Dal testo di
Francesco Zanotto
"Pertanto recati
quei doni al Condulmero dai ministri del re; egli a riscontro loro diceva: Non
ricevere benefizii da un principe nemico della sua patria, ed alla quale
preparavasi esso a muovere guerra. E senz'altro, volte le spalle, disponevasi alla partenza. Questo
atto magnanimo, commendato a ragione dagli storici nostri, ... era degno di
venire effigiato fra i fasti Veneziani e perciò qui l'abbiamo compreso ...
"
ANNO 1509
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il
disegno di Gatteri.
Con il nuovo
secolo cresce in Europa e in
Italia l'odio verso la crescente potenza veneziana. Francia, Papato e Impero
firmano una Lega mentre l'ambasciatore veneziano in Francia, Antonio
Condulmero, è invitato a lasciare il paese ...
LA SCHEDA STORICA - 91
Nel 1498 moriva nel Castello di Amboise il re francese Carlo
VIII a seguito di una banale quanto fatale botta presa pochi giorni prima su di
un basso architrave. Aveva appena 28 anni e il primo nella lista ad avere i
titoli per diventare il nuovo re francese, era il cugino di Carlo, Luigi duca
d'Orleans, che salì infatti sul trono come Luigi XII.
L'ascesa al trono del duca d'Orleans provocò subito non
poche perplessità, specie a Venezia. La repubblica aveva già avuto modo di
conoscere la potenza offensiva dell'esercito francese quattro anni prima,
quando Carlo VIII, con l'appoggio anche di alcuni principi italiani, scese
nella penisola raggiungendo Napoli sul cui regno accampava più o meno
legittimamente dei diritti.
Venezia, in quel frangente, era stata l'unica potenza
italiana ad opporsi all'esercito invasore che infatti non trovò praticamente
alcuna resistenza armata da parte dei signori italiani.
Ora, Luigi XII al momento della sua ascesa al trono, non
nascose certo le sue mire espansionistiche sulla penisola italiana, tanto che
al momento dell'incoronazione assunse anche il titolo di duca di Milano.
Ma perché proprio Milano? Luigi XII aveva dei buoni e in
parte legittimi motivi per rivendicare il titolo. Era infatti il nipote di Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo
Visconti duca di Milano, che aveva sposato Luigi d'Orleans, nonno del re.
Per riaffermare i suoi diritti sul ducato milanese, che se
realizzati avrebbero provocato un vero terremoto anche nei vicini domìni
veneziani di terraferma, Luigi non perse tempo cercando alleati un pò in tutta
Europa e in Italia, naturalmente. Qui, restavano esclusi per ovvie ragioni,
Napoli e Milano oltre a Venezia se non fosse che proprio il governo ducale, di
sua iniziativa, pensò bene d'inviare al re francese degli ambasciatori. Meglio
amico che come nemico, fu la ragione che spinse il governo ducale a una tale
scelta.
E così, il 6 ottobre del 1499 Luigi XII, dopo essere
penetrato indisturbato nella penisola tre mesi prima, prendeva ufficialmente
possesso del ducato di Milano cacciando dalla città e dal trono Ludovico Sforza
detto il Moro.
Da quel momento i principi italiani, compresa Venezia e il
Papa, non avrebbero più potuto non fare i conti con il re francese. E l'ora dei
conti, specie per la Serenissima, non era poi così lontana, ma gli interessi
della Francia, coincidevano pericolosamente per il momento con quelli
pontifici.
Quando Cesare Borgia, figlio del pontefice Alessandro VI,
aveva spodestato con la sua politica espansionistica in Romagna i numerosi
signori locali, questi si erano rivolti alla potenza più vicina, Venezia. Nei
territori controllati dalla Serenissima, infatti, trovarono benevola
accoglienza e protezione. Ma la Serenissima non faceva mai niente per niente e
così in cambio Venezia aveva praticamente ottenuto la signoria anche su alcune
città romagnole: Rimini, Cervia, Faenza e anche Forlimpopoli.
Tutto sembrava favorire in questo senso una facile
espansione veneziana in Romagna, peccato che sul soglio pontificio dal 1504
sedesse un cardinale che avrebbe presto infranto ogni piano espansionistico
veneziano. Il suo nome era Giuliano della Rovere, alias Giulio II, il papa guerriero.
Dopo aver liquidato Cesare Borgia (il Valentino), il Papa
non aveva nessuna intenzione di accettare al suo posto la presenza veneziana in
una terra, la Romagna, che da sempre la Chiesa considerava parte integrante dei
suoi feudi.
Ma il Pontefice non aveva in quel momento alleati italiani
su cui poter contare in una eventuale azione di forza contro Venezia. Dovette
necessariamente cercarseli in Europa i suoi alleati, dove non mancavano certo
gli stati che avrebbero visto ben volentieri la potenza veneziana in ginocchio.
Fra questi, primariamente, Luigi XII e l'Impero di Massimiliano d'Asburgo.
Il Papa, il re e l'imperatore,
tutti e tre avevano i loro interessi per dar contro a Venezia. Giulio II per
recuperare i territori della Romagna; Luigi XII per impossessarsi delle città
lombarde ancora sotto il controllo della Serenissima come Brescia e Bergamo; Massimiliano per ottenere le città venete
oltre che il Friuli e l'Istria per creare all'impero una sicura e solida base territoriale sul mare.
La Lega di Cambrai
E così, dopo aver
superato le inevitabili reciproche diffidenze e alcuni momenti di tensione, i
tre alleati firmarono il 10 dicembre del 1508 a Cambrai un trattato che sanciva
ufficialmente il loro impegno anti-veneziano.
Non erano i soli, comunque, in Europa e in Italia a voler e
la fine della repubblica veneta. Alla Lega infatti aderirono successivamente
anche la Spagna (Trani, Otranto e Brindisi sarebbero ritornate alla corona
spagnola) e i Savoia ai quali sarebbe
andata l'isola di Cipro. Ai duchi di Mantova e Ferrara sarebbero ritornate le
terre occupate dai veneziani, tradizionalmente appartenute ai loro e ducati.
Tutti avrebbero avuto da guadagnare qualcosa dallo sfascio della potenza
veneziana contro la quale aveva preso corpo un fronte vastissimo di potenze
straniere e italiane.
Il clima ormai, era quello che prelude alla guerra, tantè che il sovrano francese richiamò in patria da
Venezia il suo ambasciatore, mentre invitava nel contempo quello veneziano,
Antonio Condulmero, a lasciare, la corte francese. Era il preludio alla
dichiarazione di guerra.
Eppure anche in quei momenti l'etichetta di corte doveva
essere rispettata. Era uso, nel momento in cui l'ambasciatore veneziano presso
la corte francese lasciava il suo incarico, donare una collana e 100 ducati al
suo segretario.
Al Condulmero venne normalmente, anche se con una certa
malizia, offerta la collana del congedo. Ai ministri del re che gliela recarono in dono,
l'ambasciatore veneziano rispose seccamente che mai avrebbe accettato un dono
da una nazione nemica della sua patria in procinto, fra l'altro, a muoverle
guerra. Detto questo si preparò a lasciare per sempre la Francia.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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