIA VENETA – 97: 1540 - PIETRO BEMBO IN VATICANO. FU UNO DEI PIU' AUTOREVOLI LINGUISTI DEL '500


Dal testo di Francesco Zanotto


"In questo tempo, cioè nel 1529, gli venne imposto dalla Repubblica di scrivere la storia della sua patria, in seguito a quella d'Andrea Navagero, nella quale occupossi, finchè trattenne si in Padova, e anche dopo che, onorato della porpora, passò a Roma. Ciò accade nel 1539, nel quale anno Paolo III, volendo innalzare a quella cospicua dignità uomini tali, che colla loro dottrina onorasser la Chiesa, ad istanza principalmente del Contarini, e del Sadoleto, i quali si adoperarono con molto impegno a toglier dall'animo del pontefice le tristi prevenzioni ... e le passate debolezze del Bembo, ... a’  24 marzo il dichiarò cardinale ... ".


ANNO 1450


Giuseppe Gatteri


Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.


L'illustre studioso veneziano si era dedicato per tutta la vita agli studi letterari diventando famoso per le sue teorie sulla "vogar lingua" ambendo tuttavia anche alla carica di cardinale che gli venne concessa solo verso la fine della sua vita dal papa Paolo III.


LA SCHEDA STORICA  - 97


Venezia non diede i natali solo a famosi uomini di mare, navigatori o comandanti militari, ma anche a uno dei più insigni e famosi studiosi, scrittori e teorici della lingua italiana: Pietro  Bembo.
Il Bembo infatti era nato a Venezia il 20 maggio del 1470 da Bernardo e da Elena Marcello. il padre era un uomo molto noto nella città lagunare dove ricoprì anche la carica di senatore della repubblica oltre a svariate cariche diplomatiche. La sua fama, tuttavia, era anche legata ad una discreta attività di scrittore e uomo di cultura. Proprio dalla ricca biblioteca del padre, Pietro ricavò i suoi primi, fondamentali elementi di cultura letteraria.
Non solo. Grazie alle conoscenze e alle frequentazioni paterne, Pietro Bembo venne anche precocemente in contatto con gli ambienti dei circoli umanistici veneziani almeno fin dal 1487, anno in cui infatti seguì il padre a Firenze dove Bernardo era stato inviato in qualità di ambasciatore della Serenissima.
E dopo Firenze fu la volta di Bergamo, anche se due anni dopo Pietro, che ormai aveva iniziato a scrivere versi in latino, decise di trasferirsi in Sicilia per poter studiare ed apprendere il greco. Nel 1492 raggiunse così Messina, dove si trovava uno dei più grandi esperti di quella lingua, Costantino  Lascaris. Qui si trattenne per un discreto periodo.
Rientrato in patria Pietro decise di intraprendere gli studi filosofici presso il vicino studio universitario di Padova, anche se di maggior interesse e portata si dimostrerà il suo successivo soggiorno nella città di Ferrara, sempre al seguito del padre. Qui ebbe modo di conoscere e di apprezzare, per la prima volta, presso la corte di Alfonso d'Este, il raffinato ambiente culturale di una tipica corte rinascimentale, ma soprattutto ebbe la straordinaria possibilità di entrare in contatto personale e culturale con Ludovico Ariosto, Leoniceto e Sadoleto, due fra i più raffinati umanisti.
Chiusasi anche la breve parentesi ferrarese, Pietro Bembo tornò nuovamente a Venezia - siamo agli inizi del Cinquecento -, dove ebbe anche una breve ma intensa relazione con Maria Savorgnan e dove tentò d'inserirsi, ma senza convinzione e successo, nel convulso mondo politico veneziano.
Ben più largo successo invece, riscossero le edizioni curate dal Bembo per il famoso editore Manuzio, delle Rime del Petrarca e della Commedia di Dante, mentre nel contempo iniziava a lavorare attorno al primo nucleo della sue ''Prose sulla volgar lingua".
Nel 1505 intanto pubblicò gli "Asolani" e l'anno dopo lasciò ancora una volta Venezia per stabilirsi ad Urbino, l'altra grande, fiorente corte di cultura artistica e letteraria dell'Italia rinascimentale. Il Bembo si trattenne a lungo nella città dei Duchi da Montefeltro, fino al 1512, fino a quando cioè decise di recarsi a Roma.
