Dal testo di
Francesco Zanotto
"Dugento
ventiquattro navi turche perdute, novantaquattro respinte alla costa e
incendiate, cento trenta divise fra gli alleati, del par che cento diciassette
cannoni maggiori, dugento cinquantasei di monor calibro, e tremila quattrocento
sessant' otto prigioni. Quindicimila cristiani furono liberati dalle catene. Il
total danno degli infedeli salì ad oltre
trenta mila uomini, i collegati perderono quindici galee e ottomila prodi
marinai, soldati e capitani valorosissimi, fra quali ultimi Agostino Barbarigo,
che morì dalle ferite, come in altro luogo diremo ... "
ANNO 1571
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La notizia della
tremenda fine di Marcantonio Bragadin e la conseguente perdita dell'isola di
Cipro, arrivò come una bomba a Venezia
rimbalzando da qui in tutta Europa che finalmente sembra svegliarsi ...
LA SCHEDA STORICA - 106
La conquista di Cipro
da parte dei turchi rappresentò solo un episodio nel quadro tragico della
dissoluzione dell'impero mediterraneo di Venezia.
La cristianità europea era nel frattempo sempre divisa e
lacerata da guerre intestine, non era stata in grado nemmeno con un anno di
tempo ad approntare una flotta per rompere l'assedio della città cipriota di
Famagosta.
La definitiva conquista dell'isola, tuttavia, ebbe almeno
l'effetto di scuotere gli animi convincendo ad un'azione veramente congiunta
Spagna, Venezia e il papato. Proprio il papa Pio V fu il vero e convinto
promotore di questa nuova alleanza, la Sacra Lega, che dopo molti mesi di
estenuanti trattative, dovute in particolare alle resistenze del re spagnolo
Filippo II, riuscì a portare questo cattolicissimo paese nell'alleanza. I tre
stati si impegnarono ciascuno con 200 galee, 100 navi da trasporto, 50.000
fanti e 4.500 cavalieri, più ovviamente i pezzi d'artiglieria e munizioni. La
flotta doveva riunirsi ogni anno per delle esercitazioni sotto un unico comando
con sede a Roma. Tutti i combattimenti, inoltre si sarebbero effettuati sotto
la bandiera unica della Sacra Lega.
Tre restavano comunque i comandanti supremi, per Venezia
Sebastiano Venier, Marcantonio Colonna per il papato e don Giovanni d'Austria, fratellastro
del re di Spagna, in qualità di comandante generale della flotta alleata. Di
quest'ultima nomina anche i veneziani si dimostrarono molto soddisfatti, e a
ragione.
Don Giovanni, figlio naturale di Carlo V e di una tedesca,
aveva tutte le doti per essere considerato un ottimo comandante, tanto più che
la scelta era caduta in origine e nuovamente su Gian Andrea Doria, al quale invece
venne dato il comando di una delle due retroguardie. Iniziarono così le prime
grandi manovre.
La flotta infatti secondo gli accordi, doveva riunirsi per
quell'anno nel porto di Messina, dove giunse nell'agosto del 1571. Da lì si
sarebbe mossa per le congiunte operazioni di controllo e di pattugliamento del
Mediterraneo.
Alla notizia della partenza di quasi tutta la flotta
veneziana, i turchi si infilarono prontamente nell'Adriatico sbarcando lungo le
coste dalmate e facendo temere il peggio per la stessa Venezia. Ma era sulle
loro basi greche, più sicure, che gli Ottomani contavano. Non avevano infatti
nessuna vera intenzione di scontrarsi con i cristiani in pieno Adriatico dove
si sarebbero trovati circondati dai nemici ed imbottigliati senza via d'uscita.
E così fu invece da Lepanto, nel Golfo di Patrasso, che i
turchi decisero di salpare il 6 ottobre del 1571 per farsi incontro alla flotta
cristiana, che infatti li avvistò all'alba del giorno dopo a poche miglia
dall'imboccatura del golfo.
