Dal testo di Francesco Zanotto
"Non appena sentito da Antonio il
comando della patria, siccome innocente e d'animo onorato e costante, risolse
d'obbedire; e, sur un legno si condusse a Venezia, presentandosi al Senato coi
ferri a' piedi, tutto apparecchiato e ricevere la pena che imposto gli avrebbe
la patria. Non fu mai, narra il Giovio, per innanzi a Venezia nè più frequente,
nè più famoso spettacolo d'alcuna altra cosa, quando in quella veste un vecchio
generale ... era condotto ... "
ANNO 1499
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Dopo alcuni anni
di tregua, riprende il fatale scontro tra Venezia ed i Turchi che riescono a conquistare l'isola di Lepanto. Il povero comandante Grimani odiato dall'intera
nazione, viene inevitabilmente punito, ma per Venezia è solo
l'inizio della fine dei suoi domini ...
LA SCHEDA STORICA - 90
Alla fine del XV secolo, Venezia si era ormai affermata anche
come potenza italiana a seguito della sua costante espansione territoriale. Con
la morte del bellicoso Maometto II e l'ascesa al trono turco del più pacifico
Bajazet II nel 1481, Venezia aveva trovato coi turchi un "modus
vivendi" che, tutto sommato, le aveva almeno inizialmente consentito di
svolgere con una certa tranquillità i suoi traffici in Levante.
Nel 1488 aveva poi incamerato nei suoi domìni anche
l'importante isola di Cipro e, dopo la ritirata degli eserciti francesi di
Carlo VIII nel 1495, si era impossessata anche dei più importanti porti
pugliesi: Brindisi, Otranto e Taranto. Il secolo, quindi, sembrava chiudersi
molto positivamente per la Repubblica e carico di aspettative, ma qualcosa
ancora tornò a non funzionare per il verso giusto.
Nell'autunno del 1499, infatti, giunse a Venezia la notizia
della disastrosa disfatta della flotta veneziana nelle acque del Peloponneso al
largo dell'isola di Spienza vicino al porto di Modone. Lì, le navi veneziane si
erano scontrate con la più potente flotta turca.
Malgrado fino a quel momento i rapporti con l'Impero
Ottomano si fossero mantenuti su livelli di reciproca tolleranza, ultimamente
erano andati rapidamente deteriorandosi. Non solo infatti i pirati turchi
continuavano indisturbati a saccheggiare le coste dalmate spingendosi fino in
Istria ma, cosa ben più grave, davano man forte ad alcuni centri istriani
insorti contro Venezia.
Nel 1498, poi, l'alleanza della Serenissima con la Francia,
fece temere al sultano turco che le due potenze, l'una militare, l'altra
marittima, si fossero unite per muovergli guerra. A quel punto Venezia tentò
anche una missione diplomatica presso il Sultano che aveva tuttavia già preso
la sua decisione: attaccare prima di essere attaccato. Era ancora una volta la
guerra.
E così nell'aprile del 1499 Venezia si preparava ad
affrontare nuovamente le armi turche nel Mediterraneo nominando il nuovo
comandante generale Antonio Grimani.
Il nuovo capitano era uomo ben noto alla repubblica per aver
prestato numerosi servizi. Nato da un tal Marino nel 1435, ancor giovane
viaggiò molto in Africa per curare degli interessi commerciali. Dal 1480
rientrato stabilmente a Venezia entrò nella vita pubblica della sua città
ricoprendo numerose magistrature. Nel 1494 venne anche nominato Procuratore di
S. Marco, mentre un anno dopo, anche per suo merito, Venezia conquistava
numerosi e importanti porti della Puglia. Ma le sue doti erano molteplici,
infatti venne impiegato dalla Serenissima pure come ambasciatore.
Abilità militare unita a un carattere saggio e prudente ne
facevano l'uomo ideale per un incarico così delicato come quello di affrontare
e sconfiggere le navi di Bajazet II.