Già nel 1508 Bembo aveva intrapreso la carriera ecclesiastica  nell'ordine Gerosolomitano anche se i voti veri e propri li prenderà solo molti anni dopo, nel 1522. L'arrivo e il soggiorno del Bembo nella città significò ancora nuovi ed ulteriori stimoli culturali, ma anche l'inizio di una carriera politico-ecclesiastica che lo porterà all'alta carica cardinalizia.
Intanto il pontefice Leone X de Medici lo scelse quale segretario personale, affidandogli alcune delicate missioni, anche se nel frattempo il Bembo non disdegnava gli impegni mondani e le occasioni amorose. A Roma infatti Pietro conoscerà quella che gli sarà fedele compagna di vita per molti anni, Morosina, che gli darà anche tre figli.  
Malgrado l'onorevole incarico e la famiglia, Roma alla lunga non dava i frutti sperati. Il cardinalato si faceva attendere troppo e anche da un punto di vista culturale la città aveva già da tempo cessato di rappresentare un reale stimolo.
 E’ così nel 1521 Pietro Bembo se ne tornò a Venezia anche per gravi motivi di salute che lo tennero fermo a Padova per molti mesi. Lì lo raggiunse la notizia della morte del pontefice, fatto che lo persuase ulteriormente a prolungare il suo soggiorno nella città. Furono quelli gli anni più intensi e proficui per la sua attività di teorico e scrittore della lingua italiana. Ultimò le ''Prose'' e rielaborò significativamente gli "Asolani", componendo anche nuove rime.
Nel 1529 si recò anche a Bologna in occasione dell'incoronazione ad imperatore di Carlo V, e dove ebbe modo di conoscere il nuovo pontefice, Paolo III Farnese.
L'anno seguente venne intanto nominato bibliotecario e storiografo della repubblica di Venezia con l'incarico di comporre la storia della città.
Tuttavia negli anni che seguirono la sua vita venne funestata e turbata da una serie di tragici e inquietanti eventi, primo fra tutti la morte del suo figlio primogenito. Pochi anni prima aveva anche dovuto subire un tentativo di avvelenamento, mentre nel 1535 moriva anche la Morosina. Queste vicende non fecero altro che spingerlo ulteriormente nei suoi lavori e a tentare in modo più deciso la carriera ecclesiastica.
Allo scopo tornò a Roma, anche se non era certo facile vincere le diffidenze del pontefice nei confronti di un uomo che non aveva mai nascosto di apprezzare i piaceri della vita e che aveva avuto tre figli naturali. Non bisogna dimenticare, infatti, che a Roma, verso la metà del secolo, l'atmosfera stava rapidamente mutando e il clima libertino lasciava il posto alla repressione del costume.
Malgrado alcune opere dedicate esplicitamente al pontefice e, malgrado la vita ritirata che ormai il Bembo conduceva, passarono ancora alcuni anni prima che il papa gli accordasse l'alta carica.
A vincere le ultime resistenze di Paolo III in questo senso, intervennero anche alcuni fra i più stimati e considerati amici del Bembo. Allora il papa si persuase che le doti umane ed intellettuali dell'uomo valevano molto di più della sua passata condotta o delle maldicenze che ancora si profferivano sul suo conto e si decise di nominarlo cardinale.
Giunto in Vaticano venne così portato al cospetto del pontefice dai suoi due fidati amici, Sadoleto e Contarini.  Ce l'aveva finalmente fatta!
Nominato poco dopo anche vescovo di Gubbio, nel 1544 tuttavia, Pietro Bembo ormai stanco e anziano preferì tornarsene a Roma dove si spense nel 1547. Venne poi sepolto in S. Maria Sopra Minerva, fra due dei più famosi Papi, Leone X, e Clemente VII.


Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,  volume  4,  SCRIPTA EDIZIONI



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