La flotta turca era disposta a semicerchio con una squadra
centrale comandata da Alì Pascià con 87 navi, mentre alla sua destra chiudevano
le navi di Maometto Saulak (Scirocco), governatore di Alessandria con 54 navi.
All'altra estremità si trovavano infine le 61 navi di Ulugh Alì.
Numericamente le due flotte non si differenziavano di molto.
Il Venier ed il Colonna comandavano la squadra centrale con
64 galee, Doria con 54 alla loro destra e a sinistra con 53 galee Agostino
Barbarigo. A queste si aggiungevano le galee delle due retroguardie. Lo scontro
vero e proprio iniziò alle 10,30 del mattino.
Le prime a scontrarsi furono le due squadre laterali del
Barbarigo e di Maometto Scirocco. Durante la battaglia, all'improvviso, il
nemico prese ad attaccare anche la nave capitana con una pioggia incrociata di
frecce, ferendo ad un occhio lo stesso Barbarigo che, malgrado la ferita
continuò ad incitare i suoi uomini, mentre anche suo nipote, Marco Contarini,
cadde pochi minuti dopo aver assunto il comando. Malgrado le due perdite
eccellenti, alla fine furono i turchi a pagare il prezzo più alto in questo
primo scontro.
Un'ora dopo la battaglia si era già spostata al centro dello
schieramento. Furono proprio le navi di don Giovanni d'Austria a prendere per
prime l'iniziativa, piombando improvvisamente su quelle di Alì Pascià. Le due
navi ammiraglie si agganciarono e, a quel punto, più che uno scontro marittimo,
la battaglia assunse i connotati di un vero e proprio corpo a corpo.
Le altre navi, sia cristiane che turche, si erano intanto
avvicinate alle loro ammiraglie chiudendole su entrambi i lati per poter
meglio, così ravvicinate, saltare da una nave all'altra.
Ben 400 giannizzeri turchi attaccarono così la nave di don
Giovanni mentre gli spagnoli, per ben tre volte, ricambiarono la visita coperti
alle spalle dalle artiglierie delle navi pontificie del Colonna. Proprio una di
queste cannonate colpì in pieno petto Alì Pascià. La nave ammiraglia turca,
rimasta così senza comandante, venne
facilmente conquistata provocando il fuggi fuggi degli equipaggi.
Altrove purtroppo le cose non stavano andando troppo bene.
Le navi di Andrea Doria stavano infatti rischiando un pericoloso
accerchiamento. Di fronte a questa prospettiva il Doria mutò improvvisamente
rotta, aprendo però in questo modo un pericolosissimo spazio nella rete delle
navi cristiane dove s'infilarono prontamente quelle turche al comando di Ulugh
Alì.
Quando anche la seconda retroguardia corsa in aiuto del
Doria e comandata da Juan de Cardona si scontrò con il Turco, ne scaturì una
durissima battaglia che tuttavia consentì alle navi di don Giovanni di
disimpegnarsi e di dirigersi verso il nuovo luogo dello scontro. Nel frattempo
però quasi tutti gli uomini del Cardona venivano trucidati e lo stesso
comandante ferito a morte. Tuttavia, con l'arrivo del grosso della flotta
cristiana al comando di don Juan, Alì Ulugh si sottrasse al combattimento
riconoscendo la superiorità del suo nemico.
A quel punto la flotta turca si divise e i due tronconi si
diressero in due diverse direzioni, una verso Leucade e l'altra verso Lepanto.
La battaglia si era finalmente conclusa con una schiacciante vittoria dei
cristiani. Malgrado l'elevato numero di
perdite umane gli europei per la prima volta dopo un secolo, infliggevano una
durissima sconfitta ai turchi.
Solo due mesi prima Venezia aveva perso l'isola di Cipro e
Marcantonio Bragadin subìto un atroce martirio nella vana attesa di quelle
stesse navi che ora, dalle acque di Lepanto rientravano vittoriose a casa.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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