Quando il Grimani
assunse l'alto incarico, aveva 65 anni, rinunciò a venirne ricompensato
offrendo anzi lui stesso alla repubblica una somma considerevole di ducati per
far fronte alle nuove spese militari.
Tuttavia, malgrado la massima disponibilità e generosità del
comandante e di molti altri cittadini che ne seguirono l'esempio, il governo
ducale si dimostrò al contrario alquanto ambiguo nel suo impegno, evitando
praticamente di dare delle istruzioni ai suoi uomini che partivano senza sapere
bene come avrebbero dovuto comportarsi in caso di contatto col nemico.
E non una ma ben quattro volte i veneziani si dovettero
scontrare con i turchi una volta usciti dall'Adriatico e per quattro volte si
erano lanciati con coraggio contro gli stessi. In particolare si distinsero nei
ripetuti scontri il comandante di Corfù Andrea Loredan e Vincenzo Polani con i
suoi affondi nella flotta nemica oltre ad Alvise Marcello. Non fu sufficiente
tuttavia il loro generoso combattere. Il disastro arrivò, completo e
folgorante.
Le cause furono
probabilmente molte - indisciplina degli equipaggi, mancanza di una forte
motivazione -, ma il governo ducale, come spesso era già accaduto in passato,
anche questa volta aveva bisogno di un capro espiatorio, tanto più che, in
seguito alla disfatta della flotta nemica, i turchi avevano potuto conquistare
tranquillamente l'importante isola di Lepanto.
"Antonio Grimani
ruina dei cristiani", era la frase che echeggiava nelle calli
veneziane e così il 29 settembre veniva nominato il nuovo comandante, mentre il
Grimani era tradotto in catene a Venezia come un qualunque traditore.
Il 2 novembre il Grimani, affranto dal dolore per l'ingiusto
trattamento, giunse finalmente in laguna. L'unica consolazione in quei giorni
difficili furono i figli che con il loro amore cercarono in tutti i modi di
aiutarlo e confortarlo. Ad attendere il Grimani sul Molo, c'era appunto uno dei
suoi quattro figli, il cardinale Domenico che lo sorresse e lo scortò fino alle
prigioni dove trascorse con lui anche la notte. L'indomani, sempre accompagnato
dai figli, il Grimani venne tradotto in catene nella sala del Maggior
Consiglio. Il figlio cardinale Domenico, si narra, non abbandonò un istante
l'anziano genitore sorreggendogli anzi le pesanti catene durante tutta
l'udienza.
Iniziava così il processo contro l'ex comandante generale
Antonio Grimani, reo della disastrosa sconfitta subita dai veneziani. La difesa comunque, dovette risultare assai
efficace e persuasiva considerando anche il fatto che il governo ducale sapeva
benissimo in quali condizioni si era ritrovato ad agire il Grimani - assenza
d'istruzioni, inferiorità numerica e probabilmente anche i venti contrari-. E
così, alla fine Andrea Grimani venne condannato "solo" all'esilio
nell'isola di Cherso, lungo la costa Dalmata. Per ben 10 anni il Grimani
sofferse le ristrettezze dell'esilio, ma alla fine venne pienamente
riabilitato.
Nel 1509 da Roma, dove si era rifugiato presso il figlio
cardinale, venne richiamato in patria e riabilitato con 1265 voti a favore
contro soli 100 voti contrari dal Consiglio Maggiore. L'anno dopo venne
reintegrato nella carica di Procuratore di S. Marco.
Ma l'apice della sua rivincita l'avrebbe toccato solo nel
1521 quando Antonio Grimani venne eletto quale nuovo doge della repubblica
veneziana, carica che mantenne fino alla morte sopraggiunta il 7 maggio del
1523. A quella data Venezia aveva già affrontato una delle sue più ardue prove,
lo scontro con una coalizione europea.
Fonte: srs di
Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura
Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA,
volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
